Massimalismo in Italia

 


In passato abbiamo dato molto, forse troppo, spazio alla figura di Benito Mussolini, analizzando come si arrivò al patto di pacificazione nel 19211 e indagando i suoi inizi nella compagine socialista2. La necessità di tornare su questo argomento con questa breve ricerca è scaturita dall’affermazione ripetuta in almeno due occasioni dello storico Mimmo Franzinelli con la quale attribuisce la paternità del massimalismo in Italia a Mussolini3.

Franzinelli ha pubblicato diverse ricerche storiche ricche di lavoro archivistico di primissimo rilievo. Nondimeno, Franzinelli, utilizzando le fonti storiche è riuscito a sfatare diversi miti sulla figura del “duce. Ci piace ricordare, per esempio, come abbia ridimensionato la figura di Mussolini-soldato, che, ahinoi, per alcuni storici ancora non solo «[volle] andare in guerra», mentre come classe 83 fu richiamato regolarmente nella milizia mobile, ma a detta loro non fu privilegiato, cosa che Franzinelli puntualmente sfata, in quanto Mussolini non vide un giorno di azione. Franzinelli in più ha dato un enorme contributo nel mostrare la continuità del regime fascista nel secondo dopo guerra e nella Repubblica. A maggior ragione ci chiediamo cosa abbia scoperto Franzinelli negli archivi che lo spinga ad affermare che Mussolini sia stato il padre del massimalismo in Italia, così come ci chiediamo che definizione usi di massimalismo.


Ovviamente, noi, che storici non siamo, ma facciamo dell’attivismo politico che non vuol dimenticare il passato, dissentiamo da questa affermazione su due piani. Sul piano politico, intendendo per massimalismo il perseguimento del programma massimo, ovvero, l’instaurazione del socialismo e, successivamente, del comunismo. Quello che utilizzando la dicitura originale, ovvero, quella che si rifà alla visita del 1880 di Jules Guesde e Paul Lafargue a Karl Marx e Friedrich Engles a Londra proprio per abbozzare il programma massimo e minimo del Parti Ouvrier Socialiste Français4, secondo una lettura ortodossa esclusivamente di Guesde, si sarebbe dovuto indicare come impossibilismo, in opposizione al possibilismo di Paul Brousse e Benoît Malon, che erano diventati moderati ed erano stati etichettati come possibilisti proprio da Guesde. Adottando questa definizione politica, che molto probabilmente Franzinelli non usa, crediamo sia abbastanza scontato anche per Franzinelli, convenire che Mussolini non sia stato né iniziatore né leader di tale idea o corrente. In Italia, per completezza, entrambi impossibilismo e possibilismo trovarono i loro rappresentati tra gli operaisti lombardi e i socialisti costiani romagnoli, alcuni dei quali passati al socialismo rivoluzionario marxista ed altri rimasti in quello che verrà poi chiamato sindacalismo rivoluzionario. Paradosso dei paradossi, un precursore del opportunismo sinistrorso, ovvero Enrico Ferri, colto accademico lombrosiano e politicante mantovano, si fece promotore per un certo periodo dell’ impossibilismo guesdista in Italia che per altre vicende era andato a chiamarsi intransigente. Il termine impossibilismo di fatto non fu mai davvero usato, tranne che in Gran Bretagna, nonostante si trattasse di massimalismo. La dicitura dell’epoca in Francia li identificava più semplicemente come collettivismo. Ferri , nonostante il suo opportunismo, influenzò diversi socialisti in erba nel periodo che va dal 1900 al 1908. Il socialismo di Mussolini fu, se proprio cerchiamo di etichettarlo potrebbe anche inserirsi sulla falsariga dell’intransigentismo ferriano, però di stampo anarco-sindacalista con fiammate barricadiere e temperamento romagnolo. In Mussolini la parola “Io” ebbe sempre molta più importanza della parola “collettivismo” e non è un caso che passò quando lo ritenne opportuno da Karl Marx a Giuseppe Mazzini in a split second.


Ma, cosa più grave, dissentiamo anche dal punto di vista storico, dove sappiamo di giocare fuori-casa. Per quanto ne possiamo sapere reputiamo l’influenza di Mussolini nel periodo 1912-1919 molto marginale per quello che poteva concernere la dottrina socialista generale e il massimalismo in particolare, secondo tutte le possibili definizioni. Difenderemo quindi la tesi che Mussolini, se ebbe atteggiamenti massimalisti secondo una definizione dispregiativa e moderna del termine, non ne fu né l’inventore né il leader. Quindi difenderemo la testi che Mussolini non poté essere l’ispiratore del massimalismo quale corrente politica emersa ufficialmente al Congresso di Roma del 1918. In quanto massimalismo nel gergo dell’epoca, tranne sparute eccezioni che si riferivano effettivamente al programma massimo, come appena descritto, aveva una connotazione nettamente russa. Difendiamo quindi anche la tesi, se mai ce ne fosse bisogno, che egli non fu neanche ispiratore del comunismo, come addirittura ebbe a dire nel 1921, questo (il comunismo) ovviamente riconducibile a Vladimir Il′ič Ul’janov detto Lenin. Tuttalpiù a Mussolini verrebbe da concedere la paternità dell’opportunismo rivoluzionario, ma anche in quel caso avrebbe effettivamente ricalcato esempi ben più noti, dal già citato Ferri, all’ancor più noto Gustave Hervé, almeno fino a quando Mussolini divenne il Capo del Governo e quindi il truce duce.


Definizione di massimalismo

Secondo la definizione odierna, il termine massimalismo è usato per “designare atteggiamenti considerati estremisti e non sorretti da un’effettiva capacità di azione politica. […] il comportamento di chi [..] vuole ottenere il risultato massimo e non ritiene accertabili soluzioni intermedie o parziali” sempre secondo la definizione odierna il massimalismo è quella corrente guidata da Menotti Serrati che si rifaceva al programma massimo socialista, ovvero al conseguimento del Socialismo per via rivoluzionaria5. Come brevemente accennato nella sezione precedente se si parla di programma massimo e perché vi è anche un programma minimo, rimandiamo il lettore interessato al nostro modesto sunto sulla genesi del programma del Partito Socialista nato a Genova nel 18926.


