La Rivoluzione tedesca 1918-1920 - PARTE IV -

 

 

 Willy Römer (German, 1887-1979) L'edificio della Vorwärts dopo il cannoneggiaménto delle truppe governative. © Staatliche Museen zu Berlin, Art Library – Photothek Willy Römer / Willy Römer

 






La rivolta comunista nel gennaio del 1919

Da novembre il quartier generale della polizia di Berlino era stato affidato all’indipendente Emil Eichhorn. Bernstein lo descrive come un uomo non violento, ma percepito come molto vicino alla ala radicale del partito. Secondo i maggioritari Eichhorn già nell’estate del 1918 era entrato in contatto con i bolscevichi nel suo ruolo di leader della sezione dell’agenzia del telegrafo “Rosta” e i maggioritari non potevano sopportare che parte della sua forza di polizia fosse guidata dagli Steward rivoluzionari. La goccia che fece traboccare il vaso per la SPD furono le voci del suo aiuto durante i fatti del 23 e 24 dicembre all'infiltrazione di spartachisti tra i marinai. La SPD lo accusava di aver armato 1500 operai della Schwarzkopf per aiutare i marinai della Divisione popolare, ma l’accusa era infondata. In tutto questo Eichhorn non solo non seguì Haase e gli altri indipendenti nelle dimissioni, ma il 28 dicembre partecipò a una dimostrazione di una parte degli indipendenti che volevano unirsi al nascente Partito Comunista1.

Il 29 dicembre i maggioritari organizzarono una manifestazione accusando Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht di “insudiciare” la rivoluzione con la “menzogna, con la calunnia e la violenza”, e nella stessa manifestazione un Comitato di cittadini della Grande Berlino diffuse un volantino che istigava la caccia a Liebknecht, “Rendete inoffensivo quel fannullone armato di Liebknecht!” recitava. Sacerdote riporta con precisione la campagna di odio furibondo della stampa, anche maggioritaria, contro Liebknecht, il quale veniva descritto come: “la quintessenza di tutti i pericoli che minacciano ora la Germania2. Continuava anche l’assidua campagna diffamatoria organizzata dall’esercito sotto il controllo del Comando Supremo: per esempio era comune vedere soldati in uniforme distribuire volantini di vario colore alle stazioni ferroviarie dove tornavano in massa i soldati smobilitati, con chiari messaggi politici inneggianti: “l’antica disciplina prussiana”, o mettendo in guardia sul: “pericolo del bolscevismo” e non mancavano volantini con chiari messaggi antisemiti: “Fine del militarismo. Principio del dominio degli ebrei. Cinquanta mesi abbiamo combattuto al fronte. Che cosa viene offerto, ora che ritorniamo in patria? Un dominio di ebrei. Haase, Kurt Eisner, Bernstein, Landsberg, Oscar Cöhn, Emanuel Wurm...3.

Il 1º gennaio il Politisch-Parlamentarischen Nachrichten di Ernst Heilmann e Adolf Hofrichter attaccò Eichhorn accusandolo di appropriazione indebita, e a questa si unì la Vorwärts che lo accusava di aver ricevuto “oro russo” e lo descriveva come “un pericolo per la sicurezza pubblica4. Eichhorn era stato corrispondente della Agenzia Telegrafica Russa e questo era stato sufficiente per insinuare di aver ricevuto soldi dai bolscevichi. Il sottotenente Anton Fischer aveva anche tentato di corrompere gli uomini di Eichhorn offrendo loro più soldi, riuscendo comunque a causare delle defezioni. Il 2 gennaio5 quindi il ministro dell’Interno di Prussia, Paul Hirsch, convocò Eichhorn e formalizzò tutte queste accuse che aleggiavano sul suo conto, Eichhorn però non riconobbe l’autorità del Ministro; quindi, quando un membro del Comitato Centrale gli chiese quale fosse la sua posizione sull’Assemblea Nazionale, Eichhorn, che ne era scettico, rifiutò di rispondere su questioni politiche. La seduta quindi venne sospesa, mentre fu concesso a Eichhorn fino al 4 gennaio per difendersi dalle accuse per iscritto. Ora, secondo Eichhorn prima della scadenza del tempo concessogli (ma secondo il Ministro in accordo alla scadenza il 4 gennaio) il Ministro rimosse Eichhorn dalla sua funzione di capo della polizia di Berlino, nominando provvisoriamente il Ministro Eugen Ernst. È indicativo che lo stesso Ernst considerò la destituzione di Eichhorn un atto provocatorio. Questo venne riportato da Sacerdote sull’Avanti! il 23 gennaio: «Il successo degli spartachisti era già da bel principio escluso, perché, mediante i nostri provvedimenti li abbiamo costretti ad iniziare la lotta prima di quanto desiderassero; perciò, noi fummo in grado di soffocare il loro movimento»6. Vi fu quindi l’intenzione da parte del governo provvisorio di provocare gli spartachisti per poterli mettere fuori gioco. Questo venne confermato anche dalle memorie del generale Maercker, personaggio chiave nella repressione che da febbraio avvenne nella Germania Centrale, il quale ricorda che il governo provvisorio chiese al Comando Supremo il trasferimento del Landesjägerkorps nell’area di Berlino già dal 28 dicembre. Sempre secondo il generale Maercker nei primi di gennaio si tenne una riunione dei comandanti dei Freikorps a Berlino, per definire i dettagli dell’ingresso delle truppe in città, alla quale partecipò anche Noske. I capi dei Freikorps fecero due richieste a Noske: una di modificare le norme di ingaggio in “Fermi o sparo!” e la seconda di modificare la formula del giuramento alla Repubblica in “in qualità di soldato mi impegno di servire la repubblica […]”. Noske le riportò al governo e vennero quindi accettate7. Una terza conferma arrivava dalle dichiarazioni del generale Groener durante il processo della “pugnalata alle spalle”. Groener confermò di aver mandato a Berlino dieci divisioni, in più riportò che Ebert gli chiese la sera del 24: «Cosa altro possiamo fare?», Groener rispose: «Non possiamo fare molto. Non è possibile far arrivare in nostri volontari prima del 28 o del 29.», Ebert replicò: «Sa, me ne vado a dormire, ne ho davvero bisogno. Mi reco da conoscenti, sparisco dalla Cancelleria e farò in modo che non ci rimanga nessun altro. Se gli uomini di Liebknecht approfitteranno dell’occasione per impadronirsi del governo, nessuno glielo potrà impedire. Ma se non trovano nessuno, soprattutto se non trovano me, fanno un buco nell’acqua e noi potremo ricostituire, fra quale giorno, il nostro governo altrove.», quindi continua la dichiarazione di Groener: “Quello che avvenne dopo fu caratteristico della Germania e della mentalità tedesca. Il signor Liebknecht e i suoi compagni festeggiarono il Natale […]”, quindi il 29 Ebert convocò Noske e gli ordinò di far avanzare le truppe8.

Le forze schierate dal governo ancor prima della destituzione di Eichhorn erano composte da quelle comandate da Lüttwitz, ovvero, il Landesjägerkorps, dalla XVII e dalla XXXI divisione di fanteria, il corpo dei fucilieri e volontari di Hülsen, quindi le forze di Noske composte da unità locali di volontari, gli Zeitfreiwillige, ovvero ex-militari, ex-poliziotti, studenti e disoccupati, la Sicherheitspolizei (polizia pubblica), le Einwohnerwehre (milizie civiche) e i Freikorps9.

Eichhorn quindi si recò alla sede della USPD, dove il Comitato Esecutivo era in riunione con gli Steward rivoluzionari, e quindi informò entrambi dell’accaduto. Gli Steward rivoluzionari informarono quindi i compagni del Partito Comunista e decisero di preparare una dichiarazione di protesta che uscì il 5 gennaio sulla Freiheit e sulla Rote Fahne:

Attenzione! Lavoratori! Compagni di Partito!

Il governo Ebert-Scheidemann ha sollevato la sua attività antirivoluzionaria ad un nuovo e perfido assalto contro i lavoratori rivoluzionari della Grande Berlino: ha insidiosamente provato a cacciare dal suo ufficio il Capo della Polizia Eichhorn. Vuole mettere il suo uomo, l’attuale Ministro della polizia prussiana Ernst, al posto di Eichhorn.

Gli Ebert-Scheidemann così non solo vogliono eliminare l’ultimo rappresentante dei lavoratori rivoluzionari di Berlino, ma vogliono erigere sopra l’intera Berlino un violento regime contro i lavoratori rivoluzionari.

Lavoratori! Compagni di Partito! Questa non è una questione sulla persona di Eichhorn, ma sull’essere privati dell’ultimo ricordo delle vostre conquiste rivoluzionarie per mezzo di un putsch generale.

Il governo Ebert con il suo complice il Ministro prussiano vuole reggere il potere con l’aiuto della baionetta, e assicura a sé il favore della borghesia capitalista, dei quali interessi erano sin dall’inizio i camuffati rappresentanti.

Il colpo che sta per essere inferto alla sede della polizia di Berlino raggiungerà tutto il proletariato tedesco, tutta la Rivoluzione tedesca.

Lavoratori! Compagni di Partito! Non potete, non dovete tollerare ciò! Fuori, quindi, in possenti dimostrazioni di massa. Mostrate ai vostri governanti il vostro potere, mostrate loro che lo spirito rivoluzionario dei giorni di novembre non vi ha abbandonato.

Riunitevi oggi alle ore 2 per una protesta di massa alla Siegesallee!

Marcia in massa! La vostra libertà, il vostro futuro, il destino della Rivoluzione sono in gioco! Abbasso il governo violento di Ebert-Scheidemann-Hirsch ed Ersnt! Lunga vita al socialismo internazionale rivoluzionario.

Berlino, 5 gennaio 1919.

Gli Steward di fabbrica rivoluzionari e i rappresentanti delle maggiori aziende delle Grande Berlino.

Il comitato Centrale dell’associazione dei votanti socialdemocratici della Grande Berlino per il Partito Socialdemocratico indipendente.

Il Centro del Partito Comunista di Germania (Lega di Spartaco).”10.

