La Rivoluzione tedesca 1918-1920 - PARTE II -
Lo scoppio della rivoluzione.
Come visto nella prima parte di questo lavoro, nei primi di ottobre del 1918 il Kaiser Guglielmo II aveva nominato il Principe Max von Baden Cancelliere del Reich1 con lo scopo chiedere l’armistizio. Questi formò un governo che, sempre secondo i piani del Kaiser e del Comando Supremo, avrebbe dovuto accontentare la richiesta del Presidente degli Stati Uniti Wilson, il quale voleva trattare con un governo che avrebbe rappresentato la maggioranza dei tedeschi e non la vecchia élite monarchica. A quel punto von Baden andò a includere nel suo nuovo governo anche i socialisti maggioritari, ovvero la SPD, la quale a sua volta era ormai priva degli elementi più “radicali”, quelli contro la guerra, che nell’aprile del 1917 andarono a formare la USPD, ovvero il partito degli indipendenti. Abbiamo anche già visto che il Presidente Wilson aveva anche richiesto l’abdicazione del Kaiser, proponendo in cambio termini di armistizio meno duri. All’osservatore attento potrebbe risultare strano che dopo quattro anni di guerra senza quartiere contro Francia e Regno Unito fosse il Presidente Wilson a dettare le condizioni di armistizio. Questa dell’armistizio tra Intesa e Germania fu effettivamente una questione complessa che i comandi militari e politici di Francia e Regno Unito avevano gestito non sempre in modo lineare. Semplificando si potrebbe quasi affermare che si stesse verificando il classico caso di “tra i due litiganti il terzo gode”. In realtà dal punto di vista delle forniture e degli armamenti il contributo degli Stati Uniti era stato essenziale, ma sul campo di battaglia, la strategia di Francia e Regno Unito era stata di cercare di inglobare le truppe statunitensi con la duplice scusa dell’urgenza di renderle operative e della loro inesperienza così da non dover occuparsi di eventuali rivendicazioni di carattere militare. Il Comando Supremo degli Stati Uniti non si piegò a tal gioco e oltretutto nelle ultimissime fasi del conflitto portò sul tavolo anche importanti vittorie militari. Wilson, quindi, assumeva il ruolo di pacificatore. Questa dinamica e la centralità di Wilson si andò ridimensionando non poco durante la Conferenza di pace di Parigi del 1919-20.
Tornado al governo von Baden, il principe, aveva però perso di credibilità di fronte alle forze dell’Intesa per una lettera mandata a suo cugino il principe Alexander di Hohenlohe nel gennaio del 1918, e ora resa pubblica dalla stampa, dove von Baden esprimeva il suo sdegno per le potenze occidentali che gridavano alla guerra democratica e nella quale egli esplicitava il desiderio della maggiore indennità di guerra possibile per non risultare troppo poveri al fine del conflitto. Ora contestualizzando una missiva scritta da un aristocratico tedesco quando l’esito della guerra era tutt’altro che scontato, anzi dove, con l’uscita di scena della Russia, il possibile colpo finale delle potenze centrali era più che prevedibile, la lettera di von Baden non era poi così estrema, ma essendo lui stato scelto a capo del nuovo governo screditava l’intenzione di trasformare davvero la Germania in un paese democratico. Il temporeggiare di von Baden non andava giù neanche ai “maggioritari” che, la prima settimana di novembre, proprio nella persona del segretario di Stato Philipp Scheidemann, mandarono un ultimatum al governo per l’immediata abdicazione del Kaiser. Nella parte I di questo lavoro abbiamo visto come Guglielmo II abbia avuto le sue responsabilità nello scoppio della guerra e come queste non potevano essere mitigate dal fatto che fu la Russia zarista a mobilitare l’esercito per prima. Tornando alle responsabilità del Kaiser, sempre Bernstein spiega che, se non lo si può scagionare per lo scoppio della guerra gli si deve attribuire anche il fallimento dei negoziati di pace, iniziati proprio dalla Germania nel dicembre del 1916, in quanto egli avrebbe accettato solo di offrire la pace come vincitore2. Anche in quel caso il neo rieletto Wilson si pose nel ruolo di mediatore3. Prima di abbandonare Berlino il 30 ottobre il Kaiser Guglielmo II aveva firmato dei decreti-legge sulla completa parlamentarizzazione4 del governo del Reich, quindi successivamente da Spa, dove si era rifugiato, dichiarò che la sua abdicazione avrebbe consegnato la Germani all’Intesa, rifiutandosi quindi di farlo.
Per tutta la durata della guerra la stampa tedesca aveva dipinto il conflitto come vittorioso ma bloccato per una serie di eventi. L’idea che voleva far passare era che le potenze centrali erano imbattibili e la loro vittoria sarebbe stata una questione di tempo. Non era costume riportare il vero stato delle cose e sia i soldati dell’esercito che quelli della marina impararono presto a diffidare da queste informazioni. Questo non fu un fenomeno solo tedesco; in Francia, per esempio, questo tipo di stampa era stato soprannominato ‘le bourrage de crâne’5. Ad ogni modo, dopo le rovinose sconfitte d’agosto, nell’autunno del 1918 era chiaro a tutti, soprattutto ai vertici sia dell’esercito che della marina che la guerra era ormai perduta. Il generale Erich Ludendorff, vero e proprio capo militare del Reich, venne dismesso il 26 ottobre perché fermo su una linea oltranzista. È importante sottolineare che nonostante sia stato chiaro che la guerra non poteva essere più vinta (ormai, Bulgaria, Impero ottomano e Impero austro-ungarico avevano abbandonato la guerra o si accingevano a farlo) la difesa dei confini del Reich poteva, secondo il Comando Supremo e parte dell’opinione pubblica al suo seguito, ancora essere attuata salvando il salvabile. Questo si basava sull’idea che nonostante le grandi sconfitte e ritirate dell’agosto, l’esercito tedesco era ancora saldamente fermo su posizioni difensive. Insomma, da guerra offensiva si era tramutata in guerra difensiva. Il Comando militare dell’Intesa, e molti all’interno del Reich stesso, erano convinti però che le forze dell’Intesa avrebbero, nel giro di poco, potuto sfondare il fronte occidentale. Al contempo Wilson spingeva per raggiungere un armistizio al più presto. I politici e diplomatici tedeschi al seguito di von Baden non si fidavano più delle predizioni del Comando Supremo tedesco e cercarono in ogni modo di raggiungere un accordo per l’armistizio che evitasse un vero e proprio collasso interno. Sempre in quest’ottica di salvare “capra e cavoli” l’Ammiragliato tedesco sapendo di avere ancora un’arma formidabile negli U-Boot aveva quindi pensato di sferrare un ultimo grande assalto per recare il più grande danno possibile alla flotta inglese e ribilanciare i negoziati.
La data dello scoppio della rivoluzione tedesca potrebbe essere retrodatata quindi al 28 ottobre 1918, quando a guerra ancora in corso, ma nelle condizioni appena citate, ovvero di palese sconfitta, i marinai della flotta tedesca ancorati a Kiel6, e più precisamente gli equipaggi del Terzo Squadrone e gli squadroni a Wilhelmshaven, disobbedirono all’ordine dell’Ammiragliato di salpare per occupare lo stretto della Manica e cercare così, secondo l’idea del comando Supremo tedesco, di alleviare la disfatta che le forze di terra tedesche stavano soffrendo sul fronte occidentale. In realtà a questo punto si trattava più che altro di una rivolta dei marinai per evitare un inutile spargimento di sangue piuttosto che una rivoluzione. Marinai che avevano comunque dichiarato di essere pronti a difendere con le armi il territorio tedesco se attaccati dalla marina britannica. Il 30 e il 31 ottobre l’Ammiragliato emanò nuovamente l’ordine ottenendo però lo stesso risultato; quindi, il 2 di novembre 1918 l’ordine fu definitamente ritirato, ma fu ordinato l’arresto dei marinai ammutinati. Gli arresti di massa avvennero a Wilhelmshaven sulla Großer Kurfüst e a Kiel sulla Friedrich der Große. Quindi il 3 novembre, data che molti riconoscono come l’inizio della rivoluzione, i marinai di Kiel dimostrarono contro l’arresto dei loro commilitoni. Migliaia di marinai in protesta si recarono alle prigioni dove erano detenuti i loro commilitoni. La dimostrazione fu interrotta da alcuni ufficiali, i quali fecero aprire il fuoco sui marinai uccidendone 8 e ferendone 21 (o 29 secondo altre fonti). Il giorno seguente, il 4 novembre, scoppiano scontri armati sulla König dove cadde il suo comandante; a mezzogiorno i rivoltosi presero possesso della nave e la rivolta si estese a tutta la guarnigione di Kiel. Una divisione di ussari mandata sul posto per sedare la rivolta fu obbligata a tornare indietro. I marinai si organizzarono in un Consiglio dei soldati e dei marinai e liberarono i compagni che erano stati arrestati. Anche se Soviet russi e Räte tedeschi non vanno confusi questo di indire un Rat ovvero Consiglio fu molto suggestivo; impressionò di sicuro l’opinione pubblica vedere la Germania seguire i passi della Russia nella rivoluzione socialista, e fece molta impressione soprattutto in tutti coloro che, a torto o ragione, vedevano la minaccia bolscevica come il peggiore dei mali.
Il pragmatico Friedrich (Fritz) Ebert, leader della SPD, mandò immediatamente, già il 5 novembre, Gustav Noske a Kiel, dove i moti rivoluzionari erano iniziati. Noske non era un politico qualunque, era un revisionista, al quale era stato chiesto nel 1906 da August Bebel in persona di presentarsi come candidato della SPD per un posto rimasto vacante al Reichstag. La sua vicinanza e confidenza col mondo militare era nota già da molto prima che scoppiasse la guerra. Durante il dibattito sulla spesa militare Bebel e Noske si trovarono d’accordo nell’aumentarla, anche se proponevano una milizia nazionale7, che, come ricordiamo, faceva parte del programma di Erfurt e anticipava, come già notato il discorso di Jaurès. Fu proprio Bebel che portò gli esempi svizzero e svedese di milizia popolare, cosa ripresa nel 1911 quindi da Jaurès nell’Armèe Nuovelle. Nel 1907 durante il suo primo discorso al Reichstag Noske si espresse già a favore del militarismo seguendo però la falsariga di Bebel. In quel discorso disse: “quando avremo le spalle al muro mostreremo il nostro patriottismo”8. Il suo discorso destò molto scalpore e si aprì un Noske-Debate: anche secondo Bebel, Noske in quella occasione aveva esagerato. Ovviamente nel 1913 al Congresso di Jena, Noske fu tra i sostenitori della proposta di legge sulle tasse che andavano a finanziare la spesa militare. Questo lo rese sempre più vicino agli affari militari e non a caso divenne ispettore dell’esercito per conto del Reichstag. Nelle sue frequenti visite alla marina divenne amico di diversi alti ufficiali. Dopodiché durante la guerra si rese nuovamente protagonista in merito al Baralong Affair, ovvero l’affondamento di un vascello tedesco e l’uccisione dell’equipaggio caduto in mare da parte dei britannici in contravvenzione al codice di comportamento. Noske al Reichstag pronunziò un discorso incendiario: “I soldati tedeschi non sono discendenti degli africani, i quali padri mangiavano carne umana, e che ora sono guidati contro di noi sul campo dalla Francia e l’Inghilterra”. Ovviamente, anche facendo la tara della sensibilità razziale dell’epoca, Noske non parlava comunque come un socialista. Rosa Luxemburg ritenne il suo discorso un “ululato di indignazione sanguinaria”, secondo lei Noske era “un socialimperialista”, intriso di “bestiali istinti di guerra”9; questo avveniva nel 1916. Neanche a dirlo il suo discorso sul Baralong lo rese molto apprezzato tra gli ufficiali militari. La scelta di Ebert quindi non fu casuale. Si ricordi che nei giorni della rivolta di Kiel al governo c’era ancora il Principe Max von Baden, il quale mandò un appello ai marinai di cessare le ostilità assicurando che non vi sarebbero state azioni punitive. Questo appello venne firmato anche da Scheidemann fu parte della stessa azione di negoziato l’idea di mandare la delegazione del governo composta da Conrad Haussmann, Heinrich Kürbis e, come abbiamo appena spiegato, Gustav Noske a Kiel.