Nel caso in cui Franzinelli si riferisca alla definizione odierna, ovvero agli “atteggiamenti considerati estremisti e non sorretti da un’effettiva capacità di azione politica”, questa è probabilmente la definizione che più calza per il Mussolini “rivoluzionario”. Già dal suo primissimo coinvolgimento con la politica in Svizzera, nel periodo che va dal 1902 al 1904, si schierò, nella neonata discussione tra transigenti e intransigenti circa la collaborazione con governi borghesi moderati, con gli intransigenti rivoluzionari. In più da subito Mussolini mostrò una grande affinità con gli agitatori sindacalisti-rivoluzionari, i quali però andranno presto a mettersi fuori dal Partito, cosa che peraltro Mussolini emulerà nel 1910 dopo il Congresso di Milano7. La sua scelta, di stare vicino agli anarco-sindacalisti non fu atipica, vi erano molti agitatori che mostravano affinità o veri e propri legami con il sindacalismo rivoluzionario, non dimenticando che il Partito stesso fondava le sue radici nell’operaismo milanese e nell’anarco-socialismo romagnolo. Altro esempio, ma solo per portarne uno, di sindacalista-rivoluzionario rientrato nel PSI fu quello di Silvano Fasulo. Si ricordi per chiarezza che Filippo Turati aveva già denunciato la posizione di Arturo Labriola, “labriolino”, questo sì leader del sindacalismo-rivoluzionario italiano, come «fuori del socialismo»8 nel 1902, quando l’emigrante di Predappio aveva appena varcato il confine elvetico. Mussolini quindi rimase sempre vicino al anarco-sindacalismo ed è nota anche la sua vicinanza alla “terza fase del sindacalismo9, ovvero all’Unione Sindacale Italiana (USI) di Alceste De Ambris e di Filippo Corridoni. Qui ci riferiamo sia al 1913 che alla svolta interventista che quella frazione dell’USI fece mesi prima di Mussolini.


Se invece, sempre seguendo la definizione odierna e dispregiativa, si considera che Mussolini possa avere avuto il ruolo di iniziatore dell’estremismo parolario quando, dalla fine del ‘12 alla fine del ‘14, biennio in cui fu direttore dell’Avanti! (organo del PSI), ci si potrebbe riferire a due episodi: l’eccidio di Roccagorga e la settimana rossa. Premesso che a occhi esperti il “fenomeno” Mussolini appare un “rivoluzionarismo volgare e vecchio di mezzo secolo10, durante il primo episodio, l’eccidio di Roccagorga avvenuto nel gennaio del 1913, Mussolini montò una campagna aggressiva sull’Avanti! invocando la reazione violenta dei lavoratori. Mussolini scrive: “Verrà giorno in cui la folla imporrà essa stessa […] freni inibitori reagendo con la violenza contro la violenza omicida […].11. Questo era per altro un tratto squisitamente hervéiano, ovvero che si ispirava al giornalismo di attacco caratteristico di Hervé direttore de La Guerre Sociale12, il quale aveva montato diverse campagne insurrezionali e pro-sabotaggio in Francia e per questo era stato diversi anni, non mesi, in carcere. Mussolini non si limitò agli articoli ma tenne due discorsi uno a Milano e uno a Torino. Il risultato massimo che ottenne con questa campagna , e questo è da concedergli, fu quello di spingere la Direzione del PSI a poter indire lo sciopero generale in caso di futuri eccidi. Leonida Bissolati, il leader dei riformisti di destra, espulso qualche mese prima proprio con la mozione dei rivoluzionari presentata da Mussolini, dopo un dissidio con il Partito13 di almeno due anni, ironizzava però sul fatto che i “rivoluzionarissimi” contro gli eccidi avevano solo “parole, parole, parole14. Anche la reazione dei riformisti di sinistra non si fece attendere15. Gherardo Bozzetti nel suo “Mussolini direttore dell’Avanti!” del 1979, definisce quello di Mussolini massimalismo anarchico16, descrivendo l’indignazione di Anna Kuliscioff che si aspetta una reazione della Direzione del Partito, che seppur rivoluzionaria, avrebbe dovuto notare la deriva anarchica del direttore. Qualche membro della direzione notò questa svolta anarchica e questi fu il rivoluzionario intransigente Serrati, il quale verrà poi maltrattato dagli storici per la sua posizione al Congresso di Livorno del 1921, dove, lui sì, sarà il leader dei massimalisti a quel punto definiti unitari. Come vedremo, nel 1921 il termine massimalismo era ormai entrato nell’uso corrente come si può desumere dalla seconda definizione datane dall'enciclopedia Treccani17.

