I prezzi di produzione in un sistema economico stazionario: i “misteri” del valore e del plusvalore
SOMMARIO
Dopo un'introduzione storica al cosiddetto Problema della Trasformazione, presentiamo la questione della Riproduzione Semplice in un sistema comprendente un numero arbitrario di settori economici e lo risolviamo avvalendoci del formalismo delle matrici di distribuzione al fine di ottenere una configurazione stazionaria dei valori di scambio e, quindi, dei capitali variabili. Successivamente studiamo gli stessi sistemi, in cui, dopo l'assunzione di poche ipotesi aggiuntive, emergano un saggio di profitto generale e, quindi, i vari prezzi di produzione distinti dai rispettivi valori di scambio. Ciò è ottenuto seguendo il metodo originale di Marx ed esplorando le successive critiche neoricardiane. In seguito, si è cercato di conciliare questi due approcci apparentemente opposti alla luce di una procedura “debole” di trasformazione marxiana (nota come Nuova Interpretazione) che modifichi il sistema non solo attraverso la formazione dei prezzi e la redistribuzione del profitto tra i capitalisti/imprenditori, ma anche attraverso lo spostamento di alcuni beni di consumo frugali da un gruppo sociale all'altro. È superfluo ricordare che in questa procedura marxiana “debole” la teoria del valore del lavoro vale, però soltanto in modo parziale, cioè applicata al prodotto netto (beni di consumo di lusso e frugali), ma non al prodotto lordo (aggregato di tutte le merci). Il contributo originale della scuola economica marxista di Charkiv è opportunamente evidenziato.
1. Introduzione
La trasformazione dei valori di scambio delle merci nei rispettivi prezzi di produzione nell’ambito del sistema economico marxiano è riportata nel terzo volume de “Il Capitale” [1], pubblicato postumo da Friedrich Engels nel 1894, ovvero ben undici anni dopo la morte del suo autore, ma scritto certamente tra il 1863 e il 1880. Subito dopo la pubblicazione di tale opera, la tesi dell’esistenza di una contraddizione tra il primo e l’ultimo volume de “Il Capitale” divenne uno degli argomenti preferiti dai critici di Karl Marx, tra i quali vanno sicuramente ricordati Wolfgang Mühlpfordt, Eugen von Böhm-Bawerk e Johann von Komorzynski. In particolare, il secondo, un noto economista accademico austriaco, produsse una radicale critica [2] dell’intero sistema economico marxiano, sostenendo che i risultati ottenuti nel primo volume de “Il Capitale” [3], completamente basati sulla teoria del valore-lavoro, fossero in flagrante contraddizione con quelli contenuti nel terzo volume della stessa opera. Una celebre replica [4] a Böhm-Bawerk, tesa a difendere la coerenza del programma scientifico di Marx, fu scritta nel 1904 da uno dei massimi dirigenti del movimento operaio tedesco dell’epoca, Rudolf Hilferding, ma questa non riuscì a bloccare completamente le critiche degli economisti accademici all’approccio marxiano. Infatti, ulteriori studi su questo argomento furono effettuati nel primo trentennio del XX secolo da un buon numero di autori, tra i quali è opportuno menzionare Vladimir Karpovič Dmitriev, Michail Tugan-Baranovskij, Ladislaus von Bortkievicz, Georg von Charasoff, Henryk Grossman e Natalie Moszkowska.
A questo proposito vale particolarmente la pena di citare la prima analisi critica completa di quello che diverrà poi noto con il nome di Problema della Trasformazione, operata da un eccezionale statistico ed economista, il citato Bortkiewicz [5],[6], in due lunghi saggi che purtroppo non ottennero subito la completa attenzione che avrebbero sicuramente meritato. L’atteggiamento di Bortkiewicz appariva abbastanza diverso da quello di Böhm-Bawerk, in quanto il primo fu essenzialmente un neoricardiano (benché connotato da forti interessi per l’equilibrio economico generale di Léon Walras), mentre il secondo divenne celebre come uno dei più forti sostenitori dell'approccio marginalista alle scienze economiche. Quindi Bortkiewicz non intendeva squalificare del tutto i risultati di Marx riguardanti sia la teoria del valore-lavoro (sulla quale però nutriva forti dubbi), sia la formazione di un tasso generale di profitto. Al contrario Bortkiewicz analizzò in dettaglio la procedura di Marx ammettendone almeno per ipotesi la plausibilità, vi scoprì quelli che considerò due gravi errori e, infine, propose un nuovo approccio modificato basato su un trattamento matematico più avanzato del problema della trasformazione. In primo luogo, secondo la sua interpretazione, i prezzi e i valori delle entrate (input in inglese) di un processo di produzione dovrebbero essere determinati simultaneamente ai prezzi e ai valori delle uscite (output in inglese) che emergono da questo processo. Quindi i prezzi (e i valori) delle entrate e i prezzi (e i valori) delle uscite dovranno essere necessariamente identici. In secondo luogo, almeno stando all’interpretazione di Bortkiewicz della teoria del valore-lavoro, valori e prezzi formano due sistemi distinti e indipendenti: considerando le loro grandezze relative, i prezzi dei prodotti non dipenderanno direttamente dai valori di tali prodotti e viceversa. Quindi essendo il sistema economico in stato stazionario, i prezzi delle uscite sono funzione solo dei prezzi delle entrate (incluso il costo del lavoro) utilizzate per produrre tali uscite, mentre i valori delle uscite sono funzione esclusiva dei valori delle entrate usate per produrre tali uscite, sommate naturalmente al tempo di lavoro medio necessario per tali processi produttivi. Sul versante neoricardiano l’opera di Bortkiewicz fu studiata attentamente da Piero Sraffa nel periodo 1943-45 e, in seguito, ampiamente generalizzata nel suo famoso saggio “Produzione di merci a mezzo di merci” [7], mentre dal lato marxista fu Paul Marlor Sweezy a divulgare il Problema della Trasformazione già nel 1942 [8], soprattutto per ciò che riguarda il mondo anglosassone che, differentemente da quello europeo, non era stato molto coinvolto nei dibattiti della prima metà del XX secolo. In questo modo il Problema della Trasformazione divenne una questione realmente importante per le correnti marxiste e neoricardiane della scienza economica, arrivando a coinvolgere un buon numero di ricercatori come Josef Winternitz, Kenneth May, Francis Seton, Paul Anthony Samuelson, Maurice Herbert Dobb e Ronald Lindley Meek, solo per menzionarne alcuni. Basandosi principalmente sui risultati del citato lavoro di Sraffa, l’interpretazione neoricardiana contemporanea presuppone generalmente che i prezzi di produzione e il saggio generale di profitto possano essere ricavati direttamente dalle cosiddette matrici tecniche (che rappresentano l’utilizzo settoriale dei vari mezzi di produzione disponibili) e dai salari reali, assunti entrambi come dati iniziali del problema. Tuttavia, la riformulazione finale dell’approccio sraffiano al Problema della Trasformazione in termini più prossimi a quelli marxisti venne compiuta integralmente solo nel 1977 ad opera di Ian Steedman, che, almeno temporaneamente, risolse la controversia chiaramente a favore della scuola sraffiana [9], mostrando il carattere empiricamente superfluo dei concetti marxiani di “valore di scambio” e “plusvalore”. Infatti, era diventato gradualmente chiaro che le cosiddette correzioni di Bortkiewicz-Sraffa al sistema economico di Marx non erano affatto punti minori, ma, al contrario, implicavano una revisione generale di vari concetti-chiave. Ad esempio, la caduta tendenziale del tasso di profitto doveva essere totalmente respinta e l’intero sistema dei valori-lavoro, sebbene formalmente legittimo, si rivelava del tutto ridondante, privando l’idea stessa di sfruttamento della classe lavoratrice di una base solida e oggettiva.
