Per il centotrentesimo anniversario della fondazione del Partito Socialista Italiano: Riflessioni sul "Programma di Genova"

 

 


Introduzione

 

In pochi oramai si ricorderanno che il 14 agosto di quest’anno si è celebrato il 130° anniversario della fondazione del Partito dei Lavoratori Italiani, avvenuta con il congresso di Genova del 1892. Un partito che l’anno successivo, a Reggio Emilia, avrebbe assunto ufficialmente il nome di Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, incorporando anche il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano di Andrea Costa. Nell’ottobre del 1894 il nuovo partito veniva sciolto per decreto a causa della repressione crispina, ma già il 13 gennaio 1895 si teneva in clandestinità il suo III Congresso, a Parma, dove si decideva di assumere la denominazione definitiva di Partito Socialista Italiano. È importante ricordare, prima di proseguire la nostra breve introduzione, che nel congresso di Genova del 1892 tutti i socialisti italiani delle più disparate tendenze, come pure tutti i comunisti di varia collocazione (ma certo non i liberali, i cattolici, i radicali, i repubblicani, gli anarchici ecc.), affondano in qualche modo le loro radici. Per questo sarà utile un brevissimo excursus storico sul socialismo italiano di quegli anni.

Il cosiddetto Congresso Operaio Nazionale di Genova (passato poi alla storia, in modo un po’ impreciso, come I Congresso del PSI) discusse e approvò un breve programma politico che sarebbe rimasto la carta fondamentale del partito fino al 1919, ovvero fino al XVI Congresso (Bologna, 5-8 ottobre), che seguì alla Rivoluzione d’Ottobre e che segnò gli anni convulsi del primo dopoguerra. Dal I Congresso iniziò così anche in Italia un lavoro di organizzazione centralizzata, intesa secondo il principio socialista e classista, seguendo l’esempio dei partiti d’ispirazione marxista già esistenti all’estero, in primo luogo della socialdemocrazia tedesca. Si può ben dire quindi che in un periodo in cui i radicali repubblicani, i liberali monarchici e i conservatori cattolici erano in diversi modi alla ricerca di nuovi programmi politici e di embrionali coordinamenti delle loro rispettive forze, i socialisti fondarono, forse senza avvedersene del tutto, il primo partito moderno della storia dell’Italia unita. E in pochissimi in quell’anno se ne accorsero nell’ambito dell’opinione pubblica ufficiale: la stampa “autorevole” dedicò scarsissima attenzione alla grande riunione nazionale dei socialisti, che apparivano più condizionati da una fin troppo vivace dialettica interna al loro piccolo movimento che inseriti nella realtà storica del Regno d’Italia. Quest’ultimo era infatti in pieno sviluppo economico nonostante le ancora stridenti contraddizioni interne. E in un certo senso il processo di unificazione politica dei socialisti si contrapponeva alle grandi divisioni del Paese tra un Nord effervescente, ma non ancora del tutto attrezzato sul piano della struttura industriale, e un Centro-Sud essenzialmente agricolo con alcune isole addirittura precapitalistiche.

Un esempio classico di tale unificazione politica fu quello per cui, attraverso la costituzione del partito socialista, si stabilirono contatti tra i gruppi d’avanguardia del proletariato industriale settentrionale, il già fiorente movimento cooperativo agricolo emiliano e i rappresentanti socialisti dei Fasci Siciliani di natura prettamente bracciantile. Si può dire senza timore di esagerare che l’impulso unitario del 1892 nasca proprio dalla convergenza fra questi tre settori del movimento da un lato e, dall’altro, il “pulviscolo” di circoli, società di mutuo soccorso, associazioni, nuclei locali ecc. esistenti quasi ovunque sul territorio nazionale. Ma l’iniziativa è principalmente nelle mani dei lombardi perché a Milano e Lodi è molto più avanti che altrove l’incontro tra le esperienze della lotta operaia e quelle della militanza politica socialista, attuata quest’ultima da circoli intellettuali raccolti prima attorno alla rivista “La Plebe” di Enrico Bignami e Osvaldo Gnocchi-Viani (fondata addirittura nel lontano 1868) e dopo, soprattutto, attorno alla rivista “Critica Sociale” di Filippo Turati e Anna Kuliscioff (fondata nel 1891). Infatti, poco prima, nel 1889, proprio dall’incontro tra un gruppo di giovani intellettuali socialisti ed alcuni capi-operai era nata la Lega Socialista Milanese, il vero e proprio nocciolo strategico del nuovo partito socialista. Naturalmente avevano visto la luce e si erano, ahimè, disfatte, nel frattempo, varie iniziative sviluppatesi nel corso degli anni ’80 del XIX secolo all’interno del movimento operaio di tendenza classista, come il Partito Operaio Italiano con centro a Milano (emanazione de “La Plebe”) e il Partito Socialista Rivoluzionario fondato in Romagna dall’ex-anarchico Costa. Certo per una ricostruzione storica accurata (che non è lo scopo di questo breve scritto introduttivo) sarebbe necessario valutare appieno anche i tentativi infruttuosi condotti tra il 1877 e il 1880 dai redattori de “La Plebe” e dallo stesso Andrea Costa per l’unificazione dei gruppi socialisti italiani: tentativi appoggiati tatticamente dall’esterno anche da Marx ed Engels in funzione, principalmente, di freno alle mosse degli anarchici eredi di Bakunin.

