La Rivoluzione tedesca 1918-1920 - PARTE V -

Dimonstrazioni in Essen (Ruhr) davanti alla sede centrale delle acciaierie Krupp in Altendorfer Straße.

 

 

La Conferenza di Berna

Mentre in Germania si era appena consumato il primo atto di durissima repressione nei confronti dei radicali di sinistra, ovvero la “settimana rossa” di Berlino o “rivolta spartachista”, e proprio nei giorni della repressione armata della Repubblica Consiliare di Brema, a Berna in Svizzera si riunivano i delegati della Conferenza Internazionale Socialista del Lavoro, con l’aspirazione di ricostituire l’Internazionale. Questa però sin dal principio era stata boicottata da diversi partiti della vecchia Internazionale inclusi i bolscevichi. La Conferenza iniziò il 26 gennaio 1919 con lo scopo di ricostruire la Seconda Internazionale, appunto, sgretolatasi cinque anni prima, il 4 agosto 1914. Non si può ignorare il fatto che durante la guerra lo stendardo del socialismo internazionalista fu tenuto alto dagli organizzatori e dai partecipanti alle conferenze di Zimmerwald nel settembre del 1915, di Kienthal nell’aprile del 1916 e di Stoccolma nel settembre del 1917, molti dei quali, come abbiamo anticipato, avevano deciso ora di non partecipare. Gli zimmerwaldiani si sentivano in qualche modo in diritto di dover preservare lo spirito che venne a mancare nella Seconda Internazionale; insomma, gli zimmerwaldiani rappresentavano la sinistra del movimento internazionale.

La Conferenza era stata inizialmente prevista a Parigi, ma il governo francese non voleva l’ingresso di socialisti di paesi nemici: si ricordi che vigeva ancora “solo” un armistizio. Quindi fu optato per la Svizzera, ma sempre per opposizione del governo (in questo caso svizzero) furono scartate Losanna e Ginevra, quindi si ripiegò su Berna1. I socialisti tedeschi chiesero di aspettare l’esito delle elezioni nazionali in Germania prima di prendere parte alla Conferenza. L'apertura ufficiale della Conferenza fu ritardata ulteriormente per attendere la partecipazione di Arthur Henderson (leader laburista britannico) impegnato a Parigi; quindi, il 26 gennaio si tenne solo una sessione preliminare.

La delegazione degli indipendenti oltre ad Haase e Kautsky comprendeva anche Josef Herzfeld di Mecklenburg. Egli aveva preso parte durante la guerra alla conferenza di Zimmerwald e faceva parte dei zimmerwaldiani, i quali avrebbero voluto organizzare una seconda (o quarta se si contano quelle di Kienthal e Stoccolma) conferenza di Zimmerwald proprio per consolidare i risultati venuti fuori da quelle conferenze; ma al Congresso del Partito Socialista Svizzero questa proposta, avanzata il 30 ottobre 1918 da Angelica Balabanoff, fu respinta e non se ne fece nulla. Inoltre, sempre il Partito Socialista Svizzero tenne in contemporanea alla Conferenza di Berna, il 2 febbraio, un suo congresso nazionale di partito dove votarono 238 a 147 per il boicottaggio della Conferenza di Berna2 e quindi non vi partecipò. Al Congresso del Partito Socialista svizzero assistette anche Hugo Haase. Il timore della maggioranza dei socialisti svizzeri era che la Conferenza sarebbe stata guidata dagli Scheidemann, maggioritari tedeschi, e dai Thomas (Albert) maggioritari francesi3. Quindi il partito svizzero cercò di convincere i delegati internazionali che avevano aderito a Zimmerwald di boicottare la conferenza di Berna. Si tenne una riunione della “opposizione zimmerwaldiana”, composta da: Robert Grimm (Svizzera), Friedrich Adler (Austria), Petrov (Russia), Paul Faure, L.O. Frossard, Fernand Loriot, Charles Rappoport e Raoul Verfeuil (Francia), Oddino Morgari (Italia)4, Burian (Cecoslovacchia), Olav Scheflo (Norvegia) Julian Besteiro (Spagna), Martna (Estonia) e Herzfeld (Germania). L’idea di boicottare Berna fu sostenuta inizialmente solo da Morgari e da Loriot; soprattutto la delegazione francese si oppose all’idea di boicottare la Conferenza di Berna e lasciare il campo libero alla “destra” e così l’opposizione zimmerwaldiana vi partecipò.

L’apertura ufficiale della Conferenza ebbe luogo alle due del pomeriggio del 3 febbraio, la presidenza venne affidata inizialmente a Wibant (Paesi Bassi) e Henderson (Gran Bretagna), con quest’ultimo che aprì la seduta alle tre. Quindi venne nominato presidente della Conferenza lo svedese Branting, insieme a due vicepresidenti dei paesi neutrali, Wibant e Justo (Argentina), e due, Henderson e Seitz (Austria), per i paesi belligeranti. Branting ricordò la prima vittima della guerra, Jean Jaurès, e tutti i delegati si alzarono in piedi. Venne quindi letto l’ordine del giorno:

1. Lega delle Nazioni in rapporto alla politica generale;

2. Questioni territoriali;

3. Le rivendicazioni del lavoro5.

Prese la parola Albert Thomas, socialista francese maggioritario dell’ala destra ed ex ministro del governo di guerra francese, accusando i maggioritari tedeschi di aver tradito la causa operaia, chiese un cambio di agenda e propose di discutere come primo punto la questione delle responsabilità per lo scoppio della guerra e come secondo punto la democrazia e la realizzazione del Socialismo (questo secondo punto in polemica con la rivoluzione à la bolscevica). Un altro delegato francese, Paul Mistral, anche per cercare di non far chiudere la Conferenza sul nascere, propose di discutere come primo punto come influenzare le trattative di pace di Parigi e la situazione venutasi a creare con l’avvento delle rivoluzioni, ma poi propose come primo punto di porre un saluto alla Russia e la Germania rivoluzionarie. Nella sessione notturna la Conferenza si chiuse con le repliche del maggioritario tedesco Otto Wels a Thomas e del francese Pierre Renaudel a Wels. Wels sottolineò la volontà dei socialisti tedeschi (maggioritari) di voler riallacciare rapporti con l’Internazionale socialista e sottolineò che a Stoccolma si era già trattata la questione delle responsabilità. Wels dichiarò che ora spettava alla Francia essere responsabile per non schiacciare la Germania sotto le sanzioni, la quale altrimenti sarebbe stata costretta a rialzare la testa. Renaudel quindi replicò che l’unità dell’Internazionale sarebbe stata ristabilita nonostante la divisione tra i socialisti tedeschi divisi tra maggioritari e indipendenti, questi ultimi i soli ad essersi ribellati dal tradimento dei primi. L’Internazionale avrebbe dovuto quindi scegliere con chi stare6, intendendo così gli indipendenti.

Kurt Eisner, per gli indipendenti, aprì il secondo giorno della Conferenza davanti ad 88 delegati di 23 Paesi. Eisner, che in quel momento rivestiva la carica di Presidente della Repubblica di Baviera, si era presentato a Berna nonostante non avesse avuto nessuna delega da parte del suo partito. Nonostante ciò, la delegazione ufficiale della USPD lo accolse a braccia aperte grazie anche alla ripartenza anticipata di Hugo Haase per la Germania e, nonostante la presenza di Karl Kautsky, Eisner divenne addirittura il portavoce per gli indipendenti alla Conferenza7. Nel suo discorso di due ore, Eisner, spiegò che i socialisti tedeschi, e in particolare i socialisti maggioritari, si dovevano prendere le loro responsabilità, soprattutto per il passo falso compiuto il 4 agosto 1914 e per la loro condotta durante la guerra; allo stesso tempo li giustificava come giustificava la popolazione tedesca per essere stata tenuta all’oscuro della realtà dei fatti dal militarismo tedesco. La popolazione tedesca, secondo Eisner, agì sotto la pressione del terrore militare. La rivolta in Germania cominciò, spiegò Eisner, già nell’autunno del 1917 e la rivoluzione tedesca fu frutto di un lungo lavoro. La Lega delle Nazioni si dovrà ora costruire sui principi di Liebknecht8 e per Eisner quello che ci voleva ora era l’unità. Il risultato delle elezioni in Germania secondo lui aveva mostrato proprio questo: i 12 milioni di voti presi dalla SPD e i pochi voti presi dalla USPD mostravano che i lavoratori tedeschi volevano unità e rigettavano l'idea che la Rivoluzione tedesca fosse stata una frode9. Per fare da pacere alla polemica tra Thomas e Wels sulle responsabilità dello scoppio della guerra Eisner disse:

«Oggi è certo che questa guerra fu iniziata, senza alcuna previsione politica o intuizione militare da una piccola banda di militaristi tedeschi fuori di testa, alleati con l’industria pesante e con gli imperialisti, i capitalisti e i principi. Il puzzle della guerra si risolve quando si comprendono le anime e le menti dei leader militaristi tedeschi»10.

Con questo Eisner cercava di convincere Wels e con lui tutti i maggioritari, così come gli indipendenti che all’epoca erano ancora parte della SPD, di ammettere di aver preso un abbaglio nel credere alla storia della minaccia russa. Hermann Müller per i maggioritari si dichiarò d'accordo con Wels, assolse la socialdemocratica tedesca da ogni crimine ed esaltò l’atteggiamento dei maggioritari durante la guerra11.

Il 4 febbraio, una volta chiamato a parlare, Karl Kautsky venne applaudito calorosamente dal Congresso, al quale – ricordiamo – non partecipavano i bolscevichi russi:

«Noi siamo qui per lavorare insieme [chiedeva Kautsky] e ciò è possibile se vi è una reciproca fiducia fra noi. […] La socialdemocrazia tedesca voleva impedire la guerra e questa fu la sua fatalità»12.

Kautsky biasimò quindi i maggioritari per aver sostenuto il governo tedesco e con ciò operando in contrasto con l’opinione dell’Internazionale. Continuò Kautsky dicendo che la se la vittoria della Russia zarista fosse risultata una disfatta per le democrazie europee, come indicò Marx, una vittoria tedesca sarebbe stata una sventura mondiale e chi ne avrebbe sofferto di più sarebbe stato proprio il popolo tedesco. Incalzò Kautsky: i maggioritari si macchiarono anche della colpa di impedire le critiche dei “dissidenti” contro le atrocità commesse in Belgio. Egli ricordò quindi Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht come i “martiri nella lotta di liberazione del proletariato”, tutta l’assemblea si alzò in piedi tranne qualche social-patriota! Scheidemann insultò Liebknecht, continuò nel suo discorso Kautsky, David pubblicò un opuscolo che incolpava Francia e Russia per lo scoppio della guerra, i maggioritari devono dichiarare i loro errori e assumersene la responsabilità13. Robert Wheeler fa notare che nessuno meglio di Kautsky conosceva i documenti segreti concernenti lo scoppio della guerra14; la sua critica ai maggioritari fu in linea con quella di Eisner. Ricordiamo che Kautsky fu sempre contrario a firmare i crediti di guerra, ma credette molto nell’unità di partito.