In nuovo capo della polizia Eugen Ernst e il neocomandante della città, Anton Fischer, si recarono al quartier generale da Eichhorn per chiedergli di cedere l’ufficio, ma quest’ultimo rifiutò argomentando che solo il Consiglio Esecutivo e il Consiglio Centrale avevano, se fatto per iscritto, l’autorità di avanzare tale richiesta. Eichhorn aveva un seguito di truppe di sicurezza a lui fedeli e in Alexanderplatz si erano riuniti migliaia di dimostranti grazie all’appello degli Steward e degli spartachisti. Dopo la ritirata di Ernst e Fischer, in serata arrivarono alla questura Liebknecht, Ledebour, Däumig, Dorrenbach e Pieck che tennero discorsi a favore di Eichhorn e contro il governo Ebert-Scheidemann. Qui discussero sul come organizzarsi. Georg Ledebour raccontò in seguito che si era sparsa la voce che in caso di insurrezione dei lavoratori dimostranti ci sarebbe stato l’appoggio della guarnigione di Berlino, della Volksmarinedivision e di altri reggimenti; si era parlato di 2000 uomini pronti a Spandau, così come a Francoforte sull’Oder, due zone limitrofe a Berlino. Si scoprì più tardi come queste voci fossero esagerate. Quindi i leader e la massa presente decisero di opporsi alla rimozione di Eichhorn e di spodestare il governo Ebert-Scheidemann11. Ledebour ricorda: “Alla fine stabilimmo così: se tenteranno di rimuovere Eichhorn con la forza, ci difenderemo, rispondendo nello stesso modo”, aggiunge Ledebour: “Io stesso ero persuaso che, una volta ingaggiata la battaglia, avremmo dovuto andare fino in fondo12. Si scoprì più tardi che le voci ottimistiche almeno per quanto riguarda la Volksmarinedivision furono messe in giro da Dorrenbach13. La massa rivoluzionaria si spostò al Marstall dove costituì un Comitato Rivoluzionario Provvisorio di 33 membri, presieduto da Georg Ledebour, Karl Liebknecht e Paul Scholze, il leader degli Steward.

La sera prima, il 5 gennaio gli spartachisti avevano occupato la sede del Vorwärts, così come le case editrici Büxenstein, Mosse, Scherl e Ullstein. Secondo la ricostruzione di Ledebour ed Eichhorn, l'occupazione della Vorwärts avvenne in modo spontaneo e non fu decisa dal Comitato rivoluzionario. Bernstein commenta che questa dell’azione spontanea delle masse non può che essere una favola. Alla riunione del 5 gennaio guidata dagli Steward si decise per dare inizio al rovesciamento del governo; vi furono sei voti contrari, tra i quali quelli di Richard Müller e Ernst Däumig, e quest’ultimo abbandonò il movimento. Liebknecht e Pieck del neonato Partito comunista votarono a favore. Luxemburg e Jogiches ebbero una violenta discussione con Liebknecht in quanto egli non aveva consultato la Centrale del partito quando votò a favore dell’insurrezione. Paul Frölich et al., commentano che Luxemburg e Jogiches non potevano sapere, il 6 gennaio, degli infiltrati, e nonostante contrari ad una azione rivoluzionaria prematura, non se la sentirono di emanare un appello contro gli insorti14. Sempre secondo il ricordo di Ledebour, dopo aver deciso l’azione rivoluzionaria sarebbero dovute scattare delle misure repentine come: costituire dei reparti combattenti nelle fabbriche, favorire la fraternizzazione tra lavoratori e truppe, occupare punti strategici di difesa contro le truppe alle porte di Berlino ecc. Un proclama del Comitato rivoluzionario chiedeva una nuova manifestazione alle 11 nella Siegesallee. Molti lavoratori si recarono alla Cancelleria del Reich e alla vicina Siegesallee da dove emisero un appello agli altri lavoratori per unirsi a loro. Venne redatto un proclama firmato da Ledebour, Liebknecht e Scholze. Sempre durante la mattina del 6, il Comando Centrale della USPD si riunì negli uffici di partito, riunione alla quale Bernstein era presente, per discutere il da farsi, e dove decisero di mediare tra il Comitato Rivoluzionario e il Governo provvisorio, nominando Rudolf Breitscheid, Dittmann, Kautsky e Luise Zietz (con il supporto di Oskar Cöhn) come mediatori15.

Le armi distribuite la mattina del 6 gennaio agli insorti erano insufficienti, comunque 300 mariani a seguito dei rivoluzionari si recarono al ministero della Guerra chiedendo di cedere l’edificio, ma questi furono rimandati da Liebknecht da parte del sottosegretario maggioritario Paul Göhre per la mancanza della firma. Per quanto possa sembrare ironico e tipicamente tedesco il rappresentante dei marinai si era presentato con un documento, il quale recitava: “Il governo Ebert-Scheidemann si è reso insopportabile. Esso è stato deposto dal sottoscritto comitato rivoluzionario provvisorio, rappresentate dei lavoratori e dei soldati socialisti rivoluzionari. Il sottoscritto comitato rivoluzionario ha provvisoriamente rilevato gli affari di governo.” al quale Göhre replicò: «manca la firma!» e quindi non poteva consegnare il foglio al ministero della Guerra. Si dice che il rappresentate dei marinai tornò a farlo firmare, e dopo, invece di recarsi al ministero dove lo aspettavano, se ne andò a casa a mangiare16. Nel frattempo, nel viale Siegesallee i lavoratori armati attendevano notizie; però il Comitato Rivoluzionario si trovò difronte un dilemma: lo sciopero generale non poteva essere proclamato poiché i maggioritari ne avevano già proclamato uno in loro difesa, le fabbriche erano vuote e una gran massa di lavoratori aveva circondato la Cancelleria per difenderla. Quindi l’occupazione del Ministero della Guerra era in stallo e l'occupazione della Cancelleria avrebbe comportato una lotta armata importante. I maggioritari, infatti, avevano distribuito un volantino nella notte del 5 che esortava allo sciopero per difendere la Cancelleria dall’attacco spartachista che per la seconda volta aveva fatto occupare la Vorwärts. Una folla numerosa si era riunita in Wilhelmstraße. Questa folla fu accolta dai redattori della Vorwärts quindi da Scheidemann, che qui annunciò che il governo avrebbe fatto intervenire le truppe in sua difesa e così avrebbero fatto anche i lavoratori che sarebbero stati armati appositamente. Poi parlarono Landsberg, Noske e Wissell17. Un altro problema fu che, al contrario delle voci messe in giro da Dorrenbach, la Volksmarinedivision era rimasta interdetta in quanto con gli accordi del 24 dicembre aveva promesso al governo di non prendere parte ad alcuna azione contro il governo stesso, ma ora si trovava ad ospitare i rivoluzionari, e quindi il 6 sera per levare le castagne dal fuoco, invitò i rivoluzionari ad evacuare il Marstall. Prima di ciò Anton Fischer che era diventato capo delle forze repubblicane dopo l’uscita di Wels, si recò al Marstall ed ebbe uno scambio di opinioni con Liebknecht e Pieck, i quali decisero di trattenerlo. Ma un gruppo di marinai si ribellò al Comitato rivoluzionario e gli chiese proprio di sloggiare liberando così Fischer. Prima dell’evacuazione, Fischer cercò di dissuadere Liebknecht dal portare avanti l’insurrezione contro il governo prevista per il giorno seguente, argomentando che la maggioranza dei lavoratori non lo avrebbe seguito. Bernstein riporta che Liebknecht avrebbe risposto: «Qui non decidono i sentimenti ma i fatti e i fatti sono in nostro favore». Nonostante Liebknecht spingesse per l’azione l’ordine dal Comitato rivoluzionario agli insorti non arrivò mai e la massa raccoltosi nel viale Siegesallee, dopo ore di attesa al freddo di gennaio, sfollò. Il governo provvisorio non potendo più contare sulla Volksmarinedivision che, come citato, per gli accadimenti del 23 e 24 doveva rimanere neutrale, non poteva contare neanche sui soldati di difesa repubblicani che erano in fase di riorganizzazione18, e ovviamente neppure sulle forze di polizia di Berlino fedeli a Eichhorn, ora ripiegava sui lavoratori stessi, sulla parte ostile agli spartachisti, ad esempio gli studenti, e sull’esercito, i cui ufficiali venivano sì visti con diffidenza, per la memoria dei 10 minuti di ultimatum del luogotenente generale von Hoffmann, ma che rimanevano fedeli all’accordo con Ebert. Ebert chiese a Gustav Noske, che, come abbiamo visto, era considerato un esperto in campo militare e aveva nel giro di pochissimo riportato il controllo del governo a Kiel, di occuparsene19. Seguendo il racconto di Noske egli organizzò la controffensiva:

Quando sostenni che era necessario ristabilire l’ordine con la forza delle armi, nessuno si oppose. Il colonnello Reinhard, ministro della Guerra, scrisse un ordine con cui il governo e il Consiglio Centrale nominavano comandante Supremo dell’esercito il generale von Hoffmann, che con alcune formazioni (la divisione dei fucilieri a cavallo della guardia) non era lontano da Berlino. Venne sollevata l’obiezione che i lavoratori sarebbero stati estremamente diffidenti nei confronti di un generale.

L’impazienza cresceva nello studio di Ebert, il tempo stringeva e i nostri uomini per la strada chiedevano a gran voce le armi. Sollecitai una decisione e qualcuno obiettò: «Poi però te ne occupi tu!» Io replicai con decisione: «Io penso che qualcuno dovrà fare il lavoro del segugio. Personalmente non temo questa responsabilità!». Reinhard aspettava solo che qualcuno si facesse avanti. Venne così messa a verbale una risoluzione del governo e del Consiglio Centrale che mi conferiva i pieni poteri per ristabilire l’ordine a Berlino. Sull'ordine, Reinhard cancellò il nome di von Hoffmann e vi mise il mio. Venni così nominato comandante delle truppe di Berlino20.

Il suo compito era quello di liberare gli edifici occupati dagli spartachisti. Spostò subito il centro operativo in periferia a Dahlem in quanto inizialmente come per il governo provvisorio anche per il quartier generale di Noske il vero problema sarebbe stato la difesa. Ora però si venne a creare un fenomeno molto pericoloso in quanto Noske alla ricerca di forze in grado di “liberare” Berlino si rivolse ai vecchi ufficiali dell’esercito e questi ufficiali, molti dei quali vero e proprio simbolo del vecchio regime e impresentabili nei giorni di novembre, ora si riciclavano come salvatori della Germania dalla minaccia bolscevica. Questi erano pressoché tutti raccolti nei Freikorps. Il comando della forza repubblicana passò ora a Klawunde mentre Fischer fu nominato comandante supremo di Berlino. Pare che al contempo due azioni provocatorie furono organizzate per dare addosso agli spartachisti. Il Poligrafico dello Stato fu occupato dal maresciallo Grant della Schwartzkopff, il quale si spacciava per spartachista, e nel pomeriggio del 6 la caserma del genio a Köpenicker Straße fu assalita dai lavoratori guidati da Dräger, il quale sembra fosse un provocatore passato dalla parte di Fischer.

Nel pomeriggio la delegazione degli indipendenti raggiunse la Cancelleria e si incontrò con il governo provvisorio e con il Consiglio Centrale per intavolare un negoziato. Questo negoziato si risolse a mezzanotte con l’accordo delle due parti di fermare le ostilità e la rimozione delle truppe da parte di entrambe i campi. Il Comitato Rivoluzionario era rappresentato da sei membri. Ma i quattro membri del governo presenti, Ebert, Scheidemann, Landsberg e Wissell, non accettarono la risoluzione sostenendo che solo quando i locali occupati sarebbero stati sgombrati loro potevano ordinare alle truppe armate di liberare il campo.

I Delegati del governo provvisorio rilasciarono la seguente dichiarazione:

Noi ricorreremo alla violenza solo per difenderci dalla violenza. È per noi una questione di etica e nulla potrà farci cambiare opinione. Non faremo mai un uso offensivo delle armi. Ogni accordo è però subordinato all’evacuazione degli edifici occupati nella notte tra il 5 e il 6 gennaio21.