La suddetta Lega Socialista Milanese si riallacciava idealmente a questi primi sprazzi di coscienza di partito, ma forse ancor di più alle tradizioni illuministe e positiviste dell’ambiente intellettuale di Pavia e di Milano. Ma nel 1892 i tempi del socialismo erano oramai maturati soprattutto perché la formazione di un’industria moderna a Milano e in altri centri lombardi era pienamente in corso e il nuovo proletariato, generato proprio da tale processo, doveva affrontare i problemi di una lotta di classe finalmente genuina e non deformata dalle suggestioni ideologiche patriottiche o genericamente democratiche. Correnti fortemente differenziate non se ne vedono ancora nel partito (a differenza di ciò che avverrà in seguito) durante il congresso di Genova. Sì, vi è una sorta di “destra” embrionale guidata da Camillo Prampolini e rappresentante i cooperatori reggiani, ma essa è completamente controbilanciata da un diffuso atteggiamento di forte intransigenza e di spiccata autonomia politica socialista. Certo, sul neonato PSI pesava l’origine chiaramente anti-anarchica del progetto politico che aveva causato, appena il giorno precedente, l’abbandono della “Sala Sivori”. Particolarmente deciso fu poi il distanziamento dagli anarco-individualisti. L’atteggiamento anti-anarchico si attuava però non solo in Italia, ma anche in un più vasto contesto europeo, visto che nel 1889 era nata a Parigi la Seconda Internazionale. Essa, proprio in quel momento, stava attraversando un processo di epurazione dei comunisti libertari allo scopo di qualificarsi come organismo sicuramente operaio, ma non pregiudizialmente ostile alle influenze democratiche, seguendo così l’esempio della socialdemocrazia tedesca che cominciava a riportare successi organizzativi ed elettorali via via crescenti.

Il congresso di Genova fu dominato dalla discussione e dalla faticosa formulazione di un programma politico condiviso. In quell’occasione il socialismo italiano raggiunse, probabilmente, il massimo delle sue reali potenzialità per l’epoca e il successo della costituzione di un partito socialista autonomo meriterebbe una valutazione largamente positiva, rispetto ad ogni pur legittima riflessione sui limiti dell’operazione. Purtroppo, queste ultime prevalsero fin da subito a partire dalle caustiche note di Antonio Labriola nelle sue lettere ad Engels. Ma in effetti, fino agli anni della Prima Guerra Mondiale e al congresso di Bologna del 1919, il “Programma di Genova” doveva rimanere il testo fondamentale del PSI. Solo le nuove analisi del problema dello Stato borghese e della conquista socialista del potere ne avrebbero, in pieno periodo prerivoluzionario, sancito la vaghezza e, dunque, l’insufficienza. Ma questa è tutta un’altra vicenda.

 

 

Breve storia di come si arrivò al Programma del 1892

 

L’importanza del Programma e dello Statuto non è un fatto secondario o puramente formale. Al contrario è il documento attorno al quale la classe dei lavoratori decide di associarsi nel perseguimento di un fine secondo un determinato metodo. Il Programma del PSI, come vedremo, non fu un documento lineare, ma, fu frutto di una collisione di almeno quattro correnti, quella anarco-socialista-rivoluzionaria romagnola, quella democratico-radicale, e quelle socialista marxista e operaista milanesi. Il Congresso di Genova, del 1892, avrà il merito di aver apportato una importante epurazione ovvero di quelle anarchica e operaista estrema, e avrà ridimensionato di molto il socialismo costiano, ma sarà pur sempre risultato di un enorme compromesso tra la corrente operaista e quella radicale, per parafrasare una espressione di Gastone Manacorda: “un operaismo svirilizzato dalla democrazia radicale socialisteggiante[1].  Ma prima di addentrarci nel risultato finale, ovvero il Programma del “Partito Socialista Italiano” approvato a Genova è opportuno percorrere le fasi salienti che ne portarono alla elaborazione.  

 

Nel febbraio del 1848 a Londra la Lega dei Comunisti dà alle stampe il Manifest der Kommunistischen Partei ovvero il Manifesto del Partito Comunista. Questo documento scritto ben 44 anni prima del Congresso di Genova e ben 174 anni fa contiene già una sorta di Programma per un Partito della Classe Lavoratrice anche se è, effettivamente, più un documento didattico-dottrinale, più un manifesto, appunto, che un programma.

  

Lo scopo immediato dei comunisti è lo stesso di tutti gli altri partiti proletari: formazione del proletariato in classe, rovesciamento del dominio borghese, conquista del potere politico da parte del proletariato.”[2] Questo si leggeva già nel Manifesto nel quale si delineava uno scopo chiaro, il quale, ahinoi, non sempre però rimarrà al centro del movimento e delle organizzazioni della classe lavoratrice.

 

Ma a che fine conquistare il potere politico? Per l’ “Abolizione della proprietà borghese” ovvero dei mezzi di produzione, “ e la loro socializzazione.

 

Come? Accentra[ndo] tutti gli strumenti di produzione nelle mani, […] del proletariato organizzato come classe dominante, per accrescere, con la più grande rapidità possibile, la massa delle forze produttive”.[3]

 

Nel Manifesto, Marx ed Engels, annotano anche quelle che secondo loro sono le misure per trasferire il potere economico nelle mani della società e quindi il potere politico (vedi appendice A). Queste misure non possono essere viste come un Programma Minimo, ma come modalità di attuazione del Programma Massimo. Per molti anni, il Manifesto non ebbe pressoché diffusione in Italia; infatti, per una sua traduzione in italiano si dovrà aspettare il 1889, quando apparve in appendice dal numero 35 al 44, ovvero tra l’agosto e il novembre, su L’Eco del Popolo di Cremona, settimanale fondato lo stesso anno da Leonida Bissolati, probabilmente autore stesso della traduzione in questione. Oppure il 1895, anno di pubblicazione di In memoria del Manifesto dei Comunisti di Antonio Labriola. Sta di fatto che, anche se ancora pressoché misconosciuto come documento, le idee contenute nel Manifesto in Italia avevano circolato, come vedremo, disorganicamente già prima del Congresso di Genova. 

 

Se nel ’48 la Primavera dei popoli aveva mostrato la forza potenziale dei proletari, ora questi si stavano organizzando sempre più efficacemente e stava nascendo tra loro la vera convinzione che le loro organizzazioni dovessero unirsi in una rete internazionale, perché, appunto, il proletariato non ha Patria, ma è una classe globale, internazionale. Quindi un altro documento di vitale importanza, per il movimento dei lavoratori, arrivò 16 anni dopo il Manifesto, ovvero lo Address and Provisional Rules of the Working Men's International Association, ovvero l’Indirizzo e le Regole Provvisorie dell’Associazione Internazionale degli Operai (vedi appendice B).