Serrati, al quale Mussolini doveva molto, il 15 febbraio 1913 scrive sull’Avanti!Valorizzare o concretare?”, dove denuncia la “«svalorizzazione» quotidiana derivante dalla mancanza di una linea programmatica” alla quale sia soggetto il Partito. Ne individua le cause nella mancanza di un programma di azione che rendesse pratico il programma adottato al Congresso fondativo di Genova nel 189218. La mancanza di tale linea politica dettagliata da seguire, spiega Serrati, aveva determinato le iniziative dei singoli che “hanno fatto […] individualisticamente, anarchicamente, quello che il partito non seppe mai fare e ne è venuto fuori il disordine”. Quindi, dopo aver spiegato la ragione per la quale all’interno del PSI vi erano le condizione per le quali si potevano verificare iniziative personali, passa a criticare la linea personale che aveva preso l’Avanti!, “Così – mentre i compagni che sono alla direzione dell’Avanti! vogliono astenersi dal concretare per non cadere nel riformismo – concretano a loro piacimento, per necessità di cose, i singoli compagni a seconda di ciò che esigono i bisogni locali e ne avviene che l’opportunismo localista trionfa sui più alti interessi del partito e, come non desiderata conseguenza, si ottiene la «svalorizzazione» del nostro movimento”. Per Serrati “l’opera «di preparazione delle rivoluzione» iniziata dall’Avanti! sotto la direzione del compagno Mussolini”, non contrasta questa svalorizzazione, anzi la peggiora. Serrati è preciso nel dare il giusto peso a quella che in fin dei conti è una mera campagna mediatica del direttore il quale sapeva di sicuro cavalcare le varie onde del momento. Questa opera [precisa Serrati] che Mussolini chiama, o crede, rivoluzionaria non è che – absit iniuria verbis19 – paradossale, iperbolica, ridicola non per se stessa, ma per il contrasto che essa pone in evidenza fra la predicazione rivoluzionaria e la pratica possibilista del partito.[] Mussolini gonfia la manifestazione follaiola napoletana20 fino a farla credere un moto rivoluzionario che possa insegnare l’esempio alla restante Italia.”21. Serrati si era reso quindi contro, come del resto diversi dei riformisti più arguti, Filippo Turati, Anna Kuliscioff, Claudio Treves, Giuseppe Emanuele Modigliani e Giovanni Zibordi, che in questo modo l’Avanti! per mano del suo direttore “ora agita[va] la scure anarchica!”. Sottolineiamo che a Serrati, che fu leader, ma solo dopo il ‘18, della corrente massimalista, una accusa di anarchismo, anche dallo stesso Turati, non sarebbe venuta così a cuor leggero. Non per nulla Bozzetti deve aggiungere “anarchico”. Gli anarchici erano stati estromessi dal Partito il giorno stesso della sua fondazione, quindi essere accusati da un compagno di frazione di anarchismo non era poi cosa di così poco conto e Serrati, in particolare, gli anarchici veri li aveva conosciuti da vicino a più riprese22.


Sempre per seguire questa falsariga, proprio tra il ‘18 e il ‘21 quelli che si possono definire massimalisti astensionisti iniziarono una dura critica da sinistra del massimalismo di Serrati. Lì però il soggetto era proprio il massimalismo con tanto di cambio di programma di Partito prima e scissione poi. Oggi si può guardare a quelle dispute come inutili, controproducenti e addirittura dannose, diatribe, ma all’epoca la tattica e la dottrina erano prese molto seriamente perché almeno i leader politici credevano davvero di poter influenzare le masse con i principi e in questo Mussolini fu più scaltro, o più “moderno”, perché si attenne al suo populismo pubblicistico.

Mussolini replicò all’articolo di Serrati chiamandolo “compiutamente riformista”. Senza dilungarsi, tacciare Serrati di riformismo voleva dire non avere molte cartucce nel campo della dottrina per rispondere a un critica da sinistra. Sempre per indicare che le critiche non erano isolate, in marzo, scoppiò il caso Prampolini. Camillo Prampolini figura molto importante del socialismo riformista italiano, primo direttore dell’organo di Partito, aveva deplorato l’Avanti!, e la decisione di non pubblicare la sua deplorazione da parte di Mussolini, determinò le dimissioni di Enrico Bertini e Celestino Ratti dalla Società editrice dell’Avanti!, a questi si doveva aggiungere , Serrati, e anche altri due membri della Direzione del Partito, come Gregorio Agnini e Elia Musatti, erano stati critici nei conforti del direttore. Purtroppo nella Direzione Mussolini poteva contare ancora su Costantino Lazzari, Arturo Vella, Angelica Balabanoff e Alceste Della Seta23 e questo lo rendeva per il momento inamovibile. Ma la critica da sinistra ancora più aggressiva a quel tempo proveniva proprio dagli anarco-sindacalisti dell’USI: Alceste De Ambris, per esempio, lo chiamava: “Padre Benito […] rivoluzionario demagogico” e letteralmente “leccaculo di Turati”. Di tutta risposta Mussolini, che di sicuro non voleva essere scavalcato a sinistra, andando anche contro la posizione della Sezione milanese del Partito, appoggiò una serie di scioperi organizzati proprio dall’USI. Ora, che questa sua politica molto individualista e di emulazione degli anarco-sindacalisti non abbia determinato un seguito importante lo dimostra il corteo che il 16 giugno Mussolini cercò di organizzare a Milano dopo un comizio alla Casa del Popolo, corteo che si sciolse tanto che Menotti Serrati lo chiamò: “gita al monumento a Vittorio Emanuele”24. A questo punto l'ostilità nei suoi confronti era tanto accesa nella Direzione del Partito che Mussolini, conscio però di avere la maggioranza e l’appoggio del segretario Lazzari, si dimise25, così che la Direzione si trovò a dover ribadirgli ufficialmente la fiducia. Già nell’agosto 1913 Mussolini scaricò l’USI, mostrando una linea del tutto ambigua. Vero è che in quel periodo dei giovani marxisti, tra i quali due dei più significativi che il marxismo italiano abbia espresso, Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci, simpatizzavano per Mussolini, ma questa è la generazione che emergerà soprattutto negli ultimi anni di guerra e nel primo dopoguerra, culminando con la scissione del ‘21. Sia Gramsci che Bordiga negli anni venti daranno una giusta interpretazione di quello che Mussolini fu.

Il primo spiega, correttamente, che a causa della debole frazione rivoluzionaria intransigente si determinò “un susseguirsi alla sua dirigenza di una vera cinematografia di uomini, mentre i riformisti stavano fortemente raggruppati intorno a Filippo Turati”26, e sia chiaro, Gramsci si riferiva al periodo precedente a Serrati. La correttezza di questa affermazione è comprovata dalle dinamiche della riunione della Direzione a Bologna il 18 ottobre 1914. Qui Mussolini aveva apertamente contravvenuto alla posizione ufficiale del Partito sulla guerra, ovvero la neutralità assoluta, “assoluta” aggiunta a suo tempo proprio da Mussolini, introducendo la “neutralità attiva e operante”, ovvero, fiancheggiare la Francia e convertire la guerra in rivoluzione, almeno a parole. Nonostante ciò, come riportato da Della Seta, si fece il possibile per evitare una crisi, ma Mussolini, che aveva già la certezza di uscire con un suo giornale, era andato a Bologna con l’intenzione di dimettersi27.