Noske conosceva bene l’Ammiraglio del Terzo Squadrone, von Tirpitz, e lo considerava un inetto; non era quindi meravigliato che i marinai si fossero ribellati. Gli ufficiali che ricevettero la delegazione alla stazione di Kiel minimizzarono l’entità della rivolta. Al contrario però Kiel sembrava essere sotto il controllo di marinai e soldati armati, questi accolsero a loro volta la delegazione della SPD cordialmente, Noske era conosciuto tra loro come un patriota e gli fu chiesto da subito di diventare il loro portavoce10. Quando la stessa sera Noske incontrò i membri del Consiglio dei marinai e dei soldati nell’edificio del sindacato si rese conto che questi non avevano un progetto chiaro, e decise di creare un altro Consiglio il giorno seguente. Il giorno seguente Noske dovette confrontarsi con le quattordici richieste emanate dagli ammutinati e si rese altresì conto che queste erano pressoché riforme militari e non richieste politiche. Per esempio, i marinai e sodati chiedevano:
- il ritorno alle caserme senza essere puniti,
- la liberazione di tutti gli uomini arrestati,
- che gli ufficiali non fossero più tali quando non in servizio,
- che la flotta non fosse più salpata senza alcun motivo, ecc.
Noske non vedeva nei rivoltosi nessun segno di bolscevismo! Le azioni degli ammutinati erano dirette esclusivamente contro gli ufficiali. Quella della minaccia bolscevica, come accennato, aveva genuinamente spaventato molti tedeschi e con gran sorpresa Noske già il 4 novembre, nel cuore della rivoluzione, si rese conto di quando la minaccia bolscevica fosse solo una fobia. Come promesso, alle quattro del pomeriggio del 5 novembre, Noske incontrò i delegati degli steward dei soldati per scegliere nuovi delegati del Soldatenrat, ovvero, il “Consiglio dei marinai e dei soldati”. Sette nuovi consiglieri furono eletti e lui divenne il Presidente! A fine giornata Noske poteva mandare un telegramma a Berlino rassicurando che tutto era sotto controllo. Il Viceammiraglio Souchon, governatore militare della regione, non contento delle concessioni date ai militari si dimise e Noske il 7 novembre, leader riconosciuto dai soldati e marinai, venne eletto nuovo Governatore di Kiel! In realtà proprio il 7 Hugo Haase, leader dei socialisti indipendenti, si recò a Kiel supportato dai marinai e dai soldati più radicali, ma vedendo la situazione saldamente nelle mani di Noske ripartì per Berlino11. Mentre a Kiel la situazione era ormai sotto controllo le dimostrazioni si erano estese a tutta la Germania. Il 5 novembre la rivolta raggiunse Amburgo e Lubecca. Se a Lubecca ai soldati fu consegnato il comando senza spargimenti di sangue andando a formare il “Consiglio dei lavoratori e dei soldati”, ad Amburgo una manifestazione per Kiel venne stroncata da corpi militari che aprirono il fuoco. Il 6 sempre ad Amburgo i militari aprirono il fuoco sui lavoratori dei cantieri navali che erano entrati in sciopero uccidendo 9 persone. La reazione della massa produsse l’invasione dell’arsenale di Altona. Sempre il 6 novembre a Brema venne formato pacificamente il Consiglio dei lavoratori e dei soldati12.
Intanto a Berlino il Comitato della SPD e il gruppo Parlamentare della SPD maggioritaria emanarono una risoluzione che venne consegnata al Cancelliere von Baden:
“Il gruppo del Partito e la sua leadership richiedono che l’armistizio sia eseguito senza alcun ritardo. Il gruppo del Partito e il comitato del Partito richiedono inoltre l’amnistia per le insubordinazioni militari e la libertà dalle punizioni per le truppe che hanno contravvenuto la disciplina. Richiedono la immediata democratizzazione del governo così come dell’amministrazione della Prussia e degli altri Stati federali. Il gruppo del Reichstag e il comitato del Partito incaricano la leadership del Partito di informare il Cancelliere del Reich che il gruppo del Partito e il comitato sanciscono decisivamente e supportano il passo preso dalla leadership del Partito in merito alla questione del Kaiser, e richiedono una rapida risoluzione di questa questione”.
Data l’indecisione del Cancelliere il 7 novembre alle 5 del pomeriggio Scheidemann gli consegnò il seguente ultimatum in 5 punti:
“Le richieste del Partito Socialdemocratico:
1. Che il bando alle pubbliche assemblee (il quale fu ordinato dal Comando Supremo) sia rimosso,
2. La polizia e i militari siano tenuti alla massima moderazione,
3. Che il governo Prussiano sia immediatamente riformato in linea con la maggioranza del Reichstag,
4. Che l’influenza della Socialdemocrazia sul governo del Reich sia rafforzata,
5. Che l’abdicazione del Kaiser e la rinunzia al trono del principe ereditario prendano effetto entro mezzogiorno del 8 novembre. Se queste richieste non saranno soddisfatte, la Socialdemocrazia lascerà il governo” 13.
Il 7 novembre 1918, un anno appena dallo scoppio della Rivoluzione bolscevica in Russia, dimostrazioni di massa in solidarietà della rivolta di Kiel attraversarono tutta la Germania ad Hanover, Braunschweig, Francoforte, Stoccarda, Colonia e Monaco; lo stesso giorno anche il re di Baviera abdicò e Kurt Eisner proclamò la Repubblica di Baviera. Anche Magdeburgo, Lipsia e Dresda si unirono alla rivolta. Eduard Bernstein nota che questa rivolta, seppur estesa a tutta la Germania, ancora non intendeva cambiare la costituzione del Reich e in molte di queste città i socialisti maggioritari erano i più influenti tra i lavoratori, quindi: “ogni azione si fossero [i lavoratori] prefissi di raggiungere si sarebbe infranta contro questa resistenza”14. Questo lo dice Bernstein che in quelle ore era nella USPD ma di certo non parteggiava per l’estrema sinistra. Questo viene in modo molto più estremo sostenuto dai comunisti tedeschi della Internationaler Arbeiter-Verlag15; i quali grideranno da subito al tradimento della SPD.
La proclamazione della Repubblica di Germania
Il Kaiser non abdicò l’8 novembre e il governo cercò di convincere la leadership della SPD che l’armistizio fosse nella sua fase finale e che una sua abdicazione ne avrebbe rallentato il processo. Scheidemann, Eduard David, August Müller e Robert Schmidt annunciarono le loro dimissioni proclamando uno sciopero per il 9 novembre. A mezzanotte dell’8 il Segretario di Stato Dr. Wilhelm Heinrich Solf chiamò il presidente dell’esecutivo della SPD Ebert, per avvisarlo che sarebbe partito per risolvere la questione del Kaiser; Ebert gli ripose che sarebbe stato tempo perso dato che lo sciopero era ormai pianificato. Quindi la mattina del 9 si mise in contatto con i rappresentati dei lavoratori e con la USPD: la risoluzione di sciopero arrivò alle fabbriche, dove gli spartachisti, indipendentemente, chiamarono gli operai allo sciopero. Temendo una insurrezione, il giorno prima era stato arrestato un leader degli operai, il rappresentare di fabbrica, Obleute o steward, Ernst Däumig16. Il nuovo generale del Comando Supremo, von Linsigen, aveva predisposto misure di sicurezza molto importanti nei punti cardine di Berlino, ma i delegati socialdemocratici riuscirono a parlare con i militari, i quali li assicurarono che non avrebbero aperto il fuoco. Il Cancelliere stesso aveva ordinato di non sparare sui dimostranti. Una delegazione di soli membri della SPD maggioritaria, Ebert, Scheidemann, Braun, Friedrech Brolat e Gustav Heller, si recò alla Cancelleria; Ebert che ne era il portavoce fu ricevuto dal Cancelliere Principe Max von Baden, il quale chiese a Ebert se sarebbe stato in grado di garantire l’ordine. Quindi lo informò, mentendo, di aver ricevuto un telegramma che comunicava le dimissioni del Kaiser e che di conseguenza il Gabinetto e lui stesso avrebbero dato le dimissioni e ceduto il cancellierato proprio a Ebert. Questa del Principe von Baden, sembrava una (o forse l’unica) strada percorribile date le circostanze: il Kaiser fuggito all’estero, le varie proclamazioni di parlamentarizzazione e le basi della nuova Costituzione di ottobre17. Friedrich Ebert invece fu preso in contropiede poiché era convinto che “i tedeschi non [fossero] pronti per la repubblica e [dovevano] prima essere educati a quel livello. Ciò [poteva] avvenire al meglio in una monarchia democratica”18, ma accettò. Nel suo primo proclama come Cancelliere, Ebert informò che il nuovo governo sarebbe stato un governo del popolo per la pace e la libertà, ma chiedeva che la rivoluzione politica non disturbasse la popolazione e non danneggiasse la produzione e distribuzione di viveri: “Concittadini! [concludeva]. Vi chiedo con urgenza: lasciate le strade, curatevi della calma e dell’ordine!”19. Intanto Philipp Scheidemann e Otto Braun si erano affrettati nel tornare al Reichstag, forse temendo una mossa degli spartachisti; Scheidemann salì sul balcone del Reichstag a Berlino, senza essersi consultato con Ebert, e proclamò la Repubblica di Germania.
“Concittadini! Lavoratori! Compagni!
Il sistema monarchico è collassato. Una gran parte delle guarnigioni si è unita a noi. Gli Hohenzollern hanno abdicato. Lunga vita alla grande Repubblica tedesca! Fritz Ebert sta formando un nuovo governo, al quale tutte le tendenze socialdemocratiche appartengono. Il comando militare in capo avrà il deputato socialdemocratico Göhre come commissario, che ne co-firmerà le ordinanze; ora il nostro obiettivo consiste nel non fare infangare la completa vittoria del popolo; quindi, vi chiedo di assicurare di non disturbare la sicurezza. Incaricatevi che la Repubblica che stiamo creando non sia disturbata da nessun lato.
Lunga vita alla Repubblica tedesca!”20.