Apparentemente l’irrigidimento dei maggioritari era dovuto alla presenza nella delegazione dei sei elementi del Comitato rivoluzionario22. Bernstein fa notare che sopra i locali della Vorwärts c’era la sede dell’esecutivo della SPD quindi l’occupazione dei locali aveva una doppia valenza ed era stata congeniata per compromettere l’esito delle elezioni23. Quindi alla fine della giornata quanto i marinai sgomberarono i rivoluzionari, il Comitato rivoluzionario aveva già dovuto tornare al centro di comando della polizia e Dorrenbach aveva perso definitivamente il controllo della Volksmarinedivision. Sempre in quelle ore una piccola delegazione di quaranta uomini guidata dal direttore di Verlag fur Sozialwissenschaften e Albert Baumeister, maggioritario, occuparono il Reichstag e la porta di Brandeburgo24. La discussione fu sospesa alle 3 del mattino per poi riprendere alle 11 del 7 gennaio. In risposta a questa chiusura il Comitato rivoluzionario decise di non sgombrare i locali dei giornali occupati. Il Comitato rivoluzionario voleva negoziare la deposizione del governo maggioritario con uno composto da spartachisti, indipendenti e alcuni membri selezionati della maggioranza, ma il governo provvisorio non ne voleva sapere e puntava con forza sulla carta della libertà di stampa, ovvero sullo sgombero dei giornali occupati. Kautsky propose al governo provvisorio e al Consiglio Centrale di dichiarare i negoziati falliti se non fosse stata restaurata la libertà di stampa. Questa proposta non fu accettata e la discussione andò avanti fino alle 10 del mattino del giorno successivo, quando arrivò voce della liberazione del direttorato delle ferrovie da parte di truppe governative, anche se Bernstein parla di una piccola truppa di ingegneri dell’esercito che indipendentemente decisero di intervenire25. Questa azione suscitò la protesta dei radicali; il direttorato però era stato occupato durante il negoziato per l’ovvio motivo di impedire l’arrivo delle truppe governative a Berlino e, secondo Bernstein, anche se questo fosse stato liberato dalle truppe del governo ciò avrebbe semplicemente rappresentato la volontà della maggioranza dei lavoratori che, sottolinea sempre Bernstein, era ancora con la SPD26. Dal punto di vista dei radicali invece il tempo stava scadendo perché erano coscienti che con l’elezione dell’Assemblea nazionale sarebbe finito l'esperimento rivoluzionario e la Germania sarebbe tornata alla borghesia.

Sulla Rote Fahne si leggeva:

“[…] la nostra lotta contro l’Assemblea Nazionale non deve consistere nel voto passivo, nella semplice astensione, non nella semplice ostruzione del voto, neanche nel mero tentativo di disperdere l’Assemblea Nazionale, quello che conta è la lotta per la conquista delle posizioni di potere”27.

Rosa Luxemburg scrisse il 7 gennaio sulla Rote Fahne:

[] Ventiquattro ore sono trascorse dall’azione del governo Ebert-Scheidemann contro Eichhorn. Senza esitare, le masse hanno risposto all’appello dei loro dirigenti. Sono intervenute spontaneamente con le loro forze per restituire a Eichhorn il suo incarico; hanno preso l’iniziativa di occupare la sede del Vorwärts; da sole si sono impadronite delle sedi dei giornali e dell’agenzia telegrafica Wolff e si sono armate come meglio hanno potuto. Ora aspettano dai loro capi indicazioni e obiettivi ulteriori.

Loro, i dirigenti, che cosa hanno fatto nel frattempo, che cosa hanno deciso? Non vediamo né udiamo nulla! [] diciamo che è giunto il momento di agire.

Gli uomini di Ebert e Scheidemann non sprecano tempo in consultazioni. [] Perciò è necessario agire subito, con misure radicali. È necessario dare alle masse e ai soldati rivoluzionari direttive chiare e immediate. [] Agire! Agire! Con coraggio, determinazione e coerenza. Questo è il dovere dei Revolutionäre Obleute e dei dirigenti onesti dell’USPD. Bisogna disarmare la controrivoluzione, armare le masse, occupare tutti i posti di potere. Agire rapidamente! Lo esige la rivoluzione.”28.

Dal 6 Albert Baumeister e i suoi uomini si erano organizzati con l’aggiunta di volontari e armi per la difesa del Reichstag; avevano ricevuto il bene placito del governo provvisorio e avevano organizzato tre reggimenti Schutzwehr repubblicani, il primo chiamato Reichstag, il secondo Liebe e il terzo Grantoff. In aggiunta al nord di Berlino era pronto il reggimento dei fucilieri “Maggiolini” comandati dal luogotenente Schulze. L’8 di gennaio il governo pronto per la controffensiva emanò un comunicato nel quale avvisava che gli spartachisti volevano prendere il potere, mentre il governo voleva che fra 10 giorni si sarebbero tenute le elezioni. Spartaco però aveva dimostrato di voler la dittatura, la soppressione della libertà di stampa: tutte le libertà saranno soppresse. Gli spartachisti hanno bloccato il traffico e causato morti, zone di Berlino sono senza acqua e luce, l'approvvigionamento dei soldati dei civili è stato bloccato. Il governo quindi si impegnava a spezzare questo regime del terrore. Abbiate ancora un po’ di pazienza: si diceva nel comunicato che il governo avrebbe ristabilito l’ordine e ancora: “La violenza può solo essere combattuta con la violenza”. Questo comunicato era firmato dai Delegati del Popolo Ebert, Scheidemann, Landsberg, Noske e Wissell.

Ora il governo aveva organizzato la sua offensiva e i combattimenti presero forza l’8 e il 9 gennaio; non a caso i mediatori indipendenti erano riusciti sempre l’8 gennaio alle 10 del mattino ad ottenere l’accordo dei rivoluzionari che i giornali borghesi sarebbero stati liberati immediatamente, a patto che il governo e il Consiglio Centrale avrebbero iniziato un negoziato. Il Governo e il Consiglio Centrale però rifiutarono in quanto anche la Vorwärts doveva essere liberata immediatamente. Bernstein si chiede per quale motivo i mediatori e il Comitato rivoluzionario che ormai erano coscienti della superiorità delle forze governative non avessero proposto lo sgombero dei giornali borghesi immediatamente e quello della Vorwärts in tre giorni. La sua idea è che la Vorwärts fu occupata dai più fanatici seguaci di Liebknecht, i quali avrebbero lasciato il giornale solo con la forza29. I mediatori provarono la strada di discutere solo con il Consiglio Centrale ma questo non si spostò dalla linea importata dal Governo.

Le truppe governative liberarono l'ufficio della direzione centrale delle ferrovie e la Stazione Anhalter. La sera del 8 gennaio mentre i tentativi di mediazione erano rimasti infruttuosi l’ufficio stampa del Reich, che era stato occupato nel pomeriggio del 6 da lavoratori armati della Schwarzkopf ai quali gli uomini di Eichhorn lo avevano lasciato, fu liberato dai fucilieri senza colpo ferire, ma vi furono però conflitti a fuoco nelle strade limitrofe. Quindi la mattina del 9 migliaia di lavoratori della Schwarzkopff e della compagnia elettrica si riunirono a Humboldthain (colle Humbold) al nord di Berlino, dove elessero una commissione che aveva il compito di negoziare con il governo e con i rivoluzionari. Questa commissione si recò dall’Esecutivo Centrale della USPD e con l’approvazione di Oskar Cohn e degli Steward emise un proclama:

Per prevenire la continuazione di questo fratricidio, l’Esecutivo Centrale è pronto a tentare di trovare le basi per un nuovo negoziato. Quindi propone l’inizio di un armistizio.

Si dichiara pronto, prima di entrare nel negoziato, a sgomberare i locali della Vorwärts, se la commissione negoziante dei lavoratori della azienda elettrica generale e della Schwarzkopff riceverà assicurazione dal Comitato Centrale e dal governo che il negoziato sarà condotto nello spirito socialista e conciliatorio, che le divergenze saranno trasferite ad una commissione composta su principi di parità, e che l’occupazione finale del quartier generale della polizia avverrà solo in consultazione con il Partito Socialdemocratico Indipendente.

Pail Brühl, presidente; Richard Herbst, tesoriere.30 .

Il governo però era cosciente che gli spartachisti non avevano partecipato a questa discussione. Di contro, sulla Rote Fahne sempre il 9 di gennaio si leggeva che il governo era a corto di volontari, il che significava che la loro controrivoluzione era destinata a fallire, ciò che contava fare, continuava la Rote Fahne, è eleggere nuovi Consigli di lavoratori e soldati. Durante la notte del 9 Georg Ledebour venne arrestato a casa del precedente editore della Vorwärts, Ernst Meyer assieme a quest’ultimo. Questi furono arrestati da un reparto di venti uomini con quattro mitragliatrici comandati da Gürgen e da von Tyszka, il quale aveva cercato in vano di arrestare Liebknecht in dicembre. Gürgen dichiarò in seguito che von Tyszka si era offerto di liquidare i due prigionieri e buttarli nella Sprea, ma che i soldati si erano opposti. Klawunde dichiarò di non averne ordinato l’arresto e di essere disposto a liberare Ledebour e Meyer. Quindi Fischer li portò al Prinzessinenpalais dove furono trattenuti per qualche giorno. Un’ipotesi è che Ledebour poteva risultare fondamentale nelle trattative e fu quindi tolto di mezzo dal governo provvisorio, ma di ciò non vi è prova31. Il giorno seguente una delegazione di lavoratori della Ludwig Loewe si recò alla Vorwärts per chiedere agli occupanti se fossero stati disposti a lasciare il locale in caso di negoziato ricevendo risposta negativa32. Siccome nessun tipo di mediazione sembrava funzionare i combattimenti nelle strade di Berlino continuarono il 9 e il 10 di gennaio. Questi si erano focalizzati nella zona dei giornali di Kochstraße, Zimmerstraße e Schützenstraße, quindi nella zona del centro di polizia, Alexanderplatz, alla porta di Brandeburgo e nelle vicinanze della Cancelleria del Reich in Wilhelmstraße. Qui Bernstein racconta un episodio come testimone oculare, quando, nel suo ufficio in Wilhelmstraße in veste di assistente segretario al Tesoro vide una pallottola entrare perforando la porta e, dopo essere passata ad un metro da lui, andare a conficcarsi in una massa di documenti33. Il Poligrafico dello Stato fu liberato dalle truppe governative. Le truppe governative cercarono di liberare il Mosse Haus dove c’erano le sedi del Berliner Tageblatt e del Berliner Volkszeitung, e dopo due giorni di intensi combattimenti e gravi perdite da entrambe le parti, alle 6:30 della sera del 10 venne firmata una tregua. Intanto già il 9 da Potsdam, città fortezza, erano arrivate a Berlino le truppe del Maggiore von Stephani con l’ordine di liberare l’edificio del Vorwärts. Egli spiegò a Brutus Molkenbuhr che sarebbe stato meglio negoziare, ma Molkenbuhr insistette per l’occupazione34.

