La Rivoluzione tedesca 1918-1920 PARTE -VII-




Il Trattato di pace di Versailles

Il maggio del 1919 in Germania si chiuse con l’occupazione e la conquista di Monaco da parte delle truppe di Hoffmann e Noske, con l’occupazione di Lipsia ed Eisenach da parte del generale “errante” Maercker, e con il rinvenimento del corpo di Rosa Luxemburg, precisamente il 31. Nello stesso mese la KPD si riunì a Berlino per la sua Conferenza nazionale, Dorrenbach, il soldato spartachista protagonista delle vicende del dicembre 1918 e del gennaio 1919, venne assassinato da Tamschick e il tenente Vogel, condannato per l'assassinio di Rosa Luxemburg, fuggì dal carcere. Mentre accadeva tutto questo, a Parigi, proprio all’inizio di maggio, vennero dettate le condizioni di pace alla Germania.

La Conferenza di pace si era aperta a Parigi l’8 gennaio 1919. Questa era stata gestita dai rappresentati dei 30 Paesi vincitori, ma un vero e proprio “Direttorio” si riservò le decisioni più importanti. Questo era costituito dal Presidente Wilson per gli Stati Uniti, insieme ai Primi Ministri Lloyd George per il Regno Unito, Clemenceau per la Francia e Vittorio Emanuele Orlando per l’Italia1. La Russia fu esclusa ufficialmente per via della pace separata siglata nel marzo 1918 a Brest-Litovsk con l’Alleanza. I paesi sconfitti non furono coinvolti nella fase di discussione, ma furono convocati solo per prendere atto di decisioni già scritte e inderogabili. Dal canto suo la Germania auspicava una pace wilsoniana, ovvero conforme ai “14 Punti”, delineati da Wilson durante il 1918, e che in qualche modo avevano determinato l’armistizio di novembre. Wilson, avendo perso la maggioranza alle elezioni di medio termine, vedeva il suo potere politico drasticamente ridimensionato e la sua idea di colpire principalmente il governo militarista guglielmino (e non il popolo tedesco) molto indebolita2. L’indebolimento politico di Wilson spostò la Francia su posizioni ancora più difensive, concentrate a penalizzare la Germania per scongiurare una eventuale nuova invasione.

In questo clima i delegati tedeschi furono convocati a Parigi per prendere atto delle decisioni dei vincitori. Il trattato comprendeva la cessione dell’Alsazia e della Lorena alla Francia (14.500 km2), di vasti territori (Posnania e parte della Prussia occidentale) alla Polonia (43.188 km2), del Moresnet e dell’area di Eupen e Malmedy (989 km2) al Belgio, del circondariato di Ratibor in Slesia (657 km2) alla Cecoslovacchia, di Memel (2522 km2) alla Lituania, nonché della città di Danzica (1977 km2) che venne dichiarata città aperta. In tutto la Germania doveva cedere ben il 13% del suo territorio e i 6,5 milioni di cittadini che vi abitavano. Più tardi con i plebisciti passò alla Danimarca la parte Nord dello Schleswig, e parte della Slesia alla Polonia. Venne dato uno sbocco sul mar Baltico alla Polonia isolando la Prussia orientale; al confine con la Francia la Saar venne occupata e passò sotto l’amministrazione francese, così come fu occupato il versante sinistro del Reno e smilitarizzato il versante destro3. Tutte le fortificazioni e piazzeforti a 50 km dalla riva est del Reno dovevano essere smantellate. Il trattato esigeva anche la cessione di tutte le colonie da parte della Germania (Tanganica, Camerun, Togo, Namibia, Tsing-Tao e quelle in Micronesia). Il trattato prevedeva la cessione della flotta al Regno Unito (che poi, vedremo, i tedeschi decisero di affondare) e una riduzione dell’esercito tedesco a 100.000 uomini (elemento chiave nel putsch di Kapp-Lüttwitz) e il divieto di possedere artiglieria pesante e aviazione moderna. Il trattato attribuiva la responsabilità dello scoppio della guerra alla Germania e quindi giustificava il pagamento delle riparazioni! La cifra non venne fissata: il trattato parlava di una Commissione preposta la quale avrebbe comunicato la cifra entro il 1° maggio 1921, ma fu chiaro che si sarebbe trattato di una cifra altissima4. Il trattato parlava anche di riparazioni in natura, per esempio “tonnellata per tonnellata e categoria per categoria” di tutta la merce e di tutte le imbarcazioni perse dagli alleati per via degli attacchi navali tedeschi durante la guerra; a queste si aggiungevano le riparazioni fluviali e le riparazioni agricole, ovvero numeri considerevoli di cavalli, mucche, pecore alla Francia e al Belgio. La Germania avrebbe dovuto consegnare quindi 7 milioni di tonnellate di carbone l’anno per dieci anni alla Francia, 8 milioni l’anno per dieci anni al Belgio, all’Italia circa 40 milioni di tonnellate in totale, quindi l’intero fabbisogno di carbone del Lussemburgo. Poi per tre anni avrebbe fornito alla Francia benzolo, catrame e solfato di ammonio. Come garanzia dell’esecuzione del trattato i territori ad ovest del Reno sarebbero stati occupati mediante teste di ponte per 15 anni: dopo 5 anni sarebbe iniziata l’evacuazione di Colonia, dopo 10 quella di Coblenza, e dopo 15 quella di Magonza, Kehl e del resto dei territori5. Banalizzando un po’, col senno del poi, solo la lettura di queste sanzioni potrebbe bastare per comprendere il risentimento e il sentimento di rivalsa dietro allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Hitler effettivamente ripartì da qui vent’anni più tardi.

Intanto il 9 giugno 1919 il governo tedesco rispose con una controproposta dettagliata.

L’Assemblea nazionale si era riunita il 12 maggio nell’aula magna dell’Università di Berlino per discutere il diktat presentato ai delegai tedeschi a Parigi. Il primo ministro Scheidemann reagì così al diktat:

«Permettetemi di parlare chiaro. L’oggetto del nostro dibattito è questo grosso volume, nel quale centinaia di paragrafi iniziano: “La Germania rinuncia – rinuncia – rinuncia.». Questa terrificante camicia di Nesso vuole costringere un grande popolo, con la violenza e le minacce, a confessare la propria indegnità, ad accettare un brutale smembramento, ad approvare la sua messa in schiavitù e la sua riduzione a un popolo di iloti. Questo volume non può diventare il diritto del nostro futuro. Io vi chiedo: quale uomo onesto, non voglio dire in quanto tedesco, ma solo in quanto uomo onesto, quale uomo degno di fiducia può aderire a tali accordi? Cada disseccata la mano che incatena se stessa e noi con questi ceppi»6.

I rappresentati degli altri partiti parlarono seguendo la falsariga di Scheidemann, tranne Hugo Haase che per la USPD ricordò all’Assemblea nazionale che la Germania aveva imposto condizioni molto dure alla Russia con il trattato di Brest-Litovsk e alla Romania con il trattato di Bucarest. Haase ricordò la campagna sprezzante fatta dai militaristi tedeschi in quelle occasioni, nonostante le proteste in tutto il Reich7. Per Haase la pace era necessaria per ricostruire il popolo tedesco8. Karl Kautsky, Rudolf Hilferding e Hugo Haase, quindi, sostennero che le condizioni dettate dal trattato erano inaccettabili ma sarebbero durate poco, perché la Rivoluzione proletaria le avrebbe presto spazzate via. Il crollo del capitalismo, dunque, avrebbe risolto il problema, ma intanto la Germania aveva bisogno di pace e quindi si sarebbe dovuto firmare il trattato. Non va dimenticato che per alcuni, tra i quali il Generalfeldmarschall Paul von Hindenburg, piuttosto che firmare si sarebbe dovuto prendere in considerazione la ripresa delle ostilità. Ovviamente questa via non poteva essere intrapresa, considerando la presenza delle truppe dell’Intesa su territorio tedesco e il sequestro dell’intera flotta tedesca da parte dei britannici, senza contare lo stato di smobilitazione dell’esercito. Hindenburg si dimetterà dal Comando supremo il 25 giugno ma la sua popolarità rimarrà molto forte9. I militari ci tenevano a far sentire la propria voce e il 27 giugno il Comando Supremo richiese la restaurazione dello stato di autorità e della vita economica, quindi, la fine di quel nonsense che erano i Consigli dei lavoratori10.

Infine, il 20 giugno, Scheidemann rassegnò le dimissioni e il 21 giugno venne nominato un nuovo governo guidato dal sindacalista socialdemocratico Gustav Bauer. Questo governo era formato da sei ministri della SPD (Hermann Müller, Eduard David, Rudolf Wissell, Robert Schmidt, Gustav Noske e Alexander Schlicke) e quattro ministri del Zentrum (Matthias Erzberger, Wilhelm Meyer, Johannes Giesberts e Johannes Bell). Era quindi un governo social-cattolico. Per Bauer: «un no non sarebbe altro che una breve procrastinazione di un sì»11. L’Assemblea nazionale quindi decise di firmare, ma con una premessa:

Il governo della repubblica tedesca è disposto a sottoscrivere il trattato di pace, senza che questo significhi riconoscere che il popolo tedesco sia responsabile della guerra e senza accettare gli obblighi derivati dagli articoli dal 227 fino al 230 del trattato12.

Gli articoli dal 227 fino 230 concernevano l’estradizione dei criminali di guerra, tra i quali il Kaiser Guglielmo II. La USPD, la SPD e il Zentrum votarono per la firma del trattato (237 su 381 voti)13, gli altri partiti contro. Le potenze dell’Intesa però non accettarono nessun tipo di preambolo e replicarono che il trattato andava accettato o rifiutato così com’era dando un ultimatum di 24 ore per la risposta. Bauer, quindi, non poté salvare la Germania dall’umiliazione e il 28 giugno alle tre del pomeriggio Hermann Müller (SPD) e Johannes Bell (Zentrum) firmarono il trattato di pace nella sala degli specchi a Versailles, dove 48 anni prima Bismarck aveva proclamato la nascita della Germania unita14. Questi due partiti, dunque, rimasero “bollati” per aver accettato le vergognose condizioni del diktat. La notizia della firma del trattato venne accolta tra le proteste di piazza a Weimar e in altri centri. La KPD si espresse contro la firma del trattato considerandolo una falsa alternativa, l’unica soluzione sarebbe stata la rivoluzione socialista.



La strada verso il putsh militare

Giugno si chiuse con il X Congresso dei sindacati a Norimberga che portò alla fondazione del Allgemeiner Deutscher Gewerkschaftsbund, ADGB (Confederazione Generale dei Sindacati Tedeschi) alla quale aderiva la Arbeitsgemeinschaft freier Angestellte-Verbände, AFA (Associazione dei Lavoratori Autonomi)15. Questi giocheranno un ruolo determinante nella conclusione del putsch di Kapp-Lüttwitz. È importante aggiungere che in generale il tema sindacale giocò un ruolo centrale nella gestione di tutta la Rivoluzione tedesca. Si ricordi che il 15 novembre 1918 venne stipulato un accordo molto importante tra i sindacati guidati da Carl Legien e gli industriali. La trattativa era già iniziata prima della Rivoluzione, in ottobre, e ad essa avevano partecipato industriali del calibro di Carl Friedrich von Siemens, Walther Rathenau e i capi sindacalisti come Carl Legien, appunto, e l’attuale primo ministro Gustav Bauer. Questi accordi avevano probabilmente avuto una certa funzione d’ordine almeno tra gli impiegati e gli artigiani. La Zentralarbeitsgemeinschaft der industriellen und gewerblichen Arbeitgeber- und Arbeitnehmerverbände Deutschlands, ZAG (ovvero, la Commissione centrale delle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori industriali e commerciali di Germania) in particolare aveva avuto questo compito16. Quindi al Congresso del 30 giugno 1919, il sindacalista Paul Umbreit si dichiarò soddisfatto del ruolo svolto dalle Commissioni di arbitraggio. Nonostante i forti scontri della prima metà del ‘19 e le forti repressioni, il tema della socializzazione fu ancora presente al Congresso, ma questo si limitò a proposte di nazionalizzazione o municipalizzazione. Il messaggio di Umbreit fu in linea con il resto della SPD, ossia che per poter attuare la socializzazione bisognava prima stabilizzare l’economia, e non si poteva fare a meno della collaborazione degli imprenditori. La via giusta era la realizzazione delle Commissioni di arbitraggio:

Il socialismo non è una questione salariale individuale, ma è una questione vitale per la comunità e non può essere svilito a movimento salariale, né ostacolato da stravaganti richieste salariali, da riduzioni dell’orario di lavoro troppo onerose per la società o da assurde ingerenze nella gestione delle imprese17.