Allo stesso tempo apparve un modo diverso di affrontare il Problema della Trasformazione, chiamato Soluzione Iterativa del Problema della Trasformazione. Venne sviluppata più o meno simultaneamente da András Bródy, Nobuo Okishio, Anwar M. Shaikh [10] e Michio Morishima [11], perfezionata poi da Michio Morishima e George Catephores [12], e poi ancora da Anwar M. Shaikh ed Ertuğrul Ahmet Tonak [13], sebbene tale soluzione iterativa abbia avuto un precedente interessante in un vecchio articolo di Kei Shibata pubblicato nel lontano 1934. In effetti un’analisi accurata mostra che la Soluzione Iterativa del Problema della Trasformazione è solo un intelligente algoritmo matematico per risolvere il sistema di equazioni dei prezzi postulato dalla formalizzazione neoricardiana, ma non è in sé un approccio alternativo per risolvere il Problema della Trasformazione marxiano. A partire dagli anni ‘80 c’è stato invece un numero crescente di critiche all’interpretazione neoricardiana dominante della teoria di Marx. La prima è stata la cosiddetta Nuova Soluzione, o meglio Nuova Interpretazione, del Problema della Trasformazione. Venne presentata per la prima volta, indipendentemente, da Gérard Duménil [14] e Duncan K. Foley [15]. Da allora, è stata ulteriormente sviluppata da Alain Lipietz, Mark Glick e Hans G. Ehrbar, James Devine, Simon Mohun, Al Campbell, Fred Moseley ecc. Era stato l'attacco sraffiano allo status speciale e privilegiato del cosiddetto "capitale variabile" (cioè salari e stipendi) nel sistema marxiano che spinse i due economisti marxisti, Duménil e Foley, a reagire mettendo in discussione la legittimità di considerare il capitale variabile in modo duplice attraverso i due aspetti del paniere dei beni consumati dai lavoratori: i loro prezzi e i loro valori. Tuttavia, va anche ricordato che un’analisi critica della Nuova Interpretazione è fornita da Alfredo Saad-Filho [16] e anche da Takeshi Nakatani e Dong-Min Rieu [17]. La nascita della Nuova Interpretazione fu poi seguita da un approccio ancora più radicale (denominato Interpretazione di Singolo Sistema), dove l’esistenza del sistema duale di prezzi e valori veniva del tutto respinta: i prezzi di produzione e il tasso di profitto generale calcolato con essi dipendono dal tasso di profitto generale basato sui valori di scambio, quindi non esiste un sistema di prezzi distinto; ma i prezzi influenzano le intensità di valore contenuto nelle merci tramite il corrispondente input di capitale costante, quindi non esiste neppure un sistema di valori distinto. In questo modo fu possibile recuperare le tre famose “eguaglianze aggregate” di Marx: la somma di tutti i valori di scambio coincide con la somma di tutti i prezzi; la somma di tutti i profitti coincide con la somma di tutti i plusvalori; i tassi di profitto generali basati sul prezzo e sul valore sono identici. L’Interpretazione di Singolo Sistema fu originariamente proposta da Richard David Wolff, Bruce Roberts e Antonino Callari [18],[19], ma va detto che alcuni commenti critici a questo approccio sono contenuti in un lungo articolo di Jean-Guy Loranger [20], dove si osserva come l’interpretazione ridefinisca il concetto stesso di valore-lavoro: il valore di una merce non sarebbe più dato dal valore dei suoi componenti sommato al lavoro sociale medio destinato a produrla, ma dal prezzo monetario dei suoi componenti più l’equivalente monetario di tale lavoro. Tuttavia, il rifiuto più drastico delle due correzioni di Bortkiewicz-Sraffa arrivò solo con la cosiddetta Interpretazione Temporale di Singolo Sistema [21],[22], in cui la valutazione dei prezzi e dei valori è temporale e quindi i prezzi di entrata e di uscita possono differire tra loro. Questo approccio è stato proposto indipendentemente da Alan Freeman e Guglielmo Carchedi da un lato, e da Andrew J. Kliman e Ted McGlone dall’altro. Nell’Interpretazione Temporale di Singolo Sistema le tanto vituperate condizioni marxiane originali della trasformazione dei valori in prezzi sono viste dagli autori come logicamente coerenti, poiché l’approccio ora si basa sull’uso di modelli di trasformazione dinamici, ovvero non all’equilibrio. Tuttavia, un’analisi critica piuttosto serrata di questo approccio temporale è stata condotta da Gérard Duménil e Dominique Lévy [23], seguita poi da quella di Dong-Ming Rieu [24]. Inutile dire che tutte e tre le interpretazioni non sraffiane in generale, e l’Interpretazione Temporale di Singolo Sistema in particolare, avviarono subito una vivace controversia che ormai dura da quasi tre decenni e che è stata accuratamente riassunta da uno dei sostenitori dell’Interpretazione Temporale di Singolo Sistema, Kliman, nel suo bel libro, stimolante e provocatorio, intitolato “Reclaiming Marx’s Capital” [25]. Un argomento particolarmente interessante di questo dibattito è la possibilità di descrivere i semplici schemi di riproduzione di Marx nell’ambito della Interpretazione Temporale di Singolo Sistema, poiché Bortkievicz utilizzò proprio uno di questi schemi (vale a dire, un modello a tre settori) per dimostrare la presunta incoerenza del metodo di trasformazione marxiano originario. Ora, l’Interpretazione Temporale di Singolo Sistema è vista dai suoi proponenti come l’esatta ricostruzione filologica del metodo di Marx, quindi Kliman e McGlone dovettero necessariamente fornire una confutazione della prova di Bortkievicz degli errori di Marx riguardanti lo schema di riproduzione semplice. Ciò è stato fatto nel 1988 (in realtà per un modello a due settori leggermente più semplice [26]), dimostrando che sussiste la possibilità di riproduzione dopo vari cicli produttivi anche se i prezzi di entrata e di uscita differiscono tra loro.
Nonostante il carattere ingegnoso di tutti e tre gli approcci non sraffiani succitati e l’enorme sforzo per ricostruire filologicamente il pensiero originale di Marx, bisogna onestamente ammettere che il Problema della Trasformazione non è stato ancora del tutto risolto:
1) La Nuova Interpretazione non è infatti in grado di recuperare contemporaneamente le tre famose “eguaglianze aggregate” di Marx in modo esatto [27],[28], dovendo rinunciare, almeno in parte, alla teoria del valore-lavoro (cioè l’idea che la somma di tutti i valori coincida con la somma di tutti i prezzi) perché la applica ai soli beni di consumo finali (cfr. più avanti in questa sezione). Nonostante questi difetti pensiamo comunque che la Nuova Interpretazione sia il tentativo che meglio approssimi la soluzione del Problema della Trasformazione marxiano.
2) Sia l’Interpretazione di Singolo Sistema che l’Interpretazione Temporale di Singolo Sistema riescono nel loro comune compito, ma, come chiaramente notato da Loranger [29], Duménil e Lévy [30], lo fanno solo dopo aver pagato il prezzo di una completa ridefinizione del concetto di valore. In questo modo, seguendo una vecchia idea di Mühlpfordt, si è profondamente modificata la teoria del valore-lavoro, che, a rigor dei termini, dovrebbe essere ora chiamata “teoria del valore-lavoro aggiunto”. Ancora una volta, la questione se questa sia una teoria del valore-lavoro plausibile in termini marxisti o meno è ancora oggetto di un forte dibattito [31][28].
3) Come abbiamo visto, l’Interpretazione Temporale di Singolo Sistema applica rigorosamente l’algoritmo di trasformazione di Marx (anche se non una sola volta, ma ripetutamente), mentre l’Interpretazione di Singolo Sistema non lo fa e stabilisce un proprio algoritmo. Tuttavia, come sottolineato da Moseley [32], l'effetto finale è che l’Interpretazione Temporale di Singolo Sistema rinuncia all’importante concetto di “prezzo di equilibrio” stabile, o meglio, come recentemente dimostrato da Daniele Colognesi [33], lo riacquista solo asintoticamente dove i prezzi di equilibrio tipici dell’Interpretazione di Singolo Sistema sono esattamente riottenuti.
4) Infine, ma questo è davvero un punto estremamente controverso, c’è la questione del cosiddetto “fisicalismo” sollevata da Kliman [34]. Secondo questo autore il semplice fatto che negli schemi di riproduzione tutti i prezzi, i valori e i tassi di profitto possano essere derivati da i soli dati fisici (cioè dalle quantità numeriche o ponderali dei beni e degli strumenti utilizzati nel processo di produzione) renderebbe ogni approccio del tutto incompatibile con la teoria di Marx, dove al contrario “il tasso di profitto basato sui valori determina il tasso di profitto riferito ai prezzi, e il tasso fisico non ha alcun ruolo” [35]. Inoltre, Kliman ha anche affermato che qualsiasi metodo “simultaneista” (sia sraffiano, sia dumeniliano, sia wolffiano), in cui i prezzi e i valori di input e di output siano determinati contemporaneamente per garantire la stazionarietà del sistema, porterebbe necessariamente a un mero “fisicalismo”. Per questo motivo solo l’Interpretazione Temporale di Singolo Sistema sfuggirebbe dalla trappola “fisicalista”, riuscendo a risolvere pienamente il Problema della Trasformazione nello spirito autentico del pensiero economico marxiano. È inutile precisare che questa affermazione non è accettata dalla maggior parte degli economisti marxisti di oggi.
Data la situazione del Problema della Trasformazione che abbiamo appena illustrato e prendendo spunto dalle importanti osservazioni di Moseley [36], che associa la teoria del valore descritta nel volume I de “Il Capitale” [37] con il punto di vista microeconomico e la teoria del prezzo descritta nel volume III de “Il Capitale” [38] con la teoria macroeconomica, abbiamo concepito l’idea di esplorare il Problema della Trasformazione da una prospettiva leggermente diversa (anche se affine alla Nuova Interpretazione): la teoria del valore-lavoro sarebbe assolutamente valida al livello microeconomico (cioè nel settore produttivo individuale), mentre la formazione di un tasso di profitto generale e, di conseguenza, dei vari prezzi di produzione, darebbe luogo a una modifica del sistema anche dal lato fisico al fine di garantirne la stabilità, come nota giustamente Valerij Vasil’evič Kaljužnyj nei suoi articoli pionieristici sull’argomento [39]. Inoltre, l’applicabilità della teoria del valore-lavoro si limiterebbe al cosiddetto “prodotto netto”, ottenuto alla fine del processo economico, appena prima del consumo finale, escludendo così i mezzi di produzione e i prodotti esclusivamente intermedi. Ciò condurrebbe a un’apparente violazione della teoria del valore-lavoro, almeno in senso stretto, ma in realtà risponderebbe idealmente a Engels, il quale nell'introduzione al volume II de “Il Capitale” pose agli economisti (nove anni prima della pubblicazione del volume III de “Il Capitale”) la seguente difficile domanda: “... come si può e si deve formare un saggio di profitto medio uniforme, non solo senza la violazione della legge del valore, ma proprio sulla base di questa?” [40].
Il resto del presente lavoro sarà così organizzato: la Sez. 2 verrà dedicata agli schemi di riproduzione semplice con un numero arbitrario di settori di produzione in cui la teoria del valore-lavoro valga in modo rigoroso. La Sez. 3 studierà gli stessi sistemi nei quali, dopo l’assunzione di un numero minimo di ipotesi aggiuntive, emergano il tasso di profitto generale e, di conseguenza, i vari prezzi di produzione delle merci. Ciò avverrà seguendo il metodo suggerito da Marx ed esplorando le successive critiche neoricardiane. La Sez. 4 cercherà di conciliare questi due approcci apparentemente opposti alla luce di un processo di trasformazione marxiana “debole” che modifichi il sistema non solo attraverso la formazione dei prezzi, ma anche in modo più fisico. Infine, la Sez. 5 conterrà una discussione dei risultati ottenuti e alcune conclusioni di questo studio.