Tra le voci che seguirono vi fu quella dell’estone Montua il quale denunciò l’operato dei maggioritari tedeschi in quel preciso momento, ovvero ora che avevano in mano il governo provvisorio e, continuò Montua, il compagno Winning fu inviato a Riga per opprimere la democrazia e il diritto in Estonia e in Lituania, dove vigeva la dittatura militare tedesca15. Questo è un rifermento molto importante a quello che stava succedendo in Polonia e nei Paesi Baltici, dove effettivamente i Freikorps si erano formate e non avevano mai smesso di combattere, principalmente per ragioni territoriali, mercenarie ed antibolsceviche. Prese quindi la parola Jean Longuet il quale si dichiarò d’accordo con Eisner e Kautsky, condannò però, al pari di quello dei maggioritari tedeschi, lo sciovinismo francese, si rammaricò che i socialisti tedeschi non avessero protestato contro le atrocità commesse in Belgio, la guerra sottomarina, e le paci di Brest-Litowsk e di Bucarest. Quindi toccò ad Adler il quale sottolineò che fra socialisti dell’Internazionale non vi fu mai guerra, la guerra fu solo tra chi tradì l’Internazionale. Adler spiegò che la guerra fu decisa il 5 luglio 1914 quando una lettera dell'Imperatore Francesco Giuseppe fu recapitata a Berlino dove Guglielmo II insieme al Cancelliere von Bethmann-Hollweg decisero per la guerra e il 7 luglio l’Austria approvò questa decisione, l’ultimatum (farsa) dell’Austria al Regno di Serbia fu quindi redatto secondo Adler in accordo con la Germania16.

La SPD, quindi, propose una mozione che scaricava le colpe sull’imperialismo tedesco esprimendo però il loro dispiacere per le sofferenze del Belgio. La USPD si prefissò di riconciliare tra loro le frange nazionaliste dei socialismi tedesco-francesi della SPD e della SFIO, ciò comportava ammettere le colpe tedesche, primo passo dovuto. Dato il ruolo cruciale dell’argomento fu indetta una Commissione di dieci delegati sulle “responsabilità di guerra” guidata dal Presidente Branting. Questa risoluzione sarebbe stata importante oltre che per stabilire le basi di una nuova Internazionale anche per fare rientrare i socialisti belgi, i quali non avevano partecipato al Congresso proprio per la presenza dei maggioritari tedeschi. Eisner fu l’autore della prima bozza, questa includeva una dichiarazione della SPD secondo cui il governo imperiale tedesco aveva la responsabilità dello scoppio della guerra e celebrava il fatto che la Rivoluzione tedesca aveva spodestato e distrutto questo antico regime. Quindi era stato il vecchio sistema e non la SPD, nonostante avesse approvato i crediti di guerra, ad essere l’unico responsabile per lo scoppio della guerra. Data la non completa soddisfazione dei delegati socialisti dei Paesi dell’Intesa, si modificò la parte finale di questa risoluzione rimandando a un futuro Congresso Internazionale l'incombenza di valutare le questioni dell’immediata responsabilità di guerra.

Il 6 febbraio davanti a 94 delegati di 24 paesi la Conferenza si concentrò su quello che avrebbe dovuto essere il primo punto da discutere prima dell’intervento di Albert Thomas, ovvero la Lega delle Nazioni. Il segretario dei ferrovieri inglesi, omonimo, Thomas invocò la nascita di una Lega delle Nazioni che avesse la funzione di evitare il ripetersi della guerra e, quindi, che la Pace di Parigi non si basasse sull’odio. L’Inghilterra non sarebbe dovuta cadere nella trappola del militarismo. Müller della delegazione tedesca maggioritaria spiegò che i socialdemocratici tedeschi avevano sempre combattuto il militarismo, ma che la politica navale inglese spinse la Germania alla corsa agli armamenti. Con l’avvento della rivoluzione la Germania ora era occupata a creare una milizia popolare sul modello svizzero. Müller si dimostrò sicuro che un’altra guerra non sarebbe scoppiata per almeno altri quarant’anni (poor soul). Per l’olandese Troelstra la Lega delle Nazioni avrebbe dovuto regolare la vita economica controllando le esportazioni17. A parte qualche voce di sinistra che definiva il concetto di Lega delle Nazioni non praticabile fin quando il capitalismo fosse esistito, il Congresso accettò il fatto che una Lega delle Nazioni fosse inclusa nelle varie costituzioni nazionali. Ramsay MacDonald dei laburisti indipendenti tenne un discorso privo di retorica sulla Lega delle Nazioni, mettendo in guardia sulla soluzione meditata dalla borghesia, la quale era più per le belle frasi e i buoni propositi senza sostanza, mentre la Società delle Nazioni doveva diventare il tribunale della giustizia internazionale in cui i popoli fossero davvero rappresentati; quindi, eletta da tutti i popoli e con un Parlamento internazionale dove venissero rappresentati tutti i partiti. MacDonald non vide di buon occhio la costituzione di un esercito o di una milizia popolare in Germania, come annunciato da Müller. Quindi chiuse il suo discorso riferendosi ai bolscevichi, dichiarando di non temere il terrore rosso in quanto il terrore regnava ormai ovunque. L’odio della borghesia e dei governati contro il bolscevismo non era altro che la manifestazione della loro paura di fronte al governo russo, il quale realizzava le idee delle classi operaie18. Fu quindi approvata la risoluzione discussa in precedenza sulle responsabilità:

La Conferenza di Berna riconosce che la questione delle responsabilità immediate è chiarita così dalla discussione, come dalle dichiarazioni dei Partiti maggioritari tedeschi. Salutando la rivoluzione tedesca e lo sviluppo democratico e socialista germanico, la Conferenza scorge la via libera per il comune lavoro d’interrelazione. Ormai le classi operaie hanno il potere di sopprimere il militarismo. Il congresso internazionale futuro prenderà l’ultima decisione su questo problema”.

La socialdemocrazia tedesca, quindi, rilasciò una dichiarazione dove giustificava il suo silenzio durante la guerra e Albert Thomas si dichiarò parzialmente soddisfatto da questa risoluzione19.

Si tornò al ruolo della Lega delle Nazioni e poi il delegato polacco Kassowsky denunciò l’antisemitismo in tutti i paesi ma soprattutto in Polonia (dove era molto accentuato) e domandò diritto alla sicurezza per il popolo ebraico; secondo Justo (Argentina) la Lega doveva preservare il libero scambio di merci; quindi, toccò a Eisner il quale chiese che la formazione della Lega delle Nazioni dovesse precedere la Pace di Parigi. Per Eisner la Germania esausta dalla guerra non era ora in grado di formare alcuna milizia popolare, tornando al timore di MacDonald, e in particolare la Germania del sud era contro ogni tipo di militarismo, sicché la milizia popolare secondo Eisner era divenuta un’illusione. È interessante questa opinione di Eisner mentre un intervento militare massiccio c’era già stato in dicembre contro la Volksmarinedivision (nonché pochi giorni prima, in gennaio, contro la rivolta degli spartachisti) e proprio in qui giorni contro la Repubblica Consiliare di Brema. È anche vero però che i principali sviluppi del periodo Noske, il quale era impegnato nella formazione di tale esercito “popolare” contro i 7 punti di Amburgo, avvennero dopo l’uccisione di Eisner stesso che sarebbe avvenuta solo 15 giorni dopo questo discorso. Sulla stessa linea di Eisner si trovò è il britannico Henderson. Quindi per i maggioritari parlò Hermann Müller, il quale assicurava che se Parigi avesse chiesto il disarmo la Germania si sarebbe disarmata20.

Quindi venne proposta la risoluzione stilata dalla Commissione:

La risoluzione dichiara che la vera liberazione delle nazioni sarà la loro liberazione dal giogo capitalistico. La vittoria della democrazia di tutti i paesi è la via più sicura dell’affratellamento internazionale, perché mette la sorte delle nazioni nelle mani dei popoli, i quali non possono reciprocamente garantirsi che nell’organizzazione della Società delle Nazioni.

La risoluzione continua enumerando i seguenti principi:

1. Diritto per tutti i popoli di decidere della loro sorte e dello Stato al quale decidono di volere appartenere;

2. Nei territori contesi la decisione dovrà essere presa mediante plebiscito popolare da tenersi sotto il controllo della Società delle Nazioni;

3. Protezione delle minoranze nazionali;

4. Garanzie degli interessi economici mediante i trattati di commercio e libertà di comunicazioni;

5. Soddisfazione delle rivendicazioni delle nuove nazioni che anelino modificare le loro frontiere;

6. Le popolazioni abitanti le colonie e i territori posti sotto protettorato devono avere la protezione della Società delle Nazioni, la quale si dovrà adoperare con apposite iniziative affinché le popolazioni indigene si preparino ad esercitare il diritto di disporre liberamente di sé medesime, mediante la creazione di scuole affidate alle autorità locali, la libertà di stampa e il pieno riconoscimento di tutti gli altri diritti politici.21.

Nella sessione pomeridiana del 6 febbraio si discusse la questione territoriale. Secondo il francese Mistral sarebbe stato probabile che il trattato di Pace di Parigi avrebbe visto una pace irredentista e questo avrebbe portato a nuove guerre: i socialisti dovevano impedire ciò (Mistral molto più lungimirante dei quarant’anni di Müller). Questa discussione si concentrò sulla questione della “democrazia o dittatura”. Data la centralità di questo problema l’opposizione zimmerwaldiana si riunì il 6 sera per discutere sul da farsi. L’opposizione voleva evitare a tutti i costi che venisse messa agli atti un’opposizione aperta alla linea intrapresa dai bolscevichi in Russia.

Il 7 febbraio mattina venne quindi annunciata la formazione di una Commissione che lavorasse sulla questione della dittatura e della democrazia. La Commissione istituita per discutere sulla “democrazia o dittatura” era composta da 21 delegati: Justo e de Tomaso (Argentina), Adler (Austria), Grumbach, Longuet e Renaudel (Francia), Eisner, Kautsky e Wels (Germania), Henderson e MacDonald (Gran Bretagna), Troelstra (Paesi Bassi), Kunfi (Ungheria), Axelrod, Bienstock, Gavronsky, Roussanov, Roubanocitch, Sukhomlin (Russia), Goussorsky (Bund), Vuolyoki (Finlandia), Branting (Svezia). Morgari e Giulio Casalini per la delegazione italiana si erano ufficialmente ritirati dalla Conferenza per la linea social-patriotica presa ma erano rimasti solo come osservatori. Troelstra chiese la formazione della Lega delle Nazioni per risolvere le contese territoriali. Prese la parola Karl Kautsky e toccò lo spinoso argomento dell’Alsazia-Lorena e della Boemia. Si compiacque del fatto che i maggioritari ammisero il plebiscito in Alsazia-Lorena poi, passando alla Boemia, affermò che i ceco-slovacchi esigevano un diritto storico e non si poteva secondo Kautksy risolvere la questione ceco-slovacca avendo per base la carta etnografica del passato poiché vi erano in quel momento diverse località germaniche ed altre ceche. Secondo Kautsky solo il plebiscito avrebbe potuto risolvere questa questione22. La discussione continuò con la protesta del delegato ungherese Butinger contro la condotta degli slovacchi nell’alta Ungheria e contro i rumeni che rivendicano una fetta dell’Ungheria popolata da pochi di loro: un plebiscito secondo Butinger sarebbe stato quindi indispensabile. Il francese Paul Faure chiese a tutti i governi rivoluzionari di pubblicare le carte della diplomazia segreta, riferendosi principalmente alla Germania. Il delegato armeno espose la tragedia che stava colpendo il suo popolo rivendicando l'indipendenza e la costituzione dello Stato armeno. Con la seduta pomeridiana del 7 si andò a chiudere la discussione sulla questione territoriale. Renaudel si espresse a favore del plebiscito in Alsazia, poi relativamente la riva sinistra del Reno e al bacino della Saar egli fu contrario ad ogni tipo di annessione sia politica che economica. Il boemo Seliger dichiarò che la popolazione tedesca nella Boemia austriaca voleva l’annessione alla Germania ma vi si opponevano solo gli aristocratici decaduti, i generali, l’alta burocrazia e l’alto clero guidati dal principe Winnisch-Graetz, dall’industriale Škoda e dal vescovo Weitz. Quindi Seliger propose che la mozione dei cechi venisse respinta. Infine, il bulgaro Sakasoff denunciò la politica di sterminio turca in Macedonia23.