La mattina del 10 le truppe governative attaccarono i lavoratori di Spandau guidati da Pieser e von Lojewski dei Consigli dei lavoratori e dei soldati, i quali avevano cercato di impadronirsi di armi e munizioni per gli insorti. Per le forze governative parteciparono il V reggimento dei granatieri della Guardia e un battaglione logistico che cannoneggiarono il Municipio. Pieser venne ucciso e molti lavoratori vennero fatti prigionieri. Quindi giorni dopo nella notte tra il 16 e il 17 furono caricati su due autocarri e giunti nel bosco di Tegel, von Lojewski, il presidente del Consiglio dei soldati, Milkert, il delegato dei lavoratori, Hermann Merx del comitato di sicurezza e il soldato Jordan, che poi si scoprì essere invece il fratello di Merx, furono uccisi per “tentata fuga35.

L’11 arrivò quindi una dichiarazione di Ebert e Scheidemann secondo cui chi si fosse arreso al Mosse Haus sarebbe stato risparmiato ed essi si arresero. Si arresero anche gli occupanti dell’Ufficio del telegrafo Wolff. Dopo diverse pressioni poste dal governo, Noske decise che le truppe fossero pronte per entrare a Berlino e l’11 di gennaio entrarono 2000 uomini, tra i quali gli uomini della Brigata Kiel e il reggimento Potsdam36. I combattimenti nelle strade però durarono per tutta la notte del 10 gennaio e poi, tra le 7 e le 8 del mattino del 11 gennaio, iniziò l’attacco al Vorwärts da parte delle truppe governative guidate dal Colonnello Reinhardt e dal Maggiore Stephani. L’edificio fu bombardato dalla Belle-Alliance-Platz, vi fu quindi un assalto del reggimento Potsdam, e poi partì un nuovo bombardamento per due ore. Una delegazione di sei tra i quali Wolfgang Fernbach pubblicista del Rote Vorwärts e il poeta Werner Möller uscì dall’edificio per chiedere di far sgomberare i sopravvissuti e parlò con il tenete Westrap che in 10 minuti prese controllo dell’edificio. Uno dei sei delegati rientrò nell’edificio, gli altri cinque furono arrestati e condotti alla caserma dei dragoni, durante il tragitto furono selvaggiamente pestati con frustini e calci di fucile e trafitti con la baionetta: apparentemente il maggiore Stephani aveva dato l’ordine di fucilare tutti quelli che sarebbero usciti dalla sede del Vorwärts, senza curarsi che i delegati continuassero a ripetere di essere usciti per trattare la resa. I cinque ormai irriconoscibili vennero finiti nel piazzale della caserma37. Vennero catturati 300 spartachisti sopravvissuti all’attacco i quali furono duramente maltrattati dalle truppe e alcuni di essi vennero sommariamente uccisi sul posto. I reduci di questi maltrattamenti vennero condotti alla caserma dei dragoni dove i soldati gli gridavano: «Dov’è la vostra amica Rosa?». I prigionieri vennero messi al muro, quando sopraggiunse un ufficiale, il quale ordinò di attendere poiché la decisione sarebbe spettata al governo38. Secondo le ricostruzioni il conte Westrap avrebbe istigato i maltrattamenti e le esecuzioni. Sull’ordine emesso dal maggiore Stephani che chiunque fosse uscito dai locali del Vorwärts armato sarebbe stato ucciso39, fu aperta un’inchiesta dove Stephani dichiarò che l’ordine gli pervenne dal comando di piazza di Berlino, quindi da Klawunde, ma confermato dalla Cancelleria del Reich. Stephani portò il suo Stato Maggiore come testimone della telefonata40. È verosimile pensare che questo ordine partì dal governo visto il tenore del decreto sul porto d’armi di Noske pubblicato il 17 gennaio.

Quindi quel giorno il conflitto si concentrò sul centro di polizia che Emil Eichhorn aveva però già abbandonato (parte degli uomini di Eichhorn erano infatti passati dalla parte del governo con la promessa di una paga più alta), dove i ribelli erano guidati dallo spartachista Justus Braun. Le truppe dei fucilieri soprannominati “Maggiolini” guidate dal luogotenente Schulze fecero irruzione nel gigantesco centro di polizia. Queste truppe erano state rafforzate con 40 uomini dalla seconda guardia, con altri 20 dal reggimento Alexander e con un plotone di mitragliatrici. Quindi il reggimento di artiglieri aveva fornito truppe e armi, poi 10 camion, un’ambulanza e 600 uomini della sicurezza che avevano lasciato Eichhorn. La battaglia avvenne tra l’11 e il 12 gennaio e durò tutta la notte fino a che Braun alle 4:30 del mattino del 12 gennaio fece chiamare il luogotenente Schulze. Braun disse che vi era stato il permesso del governo di arrendersi senza essere arrestati ma Schulze non vedendo prove scritte richiese la resa incondizionata. Allora Braun chiese dieci minuti per arrendersi e uscire con la bandiera bianca. Quindi dopo dieci minuti un uomo solo si presentò con la bandiera banca e si diede alla fuga e secondo Bernstein è plausibile credere che questo fosse proprio Braun, catturato poco più tardi in una delle strade limitrofe alla centrale. Secondo il racconto di Paul Frölich et al., Braun ed altri quattro furono fatti prigionieri durante le trattative, trasferiti alla caserma Alexander e passati per le armi41. Uno dei prigionieri raccontò che Braun fu legato ad un cannone e fatto in mille pezzi42. I combattimenti quindi ripresero, il Sergente Maggiore Westphal attaccò il fronte di Alexanderstraße dove trovò una forte resistenza, mentre in Wadzekstraße la resistenza fu vinta grazie all’uso di granate e la linea di fuoco si spostò nelle vie Kleine Frankfurtestraße e Kaiserstraße dove la mitragliatrice situata nella centrale di polizia poteva fare fuoco. Westphal e altri 50 uomini riuscirono grazie ad un inteso fuoco ad entrare nella centrale, dove incontrarono pochi spartachisti ai quali Westphal chiese se volessero negoziare. Questi risposero di sì, ma date le circostanze la resa incondizionata fu infine accettata. Circa 120-150 prigionieri furono portati fuori dalla centrale. Altre sezioni della centrale però non erano a conoscenza della resa e vi furono ancora spari quando Schulze intimò che chiunque avesse aperto il fuoco sarebbe stato messo al muro, e quindi un’altra manciata di spartachisti uscì allo scoperto43. Anche in questo caso le truppe governative si accanirono sui prigionieri cinque dei quali furono uccisi sul posto e apparentemente solo grazie all’intervento di Schulze, Braun fu risparmiato44, versione non confermata. L’ultimo edificio liberato fu la Stazione Schlesische. Le truppe governative avevano ristabilito l’ordine.

Dal 12 iniziò la caccia a Liebknecht e Luxemburg ai quali era stato consigliato di nascondersi. La caccia ai due rivoluzionari era portata avanti dal solito von Tyszka. Secondo le ricostruzioni della commissione d'inchiesta, la “Lega degli assassini”, ovvero un centro di reclutamento delle Freikorps a Berlino destinato a raccogliere volontari per le armate di Kolčak e del generale von der Goltz nei Paesi Baltici era collegata alla Lega Antibolscevica che aveva fornito le spie per la cattura di Liebknecht e Luxemburg. Von Tyszka raccontò in seguito che gli furono promessi venticinquemila marchi, ed è possibile che questa attività fu finanziata dallo Stato. I centri spionistici erano attivi presso l’Hotel Eden e il reggimento Reichstag. Pare che il collegamento tra la Lega Antibolscevica, il Consiglio cittadino, l’Hotel Eden, il reggimento Reichstag e il comando di piazza fu un certo Weissmann. La rete di spionaggio del reggimento Reichstag era celata dietro il “Servizio di consulenza del Partito socialdemocratico, sezione 14”, ovvero, era formato da 14 spie. Il 13 gennaio la spia Kunberg era stato attivo nella Augsburgerstraße sulle tracce di Liebknecht e la “signora Ernst”, fece un rapporto circa il civico 75 della Bismarckstraße a Stegliz. Il 15 gennaio la “signora Ernst” venne arrestata a Mannheimerstraße 53, “pro forma per guadagnare la fiducia della famiglia” si legge su diario del Servizio di consulenza. Secondo la testimonianza di von Tyszka il comando di assassinare Liebknecht arrivò da Scheidemann, mentre secondo Gürgen, un altro personaggio coinvolto nell’arresto di Ledebour e Meyer, il comando era stato impartito da Anton Fischer, il quale avrebbe promesso centomila marchi per la morte di Liebknecht. Il tesoriere del reggimento Reichstag dichiarò che il genero di Scheidemann, Fritz Henck, lo autorizzò verbalmente a pagare cinquantamila marchi a chi poteva dimostrare di aver partecipato all'assassinio di Liebknecht e Luxemburg. Addirittura, Otto Wels, interrogato in merito al primo arresto di Liebknecht, dichiarò di aver richiamato von Tyszka, il quale si difese dicendo di aver eseguito gli ordini… Wels al tempo non gli credette per via della fama di bugiardo di von Tyszka, ma con il senno di poi, si convinse che probabilmente seguiva davvero gli ordini di qualcuno. Il sottotenente Fischer confermò che centomila marchi furono consegnati a von Tyszka per catturare i due rivoluzionari e confermò che questo ordine gli arrivò dall’alto. Quindi le varie voci dei testimoni ricostruirono abbastanza coerentemente che Henck disse solo a voce che erano stati stanziati centomila marchi a chi avesse catturato e ucciso Liebknecht e Luxemburg e che il tesoriere del reggimento Reichstag aveva l’ordine formale di versare cinquantamila marchi per la loro uccisione. Il genero di Scheidemann si difese dicendo di aver sentito della ricompensa e di non aver mai dichiarato che Scheidemann l’avesse promessa.

La Vorwärts liberata comunque pubblicò il seguente trafiletto:

Centomila morti in fila.

Proletari!

Karl, Rosa, Radek e compagnia,

nessuno è tra quelli, nessuno è tra quelli!

Proletari!45.