Secondo il racconto di Bernstein, nel frattempo i delegati della SPD ancora alla cancelleria incontrarono i delegati della USPD, Oskar Cohn, Wilhelm Dittmann e Ewald Vogtherr, i quali erano arrivati a giochi fatti. Ebert però li assicurò che il nuovo Gabinetto sarebbe stato formato da maggioritari e indipendenti in parti uguali, Ebert aveva intenzione di includere anche le formazioni borghesi più a sinistra. I delegati della USPD risposero che dovevano chiedere l’assenso dell’Esecutivo del loro Partito. Sempre Bernstein riporta che Oskar Cohn chiese a Ebert: «Cosa ne pensi se Karl Liebknecht entrasse nel Governo?», Ebert rispose: «Prego, portaci Karl Liebknecht, sarebbe un piacere. Non vogliamo che la formazione di governo dipenda da questioni di personalità»21. I due partiti si riunirono al Reichstag, la SPD scelse Ebert, Scheidemann e Otto Landsberg come loro rappresentanti, mentre l’esecutivo della USPD si riunì a lungo discutendo in primo luogo la possibilità di collaborare con quelli che molti di loro consideravano ancora traditori. Questa tesi era portata avanti da Georg Ledebour. Altri indipendenti sostenevano il loro diritto di autodeterminazione per la selezione dei rappresentanti e solo aspetti di formazione del Gabinetto potevano essere discussi. Karl Liebknecht arrivato a riunione già iniziata dichiarò: «Tutto il potere esecutivo, tutto il potere legislativo e tutto il potere giudiziario ai consigli dei lavoratori e dei soldati»22. Liebknecht si recò nel pomeriggio allo Stadschloss, il Palazzo reale di Berlino, vi fece erigere la bandiera rossa e dalla finestra dichiarò la Repubblica socialista tedesca. Intanto i maggioritari Scheidemann, Brolat e Heller si erano recati nella stanza dove si era riunita la USPD per chiedere aggiornamenti, questi gli mostrarono il diktat di Liebknecht, al quale Scheidemann rispose: «Sì, ma, gente, come ve lo immaginate?». Secondo Bernstein, Liebknecht presumibilmente tornato dallo Stadschloss rispose che doveva essere proprio così e con Emil Barth e Richard Müller incominciò a discutere con i maggioritari. Bernstein che era tra i moderati della USPD ricorda che i moderati non si espressero perché non volevano mostrare spaccature interne di fronte ai maggioritari. Bernstein è per ovvie ragioni un cronista di parte, in una nota al suo lavoro sulla rivoluzione scrive: “L’autore di questo lavoro non può evitare un appunto personale. Fino a quel punto avevo avuto, malgrado differenze di lunga data tra di noi, molta simpatia per Karl Liebknecht. Ma quando si mise a dettare il sistema bolscevico al partito nel modo che ho descritto, un pensiero balenò nella mia mente come un lampo: ‘Egli ci porterà la controrivoluzione’”23.
Alle 8 e mezza di sera i maggioritari uscirono con una risposta alla USPD: i delegati della SPD concordavano con gli indipendenti sull’instaurazione della Repubblica sociale e sul fatto che i ministri con portafoglio avrebbero portato solo aiuto tecnico al Gabinetto; erano in disaccordo sul potere esecutivo, legislativo e giuridico ai lavoratori e ai soldati se non previa elezione; rigettavano l’idea della dittatura di una minoranza della classe lavoratrice; rigettavano l’esclusione dei membri della borghesia dal governo; rigettavano la richiesta della USPD di collaborare per tre giorni fino alla raggiungimento dell’armistizio, ma proponevano la collaborazione fino alla elezione della Assemblea nazionale. La USPD preferì rispondere alla SPD al ritorno di Hugo Haase da Kiel il giorno dopo, ovvero il 10 novembre24. Sempre il 9 novembre però con Berlino ancora in fermento dove durante il giorno l’ufficio postale e l’ufficio del telegrafo erano stati occupati e dove le scuderie reali erano state conquistate dopo un acceso combattimento, seguite dalla Biblioteca reale e dall’Università, i Consigli dei lavoratori e dei soldati eletti si riunirono verso le 9 e mezza di sera nella Camera Assemblare del Reichstag. Lì Emil Barth fu eletto presidente e si decise di avere delle elezioni ufficiali il giorno seguente alle 10 del mattino in tutte le fabbriche, le caserme e gli ospedali militari di Berlino. Per ogni mille lavoratori e lavoratrici si sarebbe eletto un rappresentante dei lavoratori così come per ogni battaglione si sarebbe eletto un rappresentate dei soldati. Il Consiglio provvisorio dei lavoratori e dei soldati di Berlino, quindi, redasse un appello alla popolazione per mantenere l’ordine e la calma, per non formare assembramenti, per non bloccare il traffico di auto e di provviste verso la città, assicurando che i commissari del Consiglio sarebbero stati riconoscibili per le fasce rosse e le carte di riconoscimento. La cittadinanza era pregata di aiutarli nelle loro attività25.
La mattina del 10 novembre i leader della SPD e della USPD con Haase, tornato da Kiel attraverso Amburgo, presidente di sessione, si riunirono per ridiscutere se e come collaborare. Nella USPD era ancora molto forte la tendenza che non ne voleva sapere di collaborare con i traditori del proletariato, ma infine la USPD raggiunse il seguente compromesso, collaborare sì ma solo se il Gabinetto fosse consistito di soli socialisti e se questi si fossero seduti alla pari con i Volkskommissare, i Commissari del Popolo. Non ci sarebbe stato un limite di tempo prima che il potere politico sarebbe stato controllato dai Consigli dei lavoratori e dei soldati che si sarebbero riuniti a breve in Assemblea. Nel caso in cui i maggioritari avessero accettato queste condizioni i tre rappresentanti della USPD al Gabinetto sarebbero stati Haase, Dittmann e Barth. Quest’ultimo, Emil Barth, metalmeccanico ed esponente della corrente spartachista, fu proposto dopo il rifiuto di Karl Liebknecht26.
Alle cinque del pomeriggio, sempre del 10 di novembre, 3000 rappresentati dei lavoratori e dei soldati si riunirono al Circus Busch. Gli spartachisti avevano distribuito un volantino che ammoniva di non collaborare con i socialdemocratici maggioritari e con gli indipendenti che volevano collaborare con i primi. I 3000 rappresentanti però elessero subito Emil Barth, il metalmeccanico Richard Müller, quindi il primo luogotenente Walz come presidenti della seduta e il socialdemocratico Brutus Molkenbuhr come segretario27. Nel suo discorso Ebert informò del progetto di formare un governo provvisorio con tre membri maggioritari e tre indipendenti. Quindi si elessero i membri del Vollzugsausschuss, il Comitato Esecutivo del Consiglio dopo una disputa sulle liste che finì per includere anche socialdemocratici. Furono eletti per i socialdemocratici: Franz Büschel, Gustav Heller, Hiob, Ernst Jülich, Maynz e Oskar Rusch, per gli indipendenti: Emil Barth, Paul Eckert, Georg Lendebour, Richard Müller, Paul Neuendof e Paul Wegmann, mentre Liebknecht e Luxemburg declinarono l’elezione. I soldati elessero 12 membri: Walz, Bartush, von Beerfelde, Bergmann, Echtmann, Gerhartf, Hase, Hertel, Köhler, Lampert, Brutus Molkenbuhr, Wimpel, sia maggioritari che indipendenti28. Quindi vi furono le elezioni del governo provvisorio, precedute da aspri dissidi tra gli spartachisti e i maggioritari. La proposta di Barth di ratificare il Gabinetto temporaneo fu accettata. Quindi i sei uomini confermati al governo furono: Friedrich Ebert, maggioritario, e Hugo Haase, indipendente, co-presidenti del Consiglio dei Delegati del Popolo, quindi Otto Landsberg e Philipp Scheidemann della SPD, Emil Barth, e Wilhelm Dittmann della USPD. A Haase furono assegnati anche gli affari Esteri e le Colonie, a Scheidemann la Finanza, a Dittmann la Smobilitazione e la Salute Pubblica, a Landsberg la Stampa e i servizi di informazione, quindi a Barth le Politiche Sociali29. Il Governo provvisorio consisteva quindi di due organi, il Rat der Volksbeauftragen, ovvero Consiglio dei Delegati del Popolo composto come visto da Ebert, Landsberg e Scheidemann, Haase, Barth e Dittmann, e il Vollzugsrat der Arbeiter-und Soldatenräte ovvero Consiglio Esecutivo dei lavoratori e dei soldati della Grande Berlino, composto da ventotto membri, quattordici lavoratori e quattordici soldati (12 secondo Bernstein), divisi equamente tra SPD e USPD. Si fissò anche la data per il Congresso di tutti i Consigli di Germania al 16 dicembre.
Per Ebert, già capo del governo, questo era un compromesso obbligato dalle circostanze; argutamente i leader della SPD capirono che per rimanere in controllo dovevano essere presenti nei nuovi organi rivoluzionari30. È indicativa la ricostruzione di Reinhard Rürup il quale sostiene che se la USPD partecipava al Consiglio dei Delegati del Popolo per rafforzare le conquiste della rivoluzione socialista, la SPD partecipava per prevenire il peggio!31. Forse un po’ cinico il giudizio di Rürup comunque coglie l’aspetto più progressista che si proponeva di intraprendere la USPD e quello decisamente più moderato intrapreso dalla SPD. Bernstein spiega che i sei Delegati del Popolo non avevano veri e propri ruoli da ministri, ma che il loro ruolo era quello di occuparsi degli affari urgenti relativi i vari ministeri. Il vero e proprio governo provvisorio era costituito dai Segretari e dai Sottosegretari di Stato e tutti questi dovevano provenire dalla socialdemocrazia. A personalità di una certa rilevanza venne assegnato il titolo di Assistenti (o Assessori). Karl Kautsky fu nominato Assistente dell’Ufficio degli Esteri, con Wilhelm Solf Segretario e Eduard David Sottosegretario; lo stesso Eduard Bernstein fu nominato Assistente all’Ufficio del Tesoro, con Eugen Schiffer Segretario. Gustav Noske, al momento, fu nominato Assistente all’Ufficio della Marina32. Si può notare però che la maggior parte dei ministri erano effettivamente retaggio del vecchio regime, oltre a Solf, alla guerra era stato nominato il generale Heinrich von Schëuch, e alla Marina il viceammiraglio Ernst von Mann, quindi Joseph Koeth alla smobilitazione33.
Sempre quel giorno, il 10 di novembre, Ebert esclamò: «La Germania ha completato la sua rivoluzione»34. Quello però fu anche il giorno in cui le condizioni dell’armistizio vennero rese note. Ebert doveva fare i conti con l’Intesa, la quale chiedeva che le truppe tedesche si ritirassero sulla sponda Est del Reno entro 30 giorni, e aveva istituito il blocco dei viveri e del 95% della produzione industriale tedesca dedicata alla guerra. Ebert era dell’idea che i viveri sarebbero bastati per sole tre settimane quindi si sentiva sotto pressione nel prendere il comando e cercare di evitare a tutti i costi la guerra civile e la fame35. Il socialista Kurt Eisner, leader della neonata Repubblica bavarese, pubblicò sempre il 10 un appello alle forze occidentali facendo notare la potenza distruttiva delle sanzioni imposte alla Germania, sottolineando i sacrifici ai quali erano stati già sottoposti i tedeschi che chiaramente riconoscevano le proprie colpe: “il destino dell'umanità è nelle mani di uomini che rispondo del fatto di portare la pace e la rinascita di popolazioni in frantumi” scriveva Eisner36.
Finalmente l’11 novembre venne firmato sulla carrozza di un treno presso la foresta di Compiègne in Francia l’armistizio. Bernstein osserva gli errori strategici fatti dall’Ufficio degli Affari Esteri nel gestire il negoziato. Il ministero degli Esteri fu lasciato a Solf, un ministro coloniale, anche se contrario alla guerra, ora Segretario degli Esteri che aveva come delegato Mathias Erzberger del Zentrum, anch'egli nominato da von Baden e lasciato al suo posto, al quale venne affidato l’incarico di condurre il negoziato a Spa. Secondo Bernstein il loro errore fu quello di protestare da subito in merito alle condizioni imposte dagli alleati in quanto eccessive e in contraddizione alle posizioni di Wilson appellandosi all’opinione pubblica, mentre almeno inizialmente tali condizioni non sembravano essere così sproporzionate. Questo gioco non fece altro che irritare gli alleati dell’Intesa, sempre secondo Bernstein, rendendo la posizione di Wilson sempre più difficile. I maggioritari ebbero la colpa di tentennare nel rimuovere questi due politici del vecchio regime in quanto li reputavano di grande esperienza. Probabilmente avevano timore che l’Intesa non avrebbe apprezzato negoziatori “rivoluzionari”. Questo problema fu discusso solo il 25 novembre alla conferenza del governo provvisorio. Solf ed Erzberger ammonivano che le condizioni potevano peggiorare se il governo tedesco non fosse stato presto eletto regolarmente, mettendo ulteriore enfasi e pressione sull’elezione dell’Assemblea nazionale. Kurt Eisner, seduto al loro fianco, nella seduta del 25 novembre tenne in risposta un discorso d’accusa molto duro nei loro confronti. Secondo Eisner la loro azione era controrivoluzionaria e il negoziato non poteva essere condotto da uomini del vecchio regime. Ebert, Wolfgang Heine e Otto Landsberg parlarono in difesa di Erzberger, riconosciuto uomo di principi cattolici, il quale si era prodigato per la pace già dal 1917, ma meno nei confronti di Solf il quale si dimise e venne sostituito, su suggerimento di Haase, dal Conte Ulrich von Brockdorff-Rantzau, l’allora ambasciatore tedesco a Copenaghen. Pare che il Conte Brockdorff-Rantzau avesse mandato delle condizioni a Scheidemann, le quali includevano “un intervento drastico contro gli intrighi dei bolscevichi e i loro capi, fino alle estreme conseguenze” in merito alla formazione di un esercito repubblicano, che le elezioni dell’Assemblea nazionale avvenissero prima del 16 febbraio, e infine che il governo non interferisse con le imprese. Scheidemann però non espose queste condizioni in dettaglio durante la seduta che portò alla nomina di Brockdorff-Rantzau37. La scelta del Conte Brockdorff-Rantzau si rivelò comunque un disastro in quanto come ambasciatore a Copenaghen questi si era invischiato in affari compromettenti.