Con l’Indirizzo, nonostante alcuni compromessi che il documento dovette soffrire per via della convivenza con altre correnti radicali, Marx riuscì a esprimere lo scopo e il metodo attorno ai quali la classe dei lavoratori si può e si deve associare. A proposito di correnti, il mazziniano Louis Wolf, che aveva partecipato alla stesura della prima bozza del documento, poi riscritta da Marx, mancò alla redazione finale degli Statuti proprio perché dovette partecipare al XI Congresso delle Società Operaie Italiane a Napoli, dove gli Statuti di Giuseppe Mazzini furono quindi pubblicati. Fu proprio in questo contesto che Marx accantonò i vecchi dissapori che egli aveva avuto con Mikhail Bakunin per cercare, assieme, di contrastare l’influenza che il pensiero mazziniano aveva sulle nascenti Società Operaie italiane e sull’Internazionale.

 

Della diffusione dell’Indirizzo Inaugurale e degli Statuti ha trattato in modo chiaro ed esaustivo Paolo Favilli[4]. Ciò che trapela dalla sua ricostruzione è che, al contrario del Manifesto, la diffusione dell’Indirizzo Inaugurale e gli Statuti fu pressoché immediata nell’ambiente radicale italiano, ovvero su riviste come Il Dovere e L’Unità Italiana, ma era affetta dalle imprecisioni presenti nelle traduzioni francesi del documento. Imprecisioni anche citate esplicitamente nella Risoluzione IX di Londra del 1871 così come da Engels nella lettera alla redazione de Il Proletario Italiano sempre nel ‘71. Favilli però sottolinea un fatto non secondario, ovvero la lettura che Nicolò Lo Savio[5] ne fece, più vicina al socialismo scientifico che al corporativismo mazziniano, la quale influenzò già nel 1865 Osvaldo Gnocchi-Viani[6]. Gnocchi-Viani, a questo punto ancora mazziniano, giocherà un ruolo fondamentale nella nascita di organizzazioni dei lavoratori, come il Partito operaio e le Camere del Lavoro. Sempre in questo periodo abbiamo il lavoro di proselitismo a favore dell’Internazionale fatto da Bakunin che riuscì a radicare una piccola rete internazionalista antimazziniana in Italia, soprattutto a Napoli, ma, come è noto, generando allo stesso tempo le precondizioni per uno scisma quale sarà quello tra anarchici libertari e marxisti “autoritari”, per utilizzare il termine spregiativo usato dai bakunisti stessi. Già da subito, ovvero dal suo arrivo in Italia, Bakunin aveva tenuto rapporti con altre società segrete, ma è nel 1868 che ufficialmente dà vita alla Alleanza Internazionale della Democrazia Socialista. Quando scoppia il conflitto franco-prussiano nel 1870, l’Internazionale e l’Alleanza di Bakunin sono già ai ferri corti.   

 

Tornando a Mazzini, questi aveva pubblicato nel tempo, ovvero a partire dal lontano 1841 e quindi in uno unico volume nel 1860, i Doveri dell’uomo (si veda appendice C), una sorta di catechismo laico[7] del “Dio, Patria e Famiglia” dedicato alla classe lavoratrice. Il concetto dei diritti e doveri, non a caso, è presente anche nel preambolo delle Regole del ‘64. Quindi mentre a Londra si prepara la prima riunione dell’Associazione Internazionale, dove la presenza della mazziniana Società Operaia degli immigrati italiani è importante, si manifesta l’ambizione di Mazzini di farne adottare il Programma, ovvero l’Atto di Fratellanza. L’Atto di Fratellanza verrà approvato al XI Congresso nazionale operaio repubblicano di Napoli, dove parteciparono le Società Operaie Italiane, diventando così società affratellate. Tale fratellanza presupponeva la collaborazione di classe e fu reiterata nel novembre 1871 col «Patto di fratellanza».

 

Quando il Consiglio Generale di Londra si riunì in una conferenza nel settembre del 1871, dopo che il Congresso Generale annuale dell’Internazionale non si era potuto riunire né nel 1870 né nel 1871 proprio a causa della guerra franco-prussiana, i bakunisti trovarono proprio nei mancati congressi il motivo per sconfessare il Consiglio Generale. Un mese dopo la conferenza di Londra, la Federazione del Giura si riunì nella Conferenza di Sonvilier e proprio nella circolare di Sonvilier accuserà il Consiglio Generale di aver, a partire dal Congresso di Basilea, accentrato il potere dell’Internazionale in sé stesso e di essersi riunito segretamente a Londra per far passare “risoluzioni autoritarie”. Da notare anche l’accusa al Consiglio generale di rifiutare l’ammissione o sospendere l’attività di Sezioni dell’Internazionale arbitrariamente (ovviamente il riferimento era all’Alleanza di Bakunin). Tra i firmatari di Sonvilier vi fu anche Jules Guesde. Quello della Risoluzione IX (vedi appendice D) era ovviamente un pretesto. Come scritto dagli stessi Marx ed Engels: “Non appena l’Alleanza era venuta a sapere della convocazione di un congresso all’Aja, essa ha messo avanti il suo ‘Fascio Operaio’ [8], il quale in nome della sua autorità autonoma o della sua autonomia autoritaria si è dato il nome di «Federazione italiana» e ha indetto per il 5 agosto una conferenza a Rimini”. E infatti, il 4 agosto 1872 nella sede del Fascio operaio inizia il Congresso di Rimini, che si proclama Federazione italiana dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori[9], attaccando la Conferenza di Londra che aveva stilato la Risoluzione IX imponendo così, a detta loro, la dottrina autoritaria del partito comunista tedesco. Quindi la scissione dalla Prima Internazionale è votata il 6 agosto. Il 23 agosto Engels in qualità di segretario per l’Italia scrive alla redazione dell’Emancipazione del proletario:che delle 21 sezioni, i cui delegati hanno firmato questa risoluzione, v’è una sola (Napoli) che appartiene all’Internazionale. Nessuna delle altre 20 sezioni ha giammai adempita alcuna delle condizioni prescritte dai nostri statuti e regolamenti generali per l’ammissione di nuove sezioni. Non esiste dunque una federazione italiana dell’Associazione degli operai. Apparterrà al Congresso dell’Aia di statuire sopra cotali usurpazioni”. Al Congresso dell’Aja nel settembre 1872, la Risoluzione IX viene inclusa negli Statuti Generali e i membri dell’Alleanza sono espulsi. E se a Rimini gli anarchici avevano conservato nella quasi totalità gli Statuti del ‘64, nei congressi successivi di Ginevra e Bologna avrebbero apportato nuovi Considerando[10].