Il leader indipendente Hilferding proseguì dicendo che il socialismo era realizzabile solo con la presa del potere politico e non vi erano possibili compromessi tra capitalismo e socialismo. I sindacati, quindi, riconoscevano nel socialismo una più alta forma di organizzazione economico-politica e nella democrazia aziendale e i contratti collettivi una sua importante premessa18. Ciò che più conta è che in quel periodo i sindacati videro una crescita enorme; ci si può render conto di ciò se si guarda il numero di iscrizioni che andarono da 1.415.519 nel settembre del 1918 a 7.377.477 nel dicembre del 1919 per poi salire a 8 milioni nel 192019! Questo giocò un ruolo considerevole nella risposta della popolazione al putsch di Kapp-Lüttwitz.

A giugno, comunque, la situazione nel Paese era ancora calda e iniziarono tumulti per il caro-viveri (i “tumulti del pane”) in diverse città. Si vuole per un attimo ricordare che i tumulti per il carovita furono molto forti anche in Italia nel medesimo periodo e vennero repressi altrettanto efficacemente grazie alle guardie regie e ai carabinieri. Ad Amburgo si ebbero i “tumulti della gelatina”. Queste manifestazioni della popolazione per il disagio del caro-viveri vennero però sfruttate da provocatori della destra antisemita. Non mancarono gli appelli di socialisti indipendenti, comunisti e Consigli, che invitavano la popolazione a non cadere nella trappola dei provocatori. A causa dei tumulti Amburgo venne vista come la nuova Berlino e quindi la nuova Monaco20. Noske replicò immediatamente mandando le truppe del generale Lettow-Vorbeck che in qualche giorno presero la città. Le ordinanze di Noske prevedevano l’uso delle armi senza pietà, il divieto di sciopero nelle aziende di utilità comune. Queste disposizioni furono prese soprattutto per spezzare lo sciopero dei ferrovieri che durava ormai da una decina di giorni.

Intanto in Scozia il 21 giugno come diretta conseguenza della firma del trattato di pace di Versailles l’ammiraglio Ludwig von Reuter ordinò l’affondamento della flotta tedesca prigioniera nel porto di Scapa Flow. Cinquantadue delle 74 navi tenute in cattività dai britannici furono affondate. A fine giugno venne anche scarcerato Georg Ledebour il quale si recò subito al Consiglio dei lavoratori di Berlino e, durante il discorso del suo presidente Richard Müller, salì sul palco accolto da una ovazione “interminabile”. Secondo Ledebour, indipendenti e comunisti non avrebbero avuto più divergenze una volta che si sarebbero chiarite le questioni sulle piccole rivolte e sull’antiparlamentarismo21. Il 29 giugno venne arrestato il Comitato del Consiglio Esecutivo di Berlino, evitando l’arresto solo Ledebour, appena uscito di carcere, e Däumig22. Per Noske il Comitato Esecutivo non era legittimato ad esistere e a tenere le proprie elezioni. Il 23 agosto il governo sciolse il Consiglio Esecutivo. Il Comitato Esecutivo si spostò quindi nei locali della Società dei Maestri dove più di 100.000 lavoratori berlinesi si radunarono in 5 comizi. Per tutta risposta Noske limitò la libertà di stampa ammettendo la pubblicazione solo di materiale approvato dal Comando Supremo. Risultò però più permissivo nei confronti del Deutsche Zeitug, giornale nazionalista, vietato per soli otto giorni, mentre per la Republik, organo dei Consigli dei lavoratori, e la Rote Fahne, della KPD, non venne rimosso il divieto23. La Freiheit pubblicò quindi un proclama che invitava i lavoratori a protestare contro la violenza subita dal Comitato Esecutivo dei Consigli, venendo subito intimidita dal generale Walther von Lüttwiz24.

Il 21 luglio si tenne una manifestazione socialista mondiale alla quale aderirono anche gli indipendenti e i maggioritari. Il 23 luglio Bauer pronunciò un discorso all’Assemblea nazionale con il quale annunciava la legge sui Consigli di fabbrica. Si ricordi che la promessa di istituire i Consigli di fabbrica era stata fatta a marzo 1919, per chetare gli scioperi nella Germania Centrale. Nel suo discorso Bauer prometteva che:

La nuova Germania riconosce il diritto di partecipazione non solo alla proprietà capitalistica, ma anche alla cooperazione produttiva. È il grande pregio di questa legge che nega in modo inappellabile il concetto di capitalismo. Essa non elimina l’imprenditore, bensì il suo strapotere indiscusso. La legge pone l’interesse pubblico al di sopra di quello privato, chiude per sempre l’epoca della forza lavoro come ‘macchina vivente’ e spalanca la via all’ideale del socialismo, il diritto di tutti alla cooperazione e alla comproprietà25.

Per tutto il mese di luglio continuarono le consultazioni dell’Assemblea nazionale sulla nuova costituzione che fu formalmente approvata con 262 voti a favore e 75 contro il 31 luglio 1919. La Costituzione di Weimar entrò ufficialmente in vigore l’11 agosto 191926. La sua prima bozza era stata redatta da Hugo Preuß già nel gennaio del 1919, ma fu rigettata perché valutata troppo centralistica. Il 10 febbraio ne fu approvata una versione provvisoria, la quale aveva un chiaro carattere federale. Nella versione finale il ruolo della Prussia nel Reichsrat venne considerevolmente ridimensionato. Infine, uno dei punti più discussi fu quello inerente ai rapporti tra Presidente della Repubblica e Parlamento. Con l’articolo 48 la Costituzione dava al Presidente, per ragioni di sicurezza e ordine pubblico, il potere di sospendere temporaneamente il segreto postale, il diritto di associazione e quello di libera espressione, ma il Reichstag avrebbe potuto richiedere l’annullamento di tali misure straordinarie. Secondo lo storico Gustavo Corni le norme previste per il ruolo di Reichspräsident rispecchiavano le idee del sociologo Max Weber, coinvolto nella scrittura della Costituzione. Corni osserva anche che Ebert durante il suo mandato utilizzò l’articolo 48, 136 volte, e Hindenburg, anni dopo, 109 volte. Il sistema elettorale previsto fu quello proporzionale senza soglia di maggioranza27. Una volta che la Costituzione era entrata in vigore si iniziò a vociferare che il ruolo dell’Assemblea nazionale sarebbe stato esaurito e si sarebbe dovuti passare all’elezione del Reichstag.

Sempre ad agosto si aprì la Conferenza della Seconda Internazionale a Lucerna. Qui si discusse il trattato di pace di Versailles, l’intervento delle forze dell’Intesa in Russia, la politica finanziaria e il caro-viveri. La risoluzione di Pierre Renaudel voleva affidare al Comitato d’Azione il mandato di preparare i rapporti da discutere alla prossima Conferenza di Ginevra prevista per febbraio 1920. La risoluzione Jean Longuet da parte della maggioranza della SFIO e della USPD riservava sempre alla Conferenza di Ginevra le questioni della tattica circa democrazia e dittatura, la risoluzione però chiedeva un accordo fra tutti i socialisti del mondo sulla base della lotta di classe, ossia sul non scendere a compromessi con le forze borghesi. Questa piccola aggiunta marxista non fu sufficiente per ottenere la maggioranza e la risoluzione Longuet venne votata dai maggioritari francesi, dagli Indipendenti tedeschi, dai Poale Zion (operai sionisti), dai social-rivoluzionari russi, dai socialisti dell’Austria tedesca, da MacDonald e Troelstra. Mentre per Renaudel votarono i minoritari francesi, i socialisti di Svezia, Cecoslovacchia, Lettonia, Lituania, Ucraina, Estonia, Georgia, Armenia, Danimarca, la frazione inglese di Henderson, la frazione olandese di Vliegen, e quindi l’Unione Socialista italiana. La SPD votò entrambe le risoluzioni28. L’impressione generale fu che questa Seconda Internazionale era diventata ormai inconcludente e i Partiti socialisti incominciano a scegliere tra questa e quella proposta da Lenin, che veniva già identificata come la Terza Internazionale. La Direzione della USPD decise poco più tardi, a settembre, di non far parte di una Internazionale dove ci fosse stata la SPD, e quindi di prendere invece in considerazione la nascente Terza Internazionale29.

Sempre agli inizi di agosto, l’8 agosto, si verificarono scontri a Chemnitz per il caro-viveri tra lavoratori e la Reichswehr; ne risultano 27 morti tra i lavoratori. Il 19 agosto Chemnitz venne occupata dalla Reichswehr, mentre continuavano gli scioperi in alta Slesia. Il 21 agosto il ministro del Lavoro Schlicke fece una sterzata importante sul contenuto della legge sui Consigli di fabbrica, rassicurando gli imprenditori che questa legge non avrebbe permesso ai lavoratori di interferire sulla produzione e che a questi veniva chiesta la massima produttività al minimo costo, in quanto ciò era nel loro stesso interesse30. Nel frattempo, giunge notizia dal Baltico che le azioni perpetrate dai Freikorps, parliamo di circa 40.000 uomini, rimasti o mandati lì per proteggere i confini ad Est o per combattere il bolscevismo, ma in realtà con la promessa di terra o per il salario, stavano raggiungendo dei livelli di violenza inaudite31. Si parla anche della presenza di emissari russi in Germania, ma sembra che l’iniziativa sia stata avallata dal ministro degli Esteri stesso, con l’intento di assoldare uomini dai Freikorps in via di smobilitazione per battersi contro i bolscevichi. Queste voci furono confermate dalle dichiarazioni di Gerlach, ex sottosegretario di Stato. Gerlach raccontò: “sono attratti [giovanotti, imberbi, avventurieri o peggio] dall’alto soldo: 11 marchi al giorno per il soldato semplice, 14 marchi per le truppe tedesche. Essi sono poi anche attratti dalla vita libera che possono fare e dalla speranza di ricco bottino. Tutti i concetti di morale sono distrutti, ogni violenza contro la popolazione sembra permessa. Si ha sempre il comodo pretesto di dover procedere contro i bolscevichi. E questi «bolscevichi» sono in balia del primo venuto. […]. L’esercito controrivoluzionario – continua Gerlach – è ugualmente pronto ad operare tanto contro l’est quanto contro l'ovest. Pronto a restaurare tanto lo czarismo quanto il kaiserismo, preferibilmente ambedue32.

Questa descrizione non può essere più efficace nello spiegare che tipo di motivazione e di accanimento le truppe provenienti dal Baltico ebbero nel reprimere gli scioperi e le rivolte scoppiate in reazione al putsch di Kapp-Lüttwitz.