Il ricercato Karl Liebknecht il 15 di gennaio pubblicò un articolo sulla Rote Fahne incitando la resistenza e informando che, contrariamente alle voci circolanti, egli non fosse fuggito. L’articolo aveva ancora un tono positivo sull’esisto della insurrezione. Anche Rosa Luxemburg lavorò fino all’ultimo alla sede della Rote Fahne ma fu trasferita in un luogo sicuro: Rosa e Karl si nascosero a Neukölln, quindi si trasferirono a Wilmersdorf presso la famiglia Marcussohn. Qui Rosa Luxemburg scrisse “L’ordine regna a Berlino”, il suo ultimo articolo:

L’ordine regna a Berlino! Così proclama vittoriosamente la stampa borghese, così proclamano Ebert e Noske, con gli ufficiali delle ‘truppe vittoriose’, []. Esse, che furono sconfitte nelle Fiandre e nelle Argonne, hanno restaurato la loro reputazione con una vittoria brillante – su trecento ‘spartachisti’ nell’edificio della Vorwärts. I giorni in cui le prime gloriose truppe tedesche attraversarono il Belgio e quelli del generale Emmich alla conquista di Liegi impallidiscono di fronte a Reinhardt e Co. nelle strade di Berlino. Le furiose truppe del governo massacrarono i mediatori, i quali provarono a negoziare la resa dell’edificio della Vorwärts, usando i calci di fucile per picchiarli fino a sfigurarli []. Ora ‘Spartaco’ è il nemico, Berlino è il posto dove i nostri ufficiali possono assaporare il trionfo e Noske, ‘il lavoratore,’ è il generale in grado di vincere lì dove Ludendorff ha fallito []”.

L’anello debole nella causa rivoluzionaria è l’immaturità politica delle masse di soldati, i quali permettono ancora ai loro ufficiali di aizzarli contro la gente per fini controrivoluzionari. Questo fatto da solo mostra che in questo frangente non era possibile una vittoria rivoluzionaria duratura. D’altra parte, l’immaturità dei militari è in sé sintomo della generale immaturità della rivoluzione tedesca. La campagna, dalla quale una larga percentuale di soldati semplici provengono, non è stata praticamente toccata dalla rivoluzione []. I centri rivoluzionari nelle province – la Renania, la costa settentrionale, il Brunswick, la Sassonia, il Württemburg – sono stati il cuore e l’anima dei lavoratori berlinesi, è vero, ma per il momento non marciano ancora all’unisono l’uno con l’altro, non c’è ancora quell’unità di azione che creerebbe la spinta in avanti e renderebbe la lotta della classe lavoratrice berlinese incomparabilmente più efficace []. Ciò significa che la lotta della settimana scorsa è stata un errore? La risposta è sì, se pensiamo ad un ‘raid’ o un ‘putsch’ premeditato. Ma cosa ha causato il combattimento in quella settimana? Come in tutti gli altri casi, ovvero il 6 dicembre e il 24 dicembre, è stata una brutale provocazione da parte del governo [].

La lotta rivoluzionaria è in antitesi con la lotta parlamentare. In Germania per quattro decadi abbiamo avuto nient'altro che ‘vittorie’ parlamentari. Praticamente abbiamo marciato di vittoria in vittoria e quando abbiamo affrontato il grande test storico del 4 agosto 1914, il risultato è stato la devastazione politica e la sconfitta morale, una debacle scandalosa e un marciume senza paragone. Fino ad oggi le rivoluzioni non ci hanno dato altro che sconfitte. Eppure, questo inevitabile accumulo di sconfitte ci garantisce la vittoria finale [].

Le masse sono il fattore cruciale, sono la pietra sulla quale la vittoria finale sarà costruita. Le masse erano pronte alla sfida e da questa ‘sconfitta’ hanno forgiato un anello nella catena delle storiche sconfitte, che è l’orgoglio e la forza del socialismo internazionale. Ecco perché vittorie future nasceranno da questa sconfitta [].

L’ordine regna a Berlino! Voi siete sciocchi lacchè! Il vostro ‘ordine’ è fatto di sabbia. Domani la rivoluzione si ‘solleverà nuovamente sbattendo le armi’ e con vostro orrore proclamerà con trombe ardenti: Io ero, Io sono, Io sarò!”46.

e Karl Liebknecht in “Nonostante tutto!”:

[]. ‘Abbasso gli Spartachisti!’ si ulula per le strade. ‘Prendeteli, frustateli, pugnalateli, sparategli, infilzateli, calpestateli, fateli a pezzi!’ Vengono commesse atrocità che mettono in ombra quelle commesse in Belgio dalle truppe tedesche. ‘Spartaco è sconfitto!’ e c'è giubilo dal Post al Vorwärts []. Le elezioni per l'Assemblea nazionale si terranno sotto le baionette del colonnello Reinhardt, sotto le mitragliatrici e i cannoni del generale Lüttwitz: un plebiscito per Napoleone-Ebert. ‘Spartaco è sconfitto!’ Sì, certo! Gli operai rivoluzionari di Berlino furono sconfitti! Sì, certo! Ne hanno massacrati cento dei migliori! Sì, certo! Centinaia dei loro più fedeli vengono gettati in prigione! Sì, certo! Sono stati picchiati. Perché erano stati abbandonati dai marinai, dai soldati, dalle forze di sicurezza, dalla milizia popolare, sul cui aiuto avevano contato così fermamente. E il loro potere era paralizzato dall'indecisione e dalla debolezza della loro leadership. E l'immensa ondata di fango controrivoluzionario proveniente dagli strati arretrati del popolo e dalle classi abbienti li annegò. Sì, sono stati picchiati. Ed era un imperativo storico che venissero sconfitti. Perché i tempi non erano ancora maturi. E tuttavia, la lotta era inevitabile. []. E hanno vinto gli Ebert-Scheidemann-Noske. Hanno vinto perché i generali, la burocrazia, gli Junker “della ciminiera e del cavolo” [ossia “di città e di campagna” n.d.t.], i preti e i ricchi e tutto ciò che è di mentalità ristretta, limitata e arretrata erano dalla loro parte. E vinsero per loro con mitraglia, bombe a gas e mortai []. Gli sconfitti di oggi saranno i vincitori di domani. Perché la sconfitta è la loro lezione. Il proletariato tedesco manca ancora di tradizione ed esperienza rivoluzionarie. E solo nei tentativi timidi, negli errori giovanili, nelle dolorose battute d'arresto e nei fallimenti può acquisire la formazione pratica che garantisce il successo futuro []. Ma i vincitori di oggi? Hanno compiuto il loro nefasto e sanguinoso lavoro per una causa nefasta. Per i poteri del passato, per i nemici giurati del proletariato. E oggi sono già inferiori! Perché sono già prigionieri di coloro che pensavano di poter usare come loro strumenti e di cui sono sempre stati strumenti. Danno ancora il nome all'azienda. Ma la loro tregua è breve []. La borghesia francese dovette estromettere dalle proprie fila i macellai del giugno 1848 e quelli del maggio 1871. La borghesia tedesca non ha bisogno di fare alcuno sforzo: sono i “socialdemocratici” a svolgere il lavoro sporco, sprezzante, sanguinoso e codardo; il loro Cavaignac, il loro Gallifet si chiama Noske, il “lavoratore tedesco”47.

Lo stesso giorno però Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg furono arrestati proprio nella casa dei Markhussohn dalla Bürgerwehr, la milizia civica, e furono consegnati al personale della Divisione Gardeschützenkavallerie (divisione dei fucilieri a cavallo della guardia) in istanza all’Hotel Eden in Kurfürstendamm. Alle undici di sera, dopo un processo sommario, decisero di trasferirli alla prigione di Moabit. Secondo la dichiarazione dello Jäger Otto Runge, il quale divenne il vero e proprio capro espiatorio, ma che molto probabilmente partecipò sì, ma, più come pedina che come regista degli omicidi, Liebknecht fu colpito al capo, già all’ingresso dell’Hotel, chiese di essere medicato ma gli fu rifiutato. Pochi minuti più tardi, dieci, secondo Runge, venne portata anche Luxemburg. Mentre i due prigionieri erano interrogati, gli ufficiali, soprattutto il tenente di vascello Pflugk-Harttung, impartirono ordini agli Jäger di ucciderli alla loro uscita dall’Hotel. Runge dichiarò che Luxemburg era stata già colpita con il calcio del fucile prima della sua uscita dall’Hotel. Runge colpì una volta con il calcio della sua carabina sia Liebknecht che Luxemburg alla loro uscita. Secondo le fonti ufficiali, uscito dall’Hotel Liebknecht fu raggiunto da tre colpi sferrati col calcio della rivoltella dallo Jäger Otto Runge che era di piantone alla porta dell’Hotel. Sempre secondo il resoconto ufficiale durante il tragitto, l’ormai moribondo Liebknecht, chiese di scendere dall’auto che lo stava conducendo in prigione, per una boccata d’aria quando tentando la fuga, cosa improbabile date le sue condizioni, fu raggiunto da un colpo fatale di arma da fuoco sparato dal tenente di vascello von Pflugk-Harttung. Ovviamente l’aggiunta della fuga del prigioniero scagionava i loro esecutori che secondo la legge militare potevano sparare a un fuggitivo. L’autopsia poi rivelò che il colpo venne sparato da vicino. Quindi il suo corpo fu portato al giardino zoologico adibito a mortuario per i caduti dell'insurrezione. La scorta composta da sette soldati, quasi di sicuro ufficiali, lasciò il suo cadavere al Rettungsstation dichiarando che si trattava di uno sconosciuto. Secondo la dichiarazione di Runge, una volta tornati all’Hotel gli uomini della scorta di Liebknecht si vantarono (e soprattutto lo Jäger Friedrich) di aver inscenato la fuga di Liebknecht e di avergli quindi sparato, aggiungendo che per avvalorare la scena della fuga il sottotenente di vascello Schulz si era fatto ferire alla mano con il pugnale di Liebknecht48.

All’uscita di Rosa Luxemburg, la stessa scena si ripeté quando sempre Runge colpì col calcio della sua carabina ripetutamente (secondo Runge la colpì una volta e lievemente) la povera e fragile Luxemburg, la quale svenne e in fin di vita o forse già morta durante il trasporto, questa volta senza l’aggiunta della “fuga”, fu direttamente assassinata con un colpo di rivoltella alla testa sparato da luogotenente Kurt Vogel, il quale ebbe anche l’idea di gettarne il cadavere nel canale Landwehr dal ponte Lichtenstein. Sempre secondo la dichiarazione di Runge fu invece il maresciallo Krull a sparare a Rosa Luxemburg durante il trasporto in auto nei pressi della Nürnbergerstraße. Effettivamente Runge conferma che il luogotenente Vogel si vantò di aver gettato il corpo di Rosa Luxemburg nel canale. La Vorwärts fu il primo giornale ad uscire con la notizia della cattura di Liebknecht e Luxemburg, evitando di parlare della loro uccisione, ma la notizia emerse nel pomeriggio del 16 da altri giornali. La notizia provocò un grande sdegno. Il governo emanò una dichiarazione dove si impegnava a istituire un’inchiesta sulla morte di Luxemburg e Liebknecht. Anche Wilhelm Pieck fu arrestato e avrebbe dovuto fare la stessa fine di Karl e Rosa ma riuscì ad ingannare i suoi custodi con false generalità e venne portato in una prigione dalla quale qualche giorno più tardi riuscì a fuggire. La storia di Runge getta qualche ombra sull’accaduto: “«Più tardi, un ufficiale si avvicinò e mi disse: «Ha svolto bene il suo incarico [quello di colpire Karl e Rosa]. Salga le scale, al quarto piano, e dia il cambio a quell’incapace buono a nulla di sopra. Troverà anche un redattore della Rote Fahne [credevano si trattasse di Ernst Meyer, ma si trattava di Wilhelm Pieck], lo faccia fuori!» All’inizio delle scale, mi venne incontro il maresciallo Krull che mi disse: «Devi venire subito sopra a sistemare le cose. C’è anche un redattore della Rote Fahne. Devi ucciderlo.» Chiesi al maresciallo da chi venisse l’ordine, visto che mi era già stato impartito. Mi rispose che era il capitano Pabst a dare gli ordini e che bisognava eseguirli. Di sopra, appoggiato ad una parete, c’era un uomo. Un altro era seduto accanto a lui. Krull prese la mia carabina, controllò che fosse carica e disse: «Uscirò ed entrerò per tre volte, sarà il segnale, alla terza volta, spara. Gli altri se ne sono già andati». Era vero, se ne erano andati. Il redattore della Rote Fahne mi si avvicinò, e mi disse: «Compagno, non sparare, ho ancora qualcosa da dire.». Fu quindi condotto in una stanza, interrogato e poi riportato indietro. In seguito, un ufficiale ordinò al maresciallo Krull: «Trasferite quest’uomo e fate in modo che non gli accada nulla.»”49.