 

Enrico Bignami[11] nel 1876 riporta, con la Federazione lombarda dell’Internazionale, gli Statuti del ‘64 in Italia, nel suo manifesto Agli operai, alle operaie, alla gioventù d’Italia, pubblicato su La Plebe il 6 luglio. Attorno alla Federazione lombarda in novembre va a costituirsi la Federazione dell’Alta Italia dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori grazie a Bignami e Osvaldo Gnocchi-Viani. Questa ormai era un’alternativa all’espressione anarchica, riminese, ovvero la Federazione italiana dell’Internazionale. La Federazione dell’Alta Italia dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori si riunì in Congresso a Milano nel febbraio del 1877. Spiega succintamente Manacorda: “Numericamente molto modesta, questa forza rappresentava tuttavia l’embrione di un socialismo italiano che si liberava dall’estremismo anarchico senza ricadere nel mazzinianesimo e tracciava le prime linee di uno sviluppo che porterà quindici anni più tardi alla formazione del Partito socialista. […] fin da allora anche il Costa e una parte delle forze rivoluzionarie della Romagna si accosteranno in qualche modo al gruppo milanese […]”[12]. Come si evince dalla corrispondenza tra Bignami ed Engels e tra Engels e Marx[13] sull’argomento del febbraio del 1877, diversi membri della Federazione Internazionale anarchica, lasciano per passare alla Federazione dell’Alta Italia che ritorna alla Associazione Internazionale degli Operai. Vi è la chiara adesione della Federazione dell’Alta Italia agli Statuti del 1864, approvati al Congresso di Ginevra il 1866, e non a quelli modificati dagli anarchici sempre a Ginevra nel 1873. Questa tendenza era ormai confermata al Congresso di Gand, in Belgio, con il tentativo di costituire l’Unione generale del Partito socialista. Manacorda spiega ancora: “A Gand si era gettato il primo seme della Seconda Internazionale”.

 

Una cosa è chiara: dopo la Risoluzione IX non ci possono più essere equivoci sul fatto che la lotta della classe lavoratrice deve essere fatta mediante l’organizzazione di un Partito che deve avere i due aspetti, economico e politico, cosa che rivedremo nel Programma del Parti Ouvrier Socialiste Français, discusso al IV Congresso nazionale Operaio Socialista di Le Havre nel novembre del 1880. Il congresso fu preceduto dal viaggio di Paul Lafargue e Jules Guesde, anche quest’ultimo passato dagli anarchici ai “marxisti”, a Londra per discutere proprio il Programma politico ed economico: incontro dal quale emersero i famosi Considerando di Marx (vedi appendice E). Allo stesso modo di Costa anche altri anarchici come Paul Brousse, che si era opposto al Programma Minimo di Guesde suggerendone un altro, stavano maturando il passaggio dall’anarchismo al socialismo. Già al Congresso della Federazione giurassiana, tenutosi nell’agosto del 1878 a Friburgo, Brousse proponeva di abbandonare l’astensionismo assoluto[14], tipicamente anarchico, andando quindi a sviluppare nel giro di un paio d’anni una visione gradualista e possibilista del socialismo. Diciamo che Costa si poneva un po’ nel mezzo tra i possibilisti e i rivoluzionari.

 

La conversione di Andrea Costa dall’anarchismo al socialismo avviene non a caso in contemporanea con l’abbandono dell’anarchismo da parte di altre personalità, come Jules Guesde, Benoît Malon e Anna Kuliscioff. La Kuliscioff, la quale prima del 1877 era stata nei Juzhnye buntary (Rivoltosi del Sud) organizzazione che si impegnava anche in atti terroristici, già a partire dal 1879, non credeva più nella violenza come strada che conduce al socialismo. Durante gli interrogatori alla Kuliscioff e a Costa, i due concordavano sulla lotta sul terreno legale e siamo a cavallo tra il 1879 e il 1880. Il processo di “conversione” di Costa probabilmente deriva già dall’insurrezione del Matese del 1874, alla quale non partecipò, e che si sentì in dovere di sminuire al Congresso di Gand nel 1877. Nel 1879 mentre viveva in Svizzera, Costa entrò in contatto e collaborò con dei socialdemocratici tedeschi, Franz Wiede, Karl Höchberg (considerati “degli zeri dal punto di vista teorico [e … dei] parolai controrivoluzionari” da Marx), e Georg Vollmar, al quale Costa scrisse: “Dopo essere partiti da due punti di vista opposti gli ‘Anarchici’ italiani e i ‘Socialdemocratici’ tedeschi si trovano sullo stesso terreno e si trovano d'accordo. Dobbiamo ringraziare i nostri governi, che sono stati gli strumenti incoscienti di questa riconciliazione. La legge eccezionale […] vi ha fatto abbandonare il vostro assolutismo legale; l’insuccesso da noi ottenuto attraverso i nostri tentativi insurrezionali, ci ha fatto abbandonare il nostro assolutismo rivoluzionario”. Il 27 luglio 1879, quindi mandò la lettera: Ai miei amici di Romagna nella quale formalizzava il suo passaggio al socialismo. Nel marzo del 1880 a Bologna i socialisti Emiliano-romagnoli si riunirono approvando la risoluzione di costituire un partito socialista inclusivo. Sempre nel 1880, ma verso la fine, a dicembre, si tenne a Chiasso il terzo Congresso della Federazione dell’Alta Italia dell’Internazionale. Questo Congresso vide anche la presenza degli anarchici e fu presieduto proprio da Carlo Cafiero. Ma il tentativo di far convergere le due correnti fallì. Il gruppo milanese mutava il suo nome da Federazione dell’Alta Italia dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori a Federazione Socialista dell’Alta Italia, anche in virtù del fatto che l’Internazionale non esisteva più. L’anno successivo, il 24 luglio 1881 fu fondato il Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna e si riunì a Rimini il suo I Congresso. Andrea Costa produsse il Programma e Regolamento pubblicato sull’Avanti![15], il 28 agosto 1881 (vedi appendice F). Nel novembre dello stesso anno, sempre a Bologna attorno a Costa, si formò il Circolo Socialista[16].