Ad ogni modo la proposta di Ebert fu accettata dalla conferenza del 25. Egli disponeva che:
1. Tutti i gruppi tedeschi uniti a difesa della Repubblica si impegnano a lottare contro le forze separatiste.
2. La convocazione di una Nationalversammlung, Assemblea nazionale costitutiva, così come la sua preparazione, il più presto possibile.
3. Fino alla riunione della Nationalversammlung, i Consigli dei lavoratori e dei soldati avrebbero fatto le veci del volere popolare.
4. La leadership del Reich doveva lavorare per una pace preliminare al più presto.
Se i maggioritari volevano l’elezione della Assemblea Nazionale al più presto, gli indipendenti volevano temporeggiare; questi erano stati rappresentati dal discorso di Georg Ledebour, mentre l’ala radicale degli spartachisti si opponevano in toto all’elezione dell’Assemblea nazionale38.
Tornando pero indietro all’11 novembre, il giorno dell’armistizio, lo Spartakusgruppe diventò la Spartakusbund, ovvero la Lega di Spartaco. Tra il 9 e il 10 novembre gli spartachisti avevano preso controllo di diversi giornali, come il Norddeutsche Allgemeine Zeitung che diventò Die Internationale e il Berliner Lokal-Anzeiger che diventò Die Rote Fahne. Gli spartachisti, al contrario di quello che avevano fatto i socialdemocratici maggioritari e anche gli stessi Consigli dei lavoratori e dei soldati, chiedevano alla popolazione di non lasciare le strade e di rimanere armati perché la causa della rivoluzione era sicura solo nelle mani del popolo. La Rote Fahne ammoniva che le dimissioni del Cancelliere von Baden e l’abdicazione del Kaiser avevano lo scopo di far tornare la gente alle loro case e re-instaurare il vecchio ordine. I dieci punti che gli spartachisti pubblicarono comprendevano il disarmo della polizia, il controllo dell’amministrazione militare e civile, la presa in custodia tutte le armi, il controllo di tutti i mezzi di trasporto, l’abolizione della corte marziale, la rimozione del Reichstag incluso il nuovo governo provvisorio e il passaggio di tutti i poteri al Consiglio di Berlino, l’elezione di Consigli di lavoratori e soldati in tutta la Germania, l’abolizione di tutte le dinastie nobiliari e dei loro possedimenti, e l’immediato rientro dell’ambasciata russa a Berlino39. Il ruolo di Adolf Joffe, l’ambasciatore dei bolscevichi a Berlino, è più volte sottolineato da Bernstein per la sua influenza nel radicalizzare gli spartachisti, elargendo fondi e armi40. Vi furono comunque diversi ternativi dei sovietici russi di allacciare un dialogo con gli indipendenti. Il 10 novembre il Consiglio dei soldati di Minsk ripristinò la linea telegrafica con Mosca e Georgij Čičerin cercò di mettersi in contatto con Haase, senza successo. Quindi Karl Radek41 racconta a posteriori dell’offerta di due convogli carichi di frumento dalla Russia sovietica per la Germania rivoluzionaria, ma sempre secondo Radek, Haase ringraziò declinandola, spiegando che: «Sapendo che la Russia è oppressa dalla fame, vi chiediamo di distribuire al popolo russo affamato il grano che intendente sacrificare per la rivoluzione tedesca. Il Presidente della Repubblica americana, Wilson, ci garantisce l’invio della farina e del lardo necessari alla popolazione tedesca per superare l’inverno»42. In aggiunta non è un mistero il fatto che sia Haase che Kautsky, ma come loro molti altri, pensassero in primis, che una apertura ai bolscevichi sarebbe stata deleteria al negoziato di pace con Intesa e in secundis, che la Russia sovietica non sarebbe durata a lungo. La vicenda del frumento e del lardo però assunse una piega particolare, quando il giornale francese Le Temps pubblicò il telegramma che Ebert aveva inviato a Wilson, dove chiedeva le forniture alimentari: “qualora il governo tedesco sia in grado di garantire l’ordine all’interno del paese e di distribuire equamente tali approvvigionamenti”, Le Temps ovviamente mise l’accento sul fatto che non fu Wilson a offrire le derrate, ma piuttosto Ebert ricattandolo a chiederle perché solo così avrebbe sedato i socialisti radicali43.
Il 12 di novembre il Rat der Volksbeauftragten, ovvero il Consiglio dei Deputati del Popolo, emanò un appello alla popolazione tedesca dove s’informava che il governo era ora puramente socialista, che perseguiva un programma socialista, quindi aboliva lo stato d’assedio, ristabiliva il diritto di associazione e di assemblea, rimuoveva la censura, ristabiliva la libertà di espressione e di religione, garantiva l’amnistia per i prigionieri politici. Il servizio ausiliario veniva abrogato, le leggi servili in agricoltura venivano sospese, ripristinati: i provvedimenti sulla sicurezza industriale sospesi durante la guerra, l’introduzione delle otto ore giornaliere, il sostegno ai disoccupati con fondi pubblici, l’estensione della assistenza sanitaria, l’aumento del ruolo sociale del lavoratore di fronte alla proprietà. In più questo appello indicava che le otto ore lavorative sarebbero entrate in vigore non più tardi del 1° gennaio 1919 e si emanava anche un’ordinanza per combattere la disoccupazione. La cassa malattia veniva estesa a oltre i 2.500 marchi, il bisogno di case veniva affrontato. Il governo si impegnava a mantenere la produzione e proteggere la proprietà contro effrazioni private così come la sicurezza e libertà dell’individuo. Le elezioni sarebbero state eque, segrete, dirette, generali e avrebbero seguito le basi della proporzionalità per gli uomini e le donne che avessero compiuto 20 anni; infine, maggiori dettagli sarebbero stati forniti in seguito in merito all’elezione della Assemblea Costitutiva44. Lo stesso Bernstein commenta che l’assicurazione che “la proprietà contro effrazioni private così come la sicurezza e libertà dell’individuo sarebbero state protette” era intesa per non creare il panico ed era stata ben ricevuta dagli agrari e i proprietari terrieri. Sempre il 12 novembre il Consiglio aveva nominato una Commissione per la Socializzazione, questa commissione composta da socialisti esperti di economia politica ed economisti venne presieduta da Karl Kautsky ed era composta da Karl Ballod, Emil Lederer, Th. Vogelstein, Robert Willbrandt, Heinrich Cunow, Rudolf Hilferding, Otto Hue e Robert Schmidt45. Le misure del 12 novembre di certo non seguivano i passi dei bolscevichi, i quali avevano usato i contadini come arma primaria per la loro rivoluzione. I Delegati del Popolo non avevano intenzione di creare “Consigli dei contadini” rivoluzionari ma piuttosto di collaborazione di classe46. Questo appello effettivamente fu coerente con quelli precedenti che riflettevano la preoccupazione di assicurare il flusso di risorse alimentari: «a tutti i contadini, senza distinzioni politiche, per la formazione di consigli in grado di garantire l’approvvigionamento alimentare, l’ordine e la pace, nonché la serena prosecuzione del lavoro nelle campagne». Questi Consigli, quindi, non venivano organizzati per scopi sovversivi, anche perché questo appello era comunque stato emanato da un governo provvisorio che si sentiva di transizione, anche se credeva di rappresentare la maggioranza dei tedeschi. Sempre il 12 novembre un altro decreto del governo provvisorio avvisava che l’ordine gerarchico nell’esercito non avrebbe subito modifiche e che l’obbedienza incondizionata in servizio era essenziale per il rientro ordinato in patria. Ai Consigli dei soldati era però accordato un voto consultivo in merito al vettovagliamento, alle licenze e alle misure disciplinari, ma il loro primo dovere rimaneva quello di prevenire ammutinamenti e diserzioni47. Le ordinanze del 12 novembre, ovvero soli 2 giorni dopo la dichiarazione della Repubblica, riflettono la volontà di far ripartire prontamente la Germania in veste socialdemocratica. Forse queste ancora oggi passano in sordina perché anni di disappunto per la mancata rivoluzione in Germania e il successivo disastro nazista hanno oscurato gli sforzi fatti per democratizzare e socializzare il paese che era sempre stato fino ad allora una monarchia militarista. Negli anni della stampa leninista il ruolo della SPD è stato a dir poco semplificato alla stregua di “social-traditori” e “controrivoluzionari” non permettendo di comprendere la loro vera presa sulla popolazione durante i giorni di ottobre fino a dicembre.