A settembre due interessanti articoli del sindacalista rivoluzionario, ex-herveista, svizzero Franz Weiss, fanno il punto della situazione sull’Avanti!. Nel primo Weiss tratta di Matthias Erzberger, ora ministro delle finanze, che abbiamo incontrato in occasione dell’armistizio. Erzberger è un uomo del Zentrum, e Weiss fa notare come la sua influenza fosse cresciuta enormemente a sinistra, sicché addirittura gli indipendenti, scherzando, gli avevano riservato un posto tra le loro file. Con un tono alquanto populista Weiss da un lato sembra comprendere la politica di Erzberger, ma dall’altro lo ridicolizza a più riprese. Weiss fa notare che Erzberger ammise la colpevolezza della Germania in occasione del trattato (si ricordi che era stato dietro all’azione di protesta del 1917) e, come appena menzionato, fu un delegato della firma dell’armistizio l’11 novembre 1918. Quindi era stato un delegato anche durante i “negoziati” del trattato di pace. Weiss sembra comunque accusarlo di aver firmato una pace troppo pesante (come se avesse avuto altra scelta), e che per far fronte alle conseguenze del trattato ora Erzberger, in veste di ministro delle Finanze, alzava le tasse, soprattutto con l’intenzione di tassare il capitale fino al 65%, diventando così il target preferito della stampa conservatrice che mal tollerava il suo atteggiamento pragmatico nei riguardi dei bolscevichi. Erzberger aveva pubblicamente, e correttamente a nostro avviso, deplorato lo sciupio inutile di danaro e di carta da parte delle Società antibolsceviche le quali “non si stancano di tappezzare i muri delle città tedesche con manifesti idioti quanto numerosi33. Solo dopo due anni l’insistente politica denigratoria nei confronti di Erzberger portò al suo assassinio da parte della Organisation Consul, ovvero un gruppo terroristico di estrema destra originatosi dopo lo scioglimento del Freikorps della Marinebrigade Ehrhardt. Questa, guidata da ufficiali della marina imperiale, era stata per intenderci occupata nella repressione di Monaco e sarà al centro del putsch di Kapp. In aggiunta la Marinebrigade Ehrhardt, fortemente antisemita, era quella che introdusse l’uso della svastica34 già nel 1919. Nel secondo articolo Weiss fa notare che dopo il predominio tra i socialisti dei maggioritari, sia al Congresso dei Consigli nel dicembre del 1918, sia in occasione delle elezioni dell’Assemblea nazionale, ora, a causa della loro politica di repressione delle masse rivoluzionarie, la loro popolarità era diminuita a favore degli indipendenti; addirittura, commenta Weiss, i maggioritari vanno oltre nella loro repressione a quello che avrebbero fatto i borghesi e Noske è molto più vicino ai generali di quanto possano essere Erzberger o Harden. Gli indipendenti sono però divisi in quelli di destra: Bernstein, Kautsky e Hilferding che si oppongono alla politica repressiva dei maggioritari ma non vanno oltre a questo, e quelli di sinistra che sono, sempre secondo Weiss, più giovani e più sconosciuti, ma che si avvicinano “assai al nostro «sindacalismo»”. Per Weiss i comunisti non era altro che blanquisti in miniatura35.

A settembre giudicata la città di Berlino di nuovo sicura, l’Assemblea nazionale vi si trasferisce. In verità Berlino, più sicura di gennaio e marzo, continuava ad attraversare momenti di tensione; già a luglio vi erano stati scioperi dei trasporti, ai primi di settembre vi furono scontri coi manifestanti e il 18 settembre scoppiarono gli scioperi dei metallurgici che dureranno fino a novembre. Secondo le fonti dell’Avanti! ad inizio ottobre lo sciopero dei metallurgici era salito a 34.500 lavoratori36. Il 1° ottobre vengono sciolte, almeno sulla carta, tutte le milizie popolari di sicurezza. La questione dell’esercito però è ancora critica in quanto da un lato l’Intesa dettò un ultimatum per la riduzione delle forze armate alla Germania, dall’altro, come giustificato da Bauer, queste erano ancora necessarie per il mantenimento dell’ordine e la gestione della situazione nei Paesi Baltici, per la quale la Germania chiedeva di istituire una Commissione con gli alleati37. Le truppe volontarie nei Paesi Baltici non ne volevano sapere di ritirarsi e smobilitarsi. Quindi nonostante l’ordine imposto da Noske, sotto pressione alleata, di far rientrare le truppe, queste non rispondevano e rimanevano nei Paesi Baltici, facendo capire quanto poco Noske contasse quando le sue direttive non combaciavano con quelle dei militari. Non è a caso che ora Noske e Scheidemann dichiaravano apertamente che il nemico fosse a destra!38. Il governo, pressato dall’Intesa, decise quindi di tagliare il vettovagliamento alle truppe nel Baltico39. Questa stretta sull'esercito non fu per nulla ben accolta dai vertici: il 30 settembre il generale Groener si dimise, mentre Hindenburg si era ritirato in giugno.

L’8 ottobre il leader degli indipendenti Hugo Haase venne raggiunto dai sei colpi di arma da fuoco mentre si recava al Reichstag riportando gravi ferite. In realtà l'attentatore non era mosso da ragioni politiche, ma personali, contro Haase in qualità di avvocato. Già il giorno dopo l’attentato le notizie sulle condizioni di Haase furono buone, le ferite non sembrarono gravi e gli venne data una convalescenza di dieci gironi40. Noske però decise di sospendere per tre giorni la Freiheit rea di aver pubblicato un appello in risposta all’attentato a Haase41. Le ferite di Haase però si infetteranno e circa dieci giorni dopo l’attentato le sue condizioni diventeranno critiche. Mentre continuava lo sciopero dei metallurgici che si estese anche a Düsseldorf, nella Saar e a Lipsia, il 20 ottobre 1919, si tenne in segreto il II Congresso della KPD a Heidelberg. Vi accorsero 60 delegati. Paul Levi sottopose al Congresso le Leitsätze über kommunistische Grundsätze und Taktik, “Tesi sui Principi e le Tattiche Comuniste”, note come Tesi di Heidelberg. Con queste tesi Levi non escludeva la partecipazione alle elezioni e rigettava il federalismo. La Direzione della KPD aveva infatti riaperto prima del Congresso la discussione in merito alla partecipazione alle elezioni42. Quindi Levi attaccò la tendenza sindacalista, o estremista, presente nella KPD. Questa era rappresentata da Fritz Wolffheim e Heinrich Laufenberg di Amburgo, che in futuro deviarono verso il “bolscevismo nazionale”; da Otto Rühle di Dresda, e da Schröder e Wandel di Berlino43. Le Tesi messe ai voti includevano una clausola di espulsione per chi non le avesse adottate. Furono votate a maggioranza con 31 voti a favore e 18 contro. Radek, il quale si era espresso negativamente nei riguardi degli “anarco-sindacalisti”, si oppose però a questa posizione “esageratamente” anti-putschista di Levi nella quale leggeva anche la poca lealtà di Levi nei riguardi di Mosca. In più Radek non credeva che fosse necessario cacciare l’ultrasinistra dal Partito. Gli amburghesi Laufenberg e Wolffheim, i quali promuovevano un sindacalismo mondiale sul modello dell’IWW statunitense vennero infine espulsi. L’idea degli amburghesi di sostituire il Partito con una grande sindacato (Unione generale dei lavoratori) non poteva essere accettata. Le Tesi di Heidelberg erano state scritte proprio per contrastare l’idea che una rivoluzione economica avrebbe portato ad una politica. La scissione dell’ala sindacalista ebbe luogo formalmente solo il 3 aprile 1920 con l’atto formativo del Kommunistische Arbeiterpartei Deutschlands (KAPD). Numericamente la scissione di Heidelberg indebolì molto il KPD44.

Intanto in diversi centri vigeva ancora lo stato di assedio e continuava la censura imposta da Noske. Per questo motivo gli indipendenti organizzarono a metà ottobre una serie di comizi a Berlino. Adolf Hoffmann e Wise si espressero contro il disarmo della classe operaia operato dal governo dopo le giornate di gennaio e contro l’arruolamento di “una terribile soldatesca fatta di giovinastri di pessima specie”. Venne attribuita alla stampa di governo o pro-governo la responsabilità di questa tendenza. Venne quindi attaccato il partito socialdemocratico per la situazione venutasi a determinare45. A prescindere dall’operato dei socialdemocratici e della loro coalizione di governo con i cattolici, le sanzioni francesi e la loro presenza nei territori occupati incominciava a causare disordini e malcontento tra la popolazione tedesca che in molte città dimostrava per il pane46. Anche la USPD stava attraversando una forte trasformazione interna, nel Partito si erano venute a determinare due correnti, una di centro-destra formata dai vari Hilferding e Kautsky, una di centro-sinistra formata da Arthur Crispien, Ledebour, ma anche da Däumig e Müller, con l’aggiunta di una base di estrema sinistra che si stava rapidamente formando. A Norimberga il 29 ottobre la USPD risultò letteralmente spaccata in due e votò con 66 voti a favore e 63 contro per la sua adesione alla Terza Internazionale. Il 2 novembre l’Assemblea generale dei lavoratori metalmeccanici chiese lo sciopero generale ma questo non si materializzò. Allora il 6 scoppiò nuovamente lo sciopero dei soli metallurgici a Berlino, i quali tentarono di nuovo di fare richiesta alle altre categorie di unirsi a loro in uno sciopero generale, riuscendo a coinvolgere solo i tranvieri di Berlino. In risposta il governo vietò ogni tipo di comizio47. Incominciano gli scontri con le forze di Noske che fece arrestare tredici agitatori dello sciopero48. Lo sciopero si concluse il 24 novembre49 e lo stato d’assedio venne tolto il 12 dicembre. Infine, dopo una lunga agonia il 7 novembre morì Hugo Haase: purtroppo le ferite si erano infettate e dopo un mese di lotta lo storico leader socialista si spense. Haase venne bistrattato dalla storia, ma sarà sicuramente una figura da rivalutare.

Se la situazione in Germania era tutt'altro che calma, la situazione sul Baltico era totalmente fuori controllo e, nonostante il blocco richiesto dall’Intesa e impartito da Noske, i Freikorps tedeschi continuarono a battersi a fianco delle forze antibolsceviche inglesi e russe50. Il governo tedesco mandò anche una Nota a Parigi dove ammoniva circa le ripercussioni sulla popolazione del blocco impartito alla Russia51. Noske dovette ordinare perquisizioni e arresti per bloccare il reclutamento di volontari per l’esercito del Baltico52. La Federazione nazionale degli ufficiali tedeschi approvò una proposta di Goltz che appoggiava l’operato dei volontari che difendevano gli interessi nazionali tedeschi nei paesi Baltici in polemica con il collaborazionismo del governo che cercava di far rispettare le disposizioni dell’Intesa53. Il governo si vide costretto a bloccare tutti i treni dal 3 al 15 novembre per accelerare i rifornimenti di patate e combustibile, dato che la Germania versava ormai in una situazione di emergenza alimentare e molti centri erano in protesta per il pane54.

Dopo il Congresso comunista, il 29 novembre si inaugurò il Congresso degli indipendenti a Lipsia. Ditmann annunciò un incremento degli iscritti da 300 mila a 750 mila55. Ledebour si espresse contro la Seconda Internazionale ma non accettò l’idea di entrare nella Terza Internazionale. Crispien annunciò che il partito indipendente non avrebbe rinunciato ad opporre violenza alla violenza56. Walter Stöcker annunciò di aver parlato con Paul Levi del KPD in merito all’ingresso nella Terza Internazionale, il quale sembrava avere l’adesione della maggioranza. La destra del partito rappresentata da Hilferding ritirò la mozione contraria al suo ingresso, il centro rappresentato da Crispien e Ledebour scese a compromessi con la sinistra del partito. Il centro, quindi, volle entrare nella Terza Internazionale ma sulla base di un Programma di Azione, la sinistra rappresentata da Stöcker voleva ingresso immediato. Vinse la mozione del centro con 227 voti a 81, rimandando l’ingresso nella Terza Internazionale. Venne però deciso di uscire dalla Seconda Internazionale e non partecipare al Congresso di Ginevra57. Venne quindi stilato il nuovo Programma della USPD che andava a sostituirsi al celeberrimo programma di Erfurt scritto da Karl Kautsky quasi trent'anni prima. Il Programma d’Azione specificava che ci fossero due epoche, quella della conquista del potere e quella del suo mantenimento, e dato che gli interessi dei lavoratori erano gli stessi in tutti i Paesi, al capitalismo imperialistico la USPD opponeva il socialismo internazionale. Il Programma sosteneva un sistema consiliare che si sarebbe dovuto sostituire allo Stato capitalista. Quindi il nuovo programma della USPD chiedeva:

1. Lo scioglimento di qualsiasi esercito mercenario contro-rivoluzionario e l’istituzione di una milizia rivoluzionaria;

2. Trasformazione della proprietà privata dei mezzi di produzione in proprietà sociale. La socializzazione deve essere fatta immediatamente per le Banche, le Società d’Assicurazione, le miniere e la produzione di energia, carbone, acqua, elettricità, per la produzione di ferro o acciaio, per i trasporti e le comunicazioni, così come per altre industrie molto progredite;

3. Socializzazione dei latifondi e delle foreste. Aumento della produttività agricola e promozione delle cooperative;

4. La proprietà privata del terreno deve passare ai Comuni. Il Comune deve costruire per proprio conto un numero sufficiente di abitazioni;

5. Sistematica regolarizzazione del ramo alimentare;

6. Socializzazione di tutta la Igiene pubblica;

7. Socializzazione di tutte le istituzioni scolastiche e di educazione. Riforma della scuola secondo principi pedagogici socialisti;

8. La religione è dichiarata faccenda privata. Completa separazione tra Chiesa e Stato. Le comunità ecclesiastiche e religiose vengono dichiarate associazioni private, che debbono regolare da sé le loro faccende;

9. Politica tributaria socialista. Imposta progressiva sul reddito, sul patrimonio e sull’eredità. Abolizione di tutte le imposte indirette e dei dazi doganali;

10. Abolizione di tutte le leggi che mettono la donna in condizioni di inferiorità di fronte all’uomo;

11. Istituzione del Monopolio delle inserzioni o degli annunci;

12. Riforma di tutta la giurisprudenza secondo i principi socialisti;

13. Obbligo di lavorare per tutte le persone idonee al lavoro. Misure protettive per la conservazione della forza lavoratrice;

14. Ripristino dei rapporti amichevoli con tutti i popoli, immediato avviamento di alleanze con le repubbliche socialiste58.