2. Uno schema di riproduzione semplice multisettoriale: la teoria del valore-lavoro in azione
Iniziamo dal modello di riproduzione semplice a due settori proposto da Marx nel volume II de “Il Capitale” [41], in cui un sistema economico isolato e basato sul capitalismo è in stato stazionario in termini sia di produzione che di consumo. Il primo settore, contrassegnato dall’indice i=1, rappresenterà la fabbricazione dei mezzi di produzione, mentre il secondo settore, contrassegnato dall’indice i=2, descriverà la produzione dei beni di consumo. I vari cicli (ad esempio, annuali) del sistema economico rappresentato da questo schema potranno essere elencati l’uno dopo l'altro e saranno etichettati da un secondo indice: n=1, 2, ... e così via. Quindi, per ogni settore imo in ogni ciclo nmo, esisterà una terna di valori: ci(n), vi(n) e si(n) che simboleggeranno rispettivamente il capitale costante, il capitale variabile e il plusvalore prodotti dal settore prescelto nel ciclo selezionato. Il valore (di scambio) della produzione settoriale annua di merci, wi(n), sarà quindi dato semplicemente dalla somma delle tre componenti appena citate:
(1)
Qui la teoria del valore-lavoro si applica in modo rigoroso: le merci sono vendute esattamente ai loro valori e non esiste alcun tasso di profitto generale poiché ogni settore ha un proprio tasso di profitto ri (quindi abitualmente r1 ¹ r2). Per questo motivo l'unità di misura naturale di ci(n), vi(n) e si(n) è il cosiddetto tempo di lavoro socialmente necessario (tipicamente espresso in ore), se altra grandezza non è esplicitamente indicata. A puro titolo esemplificativo ricordiamo che alla fine di questo paragrafo verrà introdotto un equivalente monetario del tempo di lavoro socialmente necessario, μ, per convertire le ore di lavoro, per esempio, in dollari. È inoltre importante ricordare che in questo modello sono implicitamente incluse altre cinque ipotesi semplificatorie, di cui alcuni lettori potrebbero non essere pienamente consapevoli:
a) il tasso di plusvalore (o di sfruttamento), mi, può variare da un settore all'altro (quindi in generale m1 ¹ m2), ma deve essere sempre costante al compiersi dei cicli economici (ovvero, non ci sono effetti concreti della cosiddetta “lotta di classe”):
(2)
Vale la pena notare come Marx [42] abbia in effetti ipotizzato che m1=m2=m, ma su questo punto noi non lo seguiremo nel presente paragrafo, poiché l'omogeneità del tasso di plusvalore nei due settori non è strettamente necessaria negli schemi di riproduzione semplice basati sul valore di scambio.
b) La composizione tecnica, qi, può variare da un settore all'altro (in generale q1 ¹ q2), ma deve essere sempre costante al compiersi dei cicli economici (ovvero non c'è progresso tecnico):
(3)
Così è immediato verificare che il tasso di profitto di singolo settore gode delle stesse proprietà di invarianza di mi e di qi con n:
(4)
in accordo con ciò che già era stato implicitamente assunto circa ri. In questo modo la conoscenza della successione di coppie {w1(n), w2(n)} specifica tutti i dettagli del sistema in evoluzione, dato che m1, m2, q1 e q2 risultano essere solo quattro costanti positive, fissate prima di intraprendere lo studio dello schema di riproduzione semplice in questione.
c) I due settori (ossia, i=1 e 2) sono caratterizzati da identici cicli produttivi in termini sia di durata che di sincronizzazione: entrambi iniziano nel medesimo giorno e finiscono pure nel medesimo giorno.
d) Non viene contemplata alcuna distinzione all’interno del capitale costante ci(n) tra “capitale fisso” (edifici, utensili, macchinari ecc.) che si deteriora lentamente (oppure viene consumato) dopo molti cicli produttivi, e “capitale circolante” (materie prime e semilavorati usati come merci in entrata) che scompare del tutto alla fine di ogni ciclo produttivo.
e) Come conseguenza del punto (d), data la mancanza di investimenti atti a rimpiazzare episodicamente il “capitale fisso” deteriorato, i capitali in forma monetaria non giocano alcun ruolo negli schemi marxiani di riproduzione semplice: manca in effetti un mercato dei capitali.
A questo punto la domanda che ci si può porre, seguendo Marx, è semplicemente la seguente: “Quali sono le condizioni che w1(n) e w2(n) (o, equivalentemente, v1(n) e v2(n)) devono soddisfare per garantire la possibilità di riproduzione semplice dello schema?” In termini più matematici possiamo dire che siamo alla ricerca di uno stato stazionario (ovvero che non cambi al variare del tempo) dello schema per ogni n³1:
(5)
Ciò significa che per ogni ciclo n³1 le merci prodotte, w1(n) e w2(n), sono completamente consumate: w1(n) nel rimpiazzo di tutto il capitale costante disponibile nei due settori, c1(n)+c2(n); mentre w2(n) per gli stipendi dei lavoratori, v1(n)+v2(n), sommati ai profitti (in questo caso ai plusvalori) ricavati dai capitalisti, s1(n)+s2(n). La soluzione formale di questa domanda si ottiene velocemente mediante i metodi dell’algebra elementare applicati al seguente sistema di equazioni:
(6)
Dopo alcuni semplici passaggi matematici, si trovano due soluzioni del sistema per la coppia {v1(1), v2(1)}: una banale, v1(1) =v2(1) =0, perché completamente nulla, ed un’altra non banale, ma nota a meno di una costante moltiplicativa arbitraria k, che determina la dimensione complessiva del sistema economico in esame: v1(1) =k, v2(1) =k(1+m1) /q2. Così la condizione iniziale per la riproduzione semplice di un modello a due settori (con m1, m2, q1 eq2 inizialmente fissati) sarà:
(7)
che naturalmente coincide con il risultato originale di Marx: c2(1) =v1(1) +s1(1), noto come “condizione di riproduzione semplice basata sul valore”. Prima di terminare questo paragrafo dobbiamo notare che la costante k potrebbe avere anche un significato completamente diverso da quello di scala della dimensione del sistema economico. Essa potrebbe infatti rappresentare la conversione da tempo di lavoro sociale medio, espresso in ore, al suo equivalente monetario, espresso ad esempio in dollari. In tal caso si preferisce per motivi storici sostituire k con il simbolo μ di cui parleremo diffusamente più avanti. Un esempio numerico di sistema stazionario a due settori è riportato nella Tab. I.
Per preparare le basi teoriche della Sez. 3 è importante estendere quanto appena appreso per lo schema di riproduzione semplice bisettoriale (basato sul valore) all’analogo caso multisettoriale, ovvero con 1£i£I, dove I sia appunto il numero di rami produttivi considerati. Il lato produttivo di tale schema multisettoriale non pone alcun problema particolare dato che il suo formalismo è simile a quello valido per I=2 visto nell’Eq. (1). D’ora in avanti abbandoneremo del tutto l’apice “(1)” in quanto è ormai chiaro che siamo alla ricerca di soluzioni stazionarie che non varino con n. Si avrà quindi anche per I>2:
(8)
D’altro canto, il lato del consumo risulta più complesso, poiché compaiono elementi fondamentali noti come matrici di distribuzione: Χij, Υij e Σij, che rappresentano il modo in cui le rispettive quantità economiche (ossia, il capitale costante, il capitale variabile e il plusvalore) vengono prodotte nel settore imo e consumate nel settore jmo. In termini più rigorosi, prendendo il capitale costante come esempio, si può definire l’elemento Χij come la frazione (o la percentuale) di capitale costante di cui il settore jmo ha bisogno che viene prodotta nel settore imo. Sommando le tre quantità economiche, si ottiene finalmente:
(9)
È semplice verificare che sommando sull’indice i, quello relativo alla produzione, si ottengono tre condizioni (dette di “normalizzazione”) per ciascun valore dell’indice j relativo al consumo:
(10)
le quali implicano che, per ogni settore jmo, le corrispondenti quantità merceologiche, necessarie come input, oppure per il consumo dei lavoratori o dei capitalisti, sono ottenute pienamente dai vari I settori produttivi, garantendo in questo modo la stazionarietà del sistema. Associando l’Eq. (8) all’Eq. (9), si ottiene immediatamente questo sistema di I equazioni lineari:
(11)
o, riducendo tutte le quantità economiche ai soli capitali variabili, il sistema equivalente:
(12)
che può esser posto nella cosiddetta “forma omogenea” (ovvero eguagliata a zero), particolarmente utile in contesti matematici:
(13)
dove Iij è la matrice identica (o di Kronecker). I suoi elementi sono tutti nulli tranne quelli con i=j che valgono sempre 1. Alternativamente si può introdurre una nuova matrice, Tij, che permette di riscrivere l’Eq. (13) in una forma detta “agli autovalori” dopo aver sfruttato la ovvia relazione wj=(qj+1+mj) vj:
(14)
È opportuno vedere come questi risultati si colleghino all’abituale approccio neoricardiano alla teoria del valore nei sistemi economici stazionari. L’elemento fondamentale di tale approccio è la cosiddetta matrice tecnica Aij, la quale rappresenta la frazione (o percentuale) della produzione del jmo settore, wj, necessaria per la formazione del capitale costante dell’imo settore, ci:
(15)
È immediato verificare che sommando sull’indice i, si possono scrivere le seguenti due disuguaglianze:
(16)
che esprimono il fatto che in qualsiasi settore j, la corrispondente produzione wj può andare totalmente, oppure parzialmente, oppure per nulla, a rimpiazzare il capitale costante del sistema. Se tutto wj, oppure una sua porzione, sono lasciati fuori dal capitale costante, allora queste quantità dovranno esser consumate da o dai lavoratori (w’j), o dai capitalisti (w’’j), o da entrambi. Date le condizioni di stazionarietà per ciascun settore, avremo:
(17)
Tornando all’Eq. (15), si può ottenere facilmente l’equazione fondamentale della riproduzione semplice:
(18)
Ora, la forma più comune dell’Eq. (18), nota in genere come equazione di Dmitrev [43], è basata sul fatto che nel quadro della teoria del valore-lavoro vi+si è esattamente il tempo di lavoro complessivo usato dal settore imo in un ciclo produttivo, li:
(19)
o, in modo un po’ più generale, ammettendo una misurazione monetaria dei valori:
(20)
dove Aij e li sono fissati, mentre wi è determinato come soluzione di un sistema di equazioni, se e solo se la matrice (Iij-Aij) ammette l’inversione sotto le condizioni matematiche note come criterio di Hawkins-Simon [44]. È importante ricordare ai lettori che, usando ancora la teoria del valore-lavoro, si ha direttamente che μli=(1+mi) vi. Quindi l’equazione di Dmitriev, in un’ottica marxista dove mi è dato, non è un modo alternativo di risolvere l’Eq. (13), ma solo un modo di stimare wi una volta noti li e Aij. Però, sempre in tale ottica, conoscendo anche qi, la stima di wi si potrebbe avere direttamente mediante la formula: wi=μ(qi+1+mi) (1+ mi) -1li. In sintesi, possiamo quindi dire che l’equazione di Dmitriev è uno strumento utile per il calcolo dei valori di scambio wi sotto certe condizioni (li and Aij sono noti, mentre mi e qi sono incogniti), ma essa non può risolvere il problema marxiano delle condizioni di riproduzione semplice (basata sul valore) per un sistema multisettoriale, dato che si può applicare a un insieme qualsiasi di li per ottenere i wi (o viceversa), mentre per ricavare la stazionarietà del sistema li e wi devono esser determinati in modo simultaneo.