Il commento di Bordiga si riferisce al primo discorso di Mussolini alla Camera il 21 giugno 192128, dove tra le tante cose aveva detto: «io per primo ho infettato codesta gente quando ho introdotto nella circolazione del socialismo italiano un po’ di Bergson mescolato a molto Blanqui», replica Bordiga: Benito Mussolini non è oggi per noi quello che era nel 1914-15, non è più un ex-compagno, un rinnegato, è, se tanto gli accomoda, un ex-rinnegato che vive nuove incarnazioni […]. Le mirabolanti risorse della reclame, che si può fare con la stampissima gialla, possono mandar su, nonché un pallone gonfiato, problema fisicamente elementare, qualunque palla plumbea destinata a rotolare di fosso in fosso […]. Il discorso non è stato, malgrado l’impegno grossolano, che il solito tentativo di avvicinare il fuoco socialista e spegnerlo nell’acqua democratica. […]. È stato umoristico. Ha detto, pare, di aver dato i natali al nostro movimento introducendo Bergson con molto Blanqui. La battuta è destinata a noi nella traccheggiante orazione era dunque questa? […]. Bergson? Chi era costui? Si domanda il buon tesserato del P.S.I. imbonito dai Serrati e C. Ma ora la spiegazione diviene di portata comune. Bergson? È il diavolo, poiché Mussolini ne fu in Italia il rappresentante autorizzato. E il comunismo italiano è nato da questi impuri germi che hanno corrotto la bontà nativa dell’indigeno socialista marxista, facendo dar di volta il cervello perfino … a Graziadei. Il quale, da quell’ignorante che è, tardò a intendere le nuove verità di cui Benito era importatore, e appena cominciò a digerirle quando costui era passato a fucinare ben altro nelle incandescenze del suo cervello, seguitando a lasciarsi indietro la scia sfolgorante degli illuminatori. Ci pare sia ora di finirla con questa storia di Bergson. Le ideologie del Partito Comunista d’Italia e della Internazionale Comunista […] si alimentano nel campo della dottrina e, si vuole, della filosofia alla ortodossia marxista. 29. In realtà più che rivendicare seriamente la paternità di quello che potremmo qui chiamare massimalismo comunista, Mussolini si rifà ad una polemica avvenuta subito dopo la “settimana rossa” nel giugno del 1914, proprio con Antonio Graziadei. Questi aveva esposto il biasimo del Gruppo parlamentare a Mussolini per via del suo solito atteggiamento anarcoide nel commentare i fatti della “settimana rossa”. Anche il ruolo primario di Mussolini durante la “settimana rossa” è pura leggenda, come già chiaramente mostrato da Renzo De Felice30 e da Luigi Lotti31. Mussolini fu tagliato fuori dagli avvenimenti e si dovette limitare a commentare i fatti seguendo le disposizioni di Arturo Vella e Costantino Lazzari da Roma. Ciò nonostante il suo attacco alla CgdL innescò la reazione del Gruppo Parlamentare e la Direzione il 28 e 30 giugno dovette di nuovo discutere la rimozione di Mussolini, ma anche in questo caso i suoi oppositori rivoluzionari non avevano i numeri sufficienti per estrometterlo. Proprio in risposta ad una intervista a Graziadei, Mussolini dichiarò: “[non c’è] nessuna vita senza effusione di sangue. […]. Che importano 10 o 100 morti? […]. Noi giovani […] respiriamo in una diversa atmosfera. […]. Non per nulla mi si è quasi rimproverato sulla ‘Neue Zeit’ di essere un bergsoniano. Veramente non ho trovato ancora una diretta incompatibilità fra Bergson e il socialismo. […]. Le tavole della legge del 1892 devono essere rivedute.”32. Cinque mesi dopo verrà finalmente, anche se tardivamente, espulso dal PSI, e il suo passaggio all’interventismo mostrerà un’altra cosa inerente la sua leadership, ovvero, quanto poco seguito ebbe. I maggiori interventisti di sinistra erano già passati all’interventismo, commenta Bozzetti: “Dal partito esce quasi solo. […]. Il De Begnac elenca ben 42 settimanali socialisti contrari all’interventismo mussoliniano. […]. Nel socialismo Mussolini non lascia traccia; è il destino di quest’uomo, di non rappresentare che se stesso. […]. Il mussolinismo come fenomeno ideologico è una invenzione dei politologi. […]. I fasci ritornano, annuncia Mussolini dalle colonne del suo giornale il 1° dicembre 1914. La sera dell’11 dicembre è di nuovo alla tribuna per salutare la costituzione del Fascio d’azione repubblicana. […]. La marcia incominciata nel novembre del 1914 si concluderà a Palazzo Venezia.”33.


Uso della parola massimalismo nel gergo socialista

Avvalendoci dell’Archivio storico dell’Avanti! On-line, per quanto questo possa essere attendibile, vediamo che la parola massimalismo fa il suo ingresso nel gergo corrente a partire dal 29 luglio 1917. Questo termine è legato alla Russia, e come vedremo questo non sarà un caso. Ricordiamo che in quel periodo il direttore dell’Avanti! era Serrati, la rivoluzione di “febbraio”, in effetti del 8 e 12 marzo per il calendario gregoriano, in Russia era già scoppiata e le famose tesi di aprile di Lenin erano già note. Nel trafiletto “Verso la dittatura socialista in Russia?”, la redazione dell’Avanti! si riferisce ad una comunicazione del corrispondente del Giornale d’Italia, Zanetti, il quale spiega che una possibile soluzione alla crisi ministeriale in Russia “fa prevedere la dittatura socialista”. L’Avanti! si chiede: “perché mai il signor Zanetti si mostra così malcontento della dittatura socialista in Russia? Non ha, nei passati giorni, assicurato ai lettori del suo giornale che, schiacciato il massimalismo leninista, ormai i socialisti russi non si preoccupano d’altro – con Kerenski a capo – se non di vincere il nemico esterno e il nemico interno?34 [grassetto nostro].