 

Sempre nel 1881 il Consolato operaio milanese dà vita alla Confederazione Operaia Lombarda (COL) di origine democratico-radicale e allo stesso tempo la sua tendenza operaista, che ruotava attorno al gruppo socialista de La Plebe di Bignami e Gnocchi-Viani, il quale è all’origine di quello che diventerà il Partito Operaio Italiano (POI). Il guantaio Giuseppe Croce[17] è il suo principale iniziatore. Nel maggio del 1882 viene costituita una sezione elettorale del Circolo Operaio che dà vita, in agosto, al Programma del Partito Operaio pubblicato su La Plebe il 6 agosto 1882. Per la sezione elettorale operaia le elezioni del 1882 furono un insuccesso, mentre, il candidato “operaio” dei democratici-radicali, Antonio Maffi[18], che giocherà un ruolo fondamentale nella stesura del Programma del 1892, fu eletto in Parlamento, così come il candidato socialista di Romagna, l’ormai ex-anarchico Andrea Costa. Nell’estate del 1883, dai gruppi socialista e operaista milanese nacque la Lega dei figli del Lavoro, che diede vita alla leggendaria rivista de Il Fascio Operaio, che si propose di operare all’interno del COL, cercando di portarlo a sinistra. Sempre nel COL inizia il suo attivismo politico Filippo Turati, già presente al IV Congresso di Milano nel 1884.

 

Dopo i passi avanti fatti dalla Lega dei figli del Lavoro, nominatasi per un breve periodo Federazione dell’Alta Italia del Partito Operaio Italiano, questa organizzò il I Congresso del Partito Operaio Italiano nell’aprile e nel maggio del 1885 a Milano, che venne salutato positivamente dai socialisti rivoluzionari romagnoli e discusse lo Statuto che si basava su quello della Federazione dell’Alta Italia del POI. Questo statuto ha una forte componente di resistenza, ovvero mutua assistenza in caso di sciopero, e di antipolitica, di spiccata influenza operaista francese. Finalmente nel dicembre del 1885 a Mantova si ha la fusione del POI con il COL con l’approvazione dello Statuto del POI con lievi modifiche alla versione vigente. Camillo Prampolini, dal primo numero de La Giustizia di Reggio Emilia, invita il Costa ad unirsi al POI, mentre questi era entrato a far parte del Fascio della democrazia, che aveva una prerogativa principalmente politica non ancora compatibile con l’operaismo esclusionista e sindacalista del gruppo milanese. Ma durante il II Congresso del Partito Socialista Rivoluzionario Italiano di Costa, precedentemente detto “di Romagna”, tenutosi nello stesso teatro di Mantova dove si era svolto quello del POI e del COL cinque mesi prima, si determinò un avvicinamento tra il Costa, ormai uscito dal Fascio della democrazia e il Comitato Centrale del POI.

 

Durante la campagna elettorale del maggio del 1886 si determinò un duro scontro tra il radicale Felice Cavallotti e il POI. Cavallotti, che aveva già perso consensi nell’82 a causa del candidato “operaio” seppur democratico-radicale Maffi, ora accusava, senza prove, Il Fascio operaio di essere uno strumento della Questura di Milano. Turati in questa occasione si schierò a favore del POI, uscendo dall’Associazione democratica di Cavallotti. Questa disputa finì in giugno con l’intervento di Depretis che spinse il Questore di Milano ad arrestare i rappresentanti del POI e a sopprimere il giornale, con l’accusa di essere una “associazione di malfattori”. Turati difese i rappresentanti del POI, Alfredo Casati, Giuseppe Croce, Costantino Lazzari e Augusto Dante in tribunale e già nel settembre del 1887, anche se in semi-clandestinità, un nuovo Congresso si poté riunire a Pavia. A questo furono ammessi Andrea Costa e altri due anarchici. Il Congresso discusse la riorganizzazione del POI, ormai illegale, e apportò delle modifiche al Programma e allo Statuto, diventando meno intransigente nei criteri di inclusione. Ancora di più il Circolo socialista di Milano, così come La Giustizia di Prampolini, sostenevano la necessità di unire gli operaisti e i socialisti in un Partito unico. La Giustizia aveva anche pubblicato il Programma e Statuto del Circolo Socialista di Reggio Emilia (9 gennaio 1887). Il Costa propose al Congresso l’ingresso dei singoli socialisti nel POI, il quale non avrebbe dovuto necessariamente cambiare il suo Programma e il suo Statuto, ma la proposta fu bocciata perché il POI voleva rimanere una federazione di leghe e di sindacati di mestiere. In materia elettorale il POI sosteneva l’autonomia delle sezioni, sempre in virtù della sua natura “economica e sociale”, mentre gli anarchici presenti tentarono di portarli verso astensionismo. Si arriva così al IV Congresso del POI a Bologna nel settembre 1888: qui il Programma e lo Statuto (vedi appendice G) vengono emendati cosicché il sussidio di resistenza di una lira al giorno in caso di sciopero possa essere sovvenzionato dalle quote delle varie sezioni, cosa che non avveniva strutturalmente in precedenza. Questo sottolinea ancora il carattere mutualistico-sindacale del POI.

 

L’anno dopo il IV Congresso vi fu un’altra ondata repressiva da parte dello Stato. Questa fu scatenata dagli incidenti nelle campagne del Milanese, ad Arluno e Corbetta, che portò all’arresto indiscriminato di anarchici e operaisti. Fu per questa ragione che nacque dal gruppo dirigente del Partito Operaio e dai socialisti di Turati la Lega socialista milanese, fondata l’8 luglio 1889, che escludeva schiettamente gli anarchici[19]. È importante sottolineare che Turati nella lettera a Costa, proprio per comunicargli la nascita della Lega socialista, afferma che “Noi – cioè io e Gnocchi –”, ovvero Gnocchi-Viani, eravamo stati invitati al Congresso “non-possibilista” di Parigi, ma auspicavano l’unione con quello possibilista. Infatti, a Parigi in luglio si tennero i Congressi della Salle Laucry, possibilista, e quello della Salle Petrelle, “impossibilista”. Come si evince dalla lettera di Turati, il Congresso non-possibilista aveva invitato i socialisti e gli operaisti milanesi, come i socialisti rivoluzionari romagnoli. Andrea Costa, anche con il mandato di Turati, partecipò ad entrambi, mentre Croce rappresentò il POI solo al Congresso possibilista.