Dal 11 al 15 novembre i Consigli dei lavoratori e dei soldati presero il controllo di Lipsia, Dresda, Amburgo, Brema, Chemnitz, Brunswick, Düsseldorf, Mülheim, Lubecca, Flensburg, Oldenburg, Cuxhaven e Hanover, mentre negli stessi giorni il leader del sindacato della SPD Carl Legien firmò un accordo di collaborazione con gli industriali48; oltre alla SPD anche gli indipendenti si schierarono per il mantenimento dell’ordine e la stabilizzazione dell’economia e furono quindi in favore degli accordi sindacali. Il concetto di presa del controllo del potere però fu cruciale. In Germania infatti i Räte, Consigli, che nel giro di quattro giorni avevano preso il controllo delle maggiori città tedesche, si vedevano solo come un organo temporaneo49. Gli impiegati pubblici, anche quelli non di idee rivoluzionarie, avevano risposto bene a queste nuove organizzazioni50. I Consigli dei soldati però erano particolarmente precari siccome la smobilitazione ne riduceva i poteri e li riconsegnava al vecchio corpo di ufficiali che non si erano ammutinati, al contrario di quello che successe in Russia51. Effettivamente per molti militari, ufficiali, la rivoluzione era stata solo un atto di insubordinazione militare52. Rürup osserva che il periodo di transizione auspicato dalla SPD presumeva la continua collaborazione dei dipendenti pubblici e, soprattutto, degli ufficiali che avevano “tollerato” le insubordinazioni, e che le decisioni politiche sarebbero rimaste cosa delle rappresentative rivoluzionarie. Questa stessa presunzione continua Rürup “portò ad un compromesso effettivo anche con i partiti borghesi”53. La “presa del potere” da parte dei Consigli non fu un processo lineare ed uniforme; ad Hannover, per esempio il maresciallo Oskar Lünsmann entrò con una divisione “volante” mettendosi a disposizione del Consiglio appena formatosi; quindi, fu incaricato di sorvegliare gli impianti ferroviari vittime di furti e saccheggi. I marinai di Lünsmann arrestarono il capostazione Iffland, il sottufficiale Martens e il fuochista Christen sorpresi sul fatto. Lünsmann li fece fucilare e a questo punto fu immediatamente convocato dal Consiglio dei lavoratori e dei soldati, venne disarmato e arrestato insieme ai marinai che lo avevano accompagnato. Il Consiglio convocò un tribunale composto da militari e alcuni civili. Uno dei soldati di Lünsmann fu condannato a morte e fucilato; quindi, toccò a Lünsmann e il suo reparto fu accerchiato dalle truppe del Consiglio. Gli scontri provocarono numerosi morti e solo una piccola parte dei marinai di Lünsmann riuscì a fuggire da Hannover54. Mary Nolan ha analizzato la reazione di due comunità di minatori della Ruhr una a Düsseldorf e l’altra a Hamborn. In primis, la Nolan fa notare che la SPD e i sindacati non si erano sviluppati nelle due città in modo analogo. A Düsseldorf un terzo della popolazione era composto da minatori e lì risiedevano anche i centri amministrativi delle varie industrie; il tessuto sociale di Düsseldorf era stato stravolto dalla rivoluzione industriale attirando un grande numero di immigrati dai villaggi e città limitrofe. Il tessuto sociale di Düsseldorf era piuttosto eterogeneo e vi erano infrastrutture sociali e centri culturali. Hamborn non aveva avuto una tradizione nelle attività estrattive, era emersa dal nulla quando le industrie mineraria e metallurgica si insidiarono lì e migliaia di tedeschi e polacchi si trasferirono a Hamborn. Questi erano principalmente uomini senza famiglia al seguito. Hamborn era rimasta desolata in quanto cresciuta troppo in fretta e molto omogenea; non aveva una classe media, qui la SPD aveva attecchito meno: i minatori di Hamborn erano in generale meno interessati alle organizzazioni politiche che a Düsseldorf dove esisteva un forte contrasto tra le organizzazioni socialiste e quelle cattoliche. I minatori di Düsseldorf erano particolarmente radicali, ovvero più vicini alla ala radicale della SPD pre-conflitto. Durante la guerra molti lavoratori trovarono lavoro nell’industria bellica a Düsseldorf e qui già dai primi mesi vi fu un divorzio tra i lavoratori e i leader locali della SPD che avevano abbracciato la causa nazionalista più che la loro. Poi in aprile 1917 a Düsseldorf vi fu la scissione di 77 degli 81 funzionari, i quali passarono alla USPD. Anche a Hamborn i leader della SPD si erano espressi a favore della causa nazionale, ma in questa città la politica non aveva mai attecchito e i minatori si erano concentrati sulle loro rivendicazioni economiche locali. Quindi l’8 novembre del 1918, allo scoppio della Rivoluzione, Düsseldorf non si fece trovare impreparata, il Consiglio dei lavoratori e dei soldati era guidato dalla USPD e iniziò un lavoro di democratizzazione e riforme economiche, assumendo il controllo amministrativo della città. Si espresse contro l'Assemblea Nazionale e cercò di iniziare il processo di socializzazione delle miniere. A causa della generale perdita di momento e dell’azione di controllo del governo nazionale guidato dalla SPD, il Consiglio si spostò su posizioni ancora più radicali: i lavoratori accettarono di adottare la tattica spartachista di protesta e quindi i comunisti presero il potere ma, senza avere un preciso programma politico ed economico. A Hamborn i minatori che videro l’emergere di un Consiglio dei lavoratori e dei soldati completamente dominato dalla SDP erano interessati principalmente dalle loro rivendicazioni economiche, quindi, soprattutto nell’ultima fase della Rivoluzione (da gennaio ad aprile del 1919), i minatori di Hamborn si batterono per la socializzazione, adottando il lavoro della commissione di Essen, e quando il governo guidato dalla SPD rigettò il loro piano questi entrarono in sciopero e solo l’intervento dei militari riuscì a sedarli55. Con questi due esempi si può vedere come ogni realtà locale reagì diversamente al crollo dell’impero guglielmino, e come la scintilla rivoluzionaria innescò comunque una certa coesione tra i lavoratori soprattutto attorno al tema della socializzazione.
Quindi in questa situazione post-rivoluzionaria i governi di coalizione erano tutti, con la sola eccezione della Baviera, guidati dalla SPD, e la USPD era divisa dai contrasti interni tra sinistra radicale e destra “centrista”. In Baviera il “talentuoso”56 Kurt Eisner, libero socialista e oppositore dei maggioritari, aveva raccolto attorno a se un buon numero di socialisti. Non tardò la condanna di alto tradimento per un suo discorso in favore della pace, e la sua scarcerazione arrivò a fine ottobre 1918. Quando scoppiò la rivolta di Kiel Eisner capì di dover mettere da parte le divisioni e scese in piazza a Monaco con i maggioritari guidati da Erhard Auer in una enorme dimostrazione il 7 novembre. Il corteo quindi si recò al palazzo reale, disarmò la guardia reale al grido di «Abbasso il Kaiser! Viva la Repubblica!», i soldati fraternizzarono e la massa occupò l’edifico del Landtag e istituì il “Consiglio dei lavoratori e dei soldati” con Eisner come presidente che dichiarò la Repubblica. Il giorno seguente Eisner presentò la lista del nuovo governo, che era composto da maggioritari e indipendenti. Quindi il 10 novembre il Principe ereditario protestò da Bruxelles che la decisione di instaurare la Repubblica non fosse stata presa dall’Assemblea del Land, ma il re Ludwig III il 13 mandò comunque una lettera di abdicazione. Il 12 novembre il “Consiglio dei soldati” di Monaco emanò un decreto che annunciava la smobilitazione dell’esercito invitando gli ufficiali a collaborare in questo processo sotto il controllo dei consigli di caserma. La sollevazione di Monaco fu seguita da quella di Norimberga, Augusta e Ratisbona, ma la notizia delle dure condizioni dell’armistizio firmate il giorno precedente fu un brutto colpo per i soldati e il resto della popolazione57. A Dresda il 16 novembre un gruppo di ventuno radicali guidati da Otto Rühle lasciò il “Consiglio dei lavoratori e dei soldati” per via delle posizioni controrivoluzionarie prese dalla SPD e dalla USPD58. Non ovunque i Consigli furono costituiti da socialdemocratici: a Breslavia e a Colonia, per esempio, furono costituiti dei comitati popolari formati da gruppi eterogenei di assessori, consiglieri comunali, funzionari pubblici, professionisti, preti, sindacalisti, con qualche soldato e operaio. A Colonia nel “Consiglio dei lavoratori e dei soldati” figuravano anche il sindaco di Colonia Konrad Adenauer, il proprietario dell'industria pesante J. B. Becker, quindi il governatore della fortezza di Colonia e il presidente del distretto, non esattamente dei socialisti... Questo Consiglio formò una milizia civica di 6.000 uomini, in perfetto stile francese59.
Il sociologo Carmen Sirianni nota che in Germania i Consigli non cercarono di consolidare il loro potere per mancanza di tradizione consiliare sia pratica che teorica e anche per via del dominio della SPD. Come visto nel caso di Noske a Kiel, anche nelle altre città gli organizzatori di professione erano nella SPD e nel suo sindacato, gli altri partiti, come la USPD, non avevano in molti casi una popolarità e una equiparabile presa sulla popolazione. In questo contesto è chiaro che un accordo di collaborazione tra il primo partito dei lavoratori e gli industriali aveva un peso da non sottovalutare per il futuro della Rivoluzione tedesca. Guardando il problema dall’ottica della SPD questa era dell’idea che il governo dovesse agire per tutta la nazione e non solo per una classe, che i problemi da risolvere, secondo la SPD, erano la pace, il cibo, la smobilitazione e l’unità nazionale60. Come già menzionato ancor prima degli accordi con gli industriali, già il 12 novembre, il governo provvisorio si era impegnato di aiutare i disoccupati, a far rispettare le 8 ore lavorative giornaliere e a mettere fine alle leggi sul lavoro istituite dal regime di guerra nel 1916. Ebert diffidava degli spartachisti e diffidava dei Consigli che si erano opposti alla elezione della SPD nel nuovo Gabinetto il 10 di novembre61. Bernstein fa notare che date le circostanze la borghesia tedesca non si aspettava dal governo provvisorio repubblicano molto di più che il mantenimento dell’ordine e della legalità, in quel frangente non si sarebbe aspettata di meglio dalla monarchia. Il governo si impegnò a preservare il commercio e gli scambi, ma per i lavoratori il governo, essendo socialdemocratico, doveva fare un passo verso la socializzazione62. Oltre al patto con gli industriali Ebert si impegnò il 10 novembre nel Patto, segreto, con il generale Wilhelm Groener. Questi aveva preso il posto di Ludendorff il quale dopo essere stato dimissionato era fuggito in Svezia. Il patto consisteva nel lasciare che i soldati tornassero dal fronte per andare alle loro case assicurando lì pace e sicurezza, e che in cambio il governo avrebbe lasciato l’autorità militare nelle mani degli ufficiali63. L’armistizio imponeva di evacuare il territorio francese e belga entro quindici giorni e ritirarsi entro un mese dalla zona smilitarizzata del Reno64. Dal punto di vista logistico questo non era facile e questa emergenza può far capire perché Ebert si accordò con il generale del Comando Supremo Groener essendo quest’ultimo l’organizzatore e il direttore della smobilitazione. Questo patto con i militari, secondo Ebert, avrebbe consentito il raggiungimento dei requisiti per l’armistizio e mantenuto l’ordine; per Groener però questo patto avrebbe portato alla dittatura militare e alla riconquista dell’Alsazia e della Lorena65. Secondo Rürup nonostante la SPD volesse solo usare il vecchio apparato militare per motivi logistici e di ordine pubblico, ciò diede a Groener l’idea di essere un vero e proprio complice del governo nel ristabilire il vecchio ordine e la sua dichiarazione: “Non abbiamo nessuna intenzione di fare la controrivoluzione”, fu presa come base sufficiente per la cooperazione66. Secondo Cossmann67 però Groener avrebbe anche commentato: «Secondo mia esperienza, la socialdemocrazia maggioritaria può essere completamente e sicuramente imbrigliata alla causa di difesa nazionale». Durante il Dolchstoßprozess, ovvero il processo alla pugnalata alle spalle, tenutosi nel 1925, il generale Groener confermò che il patto con Ebert fu stipulato in segreto per telefono nonostante la reticenza del feldmaresciallo Paul Ludwig von Hindenburg. Quest’ultimo mandò una lettera a Ebert solo l’8 dicembre, con la quale richiedeva di far sparire i Consigli dei soldati68. Aggiunge lo storico Heynen che è evidente quanto la visione di “ordine” che aveva la SPD non fosse la stessa di Groener o ancor meno dei gruppi della destra radicale con i quali la SPD si mostrò disposta a cooperare69. Questo, sommato al conservatorismo della pubblica amministrazione, si rivelò un determinate punto di debolezza della futura repubblica di Weimar! Inoltre, come nota Buse, a nostro avviso correttamente, non è da sottovalutare il fatto che le forze dell’Intesa occupando la Renania si rifiutarono di riconoscere il governo dei Consigli; i francesi, in particolare, non avrebbero riconosciuto che il governo elettivo. Ebert quindi si concentrò sulla elezione di un’Assemblea Costituente dove tutte le classi sociali avessero potuto partecipare. Contemporaneamente il Consiglio Esecutivo della Grande Berlino passò ad essere da un Comitato di Salute Pubblica ad un ufficio amministrativo pieno, probabilmente in modo apposito, di pratiche amministrative. Già l’11 di novembre questo risultava così evidente che Luxemburg lo chiamò: “il sarcofago della rivoluzione” e Richard Müller venne soprannominato “Müller il cadavere” soprattutto perché questi aveva detto che l’Assemblea nazionale sarebbe dovuta passare sul suo cadavere. Richard Müller chiarì che il Consiglio Esecutivo non si era mai preposto di instaurare la dittatura e che questa paura era stata usata dai suoi detrattori. Ciò spiega anche come il Consiglio Esecutivo e il Consiglio dei Delegati del Popolo entrarono in conflitto tra loro praticamente da subito70.