L’anno che era iniziato con la fondazione del Partito Comunista tedesco, la rivolta “spartachista” nel tentativo di scongiurare l’elezione dell'Assemblea nazionale, la loro rovinosa sconfitta, l’uccisione dei due storici leader socialisti Luxemburg e Liebknecht, le repressioni nella Ruhr e nel Centro della Germania, i vari eccidi di Berlino e di Monaco, la Costituzione e il trattato di Pace, si chiudeva con una Germania oppressa dalle condizioni dettate dall’Intesa, martoriata dalla fame, tempestata di scioperi e repressa in lungo e in largo da soldati e milizie paramilitari, con un sistema consiliare ormai sconfitto e svuotato completamente di ogni potere politico e con un governo di coalizione socialdemocratico maggioritario-cattolico che incominciava a dover fare i conti con il ritorno in auge dei militaristi. Tra le file dei socialisti e comunisti ci si lamenta intanto per la presenza sistematica di spie del governo che oltre controllare possibili rivoltosi organizzavano azioni di provocazione59. Si ricordi come nota di costume che Hitler nel settembre del 1919 entrò a far parte del piccolo partito, il Deutsche Arbeiterpartei (Partito dei Lavoratori) a Monaco proprio in veste di informatore. Questo partito deve far pensare ideologicamente già a qualcosa come ai fasci di combattimento mussoliniani, ovvero un miscuglio di idee nazionaliste-socialistoidi e in questo caso già impregnate di antisemitismo. Pochi mesi dopo su proposta di Hitler stesso, che da informatore ora era passato a membro attivo del partito, il partito cambiò denominazione divenendo il Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, con buona pace di chi vuol vedere Mussolini come il faro illuminante del caporale smobilitato.

Il nuovo anno, quindi, iniziò per molti versi con una situazione molto diversa da quello precedente, ma ancora instabile, sempre con problemi sociali fortemente presenti e irrisolti, con uno strapotere via via dato ai militari che avrebbe a breve chiesto il conto. Il 5 gennaio 1920, si aprì a Berlino il XII Congresso della Libera Unione di Sindacati Tedeschi, la quale si dichiarò solidale con la Repubblica russa dei Soviet60. Il 7 gennaio il governo concesse l’amnistia militare per tutti le diserzioni avvenute prima il 12 dicembre del 191861. Nei primi giorni di gennaio vennero arrestati due leader comunisti Fritz Heckert a Chemnitz e Georg Schumann a Lipsia62. Il 9 gennaio 1920 ripresero nuovamente disordini a Berlino per il pane, i manifestanti protestarono davanti al Rerichstag e le forze dell’ordine aprorono il fuoco provocando ben 20 morti! Il 10 gennaio entrò in vigore il trattato di Versailles. Von Simson e von Lersner firmarono il protocollo di armistizio nel Gabinetto del ministro francese Pichon63. Scoppiarono disordini anche a Colonia, Dusseldorf ed Essen64. L’11 gennaio il generale Oskar von Watter comandante miliare dei distretti di Dusseldorf, Arnsberg, Münster e Mindeu pubblicò un’ordinanza che vietava gli scioperi del personale addetto ai servizi pubblici65. Sempre l’11 gennaio la Rote Fahne pubblicò le condizioni poste dal generale Walther von Lüttwitz: questo pezzo risalterà in tutta la sua importanza a marzo quando scoppierà il putsch di Kapp-Lüttwitz appunto. Qui, spiegava chiaramente le dinamiche che si erano venute a formare con la ripresa del potere degli ufficiali dell’esercito che grazie al patto con i socialdemocratici di mantenere l’ordine si erano oramai ripresi dallo shock della sconfitta, di fatto, sentendosi nella posizione di respingere le richieste sancite dal trattato di pace di Versailles e firmato dal governo di coalizione. Sentiamo Lüttwitz:

A Est la marea bolscevica, all’interno la guerra civile; il collasso del Reich può essere evitato solo se il governo non cede sulle questioni vitali per la nazione. Le organizzazioni create per contrastare il bolscevismo (Reichswehr, pubblica sicurezza, milizia civica) devono essere preservate.

Tutti gli scioperi di ampia portata vanno repressi, perché sono un danno all’economia. Nel caso si verifichino, vanno combattuti proclamando immediatamente lo stato d’assedio in tutto il paese. Non ci si deve illudere che gli scioperi siano semplici scioperi salariali, essi hanno quasi sempre motivazioni politiche. È legittimo da parte dello Stato prendere le misure più severe a sua difesa. E intanto, il governo non deve cedere neppure sulle questioni che violano l’onore della nazione. In nessun caso il governo deve adottare provvedimenti coercitivi contro quei cittadini tedeschi dei quali i governi dell’Intesa chiedono l’estradizione. La Reichswehr non acconsentirebbe mai.66.

Questa è probabilmente la sintesi più accurata della situazione che portò al colpo di Stato militare noto solitamente come “putsch di Kapp”. I corpi di volontari che non avrebbero mai voluto che la guerra finisse, ora sul fronte Baltico, andando contro le imposizioni dell’Intesa e gli ordini del governo, continuavano perciò la propria guerra mercenaria; ora, dovendo rivolgersi al fronte interno, si sentivano in dovere di sedare la “guerra civile”, secondo loro causata dagli spartachisti che fomentavano gli scioperi. Il rifiuto delle imposizioni dell’Intesa di ridurre la Reichswehr (e quindi il numero degli ufficiali come chiaramente scritto da Paul Frölich et al.) era in realtà: “una lotta per la sopravvivenza [di queste centinaia di migliaia di ufficiali, sottufficiali e soldati] camuffata alla meglio sotto i panni del nazionalismo67. In ultimo, vi si inserì la questione dell’estradizione di Guglielmo II la quale avrebbe rappresentato uno smacco troppo grande, una vera e propria ammissione di sconfitta anche per questi militaristi che ormai apertamente parlavano di una resa non dettata dalla sconfitta militare, ma piuttosto da una pugnalata alle spalle inferta dai socialisti e comunisti (bolscevichi) guidati dai loro capi ebrei. Questa era la sintesi diffusa dai militaristi. Ideologicamente l’eliminazione degli ebrei ripresa dai nazisti di Hitler non fu nient'altro che la continuazione di questa logica del capro espiatorio per cancellare e riscrivere la fine delle Prima Guerra Mondiale.

La Commissione Generale dei sindacati il 13 si occupò del progetto di legge sui Consigli di fabbrica. Come spiegato in precedenza, questa legge però non accontentava i lavoratori, quindi, l’Assemblea Generale della Commissione dei Sindacati approvò una risoluzione che rigettava il progetto di legge; in particolare la Commissione Generale “riterrebbe anzi scherno e provocazione del proletariato, se quella legge venisse chiamata legge sui Consigli di fabbrica68. Anche l’Assemblea nazionale discusse la legge sui Consigli di fabbrica e per l’occasione il Reichstag venne occupato, o meglio presidiato, dai soldati con mitragliatrici e lanciafiamme per garantirne la sicurezza. La Sicherheitspolizei (polizia di sicurezza), soprannominata “le squadre verdi”, pattugliava le strade e la Wilhelmstraße era stata bloccata dai reticolati69. Mentre ci si apprestava a votare, durante il discorso del deputato democratico Schneider, la seduta venne interrotta perché erano giunte notizie di combattimenti davanti al Reichstag, poi, una volta rientrato il presidente dell’Assemblea Fehrenbach, questi comunicò che gli scontri avevano provocato diverse vittime. L'indipendente Heinke suggerì di aggiornare la seduta, mentre Scheider cercò di finire il suo discorso tra le proteste degli indipendenti. Fehrenbach quindi cacciò gli indipendenti Geyer e Laukant i quali trovavano di cattivo gusto continuare alla luce di quegli avvenimenti. Dopo aver annunciato la morte di dodici persone il presidente Fehrenbach decise di aggiornale la seduta70.

Cosa era accaduto fuori dal Reichstag? Alle 15:30 un reparto armato di dieci-dodici poliziotti si spinse tra la folla dei manifestanti, i quali si erano riuniti per protestare contro la legge sui Consigli di fabbrica considerata una e vera e propria farsa. La folla li disarmò e alcuni di loro uscirono dalla folla feriti alla testa. Quindi i soldati comandati da un “vecchio” generale con il monocolo, probabilmente von Lüttwitz in persona, all’altezza di Simsonstraße spinsero la folla sul prato del Tiergarten mentre altri soldati piazzarono la mitragliatrice. Lüttwitz ordinò di puntare i lanciafiamme e le mitragliatrici sulla folla che li guardava incredula. Quindi senza alcun preavviso Lüttwitz ordinò di fare fuoco; vennero addirittura lanciate bombe a mano alla cieca sulla folla concentrata al Tiergarten. I poliziotti stessi si rifugiarono all’interno del Reichstag increduli della reazione dei soldati. Vi furono ben 42 morti e 105 feriti71. Il Cancelliere Bauer giustificò il massacro come uno sventato attacco al Reichstag. Venne dichiarato lo stato di assedio su tutto il Reich, tranne alcune regioni come il Baden e la Baviera (in Baviera lo stato d’assedio era permanente). La Freiheit e la Rote Fahne vennero sospese. La Rote Fahne (che già 11 gennaio aveva pubblicato la nota inviata dallo Stato maggiore della Reichswehr che intimava il governo di far cessare gli scioperi e di indire lo stato di assedio altrimenti non lo avrebbe più sostenuto72) dimostrava la premeditazione di questo massacro. Vi erano tutti i presupposti di quello che sarebbe stato il putsh di Kapp-Lüttwitz. Ironicamente il 18 gennaio la legge-farsa sui Consigli di fabbrica venne approvata con 265 voti contro 63.