Un mese dopo circa la parola appare in un lungo articolo firmato ING., pseudonimo di Michail Vodovozov35, intitolato, “La borghesia al lavoro in Russia”; questo articolo parla di Miljukov, leader dei cadetti, ovvero il partito borghese russo, Non potendo proseguire avanti così diritto, egli – Milioukoff – sceglie la unica via possibile in questo caso: quella di attaccare a fondo e con tutte le forze o con tutte le armi, fino alla calunnia, fino all’eccitamento allo sterminio il fianco del nemico, la parte estrema del «Soviet» - i bolsceviki – col pretesto del loro estremismo e del loro massimalismo. Orbene, il massimalismo si può sempre combattere, soprattutto con un popolo tanto tollerante come quello russo.”36 [grassetto nostro]. Il 21 ottobre Serrati pubblica la lettera aperta del prof. Alessandro Levi intitolata “Esame di coscienza (Lettera aperta a G. M. Serrati)”. Questa lettera precederà la rivoluzione bolscevica di un paio di settimane e l’attacco a Caporetto di tre giorni. Qui Levi, citando e utilizzando il gergo introdotto dall’Avanti! pochi giorni prima, parla di minimalisti, per definire i riformisti, e di massimalisti, per definire i rivoluzionari, esprimendo la sua contrarietà al massimalismo che ritiene teoricamente dottrinario e praticamente pericoloso37. Tornando al termine massimalismo e alla sua connotazione russa, già il 24 giugno, sempre del 1917, la redazione dell’Avanti! si prendeva la briga di spiegare che il termine minimalista, usato dalla Agenzia Stefani per descrivere i menscevichi, era una “espressione impropria e non corrispondente ai qualificativi dei partiti russi”, infatti avrebbero dovuto usare minoritari; però minimalista è comunque usato per rappresentare “il blocco dei socialisti democratici «mensceviki» facenti capo a Martoff, Axelrod, Tceidze ed altri insieme ai socialisti – rivoluzionari facenti capo a Vittorio Cernoff – tutti essenzialmente internazionalisti e aderenti a Zimmerwald.38. Di contro il termine massimalisti era stato usato, altrettanto impropriamente per riferirsi ai bolscevichi, invece del termine maggioritari.

La prima comparsa, sempre attenendoci al motore di ricerca dell’Archivio storico dell’Avanti!, senato.it, del termine massimalista, piuttosto che massimalismo, risale al 1909. È ovviamente un articolo intitolato: “La Russia di oggi: conversando con un esule russo”, direttore del giornale era allora Leonida Bissolati e la circostanza è la visita dello Czar in Europa e in particolare in Italia. L’esule russo in Svizzera usa il termine per spiegare: «Io non sono terrorista, e non sono mai stato massimalista. Credo assai scarsamente all’efficacia delle bombe. Ma oggi – posso dirvi con certezza – parlare di gravi attentati contro il Governo centrale è fare dell’esagerazione. I terroristi sono finiti quasi tutti sulle forche, e il movimento rivoluzionario batte altre strade»39 [grassetto nostro]. Quindi troviamo, finalmente un riferimento al termine massimalista in un articolo del febbraio del 1913, con Mussolini direttore. L’articolo si intitola “Il Congresso sugli infortuni” ed è firmato da G. E. Modigliani; il passo recita:Dal mattino si vede il buon dì. E il Congresso si piazzò subito bene quando rinunziò da bel principio a darsi l’aria di una pedante e scomodante assemblea legiferatrice: opponendo a chi vuole ridurre l'estensione della legge, la richiesta «massimalista» della sua «universalizzazione».40 Il 28 luglio il termine riemerge e finalmente probabilmente usato dal direttore. L’articolo si lamenta del fatto che il grido: « Via dalla Libia!» non stia risuonando abbastanza tra i socialisti. “[…] Il « Via dalla Libia» non può essere un'aspirazione, tendenziale, a realizzazione lontana, un grido, diremmo quasi massimalista, no, dev'essere l’obiettivo di un’agitazione immediata, incessante, formidabile che non sosta finché tale obiettivo non sia raggiunto. […]”41 [grassetto nostro]. Questo stesso articolo viene citato a novembre42 dello stesso anno in opposizione alle spese militari ed è firmato XXX. Questo è tutto per quanto riguarda il termine massimalista durante la direzione Mussolini. Nel 1915-16 il termine appare sporadicamente per poi riemerge per ovvie ragioni nel 1917.


Pericoli nell’attribuire a Mussolini la paternità del massimalismo

Mussolini quindi non lasciò nulla al socialismo che il socialismo non aveva già prodotto di suo, attribuirgli la paternità del massimalismo è quindi scorretto e pericoloso. È pericoloso perché si dà credito alla insinuazione, a nostro intendere peraltro scherzosa, che il movimento intransigente rivoluzionario che culminò poi nella fondazione del Partito Comunista d’Italia debba qualcosa ad un anarco-opportunista, il quale, se, come Corridoni, fosse morto facendo realmente la guerra non avrebbe occupato che poche pagine di riviste specialistiche di Storia, come sono oggi occupate da un Giovanni Bacci, un Vella e, ahinoi, un Serrati il quale ne meriterebbe invece di più. Il fatto che spendiamo così tanto, troppo, spazio a ridimensionare Mussolini socialista è per via del ruolo che egli ebbe dal 1921 al 1945, e non dal 1912 al 1914. Intendiamoci, tentativi di recuperare Mussolini quale “grande” statista in epoca repubblicana sono stati fatti anche grazie, o a causa, delle dinamiche dettate dalla guerra fredda, e oggi, in epoca di deindustrializzazione, grazie al ritorno del protezionismo populista.