Durante la seduta mattutina e pomeridiana dell’8 la Conferenza si concentrò sulla questione dei prigionieri di guerra e poi in serata la discussione si spostò sulle rivendicazioni dei lavoratori. Nella seduta del 9 la discussione fu sulla “carta del Lavoro”, quindi ancora la discussione si spostò sul problema dell’Alsazia-Lorena. Sempre il 9 quattro risoluzioni sulla questione dittatura-democrazia vennero sottoposte alla Commissione, delle quali l’unica neutrale nei conforti dei bolscevichi fu quella di Eisner che chiedeva di mandare una commissione di studio in Russia per potersi accertare di cosa fosse in effetti il regime bolscevico e di discutere questo argomento alla prossima Conferenza. Le altre risoluzioni presentate separatamente da Branting, Renaudel e Wels erano critiche nei confronti dei bolscevichi. L’idea di una Commissione di studio che si recasse in Russia fu proposta anche nella quinta risoluzione presentata dal laburista Ramsay MacDonald. Quindi una sottocommissione con Eisner, Branting, Renaudel, Wels, MacDonald, Longuet, Adler, Axelrod e Sukhomlin fu costituita per cercare di trovare una convergenza. Avendo raggiunto una situazione di stallo Kurt Eisner propose una seconda risoluzione, più lunga e specifica della prima, in cui stressò la relazione tra la democrazia e le precondizioni del socialismo, mentre la dittatura da parte di una minoranza poteva essere giustificata solo da una situazione rivoluzionaria su base strettamente temporanea. Questa risoluzione soddisfaceva l’opposizione zimmerwaldiana ma non i socialisti maggioritari e quindi fu dato il compito al presidente Branting di formulare una risoluzione che compendiasse tutte le altre risoluzioni fin lì proposte. Branting basò la sua risoluzione su quella di Eisner, il quale collaborò con il socialista svedese nel redigerne il testo. Branting eliminò qualsiasi riferimento alla dittatura, un tema che non poteva essere accettato dalla “destra”. Questa risoluzione finale sorvolò anche sul blocco imposto dalle potenze occidentali alla Russia sovietica e il loro intervento a fianco dell’armata bianca. Nonostante le proteste dell’opposizione, rappresentata da Adler e Longuet, la risoluzione Branting fu approvata dalla Commissione per essere discussa alla Conferenza24. Branting dichiarò che i delegati della Commissione preposta il 7 non avevano raggiunto un accordo sulla questione del bolscevismo. Solo allora in tarda serata si aprì la discussione sulla mozione Disner-Renaudel su dittatura o democrazia. La Conferenza approva la mozione riconoscendo che in alcune circostanze l’azione rivoluzionaria della classe operaia oppressa è giustificata, ma aggiungendo che risultati stabili potevano essere raggiunti solo se la grande maggioranza dei lavoratori fosse stata a favore della rivoluzione stessa. La Conferenza quindi si dichiarò per la democrazia e i principi che la sostengono ovvero, la libertà di parola, di stampa e di riunione, il diritto elettorale universale, un sistema parlamentare con responsabilità governative, collaborazione e garanzia del popolo rispetto al Governo, libertà di associazione25.

Lunedì mattina 10 febbraio, quindi, aprì la seduta il francese Fernand Loriet, come portavoce dell’opposizione zimmerwaldiana, per il quale la risoluzione presentata il giorno prima era pericolosa perché avrebbe potuto essere un pretesto per i paesi capitalisti per attaccare la Rivoluzione russa; la dittatura del proletariato non era un concetto nuovo - spiegò Loriet - ed era in linea con i principi della vecchia Internazionale. Fernand Loriet condannò la Conferenza di Berna in quanto dominata dai social-patrioti e perché su posizioni wilsoniane ovvero “pseudo-socialiste”, Loriet dichiarò piena solidarietà alla Repubblica Comunista russa e alla Rivoluzione proletaria tedesca e mondiale. Il menscevico Axelrod chiese l’invio di una Commissione in Russia per vedere di persona il regime bolscevico. Friedrich Adler prese la parola come portavoce dell’opposizione zimmerwaldiana. Espresse comprensione per la decisione del Partito Socialista Svizzero di boicottare la Conferenza ma difese chi aveva deciso di parteciparvi, quindi, dopo aver sottolineato il fallimento della Internazionale a prevenire la guerra, espresse il punto di vista dell’opposizione:

Applicare i principi del movimento internazionale alla situazione esistente in ogni Paese. Andremo avanti solo sulle basi della lotta di classe. L’internazionale rattoppatasi assieme a Berna è una Internazionale borghese con tutti i suoi difetti. Non può adempiere alla sua funzione primaria, la quale è organizzare il proletariato come una classe per la lotta. I segnali sono già evidenti, la lotta finale deve iniziare. Il proletariato internazionale con la lotta di classe ci libererà tutti.26.

Per Troelstra era troppo presto per pronunciarsi sull’operato dei bolscevichi, mentre per Gavronsky, socialista-rivoluzionario russo, i bolscevichi in un solo anno avevano annientato il proletariato e i sindacati (si deve considerare che in Russia era in corso la guerra civile). Gavronsky denunciò la perdita del 65% del proletariato a Pietrogrado e del 60% a Mosca. Chiese quindi l’invio di una Commissione in Russia per convincersi che i metodi bolscevichi erano peggiori di quelli zaristi. Faure mise in guardia il Congresso contro qualsiasi azione ostile al bolscevismo che avrebbe dato all’Intesa il pretesto di reprimere la Rivoluzione, respingendo la mozione di Branting. Kautsky chiese di non confondere il bolscevismo con la Rivoluzione russa: per Kautsky era ora il momento di decidere se far riprendere la vita economica secondo una forma socialista o capitalista. Se la società è inefficiente, il socialismo per il momento ha perduto; bisogna quindi constatare che la Rivoluzione russa ha finora fallito! È riuscita solo a rovinare la grande industria e le organizzazioni dei lavoratori e il suo risultato pratico è stato la creazione di un nuovo militarismo27. Questo era il severo giudizio di Kautsky.

Fu presentata una contro-risoluzione di Adler-Longuet nella quale si rifiutava di stigmatizzare la Repubblica sovietica russa, enfatizzando la mancanza di informazioni attendibili. Quindi i firmatari di questa risoluzione non si sentivano legati alla risoluzione maggioritaria poiché: “non vogliamo prendere parte a nessuna azione contro l’Internazionale”. Infine, l’opposizione non ebbe i numeri alla Conferenza e la risoluzione Branting passò nonostante l’astensione al voto della minoranza. Quando la risoluzione approvata dalla Commissione fu letta, all’intera Conferenza scoppiò il caos e questa fu aggiornata all’una e un quarto del mattino. Wheeler fa notare che neanche la questione della responsabilità dello scoppio della guerra fu così divisiva. Eisner dovette lasciare la Conferenza prima dell’approvazione della risoluzione, nonostante Kautsky nel suo discorso del 10 indicò che, anche se Herzfeld era contrario a questa risoluzione, lui e Eisner la appoggiavano. Intanto arrivò anche un telegramma di Theodor Liebknecht che fu letto alla Conferenza, in cui il fratello di Karl accusava la Conferenza di aver ammesso membri della SPD i quali si erano macchiati del crimine di aver insabbiato il processo agli assassini del fratello.

Wheeler commenta che la mancanza alla Conferenza dell’estrema destra rappresentata dalle trade union belghe e americane, così come la mancanza dell’estrema sinistra rappresentata dai bolscevichi russi, dagli spartachisti tedeschi e dalla sinistra svedese e danese, permise un certo grado di riconciliazione. Allo stesso momento però la mancanza della destra moderata svizzera, italiana, serba, rumena e dei social-rivoluzionari russi ebbe la sua influenza sulle risoluzioni finali. Sempre Wheeler nota che nonostante quella di Berna può essere considerata una "rump conference" (conferenza di scarto), essa fu sempre più rappresentativa di quella che si tenne un mese dopo a Mosca e che diede inizio alla Terza Internazionale. La formazione della Terza internazionale tagliò completamente le gambe all’opposizione zimmerwaldiana e vanificò i tentativi messi in atto dalle sinistre svizzera, scandinava e tedesca di ricostruite l’Internazionale sulle linee zimmerwaldiane28. Nonostante l’appoggio di Kautsky, la USPD al Congresso nazionale di qualche settimana dopo si mostrò sulla posizione di Herzfeld e della risoluzione promossa da Adler-Longuet29.



Repressione della socializzazione nel bacino carbonifero della Ruhr

Tornando in Germania, il 1919 si era aperto con la provocazione da parte del governo provvisorio ai radicali di Berlino. Questa era stata istigata dall’allontanamento dell'indipendente Eichhorn dal suo ruolo di questore. La reazione degli Steward rivoluzionari e degli spartachisti fu impulsiva e disordinata, senza una vera direzione e vennero quindi massacrati o imprigionati dalle forze filogovernative, le quali non disdegnarono l’aiuto delle squadracce paramilitari intossicate dall’odio e dalla violenza nei confronti dei “bolscevichi” e degli ebrei. Il 15 gennaio, infatti, nonostante l’ordine regnasse a Berlino, il resto della Germania non era rimasta a guardare. A Brema, per esempio, il 10 era stata dichiarata la Repubblica Consiliare proprio in opposizione al governo provvisorio che mostrava così apertamente il suo ruolo repressivo. Ma anche questo breve esperimento fu schiacciato prontamente manu militari affinché il 4 febbraio, mentre la crème del socialismo internazionale discuteva a Berna, l’ordine governativo potesse regnare a Brema in sostituzione di quello consiliare.

Febbraio 1919 fu un mese significativo per la Germania anche per via dell’inizio dei lavori del governo della Repubblica di Weimar, di cui il 13 febbraio si riunì per la prima volta il Gabinetto. Come già fatto notare in precedenza Weimar era stata scelta per motivi di sicurezza. Più ordine poteva essere assicurato, sempre grazie ad un imponente schieramento di truppe e mezzi militari, nella piccola Weimar. Il generale Maercker il quale in gennaio era stato a Berlino al comando dei freiwilligers Landesjägerkorps ora era stato incaricato per conto di Noske di organizzare le forze in difesa di Weimar e, come di consueto, iniziò sciogliendo il Consiglio dei soldati della città30. Febbraio fu un mese di febbrile repressione anche per un’altra zona chiave della Germania, ovvero il bacino carbonifero della Ruhr. La Ruhr è un distretto dello Stato federale della Renania Settentrionale-Vestfalia, sul versante destro del fiume Reno, ed è composta da 53 città tra le quali Bochum, Bottrop, Dortmund, Duisburg, Essen, Gelsenkirchen, Hagen, Hamm, Herne, Mülheim an der Ruhr e Oberhausen. Queste sono situate a nord, ma non troppo distanti da Düsseldorf, Wuppertal (città natale di Engels) e Colonia. La Ruhr era ed è un’area urbana ad alta densità di abitanti, a tutt'oggi molto ricca di carbone e di ferro.