Un’altra considerazione in merito alla situazione e agli accordi postbellici va fatta sulla Polonia e i Paesi Baltici, i quali cercavano l'indipendenza. La Polonia si stava organizzando, come la Germania, in una Repubblica, nonostante la prima mantenesse diverse realtà monarchico-feudali. Il problema per quanto riguarda la Germania risiedeva nella Prussia. Il Regno di Prussia era stato fondamentale per l’unificazione della Germania, gli Hohenzollern famiglia nobile originaria della Svevia, ovvero nell’odierno Baden-Württemberg, a Sud-Ovest dell’attuale Germania, con un ramo della casata sviluppatosi in Franconia, ovvero una parte dell'odierna Baviera al Centro-Sud dell’attuale Germania, ricevettero nel medioevo il Brandeburgo e nel XVI secolo il Ducato di Prussia, ovvero la parte occidentale della Prussia, la cui parte orientale rimaneva sotto il Regno di Polonia. Il Ducato di Prussia rimase vassallo della Confederazione Polacco-Lituana fino alla metà del XVII secolo quando gli Hohenzollern, appunto, iniziarono la loro espansione che culminò con la partizione dalla Polonia e la formazione del Regno di Prussia. La Polonia venne di fatto scissa tra la Russia, la Prussia tedesca e la monarchia Asburgica. Ora che i tre imperi erano crollati i polacchi si erano organizzati in Consigli e in un Consiglio di Stato che mirava all’indipendenza della Polonia. Allo stesso momento della caduta della monarchia, la Prussia si era appena costituita in Repubblica e già il 20 novembre il socialdemocratico H. von Gerlach partì per Posen (città dell’ovest dell’attuale Polonia) storicamente contesa e formata da popolazione mista tedesco-polacca. Gerlach si era recato a Posen, ancora ufficialmente parte del Reich tedesco, per ascoltarne le richieste ed evitare rivolte sanguinose, e al suo ritorno a Berlino espose il suo convincimento che tutto si potesse risolvere politicamente senza mandare truppe armate. Il governo assunse però la posizione ambigua di concordare con Gerlach, ma allo stesso tempo permettere al Comando Supremo dell’esercito di formare una forza di difesa della Patria sul versante Est, che si impegnò a raccogliere volontari per la difesa armata dei confini contro l'eventuale reazione polacca. La stampa nazionalista iniziò una campagna diffamatoria nei confronti di Gerlach che fece destare dei dubbi e conseguenti reazioni di diffidenza tra i polacchi con i quali egli si era impegnato. Allo stesso tempo tale stampa nazionalista soffiava sul fuoco allarmando l'opinione pubblica della minaccia polacca. Questo fu il preteso per il Comando Supremo di mandare la sua forza di difesa dei confini occidentali a Posen. Il comportamento ottuso delle autorità tedesche portò al conflitto nel periodo di Natale e alla perdita di Posen71. Nei Paesi Baltici il terrore era che questi cadessero nelle mani dei bolscevichi quindi la loro occupazione da parte di truppe tedesche fu ben vista dall’Intesa. Lì fu mandato il socialista maggioritario August Winning, il quale optò per rafforzare la presenza armata nei Paesi Baltici per evitare di farli cadere in mano bolscevica con il bene placito dell’Intesa. Il 18 novembre un telegramma firmato dall’allora Ministro degli Esteri Solf e da Karl Kautsky, il suo assistente, fu mandato a Mosca. Questo telegramma criticava l’appello bolscevico che voleva la rivolta dei lavoratori e dei soldati in Germania per formare un governo guidato da Liebknecht, e chiedeva ai bolscevichi il diritto di autodeterminazione del popolo tedesco. Quindi avvisava che il Governo Provvisorio del popolo tedesco in accordo con il Consiglio Esecutivo dei “Consigli dei lavoratori e dei soldati” chiedeva:
1. il chiaro riconoscimento del governo provvisorio e la cessazione di ogni influenza a favore di un altro governo da parte dei bolscevichi,
2. il chiarimento degli eventi che avevano portato alla deposizione del personale consolare tedesco, e quindi il suo rilascio.
Un secondo telegramma fu mandato da Ebert e Scheidemann il 17 gennaio 1919 quando ormai gli spartachisti erano stati sconfitti, denunciando la collaborazione dei bolscevichi nel loro tentativo di rivolta, annunciando severi provvedimenti contro i cittadini russi implicati in questi atti terroristici72. Un altro punto connesso a questo, che andrà affrontato in seguito, è la formazione di bande di saccheggiatori composte da gruppi di soldati tedeschi allo sbando sul fronte orientale e di altri gruppi unitisi alle forze che lottavano contro l’Armata Rossa in Finlandia, forze che da lì a poco diventeranno corpi franchi73. Quindi il fronte orientale rimase un argomento scottante e pressoché irrisolto. Se sul fronte orientale la guerra era tutt'altro che finita, sul fronte occidentale l’evacuazione dei territori occupati e il rientro a casa delle truppe furono tutt'altro che ordinati. Se si considera che altri eserciti impiegarono anche più di un anno a smobilitare le truppe, quello tedesco si dissolse molto più velocemente. Molti soldati passarono il fiume Reno nella confusione e tornarono indipendentemente a casa. Questo tipo di flusso incontrollato poneva evidentemente un problema sociale serio, perché questa massa di gente, la quale non così agevolmente poteva ritrovare il proprio posto nella società civile, era molto imprevedibile e si prestava a radicalizzazioni di sinistra come di destra dipendentemente dalle loro inclinazioni e provenienze. In alcuni casi furono gli stessi ufficiali ad organizzare Consigli dei soldati per cercare di renderli meno permeabili alle idee radicali. Si registrarono quindi casi di Consigli di soldati provenienti dal fronte che si scontrarono con Consigli dei soldati formatisi in Germania. Gli ufficiali e i “loro” Consigli rispondevano al Comando Supremo il quale “onorava” l’accordo siglato con Ebert di stabilire l’ordine. Un esempio di ciò fu il rientro della IV Armata comandata da Friedrich Sixt von Arnim che si scontrò con i Consigli nelle città di Aachen (Aquisgrana), Düsseldorf, Remscheid ed Essen74.
Il 18 novembre Otto Wels, comandante del centro operativo della piazza di Berlino, e il sottotenente Anton Fischer costituirono la Republikanische Soldatenwehr, la Milizia Repubblicana, di circa 15.000 uomini. In contrasto sempre il 18 sulla Rote Fahne apparvero gli obiettivi che il governo rivoluzionario avrebbe dovuto perseguire secondo gli spartachisti. Questi consistevano in otto punti e comprendevano (in sintesi):
i. L’estensione e la rielezione dei Consigli,
ii. Il trasferimento del potere politico effettivo a questi nuovi Consigli,
iii. La convocazione immediata del parlamento nazionale dei lavoratori e dei soldati,
iv. L’organizzazione dei proletari agricoli e dei contadini poveri,
v. La costituzione della guardia rossa,
vi. L’abolizione di tutti gli organi amministrativi, giudiziari e militari,
vii. La confisca di tutti i patrimoni delle dinastie principesche e dei latifondi,
viii. La convocazione di un Congresso dei lavoratori mondiale che proclamasse il carattere socialista e internazionale della rivoluzione75.
Quindi il 20 novembre Rosa Luxemburg con un articolo sempre sulla Rote Fahne spiegò perché la Lega di Spartaco fosse contro l'Assemblea nazionale:
“Oggi la Storia ci pone di fronte a una precisa alternativa: democrazia borghese o democrazia socialista. La dittatura del proletariato è infatti democrazia nel senso socialista del termine. La dittatura del proletariato non è sinonimo di bombe, colpi di Stato, disordine e ‘anarchia’, come, con uno scopo ben preciso, vogliono far credere gli agenti del profitto capitalistico. Essa, invece presuppone l’impiego di tutti gli strumenti del potere politico per l’edificazione del socialismo e l’espropriazione della classe dei capitalisti, secondo la volontà della maggioranza rivoluzionaria del proletariato e dunque nello spirito della democrazia socialista. […]
Nessun inganno, nessuna ipocrisia: il dado è tratto. Il cretinismo parlamentare era in passato debolezza, oggi è ambiguità, domani sarà tradimento del socialismo.”76.
Non aiutò questa visione il fatto che il 21 di novembre un gruppo di radicali di sinistra dopo un discorso di Liebknecht, senza considerare le posizioni favorevoli agli spartachisti del questore, l’indipendente Eichhorn, attaccò senza successo la questura, uccidendo un poliziotto77. Il 23 novembre il Consiglio dei Delegati del Popolo e il Consiglio Esecutivo dei lavoratori e dei soldati della Grande Berlino stipularono un accordo che definiva che “il loro compito [era] difendere e ampliare le conquiste della rivoluzione e sopprimere la contro-rivoluzione”78. Il 24 e 25 novembre, come già accennato, si riunì la Conferenza del Reich, alla quale tutte le correnti socialiste parteciparono. Eisner arrivò da Monaco, alla Conferenza fu presente anche Liebknecht il quale era contrario alle risoluzioni maggioritarie e voleva portare la rivoluzione nelle strade considerando i maggioritari troppo implicati con il vecchio regime (il negoziato di pace infatti era ancora nelle mani dei vecchi ministri). Eisner, che a Monaco era riuscito a creare un governo di coalizione, chiedeva a Liebknecht se così avesse portato i socialisti a massacrarsi gli uni contro gli altri! Nota di servizio ormai obsoleta: mentre avvenivano tutte queste dispute, solo il 28 di novembre, quindi ben 18 giorni dopo la sua presunta abdicazione, il Kaiser, rifugiatosi nei Paesi Bassi, decise di abdicare ufficialmente. Commenta Bernstein: “Il potere che aveva agito da levatrice per la sua ascesa, la politica di sangue e ferro, fu il suo becchino”79.
Tentato Putsch del 6 dicembre
In seguito alle ordinanze del 12 e del 13 novembre con le quali il governo cercava di calmierare la disoccupazione obbligando le comunità a contribuire economicamente al supporto dei disoccupati tramite le associazioni dei lavoratori, vi furono ulteriori ordinanze80. Un’ordinanza del 23 novembre implementava le 8 ore lavorative giornaliere nei forni e nelle pasticcerie e una del 5 dicembre assicurava il supporto finanziario alle truppe che erano state smobilitate, fino a data da stabilire81. Quest’ultima ordinanza non fu accolta positivamente dagli spartachisti che organizzarono proteste e fomentarono anche scioperi tra i minatori della Renania-Vestfalia82. Contemporaneamente la presenza di truppe militari a Berlino era man mano aumentata: abbiamo visto la formazione della Republikanische Soldatenwehr alla quale andava aggiunta la Volksmarinedivision, ovvero la Divisione della Marina Popolare, e inoltre il 2 dicembre erano entrati a Berlino dei reparti della Guardia ancora inquadrati secondo la gerarchia imperiale. Quindi il giorno seguente, il 3, vi fu una Conferenza dei comandanti militari di Berlino, alla quale partecipò Wels e il colonnello von Behr capo del Gardekorps. Mutz e Krebs, presidenti della Conferenza e membri del Consiglio dei soldati, parlarono contro la Lega di Spartaco, i cui rappresentati erano stati fatti uscire, mettendo in guarda circa il suo ruolo controrivoluzionario. In quella occasione vi fu anche un censimento delle forze militari83.