Bernstein riporta la sua testimonianza diretta su ciò che vide il 16, ovvero il giorno dopo l'assassinio dei due leader spartachisti. Racconta che egli si trovava alla Cancelleria del Reich quando arrivò la notizia dell’uccisione di Liebknecht e vide la reazione scioccata nei membri del governo; difese quindi il governo, sostenendo che non vi fosse alcuna fondatezza nell’accusa di complicità con l’assassinio. Secondo le numerose testimoniante riportate da Paul Frölich et al., invece sembra che qualche collegamento tra il grande lavoro spionistico, l’ordine di assassinio ed elementi del governo vi fu. Si ricordi in particolare il ruolo giocato dal genero di Scheidemann. Il 16 la reazione di Noske, per molti il vero mandante degli assassini, alla notizia fu dapprima di preoccupazione, in quanto temeva una reazione violenta dei berlinesi. La reazione dei berlinesi non ci fu, ma i giornali borghesi additarono Noske come il vero responsabile degli assassini. Personalmente Noske che non si dichiarò mai il mandante, si irritò principalmente del fatto che i giornali borghesi non avessero invece di colpevolizzarlo focalizzato l’attenzione sul linciaggio di un giovane ufficiale per mano dei comunisti50, ed espresse comunque in diverse occasioni la sua idea che Liebknecht e Luxemburg avevano avuto quello che si meritavano per aver tentato di trasformare una rivoluzione pacifica in un bagno di sangue. È difficile quindi credere completamente alla versione di Bernstein che il governo si trovò difronte al fatto compiuto, per poco che si vogliano attribuire responsabilità ai maggioritari, questi crearono un clima repressivo e di connivenza con le forze armate che legittimarono tale accanimento.

L'errore, politico, compito dal governo fu comunque quello, secondo Bernstein, di affidare l'investigazione ai militari. Senza dubbio secondo Bernstein l’aver affidato l’investigazione ai militari, che cercarono ovviamente di insabbiare tutto, aprì la porta dei sospetti e polemiche che il governo fosse complice51. Alla fine dei conti Bernstein ha parole molto comprensive per Rosa Luxemburg, ma meno per Karl Liebknecht che reputava un megalomane, nonostante esprima il suo dispiacere per la violenta fine fatta dal radicale socialista52. Effettivamente cinque giorni dopo l'assassinio ancora nessun colpevole era stato interrogato e il primo ordine di cattura venne emanato da questo tribunale militare, una vera e propria farsa, solo quattro settimane dopo ed esclusivamente ai danni di Runge, l’ultima ruota del carro. Ebert e Landsberg chiesero al tribunale di consentire ai rappresentanti legali delle famiglie Liebknecht e Luxemburg di partecipare al processo, ma la richiesta fu respinta53.





Le elezioni della Assemblea nazionale



Le disposizioni per le elezioni dell’Assemblea nazionale furono prese già il 30 novembre dal Consiglio dei Delegati del Popolo e quindi così via il 6, il 19 e il 28 dicembre. Si decise per un suffragio di donne e uomini a partire dai vent’anni, seguendo il sistema proporzionale, per l’elezione di 421 deputati sulla base di uno ogni 150.000 abitanti, su un totale di 37 distretti elettorali. Come determinato al Consiglio Generale dei Consigli di Germania le elezioni si tennero 19 gennaio 1919 e su 35 milioni di aventi diritto andarono alle urne 30.401.000 persone. Lo sciopero proclamato dagli spartachisti e dagli indipendenti per il 18 gennaio rimase disatteso. La “rivolta spartachista” (o nota come tale) era stata violentemente repressa e le elezioni dell’Assemblea nazionale avvennero in una Berlino blindata, con automobili con pattuglie e mitragliatrici che giravano di continuo54. Prima della guerra nella Germania guglielmina esistevano sei formazioni politiche: i Conservatori, i Liberal- conservatori o Partito dell’Impero, i Nazional-Liberali, il Zentrum, ovvero il Centro Cattolico, il Partito Progressista Popolare e i Socialdemocratici. Ora, con la caduta dell’Impero degli Hohenzollern, le forze politiche tedesche si erano “modernizzate”. La SPD si era divisa in SPD, i maggioritari, USPD, gli indipendenti, e KPD(S), i comunisti. Il Partito Popolare Nazionale di Germania era erede dei vecchi Conservatori, che avevano sostituito il “Per l’Imperatore” con il “Per il Popolo”, ma rimanevano i rappresentanti della classe più conservatrice del paese: era una corrente apertamente antisemita, che vedeva per la donna la posizione classica delle tre K, Kirche (Chiesa), Küche (Cucina) e Kinder (Figli). Il Partito Popolare tedesco era costituito dai vecchi Liberal-conservatori, “una via di mezzo fra il conservatore e il democratico; poco democratico, tuttavia, e molto conservatore” osserva con ironia Sacerdote. Il Partito Popolare Cristiano era il vecchio Zentrum, e il Partito Democratico tedesco raccoglieva l’ala sinistra dei Nazionali-Liberali e i democratici, i quali erano meno conservatori dei vecchi partiti imperiali ma non condividevano i piani di socializzazione dei partiti socialdemocratici55.

I partiti socialdemocratici ovvero SPD e USPD ebbero 14 milioni di voti circa, conquistando assieme 185 seggi dei quali la larga maggioranza era stata vinta dalla SPD 163 (22 andarono alla USPD), 163 seggi andarono anche alla coalizione dei partiti borghesi, ovvero il Partito del Popolo Cristiano e il Partito Democratico di Germania (DDP), quindi i partiti monarchici, ovvero il Partito Popolare Nazionale di Germania (DNVP) e il Partito Popolare di Germania (DVP), presero 4,4 milioni di voti, ovvero 63 seggi. Prima dell’elezione dell’Assemblea nazionale si tennero elezioni per i parlamenti dei Länder in Anhalt e Braunschweig a dicembre, nel Baden, in Baviera, nel Württemberg e nel Mecklenburg-Strelitz nella prima metà di gennaio. Le elezioni di dicembre produssero maggioranze socialdemocratiche e nel Braunschweig la USPD ricevette tanti voti quasi quanti quelli della SPD. Le lezioni di gennaio furono poco favorevoli alla USPD.

A Berlino Scheidemann aveva trionfato con 75.000 voti! Fu seguito dal democratico Naumann con 44.000 mila e quindi da Eichhorn, candidato degli indipendenti con 30.000 voti. Poi nell’ordine: Lavrenz tedesco-nazionale, Kaml tedesco-popolare presero entrambi 23.000 voti, e Pfiefer del Centro 12.000 voti. In molti collegi però Centro e democratici assieme superano i socialdemocratici56. In Baviera Kurt Eisner, indipendente, fu eletto presidente ma solo 3 indipendenti vennero eletti su 62 maggioritari. In Württemberg 4 indipendenti su 52 maggioritari, mentre negli altri Länder non furono eletti indipendenti. Nelle elezioni dell’Assemblea nazionale i voti per gli indipendenti furono più numerosi solo a Lipsia e a Düsseldrof. Bernstein su posizioni lassalliane commenta che l'esclusione dalla partecipazione al governo dei rappresentanti politici di milioni di commercianti borghesi sarebbe stato un errore e avrebbe scatenato una vendetta violenta. “Vendetta violenta” che se consideriamo le sanguinose repressioni di febbraio, marzo e aprile in tutta la Germania non si può dire che non tardò ad arrivare. Quindi, continua Bernstein, tutte le classi sociali dovevano partecipare a scrivere la Costituzione repubblicana: “La Repubblica avrebbe certo potuto lottare contro certi partiti borghesi e certe classi, ma non contro tutti, senza andarsi a cacciare in una posizioni insostenibile”. E ancora secondo Bernstein, anche se la socialdemocrazia avesse avuto la schiacciante maggioranza, l’inclusione di partiti borghesi repubblicani sarebbe stata necessaria per la sopravvivenza della Repubblica stessa57. Bernstein non mette l’accento però sulla connivenza tra la SPD e le forze di repressione militari e paramilitari che ridussero la credibilità di una possibile collaborazione pacifica tra classi.

Il Delegato Noske il giorno stesso delle elezioni aveva emanato un’ordinanza secondo la quale l’esercito doveva essere organizzato in via provvisoria, togliendo di fatto il potere ai Consigli dei soldati58. Alcuni potrebbero ricordare il monito di Däumig al Congresso Generale dei Consigli di Germania in dicembre, il quale aveva previsto che l’elezione dell’Assemblea nazionale avrebbe messo fine ai Consigli. Come già accennato, il 22 gennaio il sostituto di Eichhorn, ovvero Ernst, maggioritario, dichiarò apertamente che tramite la destituzione di Eichhorn, appunto, il governo aveva provocato i radicali costringendoli a lottare prima del tempo, e uscì anche la notizia che Dräger fosse stato un agente provocatore. Nel frattempo, centinaia di prigionieri catturati durante gli scontri attendevano ancora di essere processati59. Venne reso noto che la Costituente, a seguito delle elezioni dell’Assemblea nazionale, sarebbe stata spostata a Weimar più difendibile di Berlino. Inoltre, Noske aveva dichiarato a chi gli chiedeva se a Berlino vi fosse pericolo dell’instaurazione di un contro-governo: “Credo di poter fornire la garanzia che non sarà possibile nessun contro-governo.”. Commenta Sacerdote: “Realmente quando si vedono mitragliatrici e soldati armati di fucile e bombe a mano nelle principali piazze e strade di Berlino, si possono comprendere le parole di Noske!60.