Non si può parlare di Ruhr senza però affrontare il discorso Rhineland (Renania) al quale aveva fatto rifermento alla Conferenza di Berna Renaudel. Il fiume Reno sorge dalle Alpi svizzere nel Cantone dei Grigioni e funge da confine naturale almeno nella sua parte meridionale, bassa, tra Svizzera e Liechtenstein, Svizzera e Austria, nonché Svizzera e Germania, quindi sale formando un confine naturale tra Baden e Alsazia, per addentrarsi, nella sua porzione centrale, per diversi chilometri nel cuore della Germania occidentale attraversando città come Mannheim, Magonza (Mainz), Coblenza (Koblenz), Bonn, Colonia e Dusseldorf, lambendo la Ruhr e andando infine a sfociare nei Paesi Bassi in tre diramazioni che costituiscono tre dei principali fiumi olandesi, il Waal, il Lek e lo Ijssel. Le zone del medio e alto Reno, ora che l’Alsazia era tornata alla Francia, furono quindi oggetto di una grande contesa già a partire dal novembre del 1918. Per più di sei mesi quindi dall’Armistizio di novembre 1918 al luglio 1919 quando venne firmato a Versailles il trattato di Pace, la sponda sinistra del Reno era stata occupata dalle forze alleate. Con il trattato di Pace, se da un lato effettivamente la terza Armata statunitense venne dismessa e smobilitata dalla Rhineland, la regione non venne però liberata, ma (secondo il trattato stesso) la Rhineland sarebbe stata occupata per 15 anni in quanto soprattutto la Francia per motivi di sicurezza era decisa a istituire una zona cuscinetto, demilitarizzata e possibilmente non soggetta al militarismo prussiano. Nel periodo che va quindi dall'Armistizio al trattato di Pace tutto il versante sinistro del Reno fu sotto il controllo alleato con tre teste di ponte a Colonia, Coblenza e Magonza. Le truppe alleate così si erano assicurate posizioni strategiche che occupavano ben il 6.5% del territorio tedesco. Considerando che il grosso degli ufficiali tedeschi e parte della popolazione non avevano mai ammesso la sconfitta sul campo questa veniva vissuta come un’enorme umiliazione dettata dall’incompetenza del nuovo governo democratico. Pur stando sul versante sinistro del Reno le truppe francesi occuparono quindi la Saarland, a sud del Lussemburgo, il Palatinato spingendosi fino al Reno, mentre le truppe belghe occuparono la parte settentrionale nella zona di Aquisgrana, ovvero al confine con i Paesi Bassi e con il Belgio appunto. Dato il suo significato strategico importante questa occupazione era stata fortemente voluta dal Maresciallo francese Ferdinand Foch in capo al Comando Supremo delle forze alleate ed era stata patrocinata a Versailles da Clemenceau, il “comunardo”31. Foch aveva l’intenzione di regolarizzare la situazione amministrativa delle zone occupate creando un Controllo Generale dell’Amministrazione civile dei territori occupati. Con l’evolversi dei negoziati del trattato di Pace, la situazione della presenza alleata sembrò però peggiorare, in quanto soprattutto la Francia voleva estendere i territori occupati, o comunque smilitarizzati, alla sponda destra del Reno e questo avrebbe coinvolto la Ruhr32.

Come abbiamo visto il tema della socializzazione fu molto sentito in alcuni settori della società tedesca. La Commissione per la Socializzazione era stata istituita già il 12 novembre 1918, mentre il 10 dicembre Kautsky aveva presentato al governo provvisorio il piano di socializzazione elaborato dalla Commissione la quale aveva espresso la necessità di collettivizzare “i materiali grezzi più importanti, come il carbone e il ferro”. Quindi al Congresso Generale dei Consigli di Germania sempre nel dicembre 1918, Hilferding aveva presentato il medesimo rapporto sulla socializzazione e addirittura con la mozione Lüdemann-Severing si era deciso per l’immediata socializzazione delle industrie di estrazione mineraria. L’Avanti! riporta il 1° febbraio un trafiletto su una nota di Agenzia dove si parla di due riunioni tenute dalla Commissione di socializzazione, la quale avrebbe presentato un progetto di legge33. Ma il governo provvisorio costituito dai cinque Delegati del Popolo maggioritari era ormai in procinto di lasciare il passo al nuovo governo di coalizione risultato delle elezioni della Assemblea nazionale; sarebbe quindi toccato al nuovo governo decidere sulla socializzazione. Dato il profondo solco formatosi tra i maggioritari e gli indipendenti, per non parlare dei comunisti, per i fatti di Natale e la settimana rossa di gennaio, il governo di coalizione molto probabilmente sarebbe stato tra la SPD e il Partito Democratico. Questo avrebbe comportato un suo ulteriore spostamento a destra e non avrebbe previsto come priorità della nuova Costituzione la socializzazione, ormai espressione della spinta esercitata dal basso sui maggioritari34. È legittimo pensare che i minatori della Ruhr invece si aspettassero dei passi concreti verso la socializzazione da parte del governo provvisorio così come dall’Assemblea nazionale e comunque non erano disposti a farla passare nel silenzio.

La Ruhr aveva visto diversi scioperi durante la guerra, nel luglio del 1916, nel gennaio, febbraio e marzo del 1917, e quindi il grande sciopero del gennaio del 1918. Allo scoppio della rivoluzione di novembre quindi, i minatori riuscirono a strappare un accordo sulla giornata di otto ore e il compenso per il tempo di discesa e di risalita dal pozzo. Queste vittorie però furono contrastate dal cartello del carbone della Renania-Vestfalia, il Kohlensyndikat, che aumentò il prezzo del carbone e del coke35. Le lotte sindacali, quindi, continuarono per tutto dicembre culminando da un lato in compensazioni una tantum, e dall’altro in interventi di milizie di sicurezza che portarono a diversi morti tra i dimostranti. Gli scontri tra le milizie di sicurezza e i dimostranti continuarono nel gennaio 1919. Il 14 gennaio si tennero le elezioni per i Consigli dei lavoratori e dei soldati in città come Oberhausen, Hamborn, Duisburg, Ickern, Hervest-Dorsten, e questi incominciarono ad includere membri della USPD e della KDP. In febbraio a Münster il Consiglio aveva vietato la formazione di Freikorps, nonostante ve ne fosse uno, il Lichtschlag, a Hagen che dopo aver ferito dei negoziatori mandati dal Consiglio il 9 gennaio aveva attaccato la città dove gli operai fiancheggiati dal Consiglio dei soldati si difesero facendolo ritirare. Negli scontri il Freikorps Lichtschlag perse due uomini e dieci prigionieri mentre gli operai persero cinque uomini36.

Siccome il Kohlensyndikat continuava ad alzare i prezzi del carbone per compensare le concessioni fatte ai minatori, il 10 gennaio il Consiglio dei lavoratori e soldati di Essen, composto da maggioritari, indipendenti e comunisti, decise di occupare l’edificio del Kohlensyndikat37. Per il Consiglio di Essen questa era stata una misura necessaria per la socializzazione delle miniere e a questo proposito nominò una Commissione paritetica, ovvero bilanciata tra le forze socialiste, diretta dal giudice provinciale Ruben, il quale il 13 gennaio dichiarò che il borgomastro, ovvero il sindaco, di Essen aveva approvato il programma di socializzazione e che anche gli ambienti non socialisti non vedevano altra via (effettivamente a parole si erano espressi favorevolmente). La Commissione fu anche interrotta da manifestazioni di minatori che chiedevano la socializzazione immediata. Tutte le organizzazioni, inclusi i rappresentati del Zentrum, Vogelsang e il segretario di Stato Giesberts, accettarono la risoluzione38. Si era prevista l’elezione di Consigli di pozzo che avrebbero eletto i Consigli di miniera, e questi a loro volta avrebbero eletto un Consiglio distrettuale, in totale venti Consigli distrettuali uno per ogni distretto della Ruhr. Questi ultimi avrebbero eletto un Consiglio Centrale che avrebbe controllato l'attività della Commissione dei nove presieduta da Ruben e composta dai seguenti Delegati: Benz, maggioritario per Heren; Stein, maggioritario per Bottrop; Schmidt, maggioritario per Essen; Schlerstädt, indipendente per Remscheid; Will, indipendente per Mülheim; Wagner, indipendente per Gelsenkirchen; Völker, comunista per Mülheim; Heiling, comunista per Herne; Graul, comunista per Essen39.

Mentre la Commissione si esprimeva con questa risoluzione per l’immediata socializzazione, il piano dei maggioritari e degli esponenti non socialisti, compreso Ruben, fu di far svolgere le elezioni il 19 gennaio per l’Assemblea nazionale senza scioperi o boicottaggi da parte dei minatori. Il 20 gennaio vi fu una riunione tra i Consigli e i rappresentanti sindacali; qui i Delegati del Reich, Huè, Röhrig e Vögler e la Commissione dei nove si impegnarono a lavorare per la socializzazione, come deciso nella risoluzione del 13 gennaio, e promisero che le elezioni dei Consigli sarebbero avvenute i primi di febbraio. I dirigenti delle ferrovie, in probabile combutta con i padroni delle miniere, additando l’Intesa, lamentarono la mancanza di mezzi di trasporto e molti pozzi vennero chiusi per via delle mancate forniture di materie prime come legname ed esplosivi. I sindacati promossero elezioni di Commissioni in concorrenza con quelle dei Consigli di miniera creando una gran confusione. Già il 22 gennaio la commissione dei nove sgomberò i locali del Kohlensyndikat. In questo clima di confusione e di lotta per il potere il 6 febbraio la Conferenza dei Consigli del bacino industriale della Ruhr chiese al governo il riconoscimento entro il 15 di febbraio della Commissione dei nove, con pieni diritti e poteri, minacciando altrimenti uno sciopero dei minatori. In quell’occasione Julius Karski (Marchlewski) fu nominato consulente economico della commissione dei nove, volendosi togliere di mezzo il giudice Ruben. La Conferenza protestò altresì per il concentramento delle truppe filogovernative nella regione, il quale era in corso già dall’indomani delle elezioni per l’Assemblea nazionale. Infatti, il giorno dopo, ovvero il 7 febbraio, ricordiamo che Brema era stata schiacciata il 4, il capitano Pfeffer attaccò un battaglione della Landsurm imprigionandolo e razziando le sue dotazioni. Il Consiglio dei soldati del VII corpo di armata di Münster decise di riconoscere solo i 7 punti di Amburgo approvati il 18 dicembre al Congresso dei Consigli a Berlino, così il 10 febbraio il generale Watter entrò a Münster e sciolse il Consiglio dei soldati. Il 14 si riunì il Consiglio dei lavoratori e dei soldati di Essen dove si discusse dell’operazione del generale Watter, e si decise di mandare una delegazione a Weimar. Nel frattempo, il generale Watter attaccò Hervest-Dorsten e il 15 febbraio il Freikorps Lichtschlag entrò a Hervest-Dorsten dove effettuò molti arresti di massa. Il leader comunista locale Fest, il quale era stato ingiustamente accusato dell'assassinio di un capo reazionario locale, Kohlmann, fu arrestato e ucciso brutalmente dai Freikorps. La moglie per la sola colpa di chiedere la salma del marito venne frustata a sangue. A Hervest-Dorsten morirono 38 lavoratori e solo due tra gli uomini della Lichtschlag40. Il giorno seguente in risposta a questi avvenimenti fu convocato lo sciopero generale a Mülheim. Il 18 febbraio si riunirono a Essen i Consigli dei lavoratori e dei soldati. Il maggioritario Heirnrich Limbertz si oppose allo sciopero indetto dai lavoratori di Mülheim e anche a causa di polemiche sui mandati i maggioritari abbandonarono la sala, mentre a Weimar venne comunicato che i maggioritari erano stati espulsi e la delegazione mandata a Weimar era stata bistrattata da Noske. Nonostante questo atteggiamento dei maggioritari un testimone oculare, maggioritario, descrisse le atrocità compiute dai Freikorps a Hervest-Dorsten:

Ed è un militante della SPD a dirvelo! Il compagno Fest, del tutto indifeso, è stato brutalmente malmenato mentre veniva trasferito al municipio. Il compagno Fest era mio avversario politico, ma io posso testimoniare che si è sempre comportato onorevolmente e pacificamente. […] Ieri abbiamo saputo che egli è morto in ospedale. […] Sono stati uccisi anche alcuni operai e donne inermi […] Continueremo lo sciopero generale fino a quando le truppe governative non lasceranno Hervest-Dorsten.41.

I Consigli votarono per la continuazione dello sciopero fino al ritiro delle truppe: vi furono 170 voti a favore tra i quali 18 voti furono dei maggioritari. Ma le truppe riunitesi a Essen, 1200 uomini, legate proprio alla SPD non si ritirarono. Lo stesso 18 febbraio a Elberfeld vi furono degli scontri tra gli scioperanti e i soldati, nella notte gli scontri provocarono 12 morti. Il 19 a Essen i marinai raccolti dalla SPD marciarono sulla miniera Amalie scontrandosi con i minatori e uccidendone due. Vi furono anche scontri a Borbeck e a Oberhausen. Duri sconti si registrarono anche a Bottrop, dove un gruppo di minatori si recò al Municipio per chiedere la liberazione di altri minatori prigionieri, ricevendo come risposta dai militari che lo occupavano, delle scariche di mitra che uccisero 8 minatori. Questo provocò l’assalto da parte dei minatori al Municipio nel quale uccisero 20 soldati. Al termine degli scontri i minatori avevano perso 70 persone e si disse sui giornali che Bottrop “cadde” nelle mani dei lavoratori spartachisti. E ancora la milizia di sicurezza di Castrop si scontrò con i minatori della Victor provocando 4 morti e subendone 3. A Bochum un gruppo di sindacalisti maggioritari armati distrusse la sede del Comitato di sciopero, mentre delle truppe d’assalto Stosstruppe, l'equivalente degli arditi italiani, assaltarono i minatori in sciopero. La divisione Gerstenberg, che abbiamo visto trionfare a Brema, entrò a Hamborn riconquistando la città. A Wanne la milizia di sicurezza arrestò gli organizzatori dello sciopero42.

Quindi proprio nel clou degli scontri, il 21 febbraio, i Consigli dei lavoratori e dei soldati si riunirono per discutere dell’insuccesso dello sciopero, con i comunisti che lamentavano la mancanza di organizzazione e la mancanza di armi per i picchetti. Per la USPD il fallimento era dovuto dalle prese di posizione alla conferenza di Mülheim. Contemporaneamente a Münster, Baade e Will per gli indipendenti e Limbertz per i maggioritari entrarono in trattativa con il generale Watter per una tregua. Watter offrì l’armistizio a patto che le milizie dei lavoratori sgomberassero Bottrop, sospendessero immediatamente lo sciopero, consegnassero le armi, e restituissero il cibo e il denaro preso dalle milizie spartachiste, nonostante che Watter sapesse che queste dotazioni erano state già consumate o spese. Il 21 febbraio fu firmata la tregua. Quindi, siccome le condizioni non potevano essere rispettate il 23 febbraio il famigerato Freikorps Lichtschlag entrò a Bottrop, ma gli spartachisti avevano preventivamente abbandonato la città. Vi furono comunque arresti di massa ed esecuzioni sommarie. Molti si resero conto a Bottrop che i mercenari erano peggio degli spartachisti.

Mentre la Rurh era attraversata da questo moto repressivo, un’ondata di proteste si sviluppò nel centro della Germania. Infatti, dopo aver blindato la città di Weimar, il generale Maercker si occupò di Gotha dove il Consiglio era guidato dalla USPD: il 18 febbraio Maercker invase la città e sciolse il Consiglio dei soldati; quindi, il 23 febbraio si tenne una Conferenza di minatori con la partecipazione dei deputati dei Consigli dei lavoratori e dei soldati di Erfurt e Merseburg, nonché di diverse industrie. A questa Conferenza la maggioranza era nettamente nelle mani della USPD e della KPD e venne deciso che la situazione richiedesse lo sciopero generale. Lo sciopero, come nella Ruhr, era stato organizzato dai lavoratori che volevano la tanto auspicata socializzazione per mezzo di Consigli di fabbrica. Quindi il 24 febbraio iniziò lo sciopero generale a Halle che si estese in Sassonia, in Turingia e ad Anhalt. Grazie agli scioperi degli impianti elettrici e delle ferrovie la comunicazione tra Weimar e Berlino fu sospesa. L’Assemblea nazionale, quindi, promise una “impalcatura giuridica della democrazia economica: una legislazione omogenea e socialista del lavoro fondata sui principi della libertà.”. Promise anche di consolidare organi come i Consigli di fabbrica. La democrazia economica menzionata consisteva nella “fabbrica costituzionale a base democratica”. L’Assemblea nazionale parlava ancora di socializzare i settori industriali minerari e dell’energia. Un’immagine molto illuminate è usata da Paul Frölich et al. per descrivere il divario tra buoni propositi e realtà: “Mentre la socializzazione avanzava sui muri delle case, Maercker avanzava verso Halle [...]43. Il 22 febbraio Weimar rendeva pubblica l’ordinanza secondo la quale istituiva delle Camere del Lavoro per le miniere; queste sarebbero state composte in modo paritetico da imprenditori e minatori al fine di collaborare in vista di un controllo da parte del Reich sull’industria mineraria “e la partecipazione del popolo intero ai suoi benefici (socializzazione)”.

La Commissione dei nove della Ruhr in un atto disperato di portare avanti la socializzazione, dopo che lo sciopero nella Ruhr era stato schiacciato così duramente e mentre le forze governative si prestavano a schiacciare lo sciopero nella Germania Centrale, si riunì il 5 marzo in una Conferenza dove parteciparono solo 110 delegati, in quanto la maggior parte dei maggioritari non vi prese parte dato che i sindacati ne avevano scoraggiato la partecipazione. Karski tenne una relazione sulla socializzazione e la Conferenza si aggiornò ad una nuova riunione44. La Conferenza si riunì nuovamente il 30 marzo, nel mentre vi erano stati diversi scontri, nonostante i minatori di Hamborn e Bochum erano riusciti a strappare un accordo sulle sette ore e mezza. Addirittura, il Kohlensyndikat dovette concedere la riduzione di orario, aumentando ovviamente il prezzo del carbone. Non mancarono le ripercussioni: il 15 marzo a Gelsenkirchen la milizia assalì una riunione del KPD, il 24 marzo a Witten la milizia sparò contro dei dimostranti uccidendo due persone e il 25, con la stessa dinamica, uccidendone 11. Il 27 marzo il turno di sei ore fu imposto in 32 miniere. Alla Conferenza di Essen fu istituito un nuovo sindacato Allgemeine Bergarbeiter-Union, per rispondere all'atteggiamento pro-governativo del sindacato principale dei minatori. Venne anche nominato un Consiglio Centrale che andava a sostituire la Commissione dei nove. Questo era formato da altri nove delegati, cinque della USPD e quattro del KPD. Questo nuovo sindacato chiedeva di continuare lo sciopero senza farsi intimorire dalle minacce del governo, ovvero di bloccare i generi alimentari agli scioperanti e intervenire con l’esercito. La polizia espulse Karski e la sua assenza pesò sul nuovo sindacato.

Nel frattempo, in Germania Centrale il 1° marzo il generale Maercker entrò a Halle, dove nei primi di febbraio era stata annunciata l’espropriazione dei grandi proprietari terrieri45. Maercker trovò una buona resistenza di operai armati i quali si erano arroccati negli edifici della posta centrale e nel teatro. Il 2 marzo Maercker fece bombardare gli edifici, si registrarono 24 morti tra gli operai e 7 fra i soldati governativi. Il servizio di sicurezza smantellato da Maercker non venne rimpiazzato così si verificarono saccheggi e altri incidenti, prontamente attribuiti agli scioperanti. Il tenente colonnello von Klüber, rappresentante del governo, fu riconosciuto e linciato nelle strade di Halle. A seguito a questo assassinio venne condannato a morte un invalido di guerra e altre cinque persone vennero condannate 54 anni complessivi di reclusione. Grazie alle concessioni del governo sui Consigli di fabbrica, la creazione di Commissioni di arbitraggio e di Camere del Lavoro, la distribuzione dei viveri a chi non scioperava, lo sciopero venne sospeso il 7 marzo46.