Il putsch di Kapp-Lüttwitz

Come spiegato a più riprese sul fronte orientale tedesco la guerra non era mai veramente cessata. Con la scusa di difendere i confini ad Est l’esercito tedesco non aveva sgomberato il campo ucraino, polacco e baltico. Mentre in Germania i Freikorps si erano andati formando in risposta ai disordini del 6 e 24 dicembre 1918, su impulso di generali come Georg Maercker, e mentre in diversi casi i militari avevano formato i loro Consigli dei soldati proprio per evitare che questi venissero controllati dalla sinistra, sul fronte baltico corpi di volontari avevano continuato la guerra organizzandosi a loro volta in Freikorps per difendere i confini tedeschi e/o per combattere il bolscevismo. In realtà con la promessa di poter tenere la terra conquistata e sicuramente per la paga. Con la caduta della Repubblica Consiliare di Monaco, nel maggio 1919, questa città divenne un importante centro di organizzazione per la destra militarista. È anche interessante l’osservazione di Robert Heynen il quale collega l’esperienza coloniale di diversi generali dei vari Freikorps, ovvero il genocidio degli Ovaherero e dei Namaqua in Africa, ai metodi di repressione attutati dopo il putsch. Il genocidio degli Ovaherero fu per esempio ordinato dal generale Lothar von Trotha della famiglia aristocratica sassone dei Trotha dalla quale discendeva anche Adolf von Trotha. Secondo Heynen il razzismo caratteristico delle truppe coloniali fu lo stesso caratterizzante i Freikorps nel Baltico e nella lotta contro i “bolscevichi = ebrei”. Questa esperienza coloniale accomunava generali del calibro di Maercker che aveva sedato la Germania Centrale, Arnold von Lequis che era intervenuto il 24 dicembre contro la Divisione della Marina popolare, entrambi coinvolti nel genocidio in Africa. Nonché Franz von Epp, anch’egli coinvolto nello sterminio degli Ovaherero e che nel febbraio del 1919 aveva schiacciato la Repubblica Consiliare di Baviera. E poi il capitano di corvetta Hermann Ehrhardt, anch'egli nelle truppe coloniali in Africa nel 1904 e ora al comando della famigerata Marinebrigade Ehrhardt e quindi dell’organizzazione segreta Consul. E ancora l’eroe Paul von Lettow-Vorbeck, il Löwe von Afrika (il leone d’Africa), che aveva sedato la rivolta di Amburgo. Secondo Heynen, con il brutto colpo del trattato di Versailles il quale toglieva le colonie alla Germania, i Freikorps vollero ristabilire il loro potere coloniale nel Baltico dove già nel gennaio del 1919 vennero arruolati tra i 20.000 e 40.000 volontari. L’idea delle colonie ad Est, ovvero dello spazio vitale, che sarà così centrale nel pensiero di Hitler, origina qui! Queste truppe volontarie dei Freikorps si mostrarono particolarmente violente probabilmente a dimostrazione di aver assimilato la logica coloniale della campagna d'Africa73. Le truppe volontarie nei Paesi Baltici divennero un’importante risorsa per gli alti ufficiali conservatori, i quali si sentivano di poter disobbedire al governo. Siccome l’Intesa aveva ordinato la smobilitazione del contingente dell’Est, il governo aveva fatto di tutto per far rientrare queste truppe. Quando queste rientrarono nel dicembre 1919 le forze controrivoluzionarie in Germania guadagnarono parecchia forza militare74. Sempre per fare un parallelo con la storia italiana, nel settembre 1919 era iniziata l’avventura di Fiume, che mostrava gravi problemi di insubordinazione anche nell’esercito italiano e una forte necessità per molti combattenti di non posare le armi. Ma con i suoi 2.500 legionari l'impresa di D’Annunzio a Fiume fu una vera e propria burla se paragonata alle forze in gioco in Germania.

Il governo tedesco era obbligato dal trattato di Versailles a ridurre l’esercito a 200.000 unità entro il 10 aprile 1920 e 100.000 entro il 10 luglio, ma solo le truppe nel Baltico ammontavano a 40.000 unità. Iniziò quindi un rapido smantellamento dei Freikorps in parte assorbiti nella Reichswehr. Un espediente per non contabilizzare questi uomini nell’esercito regolare fu la formazione di milizie civiche. In questa atmosfera nell’agosto del 1919 fu fondata l’Unione Nazionale dal capitano Waldemar Pabst, insieme al capitano Rudolf Berthold, a Hans Schnitzler e a Friedrich Grabowski; essa vedeva anche la presenza del generale von Lüttwitz, di Wolfgang Kapp, di Traugott von Jagow e di Georg Schiele. Pabst in particolare era stato implicato nell’uccisione di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, oltre ad aver partecipato alla repressione del 24 dicembre. Le sue dichiarazioni degli anni ‘60, anche se molto soggettive, danno modo di entrare nella psicologia degli ufficiali che tornati dal fronte non volevano lasciare che la Germania andasse nelle mani agli “ebrei”75 (così propagandava al suo rientro dal fronte). Mentre Wolfgang Kapp tra i fondatori del Deutsche Vaterlandspartei era stato un ministro nel Reichstag prussiano. Nelle retrovie, ma abbastanza nell’ombra, vi era anche Ludendorff, ora tornato in patria in semiclandestinità. L’obbiettivo dell’Unione Nazionale era di raccogliere tutte le forze nazionaliste senza distinzione di partito. L’Unione Nazionale era molto vicina ai partiti Popolare Tedesco e Popolare Tedesco-Nazionale. Questi partiti si erano particolarmente accaniti contro il ministro delle Finanze Erzberger, il quale era ora alle prese con il processo Helfferich-Erzberger, dato che Karl Helfferich, politico ed economista di destra, aveva pubblicato un libro dove accusava Erzberger per i suoi errori politici, e per essersi permesso di ammettere la colpevolezza della Germania in occasione del trattato; ma ancor più gravemente si era permesso di tassare le borghesie media e alta e di avere un conflitto d’interesse76. La campagna diffamatoria ai danni di Erzberger aveva portato il 26 gennaio 1920 lo studente Oltwig von Hirschfeld a sparare a Erzberger. In quella occasione Erzberger venne ferito ma non fatalmente. Il 12 marzo 1920 la sentenza di questo processo espose Erzberger alle accuse di evasione fiscale e spergiuro, che poi si rilevarono non vere. Come già menzionato Erzberger verrà quindi ucciso poco più di un anno più tardi, nell’agosto del 1921, da una squadra della morte del Consul di Ehrhardt.

Tornando a marzo 1920, l’Unione Nazionale stava organizzando un vero e proprio colpo di stato. Il capitano Berthold, in Baviera, si occupava di arruolare uomini per il suo “reparto d’acciaio”. Documenti inerenti all’organizzazione di un putsch erano già stati rinvenuti l’11 marzo 1920 con l’arresto di Schnitzler. Il 29 febbraio alla Marinebrigade Ehrhardt era stato ordinato lo scioglimento, ma questa si era stanziata in un campo di addestramento a Döberitz alle porte di Berlino e il 1° marzo fu passata in rivista dal generale von Lüttwitz e dall’ammiraglio Adolf von Trotha. Ehrhardt ricorda che il generale von Lüttwitz disse: «Non permetterò, in un momento così gravido di eventi tempestosi, che una tale truppa venga dispersa»77. La brigata di marina Loewenfeld era stata disposta in Slesia con un'ordinanza firmata dall’ufficiale Georg Mengrohl la quale chiedeva di rimanere pronti all’azione. Secondo un rapporto confidenziale del Commissario di Stato di Noske, Herman von Berger, Noske avrebbe affermato: “il fermento nelle truppe minaccia un putsch di destra”. È probabile che Noske fosse a conoscenza di un tentativo di colpo di stato già il 9 marzo.

Il 10 marzo vi fu un incontro tra Ebert, Noske e Lüttwitz, il capo di stato maggiore Olderhausen e il generale von Oven. Lüttwitz presentò un ultimatum:

1. dissoluzione dell'Assemblea nazionale e nuove elezioni del Reichstag;

2. nomina di nuovi ministri specialisti agli Esteri e alle Finanze;

3. creazione di un Comando Supremo della Reichswehr guidato da egli stesso e la rimozione del generale Reinhardt;

4. revoca dell’ordine di dissoluzione dell’esercito.

Per tutta risposta Noske rimosse Lüttwitz dal comando, anche se nominò Ehrhardt capo del suo stato maggiore. L’11 marzo Noske, il quale ormai era chiaramente e direttamente a conoscenza dei piani sovversivi dell’Unione Nazionale, chiese l’arresto di Kapp, Pabst e Schnitzler e Grabowski, ma il funzionario della sezione IA della polizia, Froböse, invece di eseguire il mandato avvertì i putschisti che sfuggirono l’arresto. Noske fu quindi rassicurato anche dallo Staatskommissar per l’ordine in Prussia che la situazione era sotto controllo. Intanto Lüttwitz, già formalmente sostituito da Noske con il generale von Oven, si recò da Ehrhardt per ordinargli di attaccare il giorno seguente e quindi per le 19:30 del 12 marzo gli uomini di Ehrhardt erano pronti a marciare su Berlino. Pabst il quale era sfuggito al mandato di arresto e si era anch'egli recato a Döberitz, era dell’avviso che il putsch fosse prematuro e cercò di dissuadere gli altri. Sempre il 12 marzo Noske emanò lo stato di allarme alle 11 del mattino alle guarnigioni di Berlino, Postdam, Spandau, Döberitz, Zossen, Jüterbog e alla polizia di Berlino stessa. Quindi già il 12 marzo, siccome i quotidiani parlavano apertamente di un imminente putsch per mano dei soldati tornati dal Baltico e accampati a Döberitz, il governo rispose con un comunicato ufficiale:

Apprendiamo da fonte attendibile: è attiva da qualche tempo a Berlino una camarilla di estrema destra che mira a un sovvertimento illegale e anticostituzionale, e che ha tentato di conquistare ai propri piani anche le autorità militari. È accertato che i partiti di opposizione di destra, facenti parte all’Assemblea nazionale e dell'Assemblea regionale prussiana, sono estranei a questi progetti. Persino numerosi circoli conservatori ricusano nel modo più netto la politica da desperados di questa banda di spartachisti di destra. Tuttavia, sono state prese misure precauzionali contro questi gruppi nazionalistici. Il governo del Reich prenderà tutte le misure necessarie contro gli agenti e i capi di questo movimento. Già è stato disposto l’arresto cautelare di una serie di personalità coinvolte78.

Noske nonostante fosse stato rassicurato, chiese all'ammiraglio von Trotha di recarsi a Döberitz, il quale, essendo parte del complotto, prima di recarsi sul campo avvisò telefonicamente Ehrhardt del suo arrivo e quest’ultimo mise le sue truppe a riposo. Poi, dopo aver visitato la Divisione di Ehrhardt, von Trotha tornò da Noske per rassicurarlo che tutto era tranquillo a Döberitz. Noske ricevendo ancora voci allarmate mandò nel pomeriggio anche i generali Martin von Oldershausen e Burghard von Oven a Döberitz. Il generale von Oven venne messo a conoscenza delle richieste di Lüttwitz da parte di Ehrhardt ma si limitò a disporre uno stato di difesa solo per il quartiere dei ministeri. Infine, a mezzanotte tra il 12 e il 13 marzo Noske parlando con Erich Kuttner dichiarò di non credere che Ehrhardt avesse l’intenzione di marciare su Berlino e che comunque aveva preso tutte le misure del caso. In realtà Noske non sapeva che anche il generale von Hülsen al comando delle truppe di Berlino era in contatto con Lüttwitz e Ehrhardt. Il 13 Noske ordinò anche l’arresto del colonnello Bauer e del capitano di polizia von Kessel. Ma nel frattempo durante la notte tra il 12 e il 13 marzo le truppe di Ehrhardt si erano messe in marcia per Berlino e furono accolte con entusiasmo dalle milizie civiche. Alle 5 del mattino del 13 a Ehrhardt venne incontro un generale mandato dal governo, ovvero da Noske ed Ebert, il quale portava una nota che negava tutte le richieste poste da Lüttwitz. Ehrhardt non ne fece un problema e continuò la sua marcia venendo accolto dalle camice verdi con entusiasmo. Arrivando alla porta di Brandeburgo incontrò il generale Ludendorff, Kapp e quelli che sarebbero stati i suoi ministri. Alle sette del mattino Ehrhardt e i suoi uomini vennero raggiunti dal generale Lüttwitz il quale li informò che il governo aveva abbandonato la capitale. È probabile che questo paradossalmente spiazzò Kapp che probabilmente era principalmente intenzionato a negoziare con il governo Bauer, piuttosto che a rimpiazzarlo. Ehrhardt prese controllo senza ricevere alcuna resistenza del quartiere dei ministeri, la Unter den Linden, la Friedrichstraße e la zona che circondava il ministero della Guerra79.

In un ultimo disperato tentativo di contrastare questo colpo di stato, Noske aveva radunato il generale Reinhard, il capo di stato maggiore, il maggiore von Gilsa, i generali von Seeckt, von Oldershausen, von Oven, l’ammiraglio von Trotha e molti altri ufficiali. Solo il generale Reinhard e il maggiore von Gilsa sarebbero stati disposti a far entrare in gioco le truppe. Gli altri generali dubitavano che truppe della Reichswehr avrebbero aperto il fuoco contro altre truppe del Reich. Pabst nelle sue dichiarazioni degli anni ‘60 è convinto che l’atteggiamento attendista dei generali fece molto più danno al putsch che l’ondata di scioperi che lo seguirono. Questo punto di vista non è privo di ragione. Il governo ebbe il tempo di rifugiarsi a Dresda sotto la protezione del generale Maercker il quale era in contatto telefonico con il generale Lüttwitz che gli aveva ovviamente chiesto a gran voce di arrestare il governo, ma Maercker, attendista, consigliò a Noske di ripartire per Berlino e negoziare. Noske ed Ebert, non sentendosi sicuri a Dresda sotto la “tutela” di Maercker, si recarono a Stoccarda sotto la protezione di milizie civiche e qui fu riconvocata l'Assemblea nazionale80.