 

Dopo una lunga fase di illegalità determinata dalla politica intransigente di Bismarck, nel 1890 la SPD tedesca poté partecipare alle elezioni ottenendone un importante successo[20]. È proprio in questo periodo, nel settembre del 1890, che Antonio Labriola abbozza l’indirizzo di saluto al Congresso di Halle mandandolo a Turati che lo definisce “semplice, efficace, giusto”. “Ambedue ritenevano essenziale la comprensione profonda del modello SPD[21]. Se vi era stato un precedente avvicinamento tra il socialismo rivoluzionario romagnolo di Costa e l’operaismo milanese, nell’autunno e nell’inverno del 1890 le due correnti tennero due Congressi: uno il 25 ottobre a Ravenna, dei costiani, e l’altro a Milano, 1-2 novembre, del POI. Se quello di Ravenna con principale fine elettorale fu criticato e di poco successo, quello milanese si concentrò sul tema della costituzione delle Camere del Lavoro. Gnocchi-Viani, entrato nel Consiglio Comunale di Milano, si impegnerà per istituzione della Camera del Lavoro, su modello francese delle Borse del Lavoro, ovvero un ufficio di collocamento gratuito. A questa seguirono quelle di Piacenza e Torino. Il POI a Milano decentralizzò ulteriormente il controllo sulle casse di resistenza, ovvero i soldi per rimborsare gli scioperanti, dalla sfera d’azione del Comitato Centrale. Per quanto riguarda la strategia elettorale, si continuò sulla linea della autonomia locale, con un importante sviluppo, ovvero l’avvicinamento tra gli operaisti e il Consolato Operaio di Antonio Maffi, il deputato democratico-radicale.   

 

Nel 1875 Marx aveva scritto la Critica del Programma di Gotha, e l’aveva mandata a Wilhelm Liebknecht, con l’idea di farla recapitare anche ad August Bebel e Ignaz Auer. Come verrà fuori nel 1891, grazie a Engels e Kautsky, è probabile che Liebknecht non la recapitò mai agli altri due leader della SPD. Dopo non poche esitazioni Kautsky, spinto da Engels che se ne assumeva la piena responsabilità, decise di renderla pubblica. Il Programma della Lega socialista milanese (vedi appendice H), discusso e approvato il 28 febbraio, l’11 e 12 marzo, e 1° aprile 1891, scritto da Turati, intendeva ispirarsi al socialismo “tedesco”, ovvero marxista. Infatti, alla prima lettera di Turati a Engels risalente a fine febbraio, alla quale è allegato il terzo numero della neonata Critica Sociale, Engels risponde con cordiale entusiasmo, indicando l’importanza della vecchia Critica del Programma di Gotha di Marx[22].

 

Manacorda commenta: “Il carattere generale di questo documento non deriva dunque da astrattismo teorico, ma risponde ad una concreta esigenza politica del momento che attraversa allora il movimento operaio italiano, uno di quei momenti nei quali la definizione teorica dei principi diviene indispensabile agli effetti della lotta politica”. La Critica del Programma di Gotha è un testo fondamentale probabilmente tanto quanto il Manifesto del 1848, o gli Statuti della Associazione Internazionale degli Operai del 1864, o la famosa risoluzione IX di Londra del 1871, o infine i Considerando al Programma del Parti Ouvrier Socialiste Français del 1880. Secondo Manacorda la Critica del Programma di Gotha non sortì il risultato dovuto nell’influenzare il Programma della Lega Socialista Milanese. In particolare Manacorda si riferisce alla permanenza del concetto lassalliano di «reddito integrale del lavoro» che è effettivamente nel Programma di Turati, dove si legge “L’economia socialista si propone principalmente di sostituire a tale sistema [quello capitalista] quello della proprietà collettiva delle ricchezze naturali e degli strumenti del lavoro, con la produzione organizzata sulla base dell’interesse generale ed esercitata da tutti gli uomini lavoratori, associati secondo le tendenze e le capacità naturali, emancipati dalla servitù del salario e godenti l’integrale equivalente dei frutti del loro lavoro; per […]” (grassetto nostro). Va però aggiunto che il Turati finisce la frase in totale armonia con il celebre motto che Marx scrisse nella Critica del Programma di Gotha: “[…] per riuscire infine a quel sistema di società ancor più perfezionato, in cui tutti gli uomini produrranno secondo le loro facoltà e consumeranno secondo i loro bisogni.(grassetto nostro).

 

Altra critica di Manacorda è la quasi totale assenza dei proprietari terrieri e dei contadini. “La derivazione dottrinario-tedesca, mista di marxismo e di lassallismo, aveva prevalso nella redazione del Programma sull’esperienza effettiva del Turati stesso, che era quella, per buona parte contadina, del Partito operaio, perché è sempre più facile, infinitamente più facile, derivare un programma da altri programmi, o comunque da precedenti elaborazioni dottrinali, che non direttamente dalle cose. […]. Ma, tuttavia, era, in Italia, un testo chiarificatore, atto a raggiungere lo scopo che il suo principale artefice se ne attendeva, e si innalzava di una buona spanna su tutti i programmi più o meno socialisti che l’Italia aveva fino allora conosciuto” (grassetto nostro). A questo proposito Manacorda lo paragona al Manifesto “anarchico” di Capolago[23]. Non solo si differenzia dagli anarchici ma anche da repubblicani, “mazziniani” e radicali.

 

Non è da sottovalutare la lucidità con la quale nel Programma colloca il ruolo elettorale, riformistico e mutualistico, dove si legge chiaramente che “[…] la rivoluzione non può compiersi se il nuovo principio che la anima non ha investito e penetrato di sé tutti gli organi e gli strati più vitali della vecchia compagine […].