Tornando al modello a due settori di Marx, si possono facilmente determinare le matrici di distribuzione 2´2 Χij, Υij, Σij e anche la matrice tecnica Aij:
(21)
A questo punto è utile vedere che aspetto prenderebbe la condizione di riproduzione semplice (basata sul valore) nel caso di un modello più avanzato, quello a tre settori usato da Marx stesso (si vedano le prossime due sezioni) per la trasformazione dei valori in prezzi. Diversamente però da quanto assunto sia da Tugan-Baranovskij che da Bortkiewicz, quello che segue è il vero modello marxiano contenuto nel III volume de “Il Capitale” [45] (che postula l’esistenza di un unico tasso di plusvalore m):
settore I – produzione di tutto il capitale costante, ossia: w1=c1+c2+c3;
settore II – produzione dei mezzi di sussistenza frugali (per i lavoratori e, in parte, anche per i capitalisti), cioè: w2=v1+v2+v3+α(s1+s2+s3), con 0£α<1;
settore III – produzione delle merci di lusso (solo per capitalisti), ovvero: w3=(1-α) (s1+s2+s3).
Seguendo quanto fatto per il modello a due settori, scriviamo ora:
(22)
Usando le abituali manipolazioni algebriche, troviamo le matrici di distribuzione Χij, Υij e Σij:
e quindi si può trasformare l’Eq. (22) in:
(24)
oppure nella sua versione omogenea:
(25)
la cui soluzione per il capitale variabile, vi, assume la seguente forma:
(26)
dove k è la solita costante di scala arbitraria. Questa è la condizione di riproduzione semplice basata sul valore per un modello a tre settori e permette di scrivere la matrice tecnica Aij (secondo il metodo generale esposto nell’Appendice A):
(27)
Un esempio numerico di un sistema del genere è riportato in Tab. II.
3. La trasformazione dei valori-lavoro in prezzi di produzione: la soluzione di Marx e i suoi critici
Come si è visto nella Sez. 1, Marx era del tutto conscio che la relazione tra tasso di profitto, composizione tecnica e tasso di plusvalore:
(28)
avrebbe potuto avere un enorme impatto sulle condizioni di riproduzione semplice (basate sul valore) descritte nella Sez. 2. Se da un lato egli aveva empiricamente notato come mi fosse approssimativamente lo stesso nei vari settori (ossia, mi»m), dal momento che nel mondo reale i lavoratori erano più o meno liberi di muoversi da un settore produttivo all’altro in cerca di paghe migliori e turni di lavoro più brevi; dall’altro non gli era ignoto il fatto che qi potesse variare fortemente da un ramo all’altro dell’industria, dato che i rispettivi processi produttivi potevano essere completamente differenti tra loro, specie in termini d’intensità di lavoro. La conseguenza logica di queste due osservazioni era necessariamente il fatto che gli I settori mostravano un’ampia gamma di tassi di profitto ri, se analizzati nel quadro della teoria del valore-lavoro. Tuttavia, questo risultato sembrava in flagrante contraddizione con un’altra osservazione empirica, ovvero l’approssimativa eguaglianza di tutti i tassi di profitto ri nei vari rami (ossia, ri»ρ), causata dall’incessante movimento dei capitali, investiti e disinvestiti da un settore all’altro, sempre alla ricerca del profitto maggiore ma perennemente in concorrenza gli uni con gli altri. Il modo naturale di liberarsi da tale apparente contraddizione fu l’introduzione di un nuovo concetto, quello di prezzo di produzione, pi, che localmente poteva deviare dal valore prodotto, wi, e quindi violare la teoria del valore-lavoro (che comunque sarebbe stata preservata su scala globale). Le merci prodotte nel settore imo in realtà sarebbero state vendute al loro prezzo di produzione pi (ossia, al di sopra o al di sotto del loro vero valore di scambio wi), in modo tale da ottenere un profitto πi (al di sopra o al di sotto del corrispondente plusvalore si) in accordo con il tasso di profitto generale ρ. In sostanza Marx aveva in mente una massiccia redistribuzione, operata dal mercato, del plusvalore tra i vari rami della produzione: i capitalisti attivi nei settori con alti ri (e quindi basse qi) cedevano involontariamente frazioni dei loro si (intascando solo πi) in modo da incrementare gli utili dei loro colleghi che avevano invece investito in settori con bassi ri (e quindi alte qi). Dato che la redistribuzione di plusvalore non poteva creare né nuovo valore di scambio, né nuovo plusvalore, fu piuttosto ovvio per Marx scrivere le sue tre famose “eguaglianze aggregate”, che, usando lettere maiuscole senza indici per le quantità aggregate, appaiono come:
(29)
dove la III eguaglianza è una semplice conseguenza delle prime due.
In questo modo il meccanismo di trasformazione dei valori in prezzi messo a punto da Marx per la riproduzione semplice emerge in modo molto rapido:
1) si calcola ρ usando la III delle tre eguaglianze aggregate marxiane;
2) si valuta il profitto πi e il prezzo di produzione pi per ciascun settore mediante le due note formule πi= ρ(ci+vi) e pi= (1+ρ) (ci+vi).
Naturalmente è possibile dimostrare che queste due equazioni sono in accordo, rispettivamente, con la I:
(30)
e con la II delle tre eguaglianze aggregate marxiane:
(31)
Come abbiamo visto precedentemente, Marx fece uso di un elementare modello di riproduzione semplice a tre settori, ma il suo metodo può essere facilmente generalizzato al caso multisettoriale, perfino nella forma neoricardiana, tenendo in mente, per esempio, il legame tra li e si [ossia, μli=(1+m) si/m]:
(32)
seguito, rispettivamente, dalle due equazioni per i prezzi di produzione e i profitti:
(33)
Queste due equazioni concludono il “problema della trasformazione” secondo Marx, ma, come si è visto nell’introduzione, tale procedura venne subito criticata e rifiutata da molti studiosi per una serie di ragioni economiche, che, da un punto di vista matematico, possono esser facilmente riassunte così: se un sistema economico multisettoriale rispetta le condizioni di riproduzione semplice basate sul valore, allora, in generale, non può restare in uno stato stazionario dopo aver subito la procedura marxiana di trasformazione dei valori in prezzi. Un semplice esempio numerico di questa critica è fornito in Tab. III. Le ragioni di tale affermazione sono facili da mostrare, ma prima di procedere è utile soffermarci sull’approccio neoricardiano alla riproduzione semplice in presenza di un tasso di profitto generale ignoto, conoscendo però le varie quantità di lavoro, li. Il problema si risolve normalmente mediante l’equazione di Steedman[46] basata sui prezzi, la quale garantisce l’equilibrio del sistema dei prezzi, determinando pi e ρ in modo simultaneo:
(34)
dove, come si è detto, li, Aij e uj sono dati e soddisfano le condizioni di riproduzione semplice (basate sul valore). In particolare, l’ultimo simbolo è quello del vettore-salario reale, ossia l’insieme fisico delle merci, etichettate da j (1£j£I), che possono esser comprate con un salario medio orario h. Esse sono espresse in opportune unità merceologiche (per esempio, grammi di pane, frazioni di paia di scarpe, litri di acqua ecc.). Le preferenze dei lavoratori riguardo alle varie merci possono esser espresse come I percentuali all’interno del vettore-distribuzione dk, costruito in modo che åk dk=100% =1. Così si può scrivere in maniera convenzionale la formula:
(35)
la quale ovviamente implica che åj uj pj=h (si veda anche l’Appendice A per ulteriori dettagli relativi a uj e al modo per valutarlo). Però l’equazione di Steedman non può determinare i prezzi in modo assoluto (almeno di non introdurre la parità aurea d’antan), ma solo moltiplicati per una costante di scala arbitraria. In altre parole, bisogna selezionare una certa merce, diciamo la nma, detta numeraire, ed assegnarle un prezzo unitario (per esempio 1,00 $). Passando invece al tasso generale di profitto ρ, esso può esser determinato prima di risolvere l’Eq. (34) imponendo la condizione formale benché, come si è accennato nella sezione precedente, il criterio di Hawkins-Simon generalizzato[47] richieda che siano soddisfatte anche altre condizioni (che però qui noi trascureremo). Da ciò che abbiamo visto è già chiaro il motivo per cui l’equazione di Steedman sia incompatibile con le tre eguaglianze aggregate marxiane: a causa dell’esistenza di un numeraire indeterminato (e in assenza di parità aurea), vi sarebbe posto per aggiungere un vincolo addizionale, per esempio la II eguaglianza aggregata marxiana, ma, in generale, non due vincoli. Per questa ragione la III eguaglianza non può valere e così ρ non può esser determinato nel modo semplice suggerito da Marx.