Ma quel che più ci sta a cuore è il ridare dignità ad un movimento rivoluzionario socialista che non si risolveva solo nella demagogia da giornale. In Italia, come in altri paesi, i problemi del programma massimo, da cui il massimalismo, e del programma minimo furono dibattuti seriamente e per motivi seri, a torto o ragione, una parte dei socialisti marxisti si schierarono dalla parte della rivoluzione subitanea e violenta piuttosto che dalla parte della rivoluzione graduale e pacifica. Noi abbiamo espresso altrove l’opinione di ritenere sbagliate le ragioni per le quali si possa pensare che una rivoluzione subitanea e violenta sia la via al socialismo43 , ciò non toglie che il massimalismo, che sia centrista di Serrati o astensionista di Bordiga, ebbe delle profonde radici marxiste così come il massimalismo leninista. Ridando dignità al termine chiediamo in modo provocatorio: fu Turati, vero e proprio pomo della discordia tra i due massimalisti, paradossalmente il più vicino al pensiero di Marx ed Engels? Fu Turati il vero massimalista? Quando massimalismo è inteso come attuazione del programma massimo?

Turati, il quale era già stato attaccato duramente al XV Congresso, tenutosi a Roma nel settembre del 1918, al successivo Congresso, il XVI, tenutosi a Bologna, dove vennero messe in discussione le “vecchie tavole”, ovvero il programma fondativo del 1892, si espresse così: «Non crediamo al “massimalismo”. Per noi un “massimalismo” semplicemente non esiste e non è mai esistito. Infatti dove è il suo contrapposto? Perché un massimalismo avesse qualche ragione di esistere nel Partito, vi dovrebbe essere, di fronte ad esso, nel Partito, un minorismo o un minimalismo. Orbene, vi è qualcuno fra noi che si senta, o che consenta a farsi chiamare, minorista o minimalista? Vi è qualcuno che consenta a un ideale socialista ridotto, che si contenta di conquiste mediocri, che, sulla via del socialismo, sia disposto a fermarsi a mezza strada? […]. Tutte queste denominazioni non sono che bluffs, creati, magari in buonissima fede, dallo spirito settario. […]. Queste distinzioni, come quelle , ugualmente sciocche, di rivoluzionari e riformisti, di transigenti e di intransigenti, non sono che equivoci, coi quali si specula sulla ignoranza delle masse […]. Non vi è socialista serio ed onesto che, in dati casi, non sia disposto a transigere, ossia a contentarsi di un meno in attesa e in preparazione del più, anziché allontanare e compromettere il tutto per volerlo conquistare d’un colpo, chi lo nega mentisce a se stesso e soprattutto calunnia indegnamente se stesso. [...]»44. Turati si riferisce ovviamente alla definizione di massimalismo come quella di voler l’attuazione del programma massimo che era compreso nel programma del 1892. Turati infatti non concepisce, o non vuol concepire, il perché di una corrente massimalista se non per motivi settari. Ora, la corrente massimalista era già emersa in seno alla frazione rivoluzionaria intransigente al Congresso di Roma, in quanto la presa del potere da parte dei bolscevichi in Russia aveva provocato una divisione anche tra gli intransigenti. C’erano quelli, come Francesco Ciccotti e Costantino Lazzari, che non approvavano i metodi violenti dei bolscevichi (Lazzari poi si ravvide dopo il viaggio del 1921 in Russia) e pubblicavano articoli vicini o scritti dai menscevichi o dai socialisti rivoluzionari russi, che, come abbiamo visto, erano anche chiamati impropriamente minimalisti, e c’erano quelli, una larga maggioranza, che sostenevano la politica e i metodi bolscevichi e che per associazione diventarono massimalisti. Da Roma, ovvero dal settembre del 1918, a Bologna, ovvero, ottobre del 1919, le cose andarono complicandosi ulteriormente, perché i “massimalisti” italiani si frazionarono ulteriormente in elettoralisti, di Serrati, e astensionisti, di Bordiga. Questo principalmente perché Bordiga, influenzato da un certo pensiero sindacalista francese45 ma se vogliamo anche proprio dell’ultrasinistra tedesca46, ormai non credeva più efficace dissipare le energie rivoluzionarie nella propaganda elettorale. Neanche Lenin si trovava d’accordo con questo astensionismo e lo rese noto al Secondo Congresso della Terza Internazionale Comunista, che si sarebbe tenuto nell’estate del 1920. Congresso cruciale anche per i famosi ‘21 Punti’, ovvero le condizioni per l’ingresso nella Terza Internazionale, che crearono un’ulteriore sfaccettatura. Il punto, fortemente voluto da Bordiga, di espulsione dei riformisti vide Serrati contrario. Questi non riteneva opportuno frazionare il Partito ulteriormente, andando a determinare un massimalismo unitario e, ora che Bordiga si vedeva costretto a mollare le sue idee astensioniste, un massimalismo rivoluzionario.

Turati però, pur a conoscenza di tutte queste sfaccettature, volle in primis precisare cosa la parola massimalista avrebbe dovuto significare e come questa non aveva senso se usata come attributo di Socialismo, in quanto per lui il Socialismo doveva per forza di cose essere anche massimalista. Ma Turati, che queste cose le aveva già viste, ci tenne a precisare che questo astensionismo era stato già espulso dal Partito proprio alla Sala Sivori di Genova al suo Congresso fondativo, quando i socialisti si riunirono in separata sede escludendo di fatto gli anarchici. Dice Turati: «[…] Chi ha l’abilità di tagliare un capello in quattro potrà trovare che fra il Galleani d’allora e la corrente attualmente impersonata nell’ing. Bordiga vi sia qualche differenza. Per mio conto, sul terreno pratico, a me non riesce di vederla. [...]»47. Bordiga, da buon marxista, spese molta energia nel tagliare il capello in quattro per spiegare che il suo astensionismo non fosse uguale a quello anarchico, ma questo aspetto rimase sempre il neo libertario del dogmatismo bordighiano.