Il 5 dicembre, l’Unione dei sottufficiali si riunì al Circo Busch di Berlino dove Suppe dichiarò la fedeltà delle sue truppe di volontari al governo Ebert e lo stesso giorno la Suppegarde marciò alla volta della Cancelleria per dichiarare la propria fedeltà direttamente a Ebert84. Il giorno seguente, ovvero il 6 dicembre, mentre gli spartachisti avevano organizzato proteste conto l'ordinanza del 5 dicembre, un’altra dimostrazione era stata organizzata dai vertici della Volksmarinedivision. Questa si era formata a novembre con 65085 marinai che avevano costituito una Brigata di sicurezza della Cancelleria del Reich, del Palazzo Reale e della Stazione. A questi erano stati aggiunti altri 2.000 marinai e soldati andando a formare una consistente forza paramilitare. Tali 2.000 uomini in più erano stati, verosimilmente, chiamati nei primi di novembre da Otto Wels per proteggere la Repubblica ed erano arrivati da Kiel86. La Volksmarinedivision era guidata dal Conte von Wolff-Metternich e la manifestazione era stata organizzata verosimilmente per rispondere alla situazione che vedeva l’Intesa contro i Consigli e pronta a bloccare gli aiuti. Come anticipato, il governo aveva chiesto di contribuire economicamente per aiutare i disoccupati e il Consiglio Esecutivo venne individuato come il centro dello sperpero delle risorse e gli spartachisti come il centro della controrivoluzione. In più, molti erano quelli che nella pubblica amministrazione non solo non condividevano lo spirito rivoluzionario, ma rappresentavano ancora la vecchia classe dirigente legata alla classe nobiliare militare tedesca. La stampa di opposizione aveva preso di mira il Consiglio Esecutivo di Berlino accusandolo di sperperare soldi per incompetenza e corruzione. Nei giorni a precedere il 6 dicembre furono distribuiti a Berlino volantini con contenuti chiaramente antisemiti. Questi volantini additavano gli ebrei, i criminali, gli evasori e il Consiglio Esecutivo come i principali responsabili della crisi. Può sembrare oggi incredibile che il tedesco medio non si rendesse conto che la crisi era stata determinata da una rovinosa e logorante guerra, ma in un paese che fino a poco prima viveva in una dittatura militare con stampa sempre pronta ad annunciare la vittoria e solo da un paio di mesi ritrovatasi a dover ammettere la débâcle militare, almeno in parte, ora tendeva a credere alle varie voci della rovina portata dal nemico interno. Quello di additare gli ebrei come responsabili della sconfitta poi era una tendenza già presente nella Germania guglielmina, nonostante molti di loro avessero combattuto nell'esercito tedesco. Un volantino recitava: “Sede del Consiglio Esecutivo – Sinagoga nella Casa dei Delegati”87. Un altro volantino firmato “soldati del fronte” recitava:
“Lavoratore cittadino
La patria è sull’orlo della rovina.
Salvala!
La minaccia non viene dall’esterno, ma dall’interno:
dal gruppo di Spartaco.
Colpite il loro capo!
Uccidete Liebknecht!
E avrete pace, lavoro e pane!”88.
Il 24 novembre sulla Rote Fahne Rosa Luxemburg aveva risposto alle continue minacce e alla campagna contro la Lega di Spartaco, prendendosela principalmente con il Vorwärts, ovvero l’organo dei maggioritari: “il Vorwärts è il cuore della grande battuta di caccia controrivoluzionaria contro la Lega di Spartaco”89. Come anticipato, circolava notizia, non vera, sulla stampa tedesca che l’Intesa avesse intimato il governo provvisorio di scogliere immediatamente i Consigli altrimenti avrebbe sospeso l’invio di derrate alimentari90. Inoltre, il giorno precedente la dimostrazione della Volksmarinedivision dall'ufficio dell’intelligence del Ministero degli esteri, scaturì un’idea di colpo di stato. Quindi il 6 dicembre il vice-sergente Hans Fischer, membro del Consiglio dei soldati, secondo Bernstein incitato da un certo tedesco-americano di nome Martens91, con altre 12 o 15 persone tra le quali i nobili diplomatici Hans-Joseph von Matuschka, e Rochus von Rheinbaben idearono l’invasione della sezione del Consiglio Esecutivo. Questi giovani diplomatici agivano probabilmente sotto la guida del ricco industriale e superiore nel dipartimento dei servizi segreti di Hans Fischer, il Consigliere di legazione e Consigliere conferenziere Ferdinand Eduard von Stumm che fungeva da connessone tra il Comando Supremo, in particolare Hans von Haeften, e il Consiglio dei Delegati del Popolo.
Il Capitano Coler, probabilmente uno degli uomini di Fischer, si presentò verso le 12 del 6 dicembre al reggimento dei granatieri della guardia Kaiser Franz e chiese di andare ad arrestare il Consiglio Esecutivo reo di aver rubato due milioni di marchi. I granatieri della guardia Kaiser Franz si unirono quindi alla Volksmarinedivision sotto il comando del Conte Wolff-Metternich92 anche egli in combutta con Stumm, e mossero verso la Cancelleria del Reich dove si trovava Ebert. Apparentemente a questi si erano uniti i reparti “comunicazioni” e “lanciafiamme” e una banda armata di studenti. Arrivati alla cancelleria il sergente Spiro chiamò Ebert e gli chiese di proclamarsi Presidente della Repubblica. Ebert veniva così riconosciuto come erede legittimo di Max von Baden e la Divisione gli giurò fedeltà nominandolo Presidente del “Reich”, chiedendo l’elezione anticipata (al 20 dicembre) dell’Assemblea nazionale e criticando il Consiglio Esecutivo per le sue malefatte. Ebert rispose che prima si sarebbe dovuto consultare con il Consiglio dei Delegati del Popolo.
A questo punto un comando di 300 soldati guidati dal vice-sergente Hans Fischer si recarono al Landtag dove era riunito il Consiglio Esecutivo, dichiarando che il governo Ebert-Haase lo aveva incaricato di arrestarli. Dopo aver ricevuto una dichiarazione scritta di Haase ed una verbale di Barth che il governo non aveva mai emanato tale disposizione, la delegazione militare dovette allontanarsi dal Consiglio. Ebert in un telegramma mandato alle 18.30 avvisava che la sede del parlamento non era stata occupata dagli spartachisti ma piuttosto dalla Volksmarinedivision, dai granatieri della Kaiser Franz e dal reparto “lanciafiamme” agli ordini di von Metternich93. Un’altra delegazione militare guidata dal sottufficiale Spiro aveva occupato la sede della Rote Fahne e quindi Haase ordinò loro di sgomberare il locale. Il rifiuto di Ebert e l’intervento di Haase e Barth fecero collassare questo tentato “Putsch” (o coup per usare un termine più odierno). Ma il 6 dicembre fu una giornata lunga e la storia non si concluse qui. Secondo Bernstein tutt'altro che per coincidenza, questo putsch era stato organizzato mentre nel nord-est di Berlino, come anticipato, gli spartachisti avevano organizzato una dimostrazione di protesta formata da soldati in congedo, mutilati di guerra, disoccupati e disertori dell’esercito. Quando questi dimostranti sentirono dell’arresto del Consiglio Esecutivo si riscaldarono gli animi. Al centro operativo dei militari il soldato semplice Krebs, membro del Consiglio dei soldati, venne informato per telefono, da un soldato presente alla dimostrazione degli spartachisti, che questa massa avrebbe impugnato le armi contro il governo, quindi il maggioritario Otto Wels a capo del centro operativo, il quale era appena venuto a conoscenza del putsch di Fischer, ora si era fatto l’idea, errata, di essere di fronte ad un contemporaneo contro-putsch di sinistra, e ordinò alle truppe dei fucilieri della Guardia nella caserma Maikäfer sulla Chaussestraße di sbarrare l’accesso ai dimostranti verso la sede del governo. Wels comandò di sparare solo in caso di estrema necessità. Quando i dimostranti e i fucilieri si incontrarono questi ultimi ordinarono alla folla di disperdersi e incontrando resistenza aprirono il fuoco uccidendo 1694 persone e ferendone gravemente altre 1295.
Era avvenuto quello che temeva Eisner!
La Rote Fahne individuò i socialdemocratici Wels, Scheidemann e Ebert come i veri responsabili del massacro. Mentre la Freiheit, organo degli indipendenti, il 9 pubblicò una nota del Consiglio dei Delegati e del Consiglio Esecutivo che stabiliva che Ebert e Scheidemann erano all’oscuro di tutto. Questo episodio comunque determinò una profonda spaccatura tra gli indipendenti e gli spartachisti, “Haase ed Ebert ora si stringono la mano sui cadaveri in Chaussestraße” scriveva la Rote Fahne. Ne scaturì una polemica sul fatto che Ebert era stato informato per tempo da un membro del Consiglio dei soldati, un certo Hermann Gräber, il quale però non poteva essere sicuro che la risposta ricevuta provenisse proprio da Ebert. Gli spartachisti rimasero dell’idea che Ebert fosse implicato e che Wels lasciò, o addirittura premeditò, che le sue truppe sparassero sui dimostranti96. Le indagini portarono all’arresto di Marten, che fu presto rilasciato, nonostante nel suo ufficio fossero stati trovati volantini inneggiati l’arresto del Consiglio Esecutivo. Il questore Eichhorn scoprì una milizia formata da circa 400 studenti con intenti controrivoluzionari che era in stretto contatto con Marten e si ricostruì che ingenti somme di denaro per l’acquisto di armi erano state date da Wilhelm von Strumm. Quindi l’8 dicembre furono arrestati un’ottantina di studenti che si erano recati all’Hotel Bristol per ritirare le suddette armi. Gli arrestati rivelarono che il loro capo era l’avvocato Sack il quale era legato al ministero della Guerra. Il ministero e lo stesso sottotenente Fischer erano coinvolti nell’organizzazione della milizia studentesca97. La situazione era decisamente instabile e il 7 un gruppo di soldati comandati dal maresciallo von Tyszka arrestarono Liebknecht nella sede della Rote Fahne, ma grazie all’intervento della questura, quindi degli uomini di Eichhorn, questi fu subito liberato e Wels destituì von Tyszka. L’8 dicembre fu organizzata una grande manifestazione di protesta. Intanto questi incidenti, o tentati putsch, avvenivano in diversi altri luoghi della Germania. Per esempio a Chemnitz dove alcuni soldati arrestarono dei membri del Consiglio dei lavoratori e solo l’intervento della piazza riuscì a liberarli98. Mentre a Berlino si consumava il tentato putsch, sempre il 6 nel palazzo vescovile di Paderborn99, quartier generale del corpo di armata del generale Sixt von Arnim, si andò a costituire la Freiwilliges Landesjägerkorps comandata dal generale Ludwig Maercker. Lo scopo principale di questo corpo di militari volontari era quello di combattere gli spartachisti e in particolare i suoi due leader Liebknecht e Luxemburg100.
In questo clima incandescente, finalmente, il 10 dicembre la Commissione presieduta da Karl Kautsky sulla socializzazione pubblicò il suo rapporto, nel quale spiegava che:
“[...] la socializzazione dei mezzi di produzione potrà avvenire solo in una più durevole costruzione organica. Il primo presupposto di tutta la riorganizzazione economica è la rinascita della produzione. Soprattutto, la situazione economica in Germania richiede perentoriamente la ripresa dell’esportazione industriale e del commercio estero.
La commissione è dell’opinione che per queste branche dell’economia la precedente organizzazione deve ancora essere ritenuta per il tempo presente. In simil modo, la ripartenza dell'industria richiede il mantenimento e l’estensione della circolazione di credito, e il funzionamento indisturbato del credito bancario.