In un formalismo del tutto equivalente a quello neoricardiano, ma probabilmente più vicino alla procedura originale di Marx, la trasformazione dei valori in prezzi per uno schema di riproduzione semplice multisettoriale può esser formalizzata introducendo i coefficienti xi, che formano il cosiddetto vettore di trasformazione, il quale lega i prezzi di produzione ai valori di scambio mediante la formula:
(36)
Ma prima di mostrare come le Eqq. (9)-(14) vengano modificate da questa trasformazione, è forse opportuno vedere il modo in cui ciò avviene nel semplice sistema economico marxiano a tre settori. L’Eq. (22) verrà sostituita da:
(37)
Dove i ci, i vi e gli si sono noti e definiti nella Sez. 2, mentre ρ e gli xi devono esser determinati facendo uso proprio delle tre equazioni del sistema. Tuttavia, il vettore xi include una costante arbitraria (ossia un numeraire) e così c’è spazio per soddisfare una (ma non due!) delle eguaglianze aggregate marxiane. Per esempio, la II di queste, ovvero quella riguardante il profitto aggregato, che nella “algebra della trasformazione” apparirà come: . In tal modo l’Eq. (40) diverrà:
(38)
la cui soluzione matematica è data da:
(39)
È possibile verificare direttamente che questa soluzione per x1, x2 e x3, una volta applicata ad un vettore wi in grado di soddisfare le condizioni di riproduzione semplice basate sul valore [per esempio quello ricavato dai vi nell’Eq. (26)], in generale non rispetta più la I eguaglianza aggregata marxiana. Di conseguenza ρ non coinciderà più con la sua stima marxiana ρM =S/(W-S) che è proprio la III eguaglianza aggregata marxiana. Un esempio numerico di questa procedura di trasformazione è fornito in Tab. IV.
Ora siamo in grado di affrontare l’argomento della procedura marxiana di trasformazione nell’ambito di un sistema multisettoriale di riproduzione semplice, come quello espresso nell’Eq. (14) prima dell’imposizione di un unico tasso generale di profitto. Esso verrà riscritto come segue per evidenziare gli elementi-chiave della trasformazione:
(40)
dove al primo membro sono state sfruttate le condizioni di normalizzazione dell’Eq. (10) per le tre matrici di distribuzione (Χki, Υki e Σki) che vanno a formare la nuova matrice Tki dell’Eq. (14). È possibile procedere ulteriormente definendo una matrice ridotta , che escluda dalla Tki la sezione relativa al plusvalore:
(41)
cosicché si avrà: In questo modo, le Eqq. (14) e (40) diverranno semplicemente:
(42)
che sono ancora fondate sul valore di scambio ed esprimono sempre le condizioni di riproduzione semplice (basate sul valore). Però in questa nuova forma la nascita dei prezzi di produzione (ovvero, il passaggio wi ®xi wi=pi), dovuto alla formazione di un tasso generale di profitto (ossia, ri ®ρ), ci appare del tutto naturale:
(43)
o, più esplicitamente, dopo aver introdotto la matrice trasposta di
(44)
Dopo qualche semplice passaggio algebrico, possiamo trovare un’equazione finale agli autovalori λ per la trasformazione di tipo neoricardiano [con λ=(1+ρ)-1]:
(45)
dove è data, mentre ρ e gli xk devono esser determinati (eccetto per una costante di scala arbitraria che riguarda gli xk) risolvendo il sistema. Una volta applicata l’Eq. (45) al modello marxiano a tre settori dell’Eq. (37), si potrà scrivere:
(46)
verificando che la matrice trasposta assuma la semplice forma di:
(47)
dove è importante notare l’assenza del parametro α da tutti gli elementi e, di conseguenza, anche dalle soluzioni per gli xi e per ρ. Nonostante le apparenze ciò non è in contraddizione con i risultati dell’Eq. (39), dato che: i) a questo stadio la costante di scala degli xi non è stata ancora fissata, mentre in detta equazione ciò è stato fatto; ii) nell’Eq. (38) c1-3 e v1-3 (come pure C, V e S) hanno tutti una dipendenza nascosta da α per mezzo dell’Eq. (26) che dovrebbe esser considerata. Risolvendo il sistema omogeneo di equazioni riportato all’Eq. (46), troviamo gli xi e ρ. Ad esempio:
(48)
dove ni=qi+1+m. Si può verificare numericamente che questo risultato coincide con la formula corrispondente all’Eq. (39). A questo punto è possibile domandarsi in che modo la Eq. (45) sia incompatibile con la soluzione marxiana che, riandando all’Eq. (32), si scriverà come:
.
Inserendo tale soluzione nell’Eq. (44), si arriva a scrivere:
(49)
o, in modo equivalente:
(50)
che in generale è falsa a meno che qk=q=cost. Al contrario, tornando all’Eq. (45), in generale si ottiene (1+r) dalla formula e poi, se vale il criterio di Hawkins-Simon citato nella Sez. 2, si deriva il vettore di trasformazione xi (tranne che per la solita costante di scala incognita). In altre parole, abbiamo verificato nel nostro formalismo che le prime due eguaglianze aggregate marxiane non possono valere simultaneamente:
(51)
dato che nell’Eq. (45) [con (I+1) incognite e I relazioni] si può inserire solo una delle due formule riportate nell’Eq. (51), vale a dire, o quella relativa al valore di scambio aggregato, o quella relativa al plusvalore aggregato. In entrambi i casi la costante di scala arbitraria ancora contenuta negli xi verrebbe rapidamente determinata. Ricordiamo nuovamente ai lettori che la soluzione marxiana del problema della trasformazione [cfr. Eq. (33)] può essere in generale ottenuta se (e soltanto se) due qualsiasi delle tre eguaglianze aggregate marxiane valgono simultaneamente. Così, benché abbiamo utilizzato un formalismo leggermente diverso (e forse più completo) rispetto a quello neoricardiano, dobbiamo ammettere che le critiche di questa scuola alla procedura marxiana di trasformazione sono state pienamente verificate.
Un altro punto interessante è lo studio della trasformazione dei valori in prezzi per le quantità aggregate W, V, C e S, definite nella Sez. 2 come:
(52)
Se esprimiamo la suddetta trasformazione con il simbolo , si ottiene agevolmente che:
(53)
mentre la separazione dei due termini e è leggermente più laboriosa. Tornando alle matrici di distribuzione Χij e Υij e tenendo in mente le Eqq. (41) e (44), si può notare che:
(54)
dove sono stati introdotti due nuovi simboli:
. Ciò conclude la nostra trattazione della trasformazione marxiana dei valori in prezzi in un sistema stazionario multisettoriale in riproduzione semplice nel caso che valori e prezzi formano due sottosistemi separati.
4. Il significato economico di una soluzione marxiana “debole”
Riassumendo i risultati ottenuti nelle due sezioni precedenti per ciò che concerne lo schema di riproduzione semplice multisettoriale, si può dire che abbiamo verificato che, nel caso che la teoria del valore-lavoro venga applicata rigorosamente, il sistema economico si trova in uno stato stazionario se il vettore costituito dai valori di scambio di tutte le merci wi soddisfa l’Eq. (14), che riportiamo nuovamente permi=m:
mentre, se la formazione di un tasso di profitto generale ρ è consentita, allora i prezzi delle merci divergono dal loro valore: pi=xiwi, e queste nuove quantità xi vengono determinate risolvendo l’Eq. (44), dove è importante notare che le posizioni degli indici matriciali i e j sono state scambiate (si hanno dunque matrici trasposte) rispetto alla formula riprodotta quattro righe più in alto:
È anche opportuno ricordare ai lettori che il vettore wi può esser misurato naturalmente in unità di tempo di lavoro astratto (ossia, scegliendo m=1) e, soprattutto, che esso include una costante arbitraria di scala dovuta alla dimensione incognita del sistema economico in esame. D’altro canto, però, pi è solo un prezzo relativo ed implica un’ulteriore costante arbitraria di scala che può esser fissata, per esempio, assumendo convenzionalmente che un certo bene abbia prezzo unitario (il cosiddetto numeraire), come nel caso storicamente rilevante della parità aurea. Inoltre, si è visto come l’Eq. (45) risulti di norma incompatibile con il tentativo marxiano di soluzione del problema della trasformazione, il quale è condensato nelle tre famose eguaglianze marxiane aggregate [cfr. Eq. (29)] e che darebbe luogo nel nostro formalismo a due ipotetiche relazioni à la Marx per ρ e gli xi: , che soddisfano rigorosamente la teoria del valore-lavoro e del profitto-plusvalore, ma solo sulla scala globale del sistema e non per ogni singolo settore produttivo.