Come già accennato, per i russi il vero capro espiatorio del massimalismo italiano divenne però Serrati, il quale, sì, si era espresso favorevolmente al “fare come in Russia”, ovvero per il programma rivoluzionario, ma si oppose alla condizione di ammissione alla Terza Internazionale che dettava l’espulsione dei riformisti dal Partito. Fu il suo massimalismo unitario che vinse a Livorno, pur non potendo evitare che i massimalisti rivoluzionari, molti dei quali ex-astensionisti, lasciassero il Teatro Goldoni per andare al Teatro San Marco e fondare il Partito Comunista d’Italia aderente alla Terza Internazionale. Sempre tralasciando che fu proprio la mancata espulsione formale dal PSI prima e la richiesta, sempre di Mosca, di optare per un fronte unito con i socialisti che determinarono il definitivo allontanamento di Bordiga dai vertici del Partito Comunista. Questo allontanamento politicamente sfociò nel Comitato di Intesa del 1925 che si opponeva apertamente alla bolscevizzazione del Partito Comunista. L’ironia della sorte volle che a Lione nel 1926 Bordiga e Serrati si ritrovarono ancora l’uno “contro” l’altro ma ora Bordiga non era più dalla parte della Terza Internazionale che aveva visto degenerare in così pochi anni e Serrati pur di entrarci aveva perso il controllo dell’Avanti! e del Partito socialista. Il massimalismo russo aveva finito per sconquassare il socialismo italiano! Mussolini in tutto questo era riuscito, grazie alla connivenza del Governo liberale, della corona e delle loro forze dell’ordine, e grazie alle milizie assoldate dagli agrari, a “ristabilire” l’ordine e la disciplina e a proiettare finalmente il Regno d’Italia, in camicia nera, verso nuove fantastiche avventure littorie che lo porteranno un giorno a creare l’impero e ad essere ricordato come l’improbabile inventore del massimalismo!

CESCO



1Cesco. Il patto di pacificazione: tra calcolo politico e commedia - Parte I - Adattamento Socialista, settembre 2021. Cesco. Il patto di pacificazione: tra calcolo politico e commedia - Parte II - Adattamento Socialista, ottobre 2021. Cesco. Il patto di pacificazione: tra calcolo politico e commedia - Parte III - Adattamento Socialista, novembre 2021.

2Cesco. Mussolini e la sua lunga marcia da socialista col fazzoletto nero (1901-1914) - Parte I - Adattamento Socialista, ottobre 2022. Cesco. Mussolini e la sua lunga marcia da socialista col fazzoletto nero (1901-1914) - Parte II - Adattamento Socialista, novembre 2022. Cesco. Mussolini e la sua lunga marcia da socialista col fazzoletto nero (1901-1914) - Parte III -. Adattamento Socialista, novembre 2022.

3«Mussolini che […] ha avuto le radici a sinistra […] e il massimalismo lo ha inventato lui [in Italia]» vedi: https://www.youtube.com/watch?v=AsDczs1ihkw al minuto: 44:34-44:41 o «Mussolini è il fondatore del massimalismo, cioè di una tendenza estrema, rivoluzionaria si diceva all’epoca [...]». https://www.youtube.com/watch?v=7PF3GMT_IxE al minuto: 07:45-07:56.

4Cesco e Dan Kolog. Per il centotrentesimo anniversario della fondazione del Partito Socialista Italiano: Riflessioni sul "Programma di Genova". Adattamento Socialista, agosto 2022.

6Cesco e Dan Kolog. Per il centotrentesimo anniversario della fondazione del Partito Socialista Italiano: Riflessioni sul "Programma di Genova". Adattamento Socialista, agosto 2022.

7Il suo primo Congresso. Mussolini partecipò solo a tre Congressi, Milano 1910, Reggio Emilia 1912 e Ancona 1914.

8Filippo Turati. Il dissidio delle tendenze e il suo superamento nell’azione. Discorso tenuto al Congresso di Imola l’8 settembre 1902.In: Filippo Turati. Le vie maestre del socialismo a cura di Rodolfo Mondolfo 1921 Nabu public domain reprint, p 39.

9Marco Gervasoni. Mussolini: un sindacalista rivoluzionario? da Mussolini socialista a cura di Emilio Gentile e Spencer M. Di Scala. Editori Laterza, 2020, p 92.

10Filippo Turati. Affermazione del 19 dicembre 1912. Da: Gherardo Bozzetti. Mussolini direttore dell’”Avanti!”. Feltrinelli Editore. 1979, p 83.

11Da Gherardo Bozzetti. Mussolini direttore dell’”Avanti!”. Feltrinelli Editore. 1979, p 87.

12Cesco. Gustave Hervé: Estratto da “From Revolutionary Theater to Reactionary Litanies: Gustave Hervé (1871-1944) at the Extremes of French Third Republic” di Michael D. Loughlin. Adattamento Socialista, gennaio 2022.

13Si ricordi il «ramo secco» il quale Bissolati definì il Partito Socialista al Congresso di Milano del 1910.

14Gherardo Bozzetti. Mussolini direttore dell’”Avanti!”. Feltrinelli Editore. 1979, p 89.

15Si vedano gli articoli di Turati e Claudio Treves in Gherardo Bozzetti. Mussolini direttore dell’”Avanti!”. Feltrinelli Editore. 1979, p 89, ed in Renzo De Felice. Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920. Einaudi. 1965, edizione del 2019, p 147.

16Gherardo Bozzetti. Mussolini direttore dell’”Avanti!”. Feltrinelli Editore. 1979, p 91.

18Cesco e Dan Kolog. Per il centotrentesimo anniversario della fondazione del Partito Socialista Italiano: Riflessioni sul "Programma di Genova". Adattamento Socialista, agosto 2022.

19Senza offesa.

20Questa era stata una delle mosse populiste di Mussolini dopo l’eccidio di Roccagorga. Cosa che aveva indignato non poco l’ala riformista, ma come si può vedere anche parte di quella rivoluzionaria.

22Cesco. Menotti Serrati: 1872-1899. Adattamento Socialista, novembre 2023.