Nella Ruhr il 1° aprile lo sciopero raggiunse le famose acciaierie Krupp. Il 4 aprile si riunì una conferenza di 500 delegati provenienti in larga parte dai pozzi dove si decise di unirsi agli scioperi dei minatori della Germania Centrale e della Slesia. Infatti, in alcune zone (come a Magdeburgo) lo sciopero era ripreso per via degli arresti dei vertici del Consiglio dei soldati attuati da Noske47. Nella Ruhr la reazione del governo arrivò il 5 aprile a Mülheim quando i soldati irruppero nella riunione della Freie Vereinigung de Syndikalisten con spari e granate, provocando quattro morti. Il 7 aprile il maggioritario Karl Severing fu nominato Delegato del Reich; questi rilassò la repressione soprattutto dove la presenza della SPD era importante, mentre USPD, KPD e sindacati liberi continuavano ad essere repressi, così come i “crumiri” ricevevano regolari razioni di cibo. Sempre il 7 aprile in Germania Centrale il solito generale Maercker arrivò a Magdeburgo e il 9 aprile le sue truppe entrarono in città sparando sulla folla che manifestava in piazza uccidendo sette persone. Il Freikorps Görlitz arrivò a dare manforte alle truppe di Maercker, venne sciolto il Consiglio dei soldati e “l’ordine venne ripristinato” a Magdeburgo. Tornando quindi alla Ruhr, sempre il 9 aprile, nel negoziato con il Kohlensyndikat, dove si discutevano le 6 ore, intervennero Severing e il ministro del Lavoro, maggioritario, Gustav Bauer. Quest’ultimo in particolare non credeva che ulteriori concessioni agli scioperanti avrebbero risolto la situazione, in quanto esse avrebbero galvanizzato gli spartachisti facendo perdere il controllo ai sindacati tradizionali. Bauer optava per una strategia che fu più tardi adottata anche da Giolitti, lasciando andare le cose per il loro verso gli scioperanti avrebbero mollato progressivamente la presa e sarebbero tornati spontaneamente al lavoro. Quindi il governo decise che sarebbe stato concesso il turno di 7 ore e non 6; ci sarebbe stata la precettazione per i lavori straordinari; le truppe avrebbero lasciato le fabbriche per intervenire solo nei posti “caldi”, ovviamente ai proprietari era consentito aumentare il prezzo del carbone. Sempre il 9 a Essen il Freikorps Lichtshlag arrestò la nuova commissione dei nove. Il 10 aprile Severing emanò un decreto che obbligava tutti i maschi tra i diciassette ai cinquant’anni di prestare servizio di lavoro “straordinario” pena una multa di 500 marchi o la reclusione fino ad un anno. Il 15 aprile il gruppo dirigente degli scioperanti si riunì a Heilgenhaus, ma i soldati fecero irruzione sparando sui presenti: un delegato fu ucciso. Con la fine dello sciopero iniziò la caccia agli agitatori, molti imprigionati con pene molto severe, anche di ergastolo. Gli uomini del generale Watter compirono spedizioni punitive a Hagen, Remscheid e altri luoghi48. Ancora nella Germania Centrale lo sciopero a Braunschweig era scoppiato l’8 aprile in solidarietà con la Ruhr e con lo sciopero a Magdeburgo: il Comitato esecutivo del Consiglio regionale dei lavoratori appoggiò lo sciopero generale, si andò a formare un Comitato rivoluzionario di agitazione, il 10 fu dichiarato una serrata da parte delle forze borghesi, ma il 15 aprile i borghesi in sciopero ripresero il lavoro. Il generale Maercker non si sentì totalmente sicuro di entrare a Braunschweig per via della forte organizzazione degli scioperanti. Il 14 aprile fece lanciare dei volantini che avvisavano il suo arrivo in città, probabilmente per intimorire le milizie operaie. Maercker poteva contare su 10.000 uomini tra i Landesjäger, il Freikorps Lützow, un reggimento di dragoni, un reggimento di fanteria, la II brigata della marina e alcune truppe volontarie. Maercker non aveva tutti i torti nell’esser titubante in quanto la città di Braunschweig aveva dimostrato di saper organizzare un’ottima difesa, ma nel frattempo aveva circondato la città. I rappresentati del governo della città si recarono a negoziare e cedettero alle richieste di Maercker quindi il 15 aprile i lavoratori decisero di cessare lo sciopero e il 17 le truppe di Maercker entrarono a Braunschweig. La spedizione di Maercker in realtà non si fermò a Braunschweig e dopo sua liberazione andò a ripristinare l’ordine a Lipsia, quindi ad Eisenach e ad Erfurt49.



Il primo governo della Repubblica di Weimar

Le elezioni dell’Assemblea nazionale ebbero luogo in una Berlino blindata, e la seduta inaugurale della neoeletta Assemblea nazionale ebbe luogo a Weimar, cittadina altrettanto blindata, commenta a tal proposito Sacerdote: “Weimar o Potsdam, oggi si può dire che i due concetti sono completamente fusi, anzi Weimar è almeno esteriormente trasformata in Potsdam. Cittadina altrimenti pacifica e idilliaca, oggi è riboccante di fanteria, artiglieria e sempre nuove truppe vanno occupando i villaggi circostanti, rinchiudendo la città in una cerchia impenetrabile.50.

Il 7 di febbraio, mentre Brema era stata sedata e le forze governative venivano concentrate nella Ruhr, Ebert come atto finale del governo provvisorio tenne il seguente discorso:

Il Governo provvisorio deve il suo mandato alla rivoluzione, esso lo restituirà all’Assemblea nazionale in cui saluta la massima ed unica istituzione sovrana della Germania. È passata per sempre, per grazia di Dio, l’epoca degli antichi Re e degli antichi Principi: questa Assemblea nazionale ha una grande maggioranza repubblicana. Il popolo tedesco è libero, vuole la pace e vuole governarsi per sempre da sé stesso. Abbiamo perduto la guerra, ma questo fatto non è una conseguenza della rivoluzione. Il Governo imperiale del principe Max di Baden concluse l’armistizio il quale ci rese inermi dopo il crollo dei nostri alleati e di fronte alla situazione economica. Egli, del resto, non poteva agire altrimenti. La rivoluzione respinge la responsabilità per la miseria nella quale la stolta politica del potere caduto e la frivola albagia dei militaristi gettò il popolo tedesco. Essa non è neppure responsabile della nostra grave penuria di viveri, ma la guerra ha esaurito non soltanto noi bensì anche i nostri avversari. Il senso di esaurimento da parte loro ha portato all’idea di uno sfruttamento nelle opere di pace. Queste vendette e questi piani di violenza provocano il massimo contrasto. Di fronte alla miseria piombataci addosso il quesito della colpevolezza sembra quasi piccolo, comunque, il popolo tedesco è fermamente risoluto di attribuire le responsabilità a tutti coloro che saranno dimostrati intenzionalmente colpevoli ed intenzionalmente abietti.

Per quale motivo i nostri avversari hanno combattuto? Secondo le loro stesse dichiarazioni per distruggere il nostro potere imperiale. Esso è finito per sempre. Dovrebbero combattere per distruggere il militarismo? Esso è fatto a pezzi e non risorgerà mai più. Ma le condizioni d’armistizio sono state asprissime ed applicate rigorosamente. Ammoniamo gli avversari di non spingerci agli estremi come vorrebbe il generale Winderpelt. Così un bel giorno qualsiasi il Governo tedesco potrebbe essere costretto a rinunciare all’ulteriore collaborazione ai negoziati di pace ed a riversare sui nemici tutto il peso delle responsabilità per il riassetto del mondo. Non ci si ponga di fronte alla fatale scelta fra l'onta ed il rifiuto. Anche un Governo popolare socialista, ed appunto un tale Governo, deve poter scegliere fra le peggiori provocazioni ed il disonore. La Germania depose le armi confidando nei principi di Wilson. Ora aspettiamo la pace di Wilson alla quale abbiamo diritto. Tutto il popolo tedesco non tende ad altro che entrare da pari a pari nella Lega dei popoli e di conquistarvi con la diligenza e l’idoneità una posizione rispettata. […].

Il Governo provvisorio insieme col Consiglio Centrale della repubblica tedesca tentò di sormontare tutti i pericoli che ancora si opponevano e fece tutto il possibile per rimettere in ordine la vita economica. Rivolgiamo perciò caldo appello agli industriali perché promuovano con tutte le loro forze il ravvivarsi della produzione. D’altra parte, invitiamo anche la classe operaia a rendere tutte le energie al lavoro, il quale solo può salvarci: o lavoriamo e creiamo lavori o andremo in rovina. Il socialismo, secondo la nostra opinione, è solo possibile se la produzione è mantenuta ad un alto grado. Il socialismo è ordine, è lavoro, non arbitrio e distruzione.51.

Dettaglio non secondario, la Costituzione provvisoria della Repubblica di Weimar, redatta da Preuß venne approvata subito dopo e Friedrich Ebert l’11 febbraio fu eletto alla presidenza della Repubblica del Reich, ovvero Reichspräsident. Il 13 febbraio il Gabinetto si riunì per la prima volta52. Il nuovo governo era composto da sette socialdemocratici e sette non socialisti. La Costituzione provvisoria, preparata da Preuß fu una doccia fredda per i socialisti, eccetto i maggioritari, in quanto questa non menzionava in alcun luogo la Repubblica né tanto meno l’attributo socialista. La Costituzione aveva almeno il merito di rispettare la natura federale dello Stato tedesco, si organizzava in un Reichstag di 40 deputati e una Camera degli Stati ovvero un Parlamento di 70 membri eletti dai Parlamenti dei singoli Stati federali53. Philip Scheidemann, notoriamente contrario ai Consigli, aveva dichiarato qualche giorno prima: «i Consigli dei lavoratori e soldati vanno eliminati perché oramai manca loro ogni ragione di esistere, anzi inceppano l’ordinamento dell’amministrazione»54, ora era stato nominato capo del governo. Il Gabinetto Scheidemann era composto da Eugen Schiffer, democratico, alla vice presidenza e ministro delle Finanze, Rudolf Wissel ministro dell’Economia, maggioritario, Gustav Bauer ministro del Lavoro, Otto Landsberg ministro della Giustizia, il ministero degli Interni andò a Hugo Preuß, costituzionalista democratico, la Sicurezza, ovvero il ministero della Difesa, andò a Noske, gli Esteri a Ulrich von Brockdroff-Rantzau, senza affiliazione, il ministero degli Approvvigionamenti andò a Robert Schmidt, maggioritario, il ministero delle Colonie a John Bell del Zentrum, le Poste a Johannes Giesberts del Zentrum, il Tesoro a Georg Gothein, democratico, e vi furono anche due ministri senza portafoglio Edward David, maggioritario, e Matthias Ezberger del Zentrum.

Il 13 febbraio Gustavo Sacerdote intervistò, “l’ex operaio sellaio”, ovvero, il Neopresidente del Reich Ebert. Ebert dichiarò che il Programma del nuovo governo: “è quello di garantire la libertà di pensiero, di stampa, di scienza, di adunanza, di associazione […] l’eguaglianza completa delle donne […] il pieno diritto di coalizione, il riconoscimento di tutte le organizzazioni operaie, misure radicali di assistenza operaia in caso di disoccupazione […]. Come è naturale, il nostro programma è anche la socializzazione; ma questa si dovrà limitare agli esercizi che abbiano adesso un carattere di monopolio privato […] forti tasse sui patrimoni e sulle eredità […]. L'ultimo importantissimo problema è quello dell’esercito. La nuova repubblica organizzerà un esercito popolare, a base perfettamente democratica, fondato sull’educazione militare della gioventù, avente per unico scopo la difesa della patria. [E in politica estera] Società delle Nazioni, disarmo, abolizione della diplomazia segreta.”. Quindi, aggiunse, rispondendo a Sacerdote: “Inoltre data la nostra costituzione, i Consigli degli operai sono automaticamente spogliati delle loro attuali funzioni politiche. Oramai abbiamo la democrazia nello Stato Germanico, negli Stati confederali e nei Comuni. Non vi è dunque più posto per l’attività politica dei Consigli degli operai, che avranno soltanto vita per il controllo economico delle aziende borghesi private. Quanto ai Consigli dei soldati, poiché de-mobilizzeremo completamente l’esercito non avranno più ragione di essere, ma lo scioglimento dell’esercito porterà con sé la scomparsa dei Consigli fiduciari dei soldati.”. La frase forse più agghiacciante la pronunciò quando Sacerdote chiese: “Compagno presidente, mi permette un’ultima domanda? Cammina la Germania verso la repubblica socialista?”, ed Ebert rispose: “Date le attuali condizioni della Germania, col nemico nel paese, con l’economia pubblica e privata rovinata, non si può ora fare nulla per la socializzazione nel nostro senso; ma il programma del Governo segna già un gran passo nel cammino verso la repubblica socialista55 [sottolineatura nostra]. A quale nemico si riferiva? Le truppe dell’intesa, la guerra in corso sul fronte orientale? O gli scioperanti?