Intanto a Berlino il governo Kapp, il quale si era insediato il 13 marzo dopo la marcia su Berlino, incominciò ad emanare un gran numero di ordinanze. Dopo aver proclamato l’istituzione di un nuovo governo annunciò lo scioglimento dell'Assemblea nazionale promettendo nuove elezioni. L’idea di Kapp era quella non di ripristinare la monarchia, ma di ripristinare il vecchio Stato burocratico prussiano. In qualche modo assicurava, per quanto possibile, di voler rispettare le clausole del trattato di pace, ma ripristinando la sovranità finanziaria e fiscale della Germania. Kapp però cercava disperatamente Schnitzler, il quale uscito di prigione era stato sostituto da tenente di vascello Lensch. I ministri stessi di Kapp si lamentarono del fatto che il caos regnava sovrano - sembrava di essere al mercato - riportava il ministro delle Finanze Bang. Schnitzler stesso appena arrivato alla Cancelleria esclamò: «Per l’amor del cielo, questo è un vero e proprio casino!»81.

Seguendo il racconto del ministro degli Interni di Kapp, von Jagow:

Il 13 marzo uno splendido esercito aveva sfilato in ordine di marcia e un Kapp dai nervi ben saldi mi aveva illustrato la situazione. Il 17 marzo era tutto l’opposto. Il colonnello Bauer aveva le palpitazioni e tremava tanto da non riuscire a spicciare sillaba; Kapp era in uno stato tale da farmi pena; Pabst era completamente disfatto”.

Prima di fuggire i ministri socialdemocratici avevano proclamato lo sciopero generale. Questo appello portava le firme dei ministeri socialdemocratici, Ebert, Bauer, Noske, Schilicke, Schmidt, David, Müller e Wels, ma in realtà erano tutte state aggiunte da Otto Wels.

Cittadini, Lavoratori e compagni di partito:

Il putsch militare è qui!

I mercenari del Baltico, per paura della loro completa dissoluzione, hanno tentato di abolire la Repubblica e di formare un governo dittatoriale.

Con Lüttwitz e Kapp al suo vertice!

Cittadini della Repubblica, lavoratori e Compagni:

Non abbiamo fatto la rivoluzione per essere assoggettati oggi ad un altro reggimento di mercenari sanguinario.

Non scendiamo a patti con i criminali baltici...

Lavoratori e Compagni!

Il lavoro di un anno verrà ridotto in macerie,

il vostro duro lavoro sarà distrutto.

E con questo tutto!

Ecco perché sono necessarie le difese più forti.

Nessuna attività dovrà lavorare, fin quando la dittatura militare di Ludendorff prevarrà.

Quindi, smettete di lavorare!

Sciopero!

Tagliate l'afflusso d'aria a questa cricca reazionaria.

Combattete con tutti i mezzi necessari per preservare la Repubblica!

Mettete da parte ogni discordia!

C'è un solo rimedio contro il ritorno di Guglielmo II,

paralizzando ogni attività economica!

Nessuna mano deve muoversi!

Nessun proletario deve aiutare la dittatura militare!

Sciopero generale su tutti i fronti!

Proletari unitevi!

Abbasso la Controrivoluzione!

I socialdemocratici membri del governo:

Ebert, Bauer, Noske, Schlicke, Schmidt, David, Müller

Il dirigente di partito della Partito Socialdemocratico

Otto Wels.

Gustav Bauer e Gustav Noske presero poi le distanze da questo proclama di Wels.

I partiti Popolare Tedesco-Nazionale e Popolare Tedesco già il 13 avevano espresso il loro appoggio al nuovo governo. Il Partito Democratico condannò il putsch, così come la SPD e il Zentrum82.

Il 14 quindi si interruppe l’erogazione dell’acqua, del gas e dell'elettricità, il 15 lo sciopero fu generale83.

Di contro il 15 Lüttwitz aveva diramato il seguente decreto:

1. Chi promuove azioni soggette alle sanzioni previste dal decreto per la sicurezza delle aziende fondamentali per l’economia nazionale e dal decreto per la tutela della libertà di lavoro, e chi partecipa a picchetti di sciopero, è punito con la morte.

2. Questo decreto ha vigore dal giorno 16 del mese in corso alle ore 4 pomeridiane84.

Altro decreto di Lüttwitz vietava qualsiasi propaganda sobillatrice contro il governo, verbale o per iscritto, punita fino alla morte per i casi più gravi. Il 16 il generale Lettow-Vorbeck ordinava di disperdere i raduni operai e di fucilare gli operai armati. Il giorno seguente da Dresda il governo Ebert mandò un appello specifico agli impiegati statali. Il secondo appello della USPD, il 15, conteneva un taglio più rivoluzionario del primo, mentre i comunisti chiamavano i lavoratori a prendere le armi, destituire i militari ma anche il governo Ebert; i comunisti insomma volevano tornare alla rivoluzione dei consigli. Già il 14, ovvero il giorno dopo del colpo di stato, Kapp aveva considerato l’ingresso dei socialdemocratici Albert Südekum (che qualcuno ricorderà per il viaggio in Italia allo scoppio della guerra per convincere il PSI a parteggiare per i tedeschi) e Karl Severing nel suo governo. Lo stesso Südekum, con due ministri democratici del parlamento prussiano, che non si era sciolto, aveva presentato un'interrogazione parlamentare in merito allo sciopero generale. Il generale Maercker quindi si recò a Berlino come intermediario e poi a Stoccarda dove si era rifugiato il governo Ebert. Il negoziato contemplava le elezioni parlamentari, avendo l’Assembla nazionale costituente assolto il suo compito, entro giugno, l’elezione del Presidente della Repubblica tramite plebiscito e l’amnistia dei putschisti. Data l'ingovernabilità venutasi a creare per via del caos e dello sciopero generale, soli quattro giorni dopo il putsch, il 17 marzo, Kapp si dimise e si imbarcò per sicurezza per la Svezia, mentre Lüttwitz e Pabst si recarono in Ungheria, dove aveva vinto la controrivoluzione. Lüttwitz venne sostituito dal generale Seeckt il quale si era rifiutato di intervenire militarmente contro i putschisti.

Il 18 il gruppo parlamentare maggioritario rilascio il seguente documento:

Kapp e Lüttwitz sono stati liquidati, ma la ribellione degli junker e la sedizione ‘sindacalista’ minacciano tuttora lo Stato democratico tedesco. Bisogna continuare la lotta fino a costringere queste forze a una resa senza condizioni. Su questo grande obiettivo deve stringersi un fronte unico repubblicano. La continuazione dello sciopero generale non colpisce solo i colpevoli di alto tradimento ma il nostro stesso fronte. Per continuare la lotta contro il vecchio regime occorrono carbone e pane, manteniamo alto il livello di vigilanza, ma interrompiamo lo sciopero popolare85.

Questo perché con la fuga di Kapp e Lüttwitz per i socialdemocratici la funzione dello sciopero si era ormai estinta. Ma in diverse circostanze la fiamma rivoluzionaria innescata da questo sciopero non fu così facile da estinguere. I maggiori sindacati, lo Allgemeiner deutscher Gewerkschaftsbund (ADGB), ovvero la confederazione generale dei sindacati, e la Allgemeine freie Angestelltenbund, (AfA) ovvero la confederazione dei sindacati degli impiegati, negoziarono con il governo le condizioni della cessazione dello sciopero che fissarono in nove punti:

1. Con l’imminente costituzione dei nuovi governi del Reich e della Prussia, le questioni relative alle singole persone saranno giudicate [dai partiti e dai sindacati]. A tutela del diritto di rappresentanza popolare, viene riconosciuto il ruolo [dei sindacati].

2. Disarmo e punizione immediata di tutti i responsabili del putsch […] come pure dei dipendenti pubblici che si sono messi a sua disposizione […].

3. Epurazione radicale dell’amministrazione pubblica e dalle aziende di tutto il personale controrivoluzionario […]. Reintegrazione immediata di tutti i rappresentatati sospesi […].

4. Rapida riforma dell’amministrazione statale secondo i principi economici […].

5. Applicazione integrale delle leggi sociali in vigore e adozione di nuove leggi che garantiscano la piena equiparazione economica e sociale tra gli operai, gli impiegati e i dipendenti pubblici. […].

6. Avvio immediato della socializzazione dei settori economici già maturi […].

7. Controllo effettivo ed eventuale requisizione delle derrate alimentari per assicurare l'approvvigionamento […]. Costituzione di associazioni di fornitori per assicurarsi l’adempimento degli impegni di consegna […].

8. Scioglimento di tutte le formazioni armate controrivoluzionarie e infedeli alla Costituzione e loro sostituzione con leghe di difesa di provata fede repubblicana, formate in particolare dagli elementi dei sindacati di tutte le categorie. La riorganizzazione non riguarda le unità della Reichswehr e della polizia rimaste fedeli al momento del putsch.

9. Dimissioni di Noske e Heine che hanno essi stessi chiesto di essere congedati.

Il 19 si tenne una riunione tra maggioritari: Ludwig Quessel, Paul Löbe e Otto Wels attaccarono Noske per essere troppo vicino ai militari e per aver fallito con le contromisure, mentre Gustav Bauer, Eduard David ed Ebert lo difesero. Philipp Scheidemann disse:

«Quessel, come tutti sanno, propone che la sezione chieda le dimissioni di Noske. Considero questa una mossa assolutamente sbagliata. Non ci possiamo spingere fino a chiedere ad un collega di ritirarsi. Ma – e non pensate male di me – lo stato di cose attuale mi ricorda quello che successe nell’ottobre del 1918, quando Guglielmo II non riusciva a capire che se ne doveva andare … Noske con il suo discorso prese tutta la mattina. E cosa ci ha detto? Fu una recita preparata dagli eventi dolorosi? No, tentò per ore di dimostrare che egli intraprese la linea e le misure giuste nella sua posizione. Ha provato a spiegare cosa stava succedendo come risultato delle necessità, per le quali non doveva in alcun modo rispondere. Questo è errato. Ho sempre giudicato Noske giustamente. Voi sapete che lo apprezzo. Conosco i suoi meriti. Ma ora siamo legati al fatto che la sua organizzazione si è completamente sgretolata al momento della prova. Non sbagliatevi su quello che la gente nel Paese pensa della Reichswehr e di Noske. Se ci fosse una possibilità di tenerlo in ufficio, dovremmo, certo, provare. Ma non vedo alcuna possibilità ...».

Noske visto come il capro espiatorio per non essere stato in grado di prevedere e prevenire il putsch fu costretto a dimettersi. Ebert, per nulla convinto che Noske non avesse fatto il possibile e contrario alle sue dimissioni, non volle dapprima accettarle, ma poi si vide costretto il 22 marzo ad accettare le dimissioni86 dell’uomo fidato che aveva (ormai più di un anno prima) mandato a Kiel a sedare la rivolta dei soldati che aveva messo in moto tutto il meccanismo rivoluzionario.

Tornado al negoziato sindacale l’ADGB e la AFA chiesero ai lavoratori di cessare lo sciopero, ma i lavoratori rifiutarono. Quindi il 22 marzo l’ADGB di Carl Legien, l’AFA, il Comitato della Commissione dei sindacati di Berlino, la SPD e la USPD firmarono un appello che chiedeva la cessazione dello sciopero per il 23, dati i seguenti risultati: 1. Il ritiro delle truppe da Berlino, 2. La sospensione dello stato d’assedio, 3. Nessuna ripercussione per i lavoratori in armi soprattutto nella Ruhr, 4. Trattative per l'inquadramento di lavoratori nelle forze di sicurezza della Prussia, mentre il KPD si espresse contro, in quanto richiedeva 1. Il disarmo completo delle truppe nel Baltico, della Reichswehr, delle milizie di sicurezza e delle milizie civiche, 2. Di armare gli operai, 3. La liberazione dei prigionieri politici e 4. Tutto il potere ai Consigli87.