Perciò l'azione dei socialisti, pur avendo per precipuo scopo l'organizzazione del proletariato per le sue rivendicazioni economiche, non deve trascurare di mescolarsi a tutte quante le manifestazioni della vita pubblica, non esclude agitazioni elettorali e l'accesso alle pubbliche funzioni, portandovi la sua protesta e la sua critica e gettandovi i semi delle nuove idee. E parimenti, nella vita privata, debbono i socialisti predicare colla virtù dell’esempio […].

Ma i socialisti al tempo stesso non possono allontanarsi dal loro programma di azione per tener dietro ai provvedimenti, alle leggine, ai ritocchi, alle questioni minuscole con cui gli altri partiti divergono l'attenzione e le forze del popolo dal grande scopo della sua emancipazione. - L'azione pel conseguimento di un regime politicamente più libero e più sinceramente popolare, la propaganda per la pace e il disarmo, l'imposta progressiva, le modificazioni del sistema tributario, il favore alle imprese cooperative, le casse pensioni e le assicurazioni pei logorati dal lavoro, il mutuo soccorso e le forme più o meno razionali di beneficenza, questi ed altrettanti capisaldi della propaganda semplicemente liberale e riformista concorrono bensì indirettamente allo sviluppo del Socialismo e danno campo alla propaganda socialista di utilmente esercitarsi e venire a contatto col pubblico, ma non entrano come elementi essenziali del suo programma; né i socialisti possono secondare l’illusione che codesta ed altre simili riforme, lasciando immutata la base economica dell'attuale sistema - il monopolio proprietario - bastino a risolvere il problema sociale(grassetto nostro). Per Turati questo sarà chiaro per il resto della sua vita politica, ironico alquanto che egli divenne, da pochi anni a quella parte, l’emblema del riformismo italiano e uno degli emblemi del riformismo internazionale.

 

Il Programma della Lega Socialista non fu presentato alla riunione dei socialisti costiani a Bologna in giugno, ma il 2 e 3 agosto 1891 si tenne il fondamentale Congresso di Milano. Questo fu in qualche modo il VI Congresso del Partito operaio, o il Primo del Partito dei Lavoratori. Costa non vi si presentò. Si era formata una sorta di competizione per il socialismo italiano e Milano sembrava ormai in testa. Questo Congresso operaio determinava il loro avvicinamento ai socialisti “scientifici” di Turati. Ma non tutti i vecchi operaisti, degni della miglior tradizione francese, erano aperti a questa unione. Alfredo Casati rimaneva su posizioni operaiste intransigenti, trovando manforte negli anarchici di Pietro Gori. Mentre gli altri due leader riconosciuti del POI, Giuseppe Croce e Costantino Lazzari, avevano accettato il compromesso. A Turati si opponevano anche i mazziniani di Luigi De Andreis che, seppur a favore dell’attivismo politico, erano per la collaborazione di classe e quindi contro un’azione propria dei proletari. Altro elemento cardine era la posizione sulla legislazione del lavoro e il suo programma: qui prevalse una formula dettata da Maffi, che riusciva “conciliare l’inconciliabile” ovvero una formula accettata anche dai mazziniani[24].

Durante la seconda giornata del congresso Carlo Dell’Avalle propose la costituzione del Partito Operaio-Socialista, proposta contrastata soprattutto dai mazziniani e convertita in Partito dei lavoratori italiani dal solito Antonio Maffi. Gli operaisti Cabrini e Casati sostenevano il Programma e lo Statuto del POI, formando una spaccatura con gli operaisti collaborazionisti, Croce e Lazzari.  Quindi fu importante il lavoro di compromesso politico che fece il Turati accettando le parti del Programma e dello Statuto del POI non esclusiviste, ammettendo, “su proposta del Prampolini, che si potessero accettare anche società di lavoratori, specialmente agricoli, dirette da elementi borghesi […]. Fece, in sostanza, un abile lavoro di epurazione dello Statuto del POI dagli elementi più tipicamente corporativi, scegliendone le parti più generiche ed universalmente accettabili […]. L’ulteriore elaborazione del Programma e dello Statuto venne affidata ad una commissione composta da Bertini, Croce, Cattaneo, Cremonesi, Lazzari, Maffi e Annamaria Mozzoni [25],[26].

 

Ora la domanda nasce spontanea, perché il Turati non propose il suo di Programma, che sicuramente era ciò che di più socialista-marxista, era stato prodotto, se si escludono le varie traduzioni dei Regolamenti della Prima internazionale? A questa domanda prova a rispondere anche Manacorda, secondo il quale “il Turati concedeva alle esigenze tattiche una lunga tolleranza sui princìpi”, per quindi non compromettere il successo politico di costituzione di un grande Partito dei Lavoratori a spese delle sue concezioni teoriche, che rimasero solo nella sua rivista. Insomma, pagava il prezzo di lavorare con politicanti come il Maffi, l’unico che avrebbe avuto la capacità di far avvicinare molti mazziniani al progetto di un Partito dei Lavoratori.

 

Se è chiaro che per Turati il Partito dei lavoratori è un «Partito marxista»[27], “Il marxismo di Turati nell’opera di fondazione del partito è certamente quello della risoluzione IX, senza però la possibilità di giovarsi di ricognizioni approfondite nel retroterra teorico generale di Marx. Può però giovarsi invece del solido retroterra derivato dall’esperienza di un movimento operaio reale.

In questa stessa opera anche il marxismo di Antonio Labriola è quello della risoluzione IX, strettamente ancorata, al contrario, con il retroterra teorico generale di Marx. Labriola non può però giovarsi di quel solido retroterra derivato dall’esperienza di un movimento operaio reale.[28].  Ad Halle il Comitato Centrale della SPD aveva deliberato che si stilasse prima del Congresso successivo il nuovo Programma. Questo divenne il Programma di Erfurt nell’ottobre del 1891. In luglio ovvero tre mesi dopo la pubblicazione del Programma socialista della Lega socialista milanese (vedi appendice H), fu pubblicata, sempre su Critica Sociale, la traduzione del Programma di Erfurt (vedi appendice I).