Il 26 gennaio si tenne il funerale di Liebknecht e degli altri caduti durante gli scontri della “settimana rossa berlinese”: le principali vie per il Reichstag furono sbarrate e alle principali piazze e agli incroci furono posizionate truppe del governo con cannoni e mitragliatrici; davanti a queste postazioni militari erano visibili cartelli dove si leggeva: “Chi non si arresta sarà fucilato!”. Al cimitero di Friedrichsgelde, dove era sepolto anche Wilhelm Liebknecht, padre di Karl Liebknecht, venne organizzata una fossa comune e accanto al feretro di Karl ne rimase uno vuoto per Rosa. Paul Levi tenne un discorso in nome degli spartachisti, dopo di lui Luise Zietz e il dottor Breitschold61. Intanto Haase era ancora bloccato in Svizzera62, molto probabilmente per la prima riunione a Berna del Bureau Socialiste International dopo la guerra.

L’elezione di Eichhorn a Berlino come capolista per la USPD venne annullata; infatti, questi avrebbe dovuto mandare una lettera di conferma, ma non essendo reperibile, o non avendolo voluto reperire, venne formalmente escluso. Il Consiglio Esecutivo di Berlino si riunì il 31 gennaio per discutere sul suo futuro, avendo gravi problemi di legittimità e di funzioni ora che erano avvenute le elezioni e che il Consiglio Centrale, maggioritario, coordinava i vari Consigli locali. Siccome Noske nel comandare le forze di repressione non tenne minimamente conto di nessuna delle delibere approvate all'unanimità dal Congresso dei Consigli dei lavoratori e dei soldati di tutta la Germania a dicembre, numerosi Consigli dei soldati, riunitisi il 30 gennaio in una Assemblea generale, approvarono una risoluzione di protesta e votarono anche (con 148 voti a favore e 47 contro) un ordine del giorno che deplorava i provvedimenti del governo che ne aveva sminuito l’importanza. Sulla Vorwärts, la quale aveva ripreso con vigore la sua campagna contro i Consigli, si leggeva: “O i Consigli si sottomettono alla democrazia, oppure [devono] impegnarsi in una lotta a coltello contro la democrazia, ma per i socialisti non può esservi esitazione: il sistema dei Consigli rappresenta la negazione del nostro programma socialista”, ovvero, la posizione difesa da Scheidemann al Congresso dei Consigli sempre a dicembre. All’Assemblea generale del Consiglio Esecutivo di Berlino il maggioritario Cohen, presidente del Consiglio Centrale, ricordò che il Congresso di tutti i Consigli di Germania aveva già assegnato all’Assemblea nazionale il compito di decidere sulle sorti della Germania. Per Cohen i Consigli dovevano continuare ad esistere sì, ma la loro funzione ora doveva diventare economica, dentro le fabbriche e in collaborazione con quella dei sindacati, e non più politica. Replicò Däumig facendo notare quanto la liquidazione dei Consigli significava la liquidazione della rivoluzione, la quale non aveva ancora compiuto la sua missione. Per Däumig i vecchi mezzi della democrazia devono essere sostituiti da quelli rivoluzionari e i Consigli erano l’unico valido mezzo di socializzazione e non potevano vivere senza avere alcun ruolo politico. Däumig propose quindi la convocazione a febbraio di un nuovo Congresso Generale dei Consigli di Germania per prendere una posizione in merito all’Assemblea nazionale e allo status giuridico dei Consigli stessi. La risoluzione Däumig raccolse 434 voti e vinse su quella Cohen che ne prese 302. Si ricordi che Clara Zetkin, assente al Congresso fondativo della KPD(S), sempre il 31 lasciò la presidenza della USPD del Württemberg annunciando il suo ingresso nel KPD(S)63. Per chi avrebbe creduto che dopo il terribile gennaio 1919 sconfitti i radicali la situazione si sarebbe andata man mano normalizzando, il 2 febbraio il governo provvisorio decise di mandare una spedizione militare per reprimere la Repubblica di Brema, altre repressioni sanguinose sarebbero avvenute di lì a poco.



La Repubblica Consiliare di Brema

Il 10 gennaio 1919, mentre la fanfara suonava nella piazza del mercato e i lavoratori dimostravano in massa, i rappresentanti della USPD e del KPD(S) proclamarono la Repubblica Consiliare di Brema64. Questo, quindi, avveniva mentre a Berlino i combattimenti tra le forze di Noske e i radicali raggiungevano il clou. A Brema la rivoluzione era arrivata il 6 novembre 1918. I soldati e i lavoratori avevano occupato la piazza del mercato e l'indipendente Adam Frasunkiewicz aveva dichiarato la nascita del Consiglio dei lavoratori e dei soldati; quindi, 180 delegati fra i lavoratori e 30 fra i soldati furono eletti. I delegati dei lavoratori formarono un Comitato di azione di 15 delegati che si suddivisero in sei sottocomitati per organizzare il potere in modo più efficiente. Il Bürgerschaft, il parlamento, e il Senato della città, che rappresentavano l'amministrazione tradizionale, continuarono però ad esistere e operare, per non paralizzare l’attività amministrativa, fino al 14 novembre quando il Presidente del Consiglio dei lavoratori e dei soldati Alfred Henke, indipendente, abolì queste due vecchie istituzioni. La loro dismissione però non comportò la loro dissoluzione, ma piuttosto il fatto che l’amministrazione tradizionale avrebbe collaborato con nuovo governo consiliare. Il 28 novembre si tenne una seduta del Consiglio per discutere la posizione da tenere nei confronti dell’Assemblea nazionale. Una delegazione di radicali guidata da Johann Knief cercò di entrare nel Consiglio per esprimere la sua contrarietà e il bisogno di instaurare la dittatura del proletariato. Quindi si decise di tenere delle nuove elezioni per il Consiglio dei lavoratori per far sì che questo organo di governo rappresentasse effettivamente il volere dei lavoratori. Johann Knief faceva parte dei Linksradikale, ovvero i “radicali di sinistra”, che già dallo scoppio della guerra si era opposta alla SPD. Questa ruotava attorno al Bremer Bürgerzeitung. Prima della guerra il Bremer Bürgerzeitung era diretto da Alfred Henke e ospitava spesso articoli di Luxemburg, Mehring, Radek e Pannekoek65. Il 27 novembre i Linksradikale iniziarono a pubblicare il Kommunist.

Il 4 dicembre fu presentata la legge elettorale, Wahlreglement, da usare nelle nuove elezioni; questa era molto radicale in quanto prevedeva l’esclusione degli elementi borghesi. Brauckmüller, indipendente, spiegò il carattere straordinario e temporaneo che aveva il fine di preservare le conquiste fatte dalla rivoluzione. Un altro membro del Consiglio, indipendente, Frasunkiewicz dichiarò che il Consiglio rimaneva un organo temporaneo con la funzione di creare lo Stato dei lavoratori e che questo doveva essere eletto solo da essi e non dai loro capi. Questa visione fu contrastata dai maggioritari che volevano allargare le elezioni alla borghesia. Fu quindi discusso il diritto di voto di tutti i lavoratori anche quelli iscritti a partiti e sindacati non socialdemocratici. Le elezioni erano previste per il 6 gennaio.

A Brema, a differenza di quello che succedeva da altre parti in Germania, la USPD guidata da Henke si trovava molto vicino ai comunisti radicali vicini all’Arbeiterpolitik, in più il Consiglio dei soldati era presieduto da un reduce di guerra del fronte orientale, Bernard Ecks, che era entrato nel movimento comunista. Quindi il 21 dicembre, proprio il Consiglio dei soldati decise la riconquista del giornale Bremer Bürgerzeitung ancora in mano ai maggioritari, ma in questo caso i comunisti rifiutarono di collaborare con gli indipendenti alla redazione del giornale. Entrò a Brema anche il 213o reggimento di fanteria, ma il Consiglio dei soldati, guidato dai radicali di sinistra, lo smobilitò creando un milizia di lavoratori della USPD e dei comunisti. Il 30 dicembre si presentò alle porte di Brema il 75o reggimento il quale aveva intimato: i. il reinsediamento del Parlamento del Senato, ii. l’ingresso dei rappresentati del loro reggimento nel Consiglio dei soldati, iii. l’affidamento della pubblica sicurezza al reggimento, iv. la consegna della caserma. Henke accettò le ultime tre richieste. Quindi il 31 di dicembre il 75o reggimento guidato dal maggiore Caspari entrò a Brema, ma di fronte al fatto che Brema era già gestita da una milizia di operai, il maggiore Caspari si dileguò66.

In preparazione all’elezione del Consiglio dei lavoratori, i maggioritari, che però a Brema non avevano la maggioranza, incominciarono a tesserare in modo abbastanza indiscriminato una larga fetta dei dipendenti pubblici facendo crescere la tensione tra loro e gli indipendenti. Alla fine, la SPD ottenne 113 mandati, mentre la USPD 64 e il KPD67 62. Mentre a Berlino era iniziata la cosiddetta “rivolta spartachista”, i comunisti di Brema avevano organizzato la proclamazione della Repubblica Consiliare (o Sovietica) di Brema. Dopo un grande dimostrazione di piazza contro Ebert e Scheidemann, e a favore dell'espulsione degli elementi borghesi dal Consiglio, il Consiglio elesse i Delegati del Popolo e i maggioritari si dimisero. I Delegati erano Henke, Frasunkiewicz, Jakos Kaiser, Rietchel e Johann Drettmann della USPD, quindi Knief, però già molto malato, Adolf Dannat, Karl Jannack e Rudolf Bäumer del KPD. I Delegati pubblicarono il seguente proclama:

A tutti i Consigli di Germania!

Il proletariato di Brema ha deciso oggi, 10 gennaio 1919, di rompere ogni rapporto con il governo Ebert che, in alleanza con gli sfruttatori, ha scatenato un regime di violenza e di terrore borghese contro il proletariato di Berlino.

La classe operaia di Brema ha affidato il proprio destino a un governo proletario e chiede a tutti i Consigli dei lavoratori e dei soldati di schierarsi al suo fianco nella lotta contro il regime sanguinario della borghesia68.

Come già detto, la Repubblica Consiliare venne dichiarata il 10 gennaio, mentre a Berlino per i radicali le cose si erano già messe molto male. Il nuovo Consiglio dei lavoratori e dei soldati di Brema escludeva ora la possibilità di collaborazione con il già destituito Senato di Brema; quindi, si impegnò a trasferirne gli uffici in nove Volkskommissariate, ovvero Commissariati del Popolo. Fu stabilito un Consiglio dei Delegati del Popolo che doveva prendere il posto del Senato e veniva controllato dal Vollzugsrat ovvero quindici delegati nominati dai Commissari del Popolo.

Il 13 gennaio il Consiglio dei lavoratori e dei soldati discusse la partecipazione alle elezioni dell'Assemblea nazionale le quali sarebbero avvenute il 19. Per i radicali della USPD, come Frasunkiewicz, l’Assemblea nazionale era in antitesi con il sistema consigliare organizzato a Brema, la Repubblica dei Consigli, quindi non avrebbero dovuto partecipare. Così la pensavano anche i comunisti, mentre il centro della USPD era invece per la partecipazione69. Il Consiglio rigettò la decisione presa dal Consiglio Esecutivo e dai Delegati di annullare le elezioni per l’Assemblea nazionale. Il giorno seguente, ovvero 14 gennaio, vi fu un attacco alla milizia dei lavoratori da parte di soldati guidati da Meyer, durante il quale vennero arrestati il comandante della piazza, Bernhard Ecks e i delegati del Consiglio dei soldati, Jannack e Reimann. I lavoratori se la presero con l'indipendente Henke il quale fu accusato di essere troppo centrista e quindi di aver permesso questo tentato putsch. In risposta a questo tentato putsch il Consiglio dei Delegati del Popolo tolse la censura sulla stampa borghese e lo Stato d’Assedio. Quindi il 19 si tennero le elezioni per l’Assemblea nazionale.