Fallito il putsch le truppe di Hermann Erhrhardt, ormai arruolate dal generale von Seeck, si allontanarono dal quartiere gugliemino. Nonostante la pioggia la folla si radunò per schiacciare le truppe ma queste si gettarono sulla folla, lasciando 12 morti e 30 feriti; gli scontri si estesero in altri quartieri di Berlino prima che le truppe di Erhrhardt fecero ritorno a Döberitz. Presero parte a questi scontri, tra le altre organizzazioni volontarie reazionarie, anche la Alldeutsches Schutz und Trutz Bund (Lega Pantedesca di Difesa e Offesa) comandata da Peters. Questa Lega aveva una connotazione particolarmente antisemita considerando “l’influenza della razza ebrea come la principale causa del tracollo88. Gli scontri continuarono a Spandau dove caddero altri 10 operai.

Gli scioperi e gli scontri si estesero in tutta la Germania. Al confine con la Polonia a Cottbus tra il 15 e il 17 vi furono scontri tra gli operai e la Reichswehr dove ci furono quattro morti, quindi a Senftenberg e a Drebkau con altri morti. Quindi il 19 presso Ströbitz. In Slesia nel distretto carbonifero di Waldenburg a Breslavia (oggi in Polonia) i Freikorps Aulock e Paulson e la Brigata Loewnfeld occuparono gli edifici pubblici. Il redattore del giornale della USPD, Schöttländer fu seviziato e ucciso, con lui altri tre operai furono fatti sparire. Sempre a Breslavia gli operai riuscirono a conquistare due carri armati.

Nella regione costiera vicino a Kiel a Dassow i braccianti si erano organizzati e si erano scontrati con le truppe, a Eutin la SPD, USPD e KPD avevano organizzato un Comitato d’azione e le caserme dei volontari erano state attaccate, a Wismar gli operai avevano proclamato la Repubblica dei Consigli, a Niendorf presso Wismar due operai furono arrestati e fucilati; a Rostock gli operai affiliati alla SPD, USPD e KPD uniti avevano sconfitto 2000 studenti. Ancora a Grevensmühlen i lavoratori si erano armati per contrastare le truppe, ancora scontri erano stati registrati a Teterow, mentre a Lubecca, nonostante l’unione dei tre partiti socialisti, solo i ferrovieri erano scesi in sciopero. Scendendo nel Mecklenburger Großseenland, a Waren vi furono violenti scontri tra Reichswehr e lavoratori, qui i lavoratori agricoli assaltarono i Freikorps del Baltico, Baltikumer. A Wittstock tra Berlino e Amburgo 1500 braccianti armati si prepararono per assediare la cittadina, ma un negoziato sventò l’attacco. A Gnoien, 96 operai furono rastrellati e quattro vennero uccisi. Il 19 a Stavenhagen la Reichswehr sparò contro, uccidendolo, il consigliere comunale Seidel che le stava andando incontro con le mani alzate. Spesso erano i proprietari terrieri a ordinare gli omicidi di braccianti e operai. Ad Amburgo si formò un Comitato d’azione della SPD e della USPD, vennero arruolati oltre mille lavoratori e i Baltikumer si ritirarono senza combattere. A Harburg, quartiere di Amburgo, i Baltikumer si scontrarono con gli operai e il loro capitano Berthold fu linciato. A Brema fecero sciopero solo i ferrovieri e il Comitato d’Azione formato da SPD, USPD e KPD non prese decisioni. A Hannover gli organizzatori di una grande manifestazione del KPD e della USPD furono arrestati, mentre sui manifestanti fu aperto il fuoco, poi la folla entrò nella sede dei sindacati per prelevare le armi, ma sopraggiunsero rinforzi per i soldati che assalirono i dimostranti. Vi furono 11 morti tra gli operai e 60 feriti89.

In Baviera, doveva avevamo lasciato Hoffmann governare con i democratici, il 13 marzo il generale Moehl dichiarò di essere fedele al governo, il 14 alle 6 del mattino il medesimo generale Moehl, accompagnato dal questore Pöhner e dal capitano Escherich, e il comandante Hemmeter della Lega Pantedesca di Difesa Offesa chiedevano per mantenere l’ordine che i poteri venissero conferiti al generale Moehl stesso, ma il governo quindi si dimise. Gustav von Kahr venne quindi eletto il 16 marzo come primo ministro del Landtag e Moehl come comandate supremo della Reichswehr bavarese. Lo sciopero fu organizzato il 16 ma dopo gli scontri con la Reichswehr fu revocato. Si registrarono scontri anche a Norimberga. A Hof gli operai disarmarono le milizie civiche, a Selb i lavoratori formarono 14 compagnie di 150 uomini. Nel Württemberg lo sciopero durò dal 16 al 18 marzo. A Stoccarda fu eletto il Consiglio dei lavoratori. A Mannheim gli operai presidiarono le fabbriche, i padroni ordinarono la serrata e le fabbriche vennero occupate, ma senza successo. A Hanau i lavoratori riuscirono a fermare alcuni convogli di militari diretti verso la Ruhr90.

Il governo di Gotha in mano agli indipendenti proclamò lo sciopero generale, ma il 14 gennaio reparti della Reichswehr entrarono a Gotha e un operaio venne ucciso. Gli operai occuparono la piazzaforte di Ohrdruf e dopo duri combattimenti riuscirono a scacciare la Reichswehr da Gotha: vi furono in tutto 46 morti e 49 feriti tra gli operai. A Erfurt lo sciopero generale cominciò già il 13 ma le forze dei putschisti furono preponderanti. A Gera ci furono subito scontri tra i lavoratori e l’esercito con alcuni volontari. A Weimar la Reichswehr disperse i lavoratori. A Sömmerda i lavoratori riuscirono ad armarsi e questi furono attaccati dalla Reichswehr; più di duecento lavoratori furono imprigionati seviziati e in diversi uccisi, anche in questo caso i proprietari terrieri indirizzarono alcune uccisioni91.

Quindi in Germania centrale, a Magdeburgo, SPD, USPD e KPD organizzarono un Comitato d’azione che mise su una milizia civica di 15.000 uomini. Nonostante che il generale Griddeck si schierò con Kapp, i soldati, i quali erano in maggioranza contro, non opposero resistenza quando la milizia occupò la caserma. Il 18 finì lo sciopero generale a Magdeburgo. A Burg vennero arrestati gli ufficiali e il Consiglio Comunale organizzò un Comitato d’azione. A Neuhaldensleben ci furono scontri tra lavoratori e Zeitfreiwillige, ossia i volontari. A Stassfurt gli operai sconfissero le truppe provenienti da Magdeburgo e presero possesso della città. Halle fu protagonista di furiosi combattimenti, il centro della città pullulava di Zeitfreiwillige e Freiwilligen Landesjägerkorps sotto il comando del generale Czetteritz, mentre gli operai di tutti i paesi introno a Halle si organizzarono e circondarono la città, occupando Ammendorf e Trotha. Non avendo artiglieria pesante l’avanzata degli operai fu fortemente contrastata dall’artiglieria pesante e dalle autoblindo delle truppe filo-governative. Operai armati accorsero in aiuto dei loro compagni di Halle da Hettstädt, Merseburg, Leuna e Lipsia. Il violento attacco costituito da obici, mortai e autoblindate della Reichswehr e dei volontari intrappolanti al centro di Halle fece capitolare Ammendorf, mentre gli operai si trincerarono a Saale ed Anhalt. Purtroppo, la disparità di armamenti segnò la sconfitta degli operai, alla fine si contarono 86 morti e 160 feriti tra i lavoratori. Da Halle, dove la stazione era controllata dai “bianchi”, fu mandato un treno blindato a Eisleben dove vi furono altri violenti scontri. A Zeitz i lavoratori avevano avuto ragione delle truppe dei soldati92.

In Sassonia a Lipsia la USPD dominava il Comitato d’Azione, i comunisti in disaccordo con gli indipendenti decisero di non sottoscrivere un manifesto unitario. Lipsia era controllata dagli uomini del generale Senfft von Pilsach e da diversi corpi volontari; quando i lavoratori scesero in piazza il 14 marzo per manifestare contro il putsch, gli Zeitfreiwillige aprirono il fuoco dai tetti uccidendo 22 manifestanti. Iniziarono quindi combattimenti tra soldati, volontari e lavoratori. Lipinski della USPD e Albert Schwarz della SPD intavolarono trattative con l’esercito. Il 18 quindi la USPD e la SPD proposero la fine dello sciopero e il cessate il fuoco. Il generale von Pilsach però pretese la capitolazione incondizionata. Venerdì 19 organizzò la presa e distruzione della Casa del Popolo difesa coraggiosamente dai lavoratori, ma infine devastata dalle truppe “bianche”. A Chemnitz i lavoratori si erano organizzati e armati e si era formato un Comitato d’azione composto da 3 maggioritari, 3 indipendenti e 3 comunisti. Il battaglione di Zeitfreiwillige era stato disarmato. Il 15 vennero eletti i delegati dei Consigli di fabbrica rivoluzionari e quindi il Consiglio dei lavoratori della città, con dieci delegati comunisti, nove maggioritari, uno indipendente e uno democratico. Il 18 marzo la Conferenza regionale dei Consigli dei lavoratori decise per il disarmo e scioglimento della Reichswehr, la creazione di milizie operaie, la costituzione di Consigli di lavoratori e di fabbrica, la convocazione di un Congresso dei Consigli e la creazione di Corti di giustizia rivoluzionarie. Il 19 si riprese il lavoro. A Falkenstein la Reichswehr dispiegò 20.000 uomini per contrastare gli uomini del comunista Max Hoelz che fu costretto a ripiegare93.