Come abbiamo già visto, la validità della prima di queste due teorie (ossia quella del valore-lavoro) può esser facilmente inclusa in uno schema di riproduzione semplice assumendo che Ma dato che la seconda (ovvero quella del profitto-plusvalore) non è soddisfatta, , ci si potrebbe chiedere da dove abbia origine tale discrepanza. In altre parole, se la somma di tutti i profitti non è uguale alla somma di tutti i plusvalori, ma, d’altro canto, la somma di tutti i prezzi è stata opportunamente scalata in modo da coincidere con la somma di tutti i valori d’uso, qual è l’origine di tale scostamento ? Ovviamente è banale dedurne che ma resta la questione sul modo e, soprattutto, sulla proporzione tra C e V per cui tale disuguaglianza abbia luogo? Questo potrebbe sembrare un problema interessante dato che il capitale costante aggregato è solo un insieme di merci intermedie scambiate (ossia, vendute o comperate) dai capitalisti. Così parrebbe piuttosto naturale pensare che globalmente la differenza tra e C sia difficilmente in grado di alterare l’entità del profitto aggregato П. D’altro canto si dovrebbe anche considerare che, diversamente dalla Nuova Interpretazione, l’approccio al problema della trasformazione tenuto da noi fino ad ora è stato essenzialmente neoricardiano (sebbene con un formalismo un po’ più marxiano) e ha ammesso pochi cambiamenti degli aspetti fisici del sistema economico in riproduzione semplice: i profitti sono stati redistribuiti tra i capitalisti in modo da pareggiare il tasso di profitto, mentre sia le entità dei beni di consumo frugali venduti dai capitalisti e consumati dai lavoratori, sia le entità dei mezzi di produzione intermedi scambiati tra i vari settori industriali sono state rigorosamente identiche prima e dopo la trasformazione dei valori in prezzi. Altri cambiamenti, di natura però non fisica, sono avvenuti ovviamente nei prezzi di produzione e nel tasso generale di profitto. In tale prospettiva la questione dell’origine di e delle altre due quantità analoghe che effettivamente si determinano semplicemente usando le Eqq. (53) e (54):
(55)
diviene quasi filosofica e non rivela alcun mutamento degli aspetti materiali del sistema in riproduzione semplice studiato. Per esempio, se il prezzo di un certo capitale variabile settoriale aumenta o diminuisce poiché alcune merci sono diventate più o meno care, nulla cambia nel salario reale dei lavoratori dell’imo settore. E la stessa situazione si verifica per i redditi dei capitalisti di tale settore, e perfino per i connessi mezzi di produzione in ingresso,
Si già detto nella Sez. 1 discutendo della Nuova Interpretazione, che esistono alcuni indizi filologici secondo cui Marx, benché fortemente convinto della validità delle sue tre eguaglianze aggregate al livello globale, si attendesse dei cambiamenti fisici abbastanza rilevanti nello schema della riproduzione semplice dopo la trasformazione dei valori in prezzi, per esempio una certa variazione dei salari reali a livello locale [48]. Come abbiamo sottolineato, questa è esattamente la ragione della nascita della Nuova Interpretazione: i capitali variabili, intesi come panieri di beni di consumo frugale, non devono esser trasformati da valori di scambio a prezzi di produzione e, dato che le merci frugali possono divenire più o meno care dopo la trasformazione, i salari reali dovranno variare di conseguenza. In altre parole, si dovrebbe uguagliare il capitale variabile vi=mli/(1+m) al fattore li åj uj pj, ossia: åj uj pj=m/(1+m). Così nel formalismo di Steedman la Nuova Interpretazione sembrerebbe apparire come:
(56)
Dove i pi e r sono generalmente determinati in modo completo non essendoci alcuno spazio per il numeraire e, di conseguenza, per l’inclusione di nessuna delle eguaglianze aggregate marxiane (neppure di quella relativa al plusvalore). Ma se, al contrario, le formule in Eq. (56) fossero rimpiazzate semplicemente da:
(57)
allora pi diverrebbe una funzione di ρ, da determinarsi, e ciò lascerebbe spazio per l’aggiunta di un’eguaglianza aggregata marxiana. Per esempio, scegliendo la seconda di queste eguaglianze, si dovrebbe aggiungere l’equazione , che seleziona un valore definito di ρ. Ma il prezzo da pagare, non dissimilmente dalla procedura marxiana della Sez. 3, è la probabile perdita della stazionarietà. In effetti è possibile verificare che in generale l’Eq. (57) non garantisce il carattere stazionario del sistema (tranne che nel caso banale di r=m=0). Però invece di una dimostrazione rigorosa e formale, dato il carattere negativo dell’ipotesi formulata, ci basterà un esempio basato sul modello di Marx a tre settori. Torniamo quindi all’Eq. (38), che, dopo esser stata completata con le istanze della Nuova Interpretazione e con la II delle eguaglianze marxiane aggregate, si scriverà come:
(58)
e la cui soluzione sarà:
(59)
Un esempio numerico di come le Eqq. (58) e (59) violino la stazionarietà del sistema si può trovare in Tab. V, dove però un fatto cruciale evidenziato da Kaljužnyj [49] è pure evidente: V+S=p2+p3. Questa proprietà si può derivare algebricamente dall’Eq. (58) dopo aver sommato la seconda riga alla terza e poi confrontato il totale con la prima e l’ultima:
(60)
Il significato economico di tale proprietà è estremamente interessante ed è legato alla versione cosiddetta “debole” delle eguaglianze marxiane aggregate: se i capitali variabili non vengono trasformati (cioè se i lavoratori sono pagati in contanti e non in natura, a differenza di ciò che accade nel modello neoricardiano) e se, inoltre, si presume che la teoria del plusvalore-profitto sia valida su scala globale (ossia, se i profitti aggregati sono uguali ai plusvalori aggregati), allora si possono derivare due importanti conseguenze:
1) invece d’imporre la validità della I eguaglianza marxiana aggregata (cfr. Eq. (29)), si forza l'uguaglianza tra i valori di scambio aggregati per i soli beni di consumo, w’i+w’’i (vedasi, per esempio, la Sez. 2) e i corrispondenti prezzi di produzione aggregati, qui simboleggiati da p’i+p’’i (I eguaglianza aggregata marxiana “debole”). Di conseguenza, ovviamente, il tasso di profitto medio non sarà più dato da S/(C+V). Questo è un segno che, sebbene la teoria del plusvalore-profitto sia rigorosamente valida, l’usuale teoria del valore-lavoro non lo è più. Quest'ultima è stata sostituita da una nuova legge più “debole”: la somma dei valori di scambio che compongono il cosiddetto prodotto “finale” (detto anche “prodotto netto”, cioè i capitali variabili più i plusvalori, senza includere i capitali costanti come avviene invece nel “prodotto lordo”) è identico alla somma dei prezzi di produzione corrispondenti. Le merci intermedie (cioè quelle che formano i capitali costanti) ora non contano, in quanto alla fine non vengono consumate da esseri umani (ovvero, lavoratori o capitalisti), i quali sono in definitiva l'origine e il fine di tutti i valori economici. La Ref. [50] mostra alcuni indizi relativi al fatto che probabilmente anche Marx era conscio del problema.
2) Da un punto di vista pratico, l'Eq. (59) e la Tab. V mostrano che i salari monetari aggregati dei lavoratori ora valgono ancora V, ma i loro salari reali aggregati invece valgono x2V. Per quanto riguarda i capitalisti, la situazione è in qualche modo simile: i loro redditi monetari aggregati ora valgono ancora π1+π2+π3=S, ma i loro redditi reali aggregati invece valgono S[(1-α) x3+αx2]. Tuttavia, abbiamo anche visto che S[(1-α) x3+αx2] +x2V=S+V, quindi il sistema può restare in uno stato stazionario solo se è possibile stabilire un flusso di merci tra lavoratori e capitalisti dopo aver effettuato la trasformazione da valori a prezzi. Per esempio, i lavoratori rinunciano ad alcune merci frugali, V-x2V, e i capitalisti ottengono una quantità aggiuntiva αx2S dello stesso tipo di merci. Inoltre, i capitalisti devono continuare a consumare anche tutti i beni di lusso, che ora valgono (1-α)Sx3, quindi il loro reddito monetario complessivo dovrà passare da S proprio a (1-α)Sx3+αx2S. Ciò dà origine a un’equazione di bilancio relativa alle merci frugali e di lusso destinate al consumo di capitalisti e lavoratori: S[(1-α)x3-1]+αx2S =V-x2V, che, come si è visto, diventa la nota identità p2+p3=V+S, se, per esempio, si fa uso delle espressioni per x2 e x3 riportate nell'Eq. (59). Riassumendo, la stabilità del sistema è completamente verificata a condizione che i capitalisti abbiano accesso a merci frugali, in accordo con l'opinione di Marx (che ammetteva α¹0), ma in opposizione allo spirito dei modelli tri-settoriali semplificati trattati da Tugan-Baranovskij e Bortkiewicz.
A questo punto, sempre seguendo Kaljužnyj [51], ci si potrebbe chiedere quale sia il rapporto tra l’attuale trasformazione marxiana “debole” e quella ben nota della scuola neoricardiana [cfr. Eq. (38) e Tab. IV] per un modello di riproduzione semplice a tre settori. In primo luogo dobbiamo ricordare ancora una volta ai lettori la differenza cruciale tra questi due approcci: il primo modifica il sistema basato sul valore non solo in termini di prezzi e di tasso di profitto generale, ma anche da un punto di vista fisico, mentre il secondo non tocca le qualità e le quantità delle merci che spettano ai lavoratori. Quindi è abbastanza sensato pensare che il nuovo sistema “debole” basato sui prezzi possa in qualche modo “reagire” alla perturbazione economica indotta dalla trasformazione dei valori in prezzi, che, di fatto, ha modificato i profitti effettivi (ma non quelli nominali). Ad esempio, come mostrato in Tab. V, i capitalisti godono di più merci frugali (rispetto al caso basato sul valore) e i lavoratori di meno, sebbene il tasso di plusvalore medio trasformato, Σiπi/V, sia ancora uguale a S/V, come nel caso del valore non trasformato. In altre parole, il tasso di profitto generale “debole” ρ potrebbe esser considerato in un certo senso “troppo alto” e ciò indurrebbe, come reazione, una spinta all’aumento dei salari reali, nonché alla crescita dei prezzi dei beni che costituiscono il capitale costante. Quest’ultimo fenomeno sarebbe necessario per equilibrare il primo, cioè la crescita dei salari monetari, al fine di riequilibrare il saggio di profitto generale a un livello inferiore a ρ. Da un punto di vista quantitativo, le variazioni citate possono essere calcolate risolvendo un ulteriore sistema di equazioni, in cui i parametri iniziali c1-3, v1-3, p1, w2,3, α e x1, sono presi direttamente dalle Eqq. (58) e (59):
(61)
dove le nuove componenti del vettore di trasformazione concernenti i prezzi dei capitali costante
e variabile, rispettivamente y1 e y2, e anche il nuovo tasso di profitto generale sono incogniti. Usando i dati di Tab. V e risolvendo il sistema di equazioni precedente
(per esempio, nel caso speciale di α=0) possiamo scrivere:
(62)
e finalmente ottenere (sempre con i dati di Tab. V): y1=102.944%, y2=106.667%, e =0.25.