23Renzo De Felice. Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920. Einaudi. 1965, edizione del 2019, p 155.

24Gherardo Bozzetti. Mussolini direttore dell’”Avanti!”. Feltrinelli Editore. 1979, p 107.

25Gherardo Bozzetti. Mussolini direttore dell’”Avanti!”. Feltrinelli Editore. 1979, p 110.

26Antonio Gramsci. “Il compagno G.M. Serrati e le generazioni del socialismo italiano”. L'Unità. 14 maggio 1926.

27Gherardo Bozzetti. Mussolini direttore dell’”Avanti!”. Feltrinelli Editore. 1979, p 224.

28Mussolini. […] Comincio dal partito comunista. Il comunismo l’onorevole Graziadei me lo insegna è una dottrina che spunta nelle epoche di miseria e di disperazione. (Commenti). Quando la somma dei beni è decimata il primo pensiero che balza alla mente degli umani è quello di mettere tutto in comune perché ce ne sia un po’ per tutti. Ma questa non è che la prima fase del comunismo, la fase del consumo: dopo vi è la fase della produzione che è enormemente difficile, tanto difficile che quel grande, quel formidabile artista (non già legislatore) che risponde al nome di Vladimiro Ulianoff-Lenin quando ha dovuto foggiare il materiale umano si è accorto che esso è più refrattario del bronzo e del marmo. (Approvazioni commenti). Conosco i comunisti. Li conosco perché parte di loro sono i miei figli… intendiamoci... spirituali. (Ilarità commenti). Presidente. Non è ammessa la ricerca della paternità onorevole Mussolini! (Si ride). Mussolini. ... e riconosco con una sincerità che può parere cinica che io per primo ho infettato codesta gente quando ho introdotto nella circolazione del socialismo italiano un po’ di Bergson mescolato a molto Blanqui. C’è un filosofo al banco dei ministri ed egli certamente m’insegna che le filosofie neo-spiritualistiche con quel loro ondeggiare continuo fra la metafisica e la lirica sono perniciosissime per i piccoli cervelli. (Ilarità). Le filosofie neo-spiritualistiche sono come le ostriche: gustosissime al palato... ma bisogna digerirle! (Ilarità). Codesti miei amici o nemici… Voci all’estrema sinistra. Nemici! Nemici! Mussolini. Questo è pacifico dunque!… Codesti miei nemici hanno mangiato Bergson a venticinque anni e non l’hanno digerito a trenta. […]”.

29Amadeo Bordiga. Il pioniere di Bergson, Il Comunista, 26 giugno 1921.

30Renzo De Felice. Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920. Einaudi. 1965, edizione del 2019, p 206.

31Luigi Lotti. La settimana rossa. Le Monnier. 1965.

32Gherardo Bozzetti. Mussolini direttore dell’”Avanti!”. Feltrinelli Editore. 1979, p 174.

33Gherardo Bozzetti. Mussolini direttore dell’”Avanti!”. Feltrinelli Editore. 1979, p 246.

34Redazione. Verso la dittatura socialista in Russia?. Avanti!, domenica 29 luglio 1917.

35Giovanna Savant. «La rivoluzione russa e i socialisti italiani nel 1917-18», Diacronie [Online], N° 32, 4 | 2017.

36Michail Vodovozov. La borghesia al lavoro in Russia. Avanti!, domenica 26 agosto 1917.

37Alessandro Levi. Preparando il Congresso. Esame di coscienza (Lettera aperta a G.M. Serrati). Avanti!, domenica 21 ottobre 1917.

38Nota di redazione. Ultime notizie della notte (Per telefono e per telegrafo all’AVANTI!). La guerra mondiale. In Russia. Il Congresso degli operai e militari per una pace comune senza annessioni e contribuzioni. Avanti!, domenica 24 giugno 1917.

39Redazione. La Russia di oggi: conversando con un esule russo. Avanti!, domenica 24 ottobre 1909.

40G.E. Modigliani. Il Congresso sugli infortuni. Avanti!, giovedì 27 febbraio 1913.

41Redazione. Attorno a una formula. Avanti!, lunedì 28 luglio 1913.

42XXX. Sistematica opposizione alle spese militari e coloniali. Occorre precisare. Avanti!, sabato 15 novembre 1913.

43Cesco. Il “Gruppo Socialista Internazionalista” sullo scopo e la modalità del suo attivismo politico. Adattamento Socialista, settembre 2022.

44Filippo Turati. Socialismo e massimalismo (discorso tenuto al Congresso Socialista di Bologna, ottobre 1919) tratto da Le vie maestre del socialismo. A cura di Rodolfo Mondolfo. 1921, pp. 271-272, ristampato in USA in accordo con www.ICGtesting.com.

45Cesco. Sul “Principio democratico” di Bordiga: traduzione italiana del nostro articolo pubblicato su https://cosmonautmag.com/. Adattamento Socialista, marzo 2023.

46Il caso tedesco avviene in contemporanea. A fine ottobre del 1918 scoppia l'ammutinamento di Kiel da lì a poco verrà proclamata la Repubblica, in mano ad un governo provvisorio composto da socialisti maggioritari, ovvero la SPD che aveva approvato e confermato i crediti di guerra, e gli indipendenti USPD, i quali durante la guerra avevano creato una frazione contro la guerra e nell’aprile del 1917 andarono a fondare un altro partito. Ora, all’interno della USPD “convivevano” diverse correnti una delle quali radicale-estrema che si diede il nome di Lega di Spartaco. Questa si oppose all'elezione dell’Assemblea Nazionale proposta già a novembre e avvenuta poi a gennaio del 1919. Al di fuori della USPD si era posta l’ultrasinistra tedesca affine al pensiero di Bordiga.

47Filippo Turati. Socialismo e massimalismo (discorso tenuto al Congresso Socialista di Bologna, ottobre 1919) tratto da Le vie maestre del socialismo. A cura di Rodolfo Mondolfo. 1921, pp. 275, ristampato in USA in accordo con www.ICGtesting.com.

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