La risposta degli indipendenti a Ebert e al programma di azione del nuovo Governo non si fece attendere. Si ricordi che la USPD con la SPD e il KPD avrebbero avuto i numeri per governare, ma tale coalizione almeno che coinvolgesse anche il KPD sarebbe stata impensabile. La SPD, quindi, aveva formato un governo con i Democratici e con il Centro. Per Ebert e gli altri maggioritari la situazione andava prima stabilizzata poi si sarebbe potuto parlare di socialismo, per la USPD invece si stava compiendo il tradimento della rivoluzione socialista, in particolare tramite lo svuotamento dai poteri politici dei Consigli. Questa secondo il KPD era la prevedibile conseguenza di aver permesso le elezioni dell’Assemblea nazionale, nella quale Assemblea la borghesia si era rimpossessata del potere politico. Il primo punto del tradimento per la USPD era avvenuto ignorando i 7 punti di Amburgo per i quali si sarebbe abolito il Comando Supremo e si sarebbe formata una milizia popolare. Mentre - aggiungono gli indipendenti - ora il governo è prigioniero del militarismo. Secondo, il tradimento della socializzazione in quanto - spiegano gli indipendenti - dietro alla ripartenza della produzione industriale c’è il rafforzamento del capitalismo borghese. Terzo punto, l’eliminazione dei Consigli dei lavoratori e dei soldati. Ma - spiegano gli indipendenti - i Consigli dei lavoratori sono necessari “per creare la democrazia di fabbrica e devono avere diritti di controllo e devono sorvegliare la burocrazia dei comuni e dello Stato”, mentre i Consigli dei soldati sono “necessari per schiacciare il militarismo e assicurare la democrazia nell’esercito”. Il Consiglio Centrale dei lavoratori e dei soldati doveva quindi potersi opporre alle decisioni dell’Assemblea nazionale e “deve avere il diritto di presentare progetti di legge all’Assemblea nazionale invocando il plebiscito”, solo così si sarebbe potuto assicurare il potere al popolo56.

Intanto il nuovo governo Scheidemann espose il suo programma che comprendeva nel suo primo punto assicurare l’unità della Repubblica sotto un unico governo, poi in politica estera: raggiungere una pace che si rifacesse al programma di Wilson (si ricordi che i trattati erano iniziati a gennaio) quindi la ricostruzione delle colonie, il ritorno dei prigionieri di guerra, l’ingresso della Germania nella Lega delle Nazioni, la soppressione della diplomazia segreta; quindi in campo interno: la partecipazione delle donne ai servizi pubblici, la creazione di un esercito popolare, il congedo della classe 1899, la protezione degli ex-ufficiali e dei sotto-ufficiali attivi, la protezione degli orfani e dei mutilati di guerra; quindi per il rilancio economico: aiuti all'industria danneggiata dalla guerra, il regime di razionamento dei generi alimentari, “sottomissione a controllo pubblico dei rami economici che hanno carattere di monopolio, socializzazione degli stabilimenti”!57. La socializzazione era quindi menzionata ma nella pratica questi propositi erano ritenuti insufficienti da una larga parte dei lavoratori.



Eccidio di marzo 1919 a Berlino

Tornando alla situazione di Berlino, anche prima della nomina del nuovo governo, già l’8 febbraio vi erano stati scontri a Rosenthal tra disoccupati e una divisione di fucilieri a cavallo della guardia, provocando ben 12 morti58. La Rote Fahne aveva ripreso le sue pubblicazioni il 3 febbraio dopo la sua chiusura del 16 gennaio59. Se febbraio si chiudeva principalmente con gli scontri in corso nella Ruhr e lo scoppio dello sciopero generale nella Germania Centrale prontamente represso dal generale errante Maercker, marzo non prometteva nulla di buono. Come abbiamo visto anche dalle dichiarazioni di Ebert e Scheidemann, non sarebbe storicamente corretto pensare che la SPD escludesse una sorta di socializzazione del Reich, ma evidentemente gli scioperanti non riponevano molta fiducia nella strategia dei maggioritari in merito; era evidente, infatti, l’ostilità tra il Gabinetto dell’Assemblea nazionale a Weimar e il Comitato Esecutivo dei Consigli a Berlino, d'altronde per quanto riguardava il nuovo governo la fase dei Consigli era terminata. Noske, coerente con l’accordo con i vertici del vecchio esercito, e non con i 7 punti di Amburgo, mise in atto il piano di smantellamento dei Consigli dei soldati deciso dal nuovo governo, entrando così in aperto conflitto con i Consigli dei soldati che durante la rivoluzione di novembre erano emersi nei principali centri abitati. Noske quindi ignorava appositamente le risoluzioni votate in dicembre durante il Congresso dei Consigli, ovvero i 7 punti di Amburgo, appunto, ed era determinato ad eliminare tutti i Consigli per rimpiazzarli con un esercito provvisorio che in teoria sarebbe diventato la tanto auspicata milizia popolare. Questo giustificava però nella pratica la forte campagna di reclutamento di volontari nei Freikorps, avvenuta proprio tra gennaio e febbraio. Sempre durante il mese di febbraio un forte reclutamento di Freikorps era stato promosso proprio dalla Vorwärts, questo sempre in vista della riorganizzazione di un esercito provvisorio60. L'ideologia dietro questi corpi franchi non era per nulla coerente con quella della SPD, gli ufficiali organizzatori di queste milizie erano mossi da spirito bellicista e patriottico, un forte risentimenti contro i nemici interni, tra i quali gli ebrei, additati oramai sempre più comunemente come i colpevoli della disfatta tedesca.

Per ora i lavoratori sensibili al tema della socializzazione si erano sentiti ripetere di lavorare, soprattutto di non scioperare, se avessero voluto la socializzazione e nel concreto avevano visto un uso preoccupante e disdicevole di truppe mercenarie per la repressione di ogni rimostranza. A Berlino sia la Volksmarinedivision che la Republikanische Soldatenwehr, residui della rivoluzione di novembre, le quali si erano rese protagoniste in dicembre, dovevano essere rese innocue. La Soldatenwehr dopo la dismissione di Wels e la promozione di Anton Fischer era passata a Klawunde e a Marcks. Il generale Lüttwitz e Marcks incominciarono ad offrire somme ai soldati purché lasciassero il corpo anche con l’aiuto del comandante Müller. Lüttwitz riuscì ad indebolire e controllare la Soldatenwehr repubblicana61, l’ultimo baluardo berlinese della rivoluzione di novembre. Il 26 febbraio su richiesta di 550 delegati si riunì l’Assemblea plenaria dei Consigli dei lavoratori di Berlino, questa iniziativa era stata contrastata dai maggioritari, i quali riuscirono ad ottenere un aggiornamento al 28 febbraio. Richard Müller parlò a lungo, per gli indipendenti, facendo un appello:

Il caos è totale. Senza l’ordine e la ripresa economica la rovina del popolo tedesco è inevitabile. […]. Abbiamo il dovere di fare tutto il possibile per scongiurare questo disastro. Dobbiamo convocare i Consigli a Congresso, per tranquillizzare i minatori e gli operai tedeschi.62.

Una delegazione della fabbrica di aeromobili AEG di Hennigsdorf la quale aveva sedi a Berlino-Gesundbrunnen chiese all’Assemblea l’immediata proclamazione dello sciopero in solidarietà con i lavoratori della Germania Centrale. Questa non fu approvata e si decise su spinta dei maggioritari di sospendere la seduta, non prima di aver votato per un nuovo Consiglio Esecutivo, dove la USPD ottenne 307 voti, la SPD 271, il KPD 99, il Partito democratico 95. E così l’esecutivo fu formato da 6 indipendenti, 6 maggioritari, 2 comunisti e 2 democratici63. Da notare come nei Consigli la presa socialdemocratica maggioritaria stava sfumando proprio a causa del loro uso massiccio delle squadracce di corpi franchi e la loro ostilità nei confronti dei Consigli. Il nodo chiave era comunque la socializzazione e questo spinse i maggioritari a presentare una proposta di legge a favore della socializzazione. Il 3 marzo i maggioritari presentarono una tale proposta all’Assembla nazionale nella quale vi erano concessioni ai lavoratori della Germania Centrale. Quindi, mentre i lavoratori della Germania Centrale terminavano lo sciopero, a Berlino finalmente i lavoratori ritrovarono il coraggio, dopo i tremendi giorni di gennaio, di tornare a scioperare. Il 3 marzo la Rote Fahne appoggiò lo sciopero, anche i maggioritari a Berlino vedendo una partecipazione compatta dichiararono che se il voto dell’Assemblea plenaria avesse optato per lo sciopero loro avrebbero aderito. Quindi la proclamazione dello sciopero fu approvata. Gli scioperanti chiedevano, il riconoscimento dei Consigli, l'applicazione dei sette punti di Amburgo, la liberazione dei detenuti politici, come Ledebour, l'organizzazione di una milizia dei lavoratori, lo scioglimento di tutti i corpi franchi, la ripresa di relazioni con il governo dei Soviet russi. Lo sciopero aveva anche bloccato la pubblicazione dei giornali, compresa la Vorwärts. Il 3 e 4 marzo si verificarono saccheggi, sia la Rote Fahne che il KPD pubblicarono volantini che mettevano in guardia dalle eventuali provocazioni. Il 5 marzo nella caserma della Soldatenwehr dove erano stati stanziati i marinai arrivati dalla Volksmarinedivision, il capitano Marcks emise l’ordine di rastrellare la zona tra Jannowitzbücke Bahnhof e Alexanderplatz per fermare i saccheggi, ma una volta che la Volksmarinedivision arrivò nei pressi di Magazinstraße venne investita da raffiche di fucile e granate provenienti da soldati delle Stahlhelmtruppe di Franz Seldte del 66o reggimento di fanteria, facenti parte del Freikorps Lützow del generale von Lüttwitz il quale aveva ordinato appunto di rinforzare la Questura. Entrambe le parti pensarono di trovarsi di fronte ai saccheggiatori. Il comandante dei marinai Rudolf Klöpfel si recò alla Questura per avere chiarimenti, ma fu allontanato dagli uomini del Lützow e una volta tornato ad Alexanderplatz fu raggiunto da un colpo di fucile che lo ferì gravemente.

Il 6 marzo Noske e il maggiore von Gilsa dichiararono che era impossibile impartire l’ordine di fermasi al corpo franco di von Lüttwitz. Gli scontri tra le truppe repubblicane dei mariani della divisione popolare e i corpi franchi furono molto pesanti: le truppe governative impiegarono addirittura bombe di mezzo quintale e aeroplani da guerra. Intanto la SPD di Berlino che inizialmente aveva appoggiato lo sciopero, il 5 marzo diramava su un foglio speciale una dichiarazione dove ne prendeva le distanze. Il giorno seguente si riunì l’Assemblea planaria dove i lavoratori, visto anche l’attacco delle truppe governative, decisero di sospendere l’erogazione di gas, di energia elettrica e di acqua. I maggioritari abbandonarono l’Assemblea, diffondendo volantini che chiedevano la ripresa del lavoro, i sindacati di Berlino si videro d’accordo alla ripresa e Richard Müller lasciò il Comitato direttivo. Le truppe di von Lüttwitz occuparono delle centrali elettriche per provvedere alla continuità del loro servizio. Il 7 marzo la delegazione tornata da Weimar riferì che il governo non avrebbe concesso di più di quello concesso alla Germania Centrale e l’8 marzo lo sciopero fu sospeso64.