Con questi risultati è immediato trasformare di nuovo i prezzi di Tab. V in “nuovi prezzi”.
Non sorprendentemente, i resultati di questa seconda trasformazione appaiono
assolutamente identici a quelli neoricardiani di Tab. IV, mostrando come le condizioni
fisico-merceologiche dello schema di riproduzione semplice basato sul valore siano state
infine recuperate.
L’ultimo argomento di questa sezione sarà il tentativo di generalizzare la procedura di
trasformazione marxiana “debole” a uno schema di riproduzione semplice multisettoriale.
Torniamo per un attimo all’equazione neoricardiana di trasformazione del vettore xi, ossia
l’Eq. (45).
Se separiamo nelle sue componenti (le prime due matrici di distribuzione) e cancelliamo
la “rivalutazione”
dalla seconda, otteniamo alla fine la formula seguente:
(63)
ma ricordando le condizioni di normalizzazione per Υji, possiamo agevolmente scrivere:
(64)
che deve esser completata con l’abituale vincolo sul profitto aggregato: . Così, dopo aver moltiplicato pervi e sommato sull’indice imo nell’Eq. (64), si ottiene che:
(65)
dove Mettendo insieme le Eqq. (64) and (65), si può esprimere la procedura di trasformazione marxiana “debole” come:
(66)
Però dall’Eq. (14) si può derivare che:
(67)
ed anche che:
(68)
Confrontando quindi l’Eq. (68) con la seconda formula dell’Eq. (66), si arriva finalmente alla formula di conservazione per il prodotto netto (o finale) nel caso di uno schema multisettoriale di riproduzione semplice:
(69)
la qual cosa conclude la sezione presente. Anche se i salari aggregati V non sono uguali al paniere dei salari reali che include i beni di consumo frugali e, analogamente, il profitto aggregato S non eguaglia il paniere delle entrate reali contenente i beni di lusso e parte quelli frugali , una volta considerati complessivamente, lavoratori e capitalisti possono ancora assicurare la stazionarietà del sistema di riproduzione semplice scambiandosi tra loro un’opportuna quantità di beni di consumo frugali. Se ciò non fosse possibile, allora lo stato stazionario sarebbe garantito solo dalla soluzione neoricardiana che tale scambio non lo contempla affatto.
5. Discussione e conclusioni
Come già sottolineato nell’introduzione (cfr. Sez. 1), il nostro studio degli schemi marxiani di riproduzione semplice che includono un numero arbitrario di settori economici è stato sviluppato nel quadro dell’approccio tradizionale alla materia: 1) accettando l'esistenza di due sottosistemi separati per i valori di scambio e per i prezzi di produzione; 2) cercando una soluzione stazionaria, dove, da un ciclo all'altro, niente cambi nel sistema economico in questione. L'effetto di questa scelta, in qualche modo “conservatrice”, è il fatto che i nostri risultati non possono essere paragonati affatto a quelli ottenuti dall’Interpretazione a Singolo Sistema o dall’Interpretazione Temporale a Singolo Sistema degli schemi marxiani di riproduzione semplice. Al contrario, il nostro orizzonte è quello delimitato dagli altri due metodi: l’Interpretazione Neoricardiana e la cosiddetta Nuova Interpretazione. Sicuramente il primo metodo di trattazione della riproduzione semplice rispetta i due postulati succitati nel modo più perfetto e, in un certo senso, conclude definitivamente il problema della trasformazione dei valori in prezzi. Tuttavia, l’onere da pagare seguendo Sraffa e Steedman è l'abbandono totale della teoria del valore-lavoro, che, da un punto di vista classico, è di gran lunga troppo elevato. Inoltre, come giustamente sottolineano gli autori della Nuova Interpretazione, l'approccio neoricardiano vede nella formazione di un tasso di profitto generale (e di conseguenza nei prezzi di produzione) un meccanismo pacifico e indolore dove nulla cambia per i lavoratori dal punto di vista fisico rispetto al caso ideale in cui la teoria del valore-lavoro funzioni in modo rigoroso e le merci siano vendute esattamente al loro valore di scambio. Una risposta scontata da parte neoricardiana potrebbe però sottolineare il fatto che la soluzione di Steedman sia l'unica sensata, in quanto gli schemi di riproduzione semplice basati sul valore non sono in effetti realistici ed ebbero solo il ruolo storico d’introdurre l'analisi input-output in un sistema, come quello marxiano, profondamente radicato nella teoria del valore-lavoro, successivamente smentita. Al contrario, i sostenitori della Nuova Interpretazione tendono a vedere il problema della trasformazione come un reale processo economico in atto in un modello certamente idealizzato, ma non del tutto irrealistico (basato rigorosamente sulla teoria del valore-lavoro) e, di conseguenza, le loro critiche a un meccanismo poco fisico di formazione dei prezzi sembrano giustificate o, almeno, plausibili. In particolare, il loro punto di forza è legato alla dubbia assunzione dell'invarianza del salario reale, che – questo va detto – è una semplice e diretta conseguenza della scarsa variazione fisica del sistema (cioè la sola redistribuzione del profitto tra i capitalisti). Da un punto di vista più filosofico, la controversia tra gli economisti neoricardiani e quelli riconducibili alla Nuova Interpretazione può essere collegata all'importante questione dello status privilegiato della forza-lavoro nel processo produttivo. Per la prima scuola, la forza-lavoro è solo uno tra i tanti fattori produttivi e la scelta di riferire al suo costo tutti i prezzi è legittima, sebbene puramente convenzionale; mentre per la seconda scuola, certamente più vicina al pensiero originale di Marx, lo status speciale del lavoro non può essere messo in discussione poiché tutta la teoria economica si basa sul concetto di plusvalore, il quale, senza la differenza tra lavoro e forza-lavoro, non potrebbe nemmeno esser generato. In questo modo, l'assunto della Nuova Interpretazione secondo cui il capitale variabile non deve essere trasformato in prezzo è anche un modo per riaffermare la posizione privilegiata del lavoro umano nel processo produttivo. Tuttavia, come abbiamo visto in modo chiaro, la Nuova Interpretazione non riesce a fondere completamente i due postulati visti sopra con i ben noti principi basilari di Marx (per esempio, le cosiddette eguaglianze aggregate marxiane): la teoria del valore-lavoro deve essere in qualche modo “indebolita”, divenendo circoscritta al solo “prodotto netto (o finale)”, cioè la massa di merci necessaria al consumo umano, escludendo, al contrario, i prodotti intermedi come, ad esempio, i mezzi di produzione. Però, anche facendo così, la stabilità di un sistema in riproduzione semplice viene in parte compromessa, benché non in modo fatale. Poiché l'aggregato dei salari e dei profitti è costante durante la trasformazione da valore a prezzo, è possibile risolvere il problema della stazionarietà semplicemente consentendo un appropriato spostamento dei beni da un gruppo sociale (ad esempio, i lavoratori) ad un altro (ad esempio, i capitalisti), oppure viceversa. Il sistema ritroverebbe quindi il suo equilibrio, ma i salari reali risulterebbero ovviamente modificati. In questa fase è estremamente interessante vedere che se il sistema economico “reagisse” a questo spostamento delle merci mediante un aumento dei salari monetari e dei prezzi del capitale costante, allora il nuovo punto di equilibrio sarebbe necessariamente identico a quello previsto dal modello neoricardiano.
Riassumendo questa discussione in vista della fine dell’articolo, possiamo ben dire che si è verificato come il problema della trasformazione negli schemi di riproduzione semplice (con un numero arbitrario di settori economici) possa presentare solo due soluzioni alternative conformi sia alla stazionarietà del sistema, sia alla definizione di valore di scambio comunemente accettata. Nella prima soluzione vi è uno scarso cambiamento fisico (cioè merceologico) rispetto alla versione dello stesso schema basata sul valore (cioè, vi è solo la redistribuzione del profitto tra i vari capitalisti), ma la teoria del valore-lavoro deve essere completamente abbandonata (anche al livello aggregato). Invece, nella seconda soluzione la teoria del valore-lavoro, sebbene sostanzialmente modificata, si applica ancora al livello globale, ma devono essere consentite alcune variazioni fisiche, a volte anche rilevanti, nei salari reali dei lavoratori. Tuttavia, le due soluzioni citate, nonostante le loro differenze, mostrano un'importante caratteristica comune: il tasso di profitto generale, benché diseguale nei due casi, non è deducibile dalla sola analisi del valore prima della formazione dei prezzi di produzione, come nella soluzione abbozzata da Marx, ma deve essere valutato insieme ai prezzi di produzione in modo autoconsistente.