Nell’interesse dei nostri approvvigionamenti di cibo, la commissione non propone neanche di intervenire nelle condizioni di precedente proprietà e nelle condizioni operative della popolazione contadina. Qui, la produttività dovrà essere aumentata e l’intensità incrementata con delle misure adottate dall’agricoltura e con il supporto delle cooperative.
[…]
Al contrario, la commissione è dell’opinione che quei domini dell’economia politica nei quali le relazioni di potenza capitalistica di monopolio hanno preso forma devono essere ‘prima facie’ prese in considerazione per la socializzazione. In particolare, la collettività deve prendere controllo sui materiali grezzi più importanti, come il carbone e il ferro. Dovrebbero essere esaminate quali altre branche della produzione e generazione di ricchezza siano adeguate, come risultato della loro estensiva concentrazione, ad essere trasferite alla proprietà comune; quali branche dell’economia altrimenti andrebbero prese in considerazione per la socializzazione in accordo con la loro natura, come per esempio assicurazioni e mutui bancari.”101.
Alla fine durante la riunione della Commissione per la Socializzazione e il Consiglio dei Delegati del Popolo quest’ultimo decise che avrebbe dovuto essere compito dell’Assemblea nazionale legiferare sulla socializzazione, ritenendo che questa sarebbe stata in maggioranza socialista102. Intanto, come già visto, il governo provvisorio continuava ad agire con una serie di ordinanze come quella che prevedeva un compenso speciale per i metalmeccanici di Berlino nel caso di riduzione del loro orario lavorativo103. In preparazione del Congresso generale dei Consigli dei lavoratori e dei soldati programmato per il 16 dicembre, il 14 si tennero le elezioni dei delegati. Gli spartachisti non ne vollero neanche discutere e Rosa Luxemburg declinò l’invito: se la questione dell’Assemblea nazionale fosse già stata accettata, secondo gli spartachisti, il governo provvisorio Ebert-Haase si sarebbe posto al di sopra del Consiglio Esecutivo (il quale invece doveva essere rieletto) e comunque l’Assemblea nazionale avrebbe, secondo gli spartachisti, determinato la fine del sistema dei Consigli dei lavoratori e dei soldati. Bernstein spiega però che il Consiglio Esecutivo, il quale era di fatto quello di Berlino, guidato ora principalmente da indipendenti, aveva richiesto la necessità di essere rieletto per rappresentare tutta la Germania. Sempre secondo Bernstein l’elezione dell’Assemblea nazionale non avrebbe di per sé determinato la fine del Consiglio Esecutivo, ma il fatto che questo non avrebbe governato da solo. Quindi le elezioni dei delegati videro 349 andare alla SPD, 281 alla USPD e 79 alla lista delle libere professioni. Il 15 si riunì l’Assemblea generale dell’Associazione dei socialdemocratici indipendenti di Berlino alla Pharussäle. Haase espresse il desiderio di voler posporre le elezioni dell’Assemblea nazionale a marzo 1919 ma ebbe il timore che il Congresso del giorno dopo avrebbe proposto il 19 gennaio. Haase poi reiterò il dissenso espresso nel 1917 nei confronti dei radicali e ripeté l’esigenza che gli spartachisti si scindessero dagli indipendenti. Rosa Luxemburg replicò che la sconfitta nelle elezioni dei Delegati, che a Berlino era stata ancora più schiacciante, era da attribuire alla politica di Haase. Secondo Luxemburg era uno scandalo che gli indipendenti non avessero lasciato il governo provvisorio dopo i fatti del 6 dicembre e non avessero richiesto l’immediato passaggio di tutti i poteri ai Consigli, reiterando la posizione di Liebknecht del 7 novembre. La risoluzione a favore della elezione dell’Assemblea nazionale vinse con 485 voti contro 195104.
CESCO
1Il termine Reich deve essere intesto in relazione al contesto alle volte come impero, regno o più genericamente Stato [da Treccani, vocabolario, https://www.treccani.it/vocabolario/reich/].
2Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 40.
3Nel dicembre 1916 e gennaio 1917 la posizione della Germania non era disperata ma di sicuro avrebbe volentieri capitalizzato le vittorie conseguite sul campo e ritenuto le conquiste territoriali. Ovviamente l’Intesa, ora costituita anche dall’Italia, poneva come condizione la liberazione dei territori occupati. Quindi non si trovò un accordo.
4Era proprio sulla parlamentarizzazione che von Baden si era screditato e non era un caso che Guglielmo II sentisse la necessità di emanare questi decreti-leggi. Sempre per venire incontro a Wilson.
5Letteralmente ‘il riempimento del cranio’, ovvero ‘il lavaggio del cervello’, vedi Cesco. Gustave Hervé: Estratto da “From Revolutionary Theater to Reactionary Litanies: Gustave Hervé (1871-1944) at the Extremes of French Third Republic” di Michael D. Loughlin. Adattamento Socialista, gennaio 2022.
6Kiel era ed è una città portuale molto importante situata sul versante baltico della penisola dello Jutland, ovvero quella dalla quale si diparte la Danimarca; oltre ad ospitare il grosso della flotta tedesca era ed è tuttora rinomata per i suoi cantieri navali.
7William Grant Ratliff. The political career of Gustav Noske, 1918-1920. A thesis in History, Texas Tech University, 1980.
8ibidem.
9William Grant Ratliff. The political career of Gustav Noske, 1918-1920. A thesis in History, Texas Tech University, 1980.
10ibidem.
11ibidem.
12Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 52.
13Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 65.
14Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 53.
15Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001.
16Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 72.
17Reinhard Rürup. Problems of the German Revolution 1918-19. Journal of Contemporary History, Vol. 3, No. 4, 1918-19: From War to Peace (Oct. 1968), pp. 109-135
18D.K. Buse. “Ebert and the German Crisis, 1917-1920” Central european History, Vol. 5, No. 3 (Sep., 1972), pp234-255.
19Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 74.
20Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 76.
21Ibidem.
22Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 77.
23Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 84.
24Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 78-79.
25Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 80-81.
26Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 92.
27Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 93.
28Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 94.
29Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 95.
30Reinhard Rürup. Problems of the German Revolution 1918-19. Journal of Contemporary History, Vol. 3, No. 4, 1918-19: From War to Peace (Oct. 1968), pp. 109-135
31Ibidem.
32Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 96.
33Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 18.
34D.K. Buse. “Ebert and the German Crisis, 1917-1920” Central european History, Vol. 5, No. 3 (Sep., 1972), pp 234-255.
35D.K. Buse. “Ebert and the German Crisis, 1917-1920” Central european History, Vol. 5, No. 3 (Sep., 1972), pp234-255.
36Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 273.
37Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 38.
38Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 121-123.
39Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 89-90.
40Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 124.
41Karl Berngardovič Radek (1885-1939): nato a Loepoli, attivo nel movimento operaio in Galizia, in Polonia e Lituania, quindi in Germania. Partecipò alle conferenze di Zimmerwald, Kienthal e Stoccolma, da cui raggiunse la Russia per la rivoluzione bolscevica. Fece parte della delegazione di Brest-Litovsk, e nel novembre del 1918 rientrò in Germania per la rivoluzione, ma fu arrestato ed espulso nel febbraio del 1919. Tornò in Russia dove fece parte del Comitato Esecutivo del Partito Comunista russo. Fu nominato rettore dell'Università di Mosca nel 1925, fu espulso nel 1927 per filo-trotzkismo. Una volta ritrattate le sue posizioni fu riammesso nel partito entrando nel comitato editoriale delle Izvestija. Durante la grande purga stalinista fu arrestato e nel 1937 condannato a 10 anni di lavori coatti. Mori in prigione nel 1939 [https://www.treccani.it/enciclopedia/karl-berngardovic-radek/].
42Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 26.
43Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 27.
44Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 97.
45Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 266-267.
46Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 11.
47Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 22.
48Gabriel Kuhn. All Power to the Councils! A Documentary History of the German Revolution of 1918-1919. PM Press, 2012.
49Carmen Sirianni. Workers’ Control in Europe: A comparative socological analysis. In: Work, Community and Power: The Experience of Labor in Europe and America, 1900–1925, ed. James E. Cronin and Carmen Sirianni. Philadelphia: Temple University Press, 1983.
50Reinhard Rürup. Problems of the German Revolution 1918-19. Journal of Contemporary History, Vol. 3, No. 4, 1918-19: From War to Peace (Oct. 1968), pp. 109-135
51Carmen Sirianni. Workers’ Control in Europe: A comparative socological analysis. In: Work, Community and Power: The Experience of Labor in Europe and America, 1900–1925, ed. James E. Cronin and Carmen Sirianni. Philadelphia: Temple University Press, 1983.
52Reinhard Rürup. Problems of the German Revolution 1918-19. Journal of Contemporary History, Vol. 3, No. 4, 1918-19: From War to Peace (Oct. 1968), pp. 109-135
53Ibidem.
54Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 48.
55Mary Nolan. Workers and Revolution In Germany, 1918–1919: The Urban Dimension. In: Work, Community, and Power. The Experience of Labor in Europe and America, 1900-1925, by James E. Cronin, Carmen Sirianni. Temple, University Press, 1983.
56Definizione di Bernstein.
57Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 110.
58Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p10.
59Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p11.
60D.K. Buse. “Ebert and the German Crisis, 1917-1920” Central European History, Vol. 5, No. 3 (Sep., 1972), pp234-255.
61D.K. Buse. “Ebert and the German Crisis, 1917-1920” Central european History, Vol. 5, No. 3 (Sep., 1972), pp234-255.
62Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 265.
63Martin Kröger. Rotes Tuch für Steinmeier. Spiegel Geschichte. 11 giugno 2008.
64Nota a, p 13 in Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p.13.
65D.K. Buse. “Ebert and the German Crisis, 1917-1920” Central European History, Vol. 5, No. 3 (Sep., 1972), pp234-255.
66Reinhard Rürup. Problems of the German Revolution 1918-19. Journal of Contemporary History, Vol. 3, No. 4, 1918-19: From War to Peace (Oct. 1968), pp. 109-135
67Paul Nikolaus Cossmann. Der Dolchtsoßprozeß in München, Oktober-Sachverständingen-Aussagen, eine Sammlung von Dokumenten. Munich: G. Brik, 1925, in Robert Heynen. The German revolution and the radical right, in The German Revolution and Political Theory. Edited by Gaard Kets and James Muldoon. Palgrave MacMillan Springer Nature 2019, p 50.
68Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 37.
69Robert Heynen. The German revolution and the radical right, in The German Revolution and Political Theory. Edited by Gaard Kets and James Muldoon. Palgrave MacMillan Springer Nature 2019, p 50.
70Gabriel Kuhn. All Power to the Councils! A Documentary History of the German Revolution of 1918-1919. PM Press, 2012.
71Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 275-278.
72Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 280-281.
73Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p.12.
74Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p.13-15.
75Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p16.
76Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 32.
77Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 127.
78Reinhard Rürup. Problems of the German Revolution 1918-19. Journal of Contemporary History, Vol. 3, No. 4, 1918-19: From War to Peace (Oct. 1968), pp. 109-135
79Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 39.
80Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 269.
81Ibidem.
82Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 270.
83Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 50.
84In Paul Frölich et al. si parla di 3200 militari che si trovavano già a Berlino. Cfr. Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 50.
85Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 39.
86Ibidem.
87Henry Egon Friedlander. Conflict of Revolutionary Authority: provisional government vs. Berlin Soviet, November-December 1918. International Review of Social History.Vol. 7, No. 2 (1962), pp. 163-176. Published By: Cambridge University Press.
88Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 42.
89Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 45.
90Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 51.
91Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 127.
92Martin Kröger. Rotes Tuch für Steinmeier. Spiegel Geschichte. 11 giugno 2008.
93Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 52.
94Secondo Paul Frölich rimasero uccisi 18 dimostranti e vi furono 30 feriti [da Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 53].
95Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 128.
96Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 129-132.
97Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 54.
98Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 55.
99A più di 400 km da Berlino.
100Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germaia 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 40.
101Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 267.
102Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 268.
103Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 269.
104Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 134-136.
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