Dopo aver schiacciato la rivolta organizzata dagli Steward e degli spartachisti a Berlino, il governo era pronto ad organizzare le truppe per liberare Brema dal controllo dei “bolscevichi”. Iniziò quindi un negoziato tra l’appena nata Repubblica Consiliare di Brema e il governo provvisorio. È chiaro che l’intervento a Brema non era dettato da disordini o da incidenti, in quanto la vita a Brema scorreva abbastanza tranquilla, ma da un problema di legittimazione del potere. Il 21 gennaio la KPD(S) aveva organizzato uno sciopero generale per protestare contro il boicottaggio finanziario delle banche e della grande industria, ma siccome il giorno prima un gruppo di soldati comunisti intervenne contro la guarnigione per rispondere al tentato putsch del 14, la USPD si rifiutò di partecipare allo sciopero. Sempre il 21 il Consiglio approvò le elezioni di una rappresentanza cittadina. Quindi il 27 e 28 gennaio il coinvolgimento di un elemento estremista della KPD(S) negli avvenimenti di Wilhelmshaven gettò ulteriore cattiva luce sulla KPD(S) di Brema. Giovedì 30 gennaio, quindi a 20 giorni dalla dichiarazione della Repubblica dei Consigli, il governo comunicò che le truppe avrebbero marciato su Brema. Il governo di Brema assicurò che a Brema regnava calma e ordine; il presidente del Consiglio dei soldati del IX corpo di armata chiese a Noske di richiamare le truppe, e in un telegramma del 31, specificò che un intervento del governo sarebbe stato interpretato come una dichiarazione di guerra al IX corpo di armata deciso a difendere la rivoluzione70. Intanto venti treni trasportarono la divisione Gerstenberg, munita di cannoni, mitragliatrici, tank e automobili blindate con l’ordine di disarmare i lavoratori. Il governo di Brema si dichiarava disponibile a disarmare i lavoratori per evitare spargimenti di sangue, ma chiedeva che le armi non venissero consegnate alle truppe governative ma piuttosto al 76o reggimento di guarnigione a Brema, il quale avrebbe assunto la tutela della città71. Il Consiglio dei lavoratori e dei soldati di Amburgo decise di dover fermare l’avanzata della divisione Gerstenberg verso Brema. A Brema era stato previsto il disarmo della milizia dei lavoratori e anche il IX corpo di armata si era impegnato a custodire le armi. Alle tre del mattino del 2 febbraio venne trovato un accordo firmato dal presidente del Consiglio dei lavoratori e dei soldati di Amburgo Walter Lampl, quindi dagli indipendenti Drettmann e Frasunkiewicz e dal comunista Ertinger del Consiglio dei Delegati del Popolo di Brema, da Waigand, Schindelhauer e Schelter della SPD, da Graeger del Consiglio di Oldenburg, da Rusch del Consiglio dei soldati di Amburgo, da Libertin e Frese del Consiglio dei soldati di Brema, da Pool del Consiglio dei soldati del IX corpo di armata, da Behrens deputato del Landtag di Oldenburg, dal Capitano Danner e dal sottotenente von Pritzelwitz della Divisione governativa Gerstenberg. In questo accordo si leggeva che i Delegati di Brema si sarebbero dimessi, i lavoratori di Brema erano pronti consegnare le armi al IX corpo di armata che avrebbe garantito per il disarmo, a patto del richiamo immediato della Divisione Gerstenberg. Il governo rispose che i Delegati si dovevano dimettere immediatamente, un nuovo governo doveva essere formato rispecchiando l’esito delle elezioni dell’Assemblea nazionale e le armi andavano riconsegnate alla Divisione Gerstenberg; in caso contrario la Divisione avrebbe occupato Brema. A Noske giunse anche notizia della minaccia dei minatori della Ruhr di solidarizzare con Brema. Il 3 febbraio, il capitano Danner, dati i negoziati comunque a suo favore, era in realtà pronto a rimandare ogni cosa, ma il maggiore Caspari, che dopo essersi dileguato aveva organizzato un Freikorps, facendosi forte di parlare a nome di Noske, impose di dare via all’attacco72. Quindi nonostante l'accordo del 2, il 4 febbraio la Divisione Gerstenberg e il Freikorps guidato dal maggiore Caspari, iniziarono l’attacco a Brema. Dopo un giorno di combattimenti tra le truppe governative e i lavoratori armati, la Repubblica di Brema cadde. Ventotto furono i morti tra i lavoratori e 24 tra militari e paramilitari. Gli aiuti da Amburgo non arrivarono mai, un po’ per la condotta ambigua di Laufenberg, della sinistra radicale di Amburgo (che si rivelò in realtà molto “diplomatico” …) e un po’ per la rapida sconfitta dei lavoratori di Brema, la quale non diede abbastanza tempo alle truppe di Amburgo. La SPD, quindi, formò un governo provvisorio invalidando tutte le leggi istituite dalla Repubblica Consiliare di Brema73. Il giorno seguente il governo si trasferì a Weimar cittadina altrimenti tranquilla e ora fortemente militarizzata. Tutti i villaggi e le campagne circostanti Weimar erano stati occupate da truppe di fanteria e artiglieria. Ma le operazioni di messa in sicurezza di Weimar non erano andate sempre lisce: i Consigli dei soldati di Erfurt e Gotha si erano opposti alla marcia delle truppe governativa a Weimar e lo stesso Consiglio dei soldati di Weimar aveva disarmato i primi soldati arrivati in città e arrestato gli ufficiali. Noske ovviamente, come di consueto, ristabilì l’ordine. Quindi il 6 febbraio l'Assemblea nazionale si riunì per la prima volta74. Si passò quindi ad un’altra fase della rivoluzione tedesca.





CESCO

1Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 211-212.

2Gustavo Sacerdote (Genosse). La caccia a Liebknecht. Avanti! venerdì 3 gennaio 1919.

3Gustavo Sacerdote (Genosse). La Germania in attesa della pace. Il primo saluto della reazione. Avanti! martedì 7 gennaio 1919.

4Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, pp 90-91.

5Paul Frölich et al., riportano che Eichhorn fu convocato il 3 gennaio ed interrogato dal Consigliere governativo. Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 91.

6Gustavo Sacerdote. Come fu provocata l’insurrezione di Berlino (Nostri telegrammi particolari). Continua il mistero sull'assassinio di Liebknecht. Avanti! Giovedì 23 gennaio 1919.

7Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 93.

8Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 94.

9Ibidem.

10Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 211-212.

11Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 213.

12Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale:Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 96.

13Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 97.

14Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 107.

15Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 219.

16Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 99.

17Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 100.

18Dopo la destituzione di Wels, il comando era passato a Fischer, al capitano Marcks e all’intendente Bongarts, quindi ad un certo Robert Weissmann, il quale aveva elargito moti soldi per la lotta al bolscevismo.

19Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 222.

20Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “ Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 101.

21Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 109.

22Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 226.

23Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 231.

24Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 232.

25Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 229.

26Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 230.

27Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 231.

28Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 108-109

29Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 236.

30Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 238.

31Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 113.

32Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 238-239.

33Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 240.

34Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 111.

35Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 112.

36Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 241.

37Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 114.

38Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 115.

39Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 245-6.

40Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 116.

41Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 117.

42Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 118.

43Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 248-9.

44Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 249.

45Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 119-123.

46Rosa Luxemburg. Order Prevails in Berlin. Rote Fahne, January 14, 1919. marxists.org 1999. https://www.marxists.org/archive/luxemburg/1919/01/14.htm

47Karl Liebknecht. Trotz alledem! Rote Fahne, 15 Januar 1919. Marxists’ Internet Archive. 2003. https://www.marxists.org/deutsch/archiv/liebknechtk/1919/01/trotz.htm

48Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 128.

49Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 128.

50William Grant Ratliff. The political career of Gustav Noske, 1918-1920. A Thesis in History, Texas Tech University 1980.

51Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 256.

52Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 258-9.

53Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 123.

54Agenzia Stefani. Le elezioni per l’Assemblea costituente a Berlino. Avanti! martedì 21 gennaio 1919.

55Gustavo Sacerdote. I nuovi partiti borghesi tedeschi nella prima Assemblea Nazionale (servizio particolare dell’Avanti!). Avanti! Mercoledì 29 gennaio 1919.

56Agenzia Stefani. Le elezioni per l’Assemblea costituente a Berlino. Avanti! martedì 21 gennaio 1919.

57Marius S. Ostrowski. Eduard Bernstein on the German Revolution. Selected Historical Writings. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2020. p 294.

58Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 141.

59Gustavo Sacerdote. Come fu provocata l’insurrezione di Berlino. Avanti! giovedì 23 gennaio 1919.

60Gustavo Sacerdote. Perché la Costituente si raduna fuori di Berlino. Avanti! giovedì 23 gennaio 1919.

61Gustavo Sacerdote. Dalla Repubblica germanica. Avanti! mercoledì 29 gennaio 1919.

62Gustavo Sacerdote. Carlo Liebknecht e i morti di Berlino accompagnati all’ultima dimora da un imponente corteo di lavoratori. Avanti! lunedì 27 gennaio 1919.

63Gustavo Sacerdote. Nuove lotte si delineano in Germania fra Governo e Consigli di operai e soldati. Avanti! Domenica 2 febbraio 1919.

64Gaard Kets. Working-Class Politics in the Bremen Council Republic. In: The German Revolution and Political Theory, edited by Gaard Kets and James Muldoon. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2019.

65Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 168.

66Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 172-73.

67I Linksradikale di Brema erano entrati nel KPD(S) al Congresso di Berlino.

68Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “llustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 174.

69Gaard Kets. Working-Class Politics in the Bremen Council Republic. In: The German Revolution and Political Theory, edited by Gaard Kets and James Muldoon. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2019.

70Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 176-77.

71Gustavo Sacerdote. Il momento politico in Germania. Spedizione militare contro Brema. Avanti! lunedì 3 febbraio 1919.

72Paul Frölich, Rudolf Lindau, Albert Schreiner e Jakob Walcher. Rivoluzione e controrivoluzione in Germania 1918-1920. Dalla fondazione del Partito comunista al putsch di Kapp. Titolo originale: “Illustrierte Geschichte der deutschen Revolution”, 1929. Pantarei editore, 2001, p 181.

73Gaard Kets. Working-Class Politics in the Bremen Council Republic. In: The German Revolution and Political Theory, edited by Gaard Kets and James Muldoon. Palgrave MacMillan, Springer Nature, 2019.

74Gustato Sacerdote. L’aurora sanguigna della nuova Costituzione tedesca. Avanti! giovedì 6 febbraio 1919.


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