Dankolog
Appendice A
Questa breve appendice è dedicata alla spiegazione del legame tra la cosiddetta matrice tecnica Aij, introdotta nell’ambito della teoria neoricardiana del valore da Dmitriev [43], e il formalismo delle matrici di distribuzione utilizzato in questo lavoro. In effetti sia Aij mediante l’Eq. (15), sia Χij mediante l’Eq. (9), sono connesse alla distribuzione di capitale costante in uno schema multisettoriale di riproduzione semplice. Così è del tutto evidente che le due matrici non sono tra loro indipendenti. Iniziamo analizzando la soluzione formale delle condizioni di riproduzione semplice (basate sul valore):
(A1)
dove k è la scala incognita delle dimensioni del sistema. Si può immediatamente scrivere che: ci=qivi e wi=(1+m+qi) vi. Ma notando che Aijwj e Xijcj rappresentano esattamente le stesse quantità benché trasposte (cioè i e j sono scambiate):
(A2)
è semplice scrive un’espressione per la matrice tecnica:
(A3)
Come abbiamo già accennato, si può notare che la Aij è determinata solo dopo aver trovato le condizioni di riproduzione semplice (basate sul valore) per il sistema in esame.
Un approccio simile può essere applicato anche al vettore salario reale ui [cfr. Eq. (34)], semplicemente rimpiazzando Χij con Υij:
(A4)
e ricordando che mli=(1+m)vi, in modo da scrivere:
(A5)
che sottolinea un’altra importante proprietà del modello di riproduzione semplice: Υij non muta al variare del suo secondo indice (Υij=Υi1) dato che si suppone che tutti i lavoratori abbiano accesso esattamente allo stesso paniere di beni frugali di sussistenza. Qualora questa assunzione non venga accettata e le loro preferenze possano cambiare in funzione del settore produttivo di appartenenza, allora il vettore salario reale uj diverrebbe una matrice, diciamo, Ũij, e liuj verrebbe rimpiazzato da liŨij. Un’analoga linea di ragionamento potrebbe esser applicata ai redditi reali dei capitalisti (però, questa volta, soltanto prima della trasformazione dei valori in prezzi e non dopo): se si suppone che tutti i capitalisti consumino esattamente lo stesso paniere di beni di lusso e di beni di consumo frugale, allora Σij non muterà al variare del suo secondo indice (Σij= Σi1). Facendo ora uso sia di Υi1 e Σi1 (ma non di Χi1!), è possibile riscrivere le Eqq. (14) e (45) in un modo semplificato:
(A6)
e:
(A7)
con la seconda del tutto equivalente all’equazione di Steedman mediante le Eqq. (A3) e (A5):
(A8)
Ad ogni modo, in tutto questo lavoro useremo le matrici di distribuzione Υij e Σij nelle loro forme generali, mantenendo quindi la dipendenza dal secondo indice j, anche se in effetti questa è solo apparente.
[1] K. Marx, Il Capitale, vol. III (Editori Riuniti, Roma, 1977).
[2] E. von Böhm-Bawerk, La conclusione del sistema marxiano (Istituto Bruno Leoni, Torino, 2020).
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[29] J. G. Loranger, A profit-rate invariant solution to the Marxian transformation problem, Capital and Class 82, 23 (2004).
[30] G. Duménil e D. Lévy, The Conservation of Value: A Rejoinder to Alan Freeman, Review of Political Economy 32, 119 (2000).
[31] F. Moseley, Money and the totality (Haymarket Books, Chicago (IL), 2016).
[32] F. Moseley, Money and the totality (Haymarket Books, Chicago (IL), 2016).
[33] D. Colognesi, La TSSI alla prova: l’andamento a tempi lunghi negli schemi marxiani di riproduzione semplice, appendice I in V. Orati, Marx “scienziato”: disvelato (Wolters Kluver, Padova, 2018).
[34] A. J. Kliman, Reclaiming Marx's Capital: A refutation of the myth of inconsistency (Lexington Books, Lanham (MD), 2007).
[35] A. J. Kliman, Reclaiming Marx's Capital: A refutation of the myth of inconsistency (Lexington Books, Lanham (MD), 2007).
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[37] K. Marx, Il Capitale, vol. I (Editori Riuniti, Roma, 1974).
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[40] K. Marx, Il Capitale, vol. II (Editori Riuniti, Roma, 1968).
[41]K. Marx, Il Capitale, vol. II (Editori Riuniti, Roma, 1968).
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[43] V. K. Dmitriev, Economic Essays on Value, Competition and Utility (Cambridge University Press, Cambridge, 1974).
[44] E. Seneta, Non-negative Matrices and Markov Chains (Springer, New York, 2006).
[46] I. Steedman, Marx dopo Sraffa (Editori Riuniti, Roma, 1980).
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[48] V. Kalyuzhnyi, The Full Solution of a Problem of Commodity Values Transformation into Production Prices, Ukrainian Journal ‘Ekonomist’ 6, 25 (2006); V. Kalyuzhnyi, The Transformation Problem: Erroneous Arguments of Tugan Baranowsky, Bortkiewicz and Steedman, non pubblicato (2014). Disponibile su SSRN: http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.2520362; V. Kalyuzhnyi, Ladislaus Von Bortkiewicz's Errors and a Reliable Solution to the Marxian Problem of Transformation in Direct and Inverse Formulation, non pubblicato (2022) Disponibile su Anteprime OSF: https://osf.io/8tyma
[49] V. Kalyuzhnyi, The Full Solution of a Problem of Commodity Values Transformation into Production Prices, Ukrainian Journal ‘Ekonomist’ 6, 25 (2006); V. Kalyuzhnyi, The Transformation Problem: Erroneous Arguments of Tugan Baranowsky, Bortkiewicz and Steedman, non pubblicato (2014). Disponibile su SSRN: http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.2520362; V. Kalyuzhnyi, Ladislaus Von Bortkiewicz's Errors and a Reliable Solution to the Marxian Problem of Transformation in Direct and Inverse Formulation, non pubblicato (2022) Disponibile su Anteprime OSF: https://osf.io/8tyma
[50] V. Kalyuzhnyi, The Full Solution of a Problem of Commodity Values Transformation into Production Prices, Ukrainian Journal ‘Ekonomist’ 6, 25 (2006); V. Kalyuzhnyi, The Transformation Problem: Erroneous Arguments of Tugan Baranowsky, Bortkiewicz and Steedman, non pubblicato (2014). Disponibile su SSRN: http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.2520362; V. Kalyuzhnyi, Ladislaus Von Bortkiewicz's Errors and a Reliable Solution to the Marxian Problem of Transformation in Direct and Inverse Formulation, non pubblicato (2022) Disponibile su Anteprime OSF: https://osf.io/8tyma
[51] V. Kalyuzhnyi, The Full Solution of a Problem of Commodity Values Transformation
into Production Prices, Ukrainian Journal ‘Ekonomist’ 6, 25 (2006); V.
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V. Kalyuzhnyi, Ladislaus Von Bortkiewicz's Errors and a Reliable
Solution to the Marxian Problem of Transformation in Direct and Inverse
Formulation, non pubblicato (2022) Disponibile su Anteprime OSF: https://osf.io/8tyma
TABELLE
TAB. I. Esempio di schema di riproduzione semplice a due settori basato sul valore, sviluppato nel testo (cfr. Sez. 2). La condizione espressa dall’Eq. (7), v2/v1=(1+m1) /q2, è chiaramente soddisfatta: 2,33333 = (1,00000+0,66667) /0,71429, così come quella scritta da Marx, (c2=v1+s1): 120,00 $ = 72,00 $ + 48,00 $. La stabilità del sistema è verificabile mediante due uguaglianze: c1+c2=w1 e v1+v2+s1+s2=w2.
TAB. II. Esempio, preso dalla Ref. [28], di uno schema di riproduzione semplice a tre settori basato sul valore e sviluppato nel testo (cfr. Sez. 2) per il caso speciale di α=0. La condizione espressa dall’Eq. (26) è chiaramente soddisfatta per k=54 $:
La stazionarietà del sistema è visibile attraverso tre uguaglianze: c1+c2+c3=w1, v1+v2+v3=w2 e s1+s2+s3=w3.
TAB. III. Esempio, preso dalla Ref. [28], della trasformazione dei valori in prezzi nello schema di riproduzione semplice a tre settori di Tab. II, sviluppato secondo la procedura marxiana. Le tre eguaglianze marxiane aggregate sono chiaramente soddisfatte: w1+w2+w3=p1+p2+p3 =875,00 $, s1+s2+s3=π1+π2+π3=200,00 $, ρ=(s1+s2+s3) /(w1+w2+w3-s1-s2-s3) =29,629%. Tuttavia, il sistema ha perso la sua stazionarietà poiché: π1+π2+π3¹p3.
TAB. IV. Esempio, preso dalla Ref. [28], della trasformazione dei valori in prezzi nello schema di riproduzione semplice a tre settori di Tab. II, sviluppato secondo la procedura neoricardiana. La I e la III delle eguaglianze marxiane aggregate chiaramente non sono soddisfatte: w1+w2+w3¹p1+p2+p3 and ρ¹(s1+s2+s3) /(w1+w2+w3-s1-s2-s3) = 29,629%, mentre la II lo è: s1+s2+s3=π1+π2+π3. Il sistema ha mantenuto la sua stazionarietà poiché: (c1+c2+c3) x1=p1, (v1+v2+v3) x2=p2 e π1+π2+π3=p3.
TAB. V. Esempio, tratto dalla Ref. [28], della trasformazione dei valori in prezzi per lo schema di riproduzione semplice a tre settori di Tab. II, sviluppato secondo la Nuova Interpretazione (dove v1, v2 e v3 non sono trasformati) e comprendente la II eguaglianza aggregata marxiana. Vale chiaramente la legge di conservazione appena citata: s1+s2+s3=π1+π2+π3= 200,00 $. Tuttavia, il sistema ha perso in parte la sua stazionarietà dato che: v1+v2+v3¹p2 e π1+π2+π3¹p3, sebbene v1+v2+v3+π1+π2+π3=p2+p3.
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