Quindi iniziò la caccia agli spartachisti, che probabilmente contavano su circa trecento persone armate le quali si erano rifugiate nel quartiere di Lichtenberg. Sulle testate pro-governative si leggeva dell’occupazione della distilleria Bötzow da parte degli spartachisti, notizia quindi smentita dal suo proprietario; quindi, il 9 marzo gli spartachisti si erano rifugiati al teatro di Bülowplaz, ma, sempre secondo le fonti governative, gli spartachisti in fuga avevano avuto modo di assaltare l’ufficio postale di Lichtenberg provocando 60 morti, che poi divennero, sempre sui giornali borghesi, 60 poliziotti e alcune decine di soldati governativi, mentre in realtà i caduti negli scontri tra truppe governative e spartachisti erano stati due! Le storie sulle atrocità commesse dagli spartachisti raggiunsero livelli grotteschi a tal punto che anche gli stessi redattori dei giornali borghesi chiedevano conferma increduli. Quando intervistati i reparti di pronto soccorso degli ospedali non si riscontrarono le casistiche delle quali questa campagna diffamatoria parlava, lo stesso Noske già il 13 marzo fu messo a conoscenza delle esagerazioni, ma il 9 marzo questi decretò la legge marziale giustificata da:

La brutalità e la bestialità degli spartachisti che ci combattono mi costringono al seguente ordine: chiunque sarà sorpreso a battersi con le armi in pugno contro le truppe governative sarà fucilato sul posto”.

Iniziarono quindi i rastrellamenti, ovvero la caccia allo spartachista. In questa occasione fu catturato il 10 marzo a Neukölln, Leo Jogichens, fu condotto dalla brigata Reinhard, dove Tamschick e Grahn furono incaricati di trasportalo al carcere giudiziario, ovviamente lungo il tragitto Leo Jogichens “avrebbe tentato la fuga” e quindi sarebbe stato ucciso con un colpo alla nuca da Tamschick. L’ordine di Noske di sparare su chi in possesso d’armi si scontrasse contro le forze governative si tramutò in uno sparare su chiunque avesse una qualsiasi traccia di arma con sé. I Freikorps non fecero grandi distinzioni di partito e molti socialdemocratici e addirittura persone senza alcuna simpatia per la sinistra furono messe al muro perché in possesso di armi. L’11 marzo i marinai della Volksmarinedivision, sciolta il giorno prima, furono convocati per ricevere gli arretrati; lì il tenente Marloh e i suoi uomini in borghese circondarono l’edificio; quindi, fece arrestare i marinai ignari di cosa stesse accadendo. Marloh, rendendosi conto dell’elevato numero dei marinai, chiese quindi rinforzi al colonnello Reinhard. Quindi scelse 31 marinai (29 secondo altre fonti65) e li fece uccidere, e a molti, come di consueto, fu sfondato il cranio con il calcio del fucile e furono requisiti gli stivali. Marloh, il quale sotto processo ammise tutto, fu poi scagionato.66 Il 14 marzo Adolph Hoffmann, indipendente, denunciò presso il Landtag prussiano le atrocità che i Freinkorps stavano conducendo a Berlino: automezzi militari che aprivano il fuoco in modo indiscriminato, esecuzioni sommarie per strada, e Hoffmann concluse: “Questo è avvenuto sotto un governo socialista67. Il 16 marzo, ovvero ben tre giorni dopo esser venuto a conoscenza delle esagerazioni, Noske revocò la legge marziale ma emanò un mandato di cattura per tutti i membri della KPD in quanto: “potevano essere coinvolti in attività illegali68. Alla fine, l’eccidio di marzo a Berlino contò più di 1000 morti69, mentre tra i Freikorps vi furono solo 75 caduti70.



CESCO

1Robert F. Wheeler. The failure of "truth and clarity" at Berne: Kurt Eisner, the opposition and the reconstruction of the International. International Review of Social History. Vol. 18, No. 2 (1973), pp. 173-201.

2Ibidem.

3Jūlijs Vecozols (o Jules Wetzosol). I primi dibattiti alla Conferenza di Berna. Il partito socialista svizzero decide di non parteciparvi. Avanti! martedì 4 febbraio, 1919.

4Dalla agenzia della Stefani in data 30 gennaio si evince che i due delegati sarebbero stati Morgari e Lazzari [da: Agenzia Stefani. La partecipazione del Partito Socialista alla Conferenza di Berna. Avanti! sabato 1° febbraio, 1919]. Nel rapporto del 9 febbraio Morgari telegrafa che lui e Casalini, ovvero la delegazione italiana, avevano rifiutato di aderire alla Conferenza di Berna in quanto la reputavano una Conferenza social-patriottica alla stregua di quella di Londra nel febbraio del 1917. Morgari e Casalini però decisero di rimanere come osservatori [da: Oddino Morgari. Perché i socialisti italiani non vi partecipano. Avanti! domenica 9 febbraio, 1919].

5Jules Wetzosol. I primi dibattiti alla Conferenza di Berna. La seduta inaugurale. Avanti! martedì 4 febbraio, 1919.

6Jules Wetzosol. Duello oratorio tra francesi e tedeschi alla Conferenza di Berna. Attacchi ai maggioritari tedeschi e la loro difesa. Avanti! mercoledì 5 febbraio, 1919.

7Robert F. Wheeler. The failure of "truth and clarity" at Berne: Kurt Eisner, the opposition and the reconstruction of the international. International Review of Social History. Vol. 18, No. 2 (1973), pp. 173-201.

8Jules Wetzosol. Duello oratorio tra francesi e tedeschi alla Conferenza di Berna. Eisner spiega gli errori del popolo tedesco. Avanti! mercoledì 5 febbraio, 1919.

9Robert F. Wheeler. The failure of "truth and clarity" at berne: kurt eisner, the opposition and the reconstruction of the international. International Review of Social History. Vol. 18, No. 2 (1973), pp. 173-201.

10Ibidem.

11Jules Wetzosol. Duello oratorio tra francesi e tedeschi alla Conferenza di Berna. Sui principi di Liebknecht dovrà costituirsi la Lega delle Nazioni. Avanti! mercoledì 5 febbraio, 1919.

12Jules Wetzosol. I discorsi di Kautsky, Longuet ed Adler alla Conferenza di Berna. Parla Kautsky. Avanti! giovedì 6 febbraio, 1919.

13Jules Wetzosol. I discorsi di Kautsky, Longuet ed Adler alla Conferenza di Berna. Parla Kautsky. Avanti! giovedì 6 febbraio, 1919.

14Robert F. Wheeler. The failure of "truth and clarity" at Berne: Kurt Eisner, the opposition and the reconstruction of the international. International Review of Social History. Vol. 18, No. 2 (1973), pp. 173-201.

15Jules Wetzosol. I discorsi di Kautsky, Longuet ed Adler alla Conferenza di Berna. Parla Kautsky. Avanti! giovedì 6 febbraio, 1919.

16Jules Wetzosol. I discorsi di Kautsky, Longuet ed Adler alla Conferenza di Berna. Avanti! giovedì 6 febbraio, 1919.

17Jules Wetzosol. La Conferenza di Berna. Dalla Lega delle Nazioni alla Lega dei Popoli. Avanti! venerdì 7 febbraio, 1919.

18Ibidem.

19Ibidem.

20Jules Wetzosol. La Conferenza di Berna. Le questioni territoriali e la ripresa dei rapporti internazionali. Avanti! sabato 8 febbraio, 1919.

21Ibidem.

22Ibidem.

23Jules Wetzosol. La Conferenza di Berna. La fine delle discussioni sulle questioni territoriali. Avanti! domenica 9 febbraio, 1919.

24Robert F. Wheeler. The failure of "truth and clarity" at Berne: Kurt Eisner, the opposition and the reconstruction of the international. International Review of Social History. Vol. 18, No. 2 (1973), pp. 173-201.

25Agenzia Stefani. La Conferenza internazionale di Berna. Dittatura e democrazie. Avanti! martedì 11 febbraio, 1919.

26Robert F. Wheeler. The failure of "truth and clarity" at Berne: Kurt Eisner, the opposition and the reconstruction of the international. International Review of Social History. Vol. 18, No. 2 (1973), pp. 173-201.

27Agenzia Stefani. La fine della Conferenza di Berna. Contro il bolscevismo. Avanti! mercoledì 12 febbraio, 1919.

28Robert F. Wheeler. The failure of "truth and clarity" at Berne: Kurt Eisner, the opposition and the reconstruction of the international. International Review of Social History. Vol. 18, No. 2 (1973), pp. 173-201.

29Ibidem.

30Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 217.

31Cesco. La Comune di Parigi, un ideale socialista tra le barricate: a 150 anni dalla sollevazione parigina. Adattamento Socialista, maggio 2021.

32https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/occupation-after-the-war-belgium-and-france/

33Redazione. Dall’Estero. La socializzazione delle industrie in Germania. L’Avanti! sabato 1° febbraio, 1919.

34Gustavo Sacerdote. In Germania. L’Assemblea costituente tedesca. Preludio di contrasti. Avanti! venerdì 7 febbraio, 1919.

35Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 144.

36Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 147.

37Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 148.

38Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 149.

39Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 150.

40Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 154.

41Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 156.

42Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 156-158.

43Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 219-220.

44Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 160.

45Gustavo Sacerdote. La confisca della proprietà. Avanti! lunedì 3 febbraio, 1919.

46Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 220-221.

47Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 223.

48Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 162-166.

49Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 224-228.

50Gustavo Sacerdote. L’aurora sanguigna della nuova Costituzione tedesca. Weimar, corte delle muse. Avanti! Giovedì 6 febbraio, 1919.

51Gustavo Sacerdote. L’Assemblea costituente germanica. Gli accordi preparatori fra i Partiti. Avanti! sabato 8 febbraio, 1919.

52Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p 56.

53Gustavo Sacerdote. La Costituzione borghese della Repubblica Socialista di Germania. Avanti! domenica 9 febbraio, 1919.

54Gustavo Sacerdote. In Germania. Il programma d’oggi degli spartachisti tedeschi. Avanti! martedì 4 febbraio, 1919.

55Gustavo Sacerdote. La facile unanimità raccolta a Weimar sul progetto della Costituzione provvisoria. Avanti! venerdì 14 febbraio, 1919.

56Gustavo Sacerdote. Un proclama degli indipendenti al proletariato germanico. Avanti! sabato 15 febbraio, 1919.

57Ibidem.

58Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 201.

59Gustavo Sacerdote. In Germania. Il programma d’oggi degli spartachisti tedeschi. Avanti! martedì 4 febbraio, 1919.

60Ralf Hoffrogge. The German Revolution’s Bloody End. Jacobin, march 2019.

61Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 197.

62Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 198.

63Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 199.

64Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 201-205.

65William Grant Ratliff. The political career of Gustav Noske, 1918-1920. A Thesis in History, Texas Tech University 1980.

66Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 212-213.

67Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 207-212.

68Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 216.

69Robert Heynen. The German Revolution and the radical Right. p52 In: The German Revolution and Political Theory, edited by Gaard Kets and James Muldoon. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2019.

70Gustavo Corni. Weimar. La Germania dal 1918 al 1933. Carocci editore, 2020, p 58.

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