Nella Ruhr la repressione del movimento dei lavoratori di un anno prima fece esplodere la situazione. I militari erano accentrati a Münster sotto il comando del generale von Watter, sempre a Münster c’era il Freikorps Lichtschlag, mentre a Remscheid c’era il Lützow; a Mülheim il Freikorps Schulz, a Elberfeld, Düsseldorf, Hamborn c’era la Reichswehr. A Essen mentre la SPD chiedeva lo sciopero generale la KPD denunciava su un altro volantino la SPD; ad ogni modo lo sciopero iniziò il 15 marzo. Sia a Dortmund che a Düsseldorf e Duisburg la polizia e i militari provocarono diversi morti e feriti. A Mülheim la Schulz issò sulla caserma la bandiera imperiale e la stessa cosa fece la Lützow a Remscheid. Il 14 marzo il generale von Watter, il quale decise di stare con Lüttwiz, dispose l’occupazione di Bommern, Volmarstein, Wengern, Wetter e Hagen. Quindi il 15 arrivò a Wetter una batteria di artiglieria guidata dal capitano Hasenclever. Questa fu fermata dai lavoratori in armi e Hasenclever stesso perse la vita. Quindi il corpo franco Lichtschlag guidato dal capitano Lange giunse in aiuto degli uomini di Hasenclever, ma fu disarmato a Herdecke. Con le armi conquistate gli operai si organizzarono e sia questi che Lichtschlag si diressero su Dortmund. Vi furono scontri presso Berghofen e Aplerbeck, dove Lichtschlag fu respinto, e a Dortmund fu costituito un Comitato d’azione formato da indipendenti, comunisti e sindacati: la presa di Dortmund diede forza all’armata “rossa” della Ruhr. La Ruhrarmee in tutto contava 50.000 miliziani94. La Reichswehr si ritirò a Remscheid dove si trincerò assediata dagli operai in armi venuti dalle città limitrofe. Il 18 iniziarono delle trattative, quindi il 19 le forze operaie passarono all’offensiva. Gli uomini di Lützow ricevettero una sonora sconfitta. Nella notte tra il 18 e il 19 l’armata “rossa” entrò ad Essen. Dopo violenti scontri il 19 marzo alle 12 la bandiera rossa sventolava sul Municipio. Tutte le truppe militari superstiti ripiegarono su Wesel. Tornato il governo Ebert-Bauer venne comunicato ai lavoratori di tornare a lavorare e che il generale von Watter, il quale dopo un primo momento putschista il 16 marzo si era dichiarato per il governo Ebert, non era considerato un nemico. Quindi von Watter incominciò a fare affluire nella Rurh un gran numero di truppe. Il 23 e il 24 marzo fu convocata una Conferenza a Bielefeld tra i rappresentati del governo come Johannes Gieberts e Otto Braun, il Consiglio Esecutivo eletto dai lavoratori, i rappresentati di Düsseldorf, Münster e Arnsberg, i sindacati e i diversi partiti. Il maggioritario Karl Severing formulò il piano negoziale in linea con i nove punti che i sindacati avevano negoziato a Berlino con il governo. Inoltre, questo accordo prevedeva che la Reichswehr non avrebbe marciato contro gli operai se questi avessero consegnato le armi e fossero tornati al lavoro. Il 25 i Comitati d’azione della Renania-Vestfalia si riunirono per discutere l'accordo. Il 27 marzo questi comunicarono un’offerta di armistizio, ma il nuovo Cancelliere Hermann Müller (Bauer aveva dato le dimissioni il giorno precedente) e il nuovo ministro della guerra Geßler diedero un ultimatum in 5 punti ai lavoratori. Questo prevedeva lo scioglimento dell’Armata rossa e il disarmo totale della popolazione, comprese le milizie civiche, sotto il controllo dei legittimi organi statali. Quindi il 29 marzo il Consiglio dei Comitati d’azione accettarono l'ultimatum a patto che venisse rispettato l’accordo di Bielefeld. Il generale von Watter rispose con un ordine in tre punti: 1. consegna entro le 11 del 30 marzo di tutte le armi e munizioni presso i comandi di polizia, 2. che i Comitati d’azione e l’Armata rossa venissero sciolte entro le 11 del 30 marzo, 3. che entro le 11 del 30 marzo non vi fosse neanche un prigioniero della Reichswehr, delle milizie o della polizia. Conscio del fatto che questo nuovo ultimatum non poteva essere rispettato, von Watter aveva già radunato il Freikorps Epp, una divisione costituita da studenti di Monaco, la terza brigata di marina Loewnfeld, i Freikorps Pfeffer, Lützow, Lichtschalg, Rossbach, quello che rimaneva della Schulz, nonché la famigerata brigata Ehrhardt. Il Consiglio generale dei Comitati d’azione dichiarò lo sciopero generale, venne richiesta la proroga dell’ultimatum alle 12 del 2 aprile, ma la Reichswehr iniziò l’avanzata. Il 1° aprile un’altra assemblea dei Comitati d’azione a Essen avvallò gli accordi, mentre le truppe operaie si erano rifugiate nella zona neutrale. Le truppe avanzarono su Essen, Recklinghausen e Bottrop, qui vi furono scontri cruenti ed esecuzioni sommarie da parte della Reichswehr. La reazione dei soldati fu principalmente violenta contro le donne che secondo loro si erano macchiate del crimine di aver aiutato l’armata “rossa”. Secondo diverse testimonianze dei Freikorps stessi, questi ammisero di essere stati molto più umani sul campo di battaglia francese. Questi soldati riconoscevano che i soldati francesi lottavano per difendere la loro patria, mentre ora in vero stile coloniale, trattavano gli oppositori come esseri inferiori e non vennero risparmiante le infermiere della Croce Rossa. Non potendo sconfinare nella zona neutra, le autorità emanarono appelli per i rifugiati di tornare alle loro case in quanto vi sarebbero state garanzie di processi giusti. In realtà vi furono pene molto severe per gli operai arrestati, stipati in celle sovraffollate. Il bilancio delle vittime finale fu di 200 (con 123 dispersi) tra i corpi franchi e l’esercito, ma di un migliaio nella Ruhrarmee95.

A giugno si tennero le elezioni per il Reichstag, dato che l’Assemblea nazionale aveva assolto il proprio compito. La SPD collassò al 21.6%, la USPD crebbe fino al 17,8%, la sinistra che in totale aveva perduto solo il 6%, perse la maggioranza e la DVP (Deutsche Volkspartei) triplicò i suoi voti. Venne formato il governo Fehrenbach, Zentrum, di coalizione DDP, DVP e il Zentrum, con la SPD ormai passata all'opposizione. Sempre nel giungo 1920 curiosamente Karl Severing, divenuto ministro degli Interni del parlamento Prussiano, chiese a Noske di diventare l’Oberpräsident della provincia di Hannover96.



CESCO

1Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p. 60.

2Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p. 61.

3Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p. 62.

4Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p. 64.

5Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 257.

6Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 259.

7Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 260.

8Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p. 68.

9Vice Genosse. Notizie dalla Svizzera. Avanti! Venerdì 10 ottobre, 1919.

10Robert Heynen. The German Revolution and the Radical Right. In: The German Revolution and Political Theory edited by Gaard Kets and James Muldoon. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2019, p 53.

11Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p. 68.

12Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 263.

13Ricordiamo che secondo i seggi dell’Assemblea nazionale la SPD e la USPD non avrebbero avuto la maggioranza per governare, avendo 185 (163 + 22) seggi su 412, necessitando del supporto di altri partiti come il Partito Popolare Cristiano (Zentrum) (89) e/o il Partito Democratico tedesco (74 seggi). Nel caso tutti gli altri partiti si fossero coalizzati avrebbero messo in minoranza la SPD e la USPD.

14Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 263.

15Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 287.

16Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 289.

17Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 291.

18Ibidem.

19Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 293.

20Gustavo Sacerdote. Il fermento in Germania. Avanti! Venerdì 4 luglio, 1919.

21Gustavo Sacerdote. Un discorso di Ledebour. Avanti! Mercoledì 2 luglio, 1919.

22Gustavo Sacerdote. Il fermento in Germania. Avanti! Venerdì 4 luglio, 1919.

23Gustavo Sacerdote. La libertà di stampa sotto Noske. Avanti! giovedì 11 settembre, 1919.

24Gustavo Sacerdote. Il dittatore Noske contro il Comitato esecutivo rosso. Avanti! Giovedì 4 settembre, 1919.

25Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 295.

26Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 269.

27Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p. 69-77.

28Gustavo Sacerdote. Due dichiarazioni di principio della Conferenza della Seconda Internazionale. Avanti! domenica 17 agosto, 1919.

29Gustavo Sacerdote. I socialisti indipendenti tedeschi e l’Internazionale. Avanti! giovedì 11 settembre, 1919.

30Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 296.

31Robert Heynen. The German Revolution and the Radical Right. In: The German Revolution and Political Theory edited by Gaard Kets and James Muldoon. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2019, p 59.

32Gustavo Sacerdote. La grave situazione in Germania. Controrivoluzione czarista e kaiserista. Avanti! martedì 2 settembre, 1919.

33Franz Weiss. La Germania d’oggi. Il segreto di Erzberger. Avanti! giovedì 4 settembre, 1919.

34Secondo un’ipotesi non confermata questo simbolo fu probabilmente introdotto dai rinforzi giunti alla Marinebrigade dal Baltico e specialmente dalla Finlandia dopo averlo visto su un aereo donato dal nobile svedese Eric von Rosen raffigurante una svastica blue su fondo bianco, effige che divenne l’insegna dell'aeronautica finlandese.

35Franz Weiss. La Germania d’oggi. Maggioritari, Indipendenti e comunisti. Avanti! lunedì 8 settembre, 1919.

36Vice Genosse. Lo sciopero metallurgico tedesco. Avanti! domenica 5 ottobre, 1919.

37Redazione. Un discorso di Bauer al parlamento tedesco. Avanti! venerdì 10 ottobre, 1919.

38Vice Genosse. Il nemico è la destra. Avanti! martedì 14 ottobre, 1919.

39Agenzia Stefani. I tedeschi fanno sul serio per chiamare all’ordine i soldati del Baltico. Avanti! mercoledì 15 ottobre, 1919.

40Respublica. L’attentato contro Haase era per vendetta privata? Avanti! domenica 12 ottobre, 1919.

41Respublica. La sospensione della “Freiheit”. Avanti! martedì 14 ottobre, 1919.

42Gustavo Sacerdote. Comunisti russo-tedeschi contro l’antiparlamentarismo. Una lettera di Radek. Avanti! giovedì 2 ottobre, 1919.

43Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 308.

44Daniel Gaido. Paul Levi and the Origins of the United-Front Policy in the Communist International. Historical Materialism 25.1 (2017) 131–174.

45Vice Genosse. Dalla Germania di Noske. I comizi degli Indipendenti contro stato d’assedio e censura. Avanti! martedì 21 ottobre, 1919.

46Vice Genosse. Dalla Germania in fermento. Tra Germania e Francia. Avanti! giovedì 30 ottobre, 1919.

47Vice Genosse. Dalla Germania in fermento. Lo sciopero dei metallurgici. Avanti! sabato 8 novembre, 1919.

48Vice Genosse. Dalla Germania in fermento. La situazione si va aggravando. Avanti! domenica 9 novembre, 1919.

49Redazione. I funzionari metallurgici tedeschi contro scioperi generali e politici. Avanti! martedì 25 novembre, 1919.

50Agenzia Stefani. Una nota tedesca introno al blocco nel Baltico. Avanti! sabato 1° novembre, 1919.

51Vice Genosse. La nota tedesca sul blocco della Russia. Avanti! lunedì 3 novembre, 1919.

52Redazione. Il fermento in Germania e i provvedimenti di Noske. Avanti! giovedì 6 novembre, 1919.

53Agenzia Stefani. I dannunziani in Germania. Avanti! mercoledì 24 dicembre, 1919.

54Vice Genosse. Dalla Germania in fermento. Sospensione del servizio ferroviario. Avanti! venerdì 7 novembre, 1919.

55Redazione. Il Congresso socialista indipendente di Lipsia. Avanti! giovedì 4 dicembre, 1919.

56Redazione. Al Congresso socialista indipendente. Avanti! sabato 6 dicembre, 1919.

57Redazione. Il Congresso degli indipendenti di Germania e l’Internazionale. Immediata uscita dalla Seconda futura unione con la Terza. Avanti! venerdì 12 dicembre, 1919.

58Redazione. Il nuovo programma d’azione dei socialisti indipendenti di Germania. Avanti! martedì 16 dicembre, 1919.

59Redazione. Le spie di Noske fra i comunisti tedeschi. Avanti! venerdì 19 dicembre, 1919.

60Redazione. I sindacalisti tedeschi per la repubblica dei Soviet. Avanti! martedì 6 gennaio, 1920.

61l. r. Una più larga amnistia in Germania. Avanti! giovedì 8 gennaio, 1920.

62l. r. Arresto di comunisti in Germania. Avanti! sabato 10 gennaio, 1920.

63Redazione. Il trattato di pace con la Germania è stato ratificato. Avanti! martedì 13 gennaio, 1920.

64Agenzia Stefani. Agitazioni operaie in Germania. Avanti! martedì 13 gennaio, 1920.

65Agenzia Stefani. Un generale contro gli scioperi. Avanti! mercoledì 14 gennaio, 1920.

66Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 314.

67Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 313.

68Redazione. La Commissione Generale dei Sindacati e i Consigli delle fabbriche. Avanti! Giovedì 15 gennaio, 1920.

69Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 297.

70Redazione. I gravi fatti di Berlino all’Assemblea nazionale tedesca. Violenti dibattiti. La seduta sospesa più volte. Avanti! domenica 18 gennaio, 1920.

71Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 298.

72Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 299.

73Robert Heynen. The German Revolution and the radical right. In: The German Revolution and Political Theory, edited by Gaard Kets and James Muldoon. Palgrave MacMillan, Spriger Nature 2019, pp 57-60.

74Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 319.

75https://www.youtube.com/watch?v=UazMrBZtxj8

76Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 319-323.

77Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 324.

78Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 326.

79Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 326-328.

80Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 328-329.

81Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 331.

82Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 333.

83Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 344.

84Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 332.

85Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 337-340.

86William Grant Ratliff. The political career of Gustav Noske, 1918-1920. A thesis in history. Texas Tech University, 1980.

87Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 342-343.

88Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 347.

89Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 350-355.

90Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 356-357.

91Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 358-361.

92Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 362-364.

93Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 365-369.

94Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p. 79.

95Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p. 79.

96William Grant Ratliff. The political career of Gustav Noske, 1918-1920. A thesis in history. Texas Tech University, 1980.



Comments