 

Il 31 luglio si inaugurò la nascita del nuovo settimanale Lotta di Classe, Giornale dei lavoratori italiani, diretto da Camillo Prampolini, anche se all’inizio principalmente redatto da Turati e Anna Kuliscioff. Questo colmava anche il vuoto lasciato da Il Fascio Operaio, ormai inattivo. Sui primi numeri esce il Programma e lo Statuto del Partito dei Lavoratori, quello preparato dalla Commissione. È risaputo che nonostante al Congresso di Milano si decise che il Congresso inaugurale del nuovo Partito si sarebbe tenuto nel Centro-Italia, per via delle Colombiadi questo si tenne a Genova, raggiungibile grazie ad agevolazioni ferroviarie preziose.

Il 14 agosto si aprì, nella Sala Sivori, ovvero uno storico teatro di Genova (poi convertito in Cinema) il Primo Congresso del Partito dei Lavoratori. Tra gli operaisti milanesi c’erano, Giuseppe Croce, che dal ‘86 era favorevole all’unione in un grande partito, Costantino Lazzari, ancora con qualche riserva, Alfredo Casati, contrario all’ingresso dei non operai. Poi c’era Antonio Maffi, con il mandato di 450 società affratellate, ovvero mazziniane, c’era Agnini, c’erano ovviamente Andrea Costa, Marabini, Negri, per i socialisti rivoluzionari romagnoli, Camillo Prampolini, il cremonese Leonida Bissolati socialista “marxista”, ovviamente Filippo Turati e Anna Kuliscioff della Lega Socialista milanese, Gori, Galleani e Pellaco per gli anarchici e molti altri.

 

La prima giornata fu contrassegnata dall’ostruzionismo degli anarchici e degli operaisti estremisti, sicché al Maffi risultò difficile esporre il Programma e lo Statuto proprio per le proteste degli anarchici. In un ristorante di via Pollaioli un gruppo di congressisti, tra i quali Turati, decise, come aveva minacciato durante il giorno, di riunirsi in altra sede, ovvero la Sala dei Carabinieri Genovesi di via Pace. Si cercò di informare tutti i congressisti con annunci e affissioni. Il Costa seccato da questa decisione, presa al di fuori del Congresso, decise di non partecipare a nessuno dei due, come lui anche altri. Gli anarchici e gli operaisti estremisti approvarono, il 15 agosto nella Sala Sivori, il Programma e lo Statuto del POI e fondarono il Partito dei Lavoratori italiani, nel cui Comitato Centrale dominava Alfredo Casati. Intanto nella Sala dei Carabinieri Genovesi il Maffi presentò il Programma preparato dalla Commissione di Milano. “Il progetto di Programma preparato dal Comitato centrale provvisorio era, come sappiamo, opera di Maffi, che aveva preso come base il Programma di Bologna del Partito operaio, ne aveva eliminato alcune asprezze e lo aveva pasticciato con qualche non peregrino concetto democratico-borghese, come l’eguaglianza naturale degli uomini e la sovranità popolare […]. Era il programma del Partito operaio svirilizzato dalla democrazia radicale socialisteggiante, e non un programma socialista. E per giunta, alle premesse vagamente socialiste e giacobine del Programma seguiva uno Statuto pedissequamente ricalcato su quello del Partito operaio dal quale ripeteva persino, senza mutare una virgola la famosa condizione restrittiva circa la qualifica di mestiere necessario per l’ammissione al partito[29].

 

Ora Turati e Kuliscioff avevano criticato il Programma su Lotta di Classe alla vigilia del Congresso, probabilmente solo dopo il richiamo durissimo di Antonio Labriola, inorridito. Durante il Congresso Turati propose degli emendamenti al Programma e allo Statuto. A sua detta il Programma era troppo largo, ovvero democratico-radicale e lo Statuto troppo ristretto su posizioni operaiste; mentre Turati chiedeva un Programma socialista-scientifico. Turati criticava tutte quelle espressioni borghesi, egalitarie, del popolo sovrano, emancipazione dei salariati senza indicare la socializzazione dei mezzi di produzione. Gli emendamenti di Turati furono approvati a larghissima maggioranza. Per quanto riguarda lo Statuto “Il Turati riuscì a farlo modificare nei punti chiave”, ma non vi fu il tempo di rielaborarlo. “le due parti [Programma e Statuto] provengono fondamentalmente dal socialismo della Lega milanese e dal Partito operaio e non sono perfettamente fuse rivelando la giuntura che le tiene insieme”. [30] (vedi appendice J). Il nome proposto per il nuovo Partito alla Sala dei Carabinieri Genovesi fu quello di Partito operaio-socialista, che trovò i favori del suo promotore Dell’Avalle, del Turati e della Kuliscioff, ma Maffi riuscì a riportare il Congresso sul medesmo nome uscito dalla Sala Sivori, ovvero Partito dei Lavoratori italiani.

 

Analizzando il Programma e lo Statuto

 

Come da tradizione, il Programma del ‘92, inizia con dei “Considerando”. Nel primo si legge che “nel presente ordinamento […] gli uomini sono costretti a vivere in due classi”. Questa della divisione in due classi deriva, chiaramente nella formula dal Programma del POI, ma è presente anche nel Programma di Erfurt e nel Programma della Lega Socialista Milanese. Sempre nella stessa frase e anche nel “Riconoscendo” appare il concetto di “monopolizzatori delle ricchezze sociali” riferito ai capitalisti. Questo è un concetto risalente ai “Considerando” delle Regole dell’Internazionale del ‘64, dove si parla, appunto di “monopolizzatori dei mezzi di lavoro”, e di “miseria sociale”, così come di “sottomissione economica”.

Nei “Riconoscendo” del Programma del ‘92, oltre al concetto di “monopolizzatori delle ricchezze” succitato, si fa riferimento all’emancipazione dei lavoratori, ovvero il “grande scopo” dei Considerando del ‘64, ripreso nella Risoluzione IX di Londra nel ‘71 e citato da Turati nel suo Programma del ‘91, ma anche alla socializzazione dei mezzi di lavoro, riproponendo la lista “(terre, miniere, fabbriche, mezzi di trasporto, ecc.)” presente identicamente nel Programma di Erfurt, benché, a dire il vero, una lista simile sia già anche rintracciabile nel Programma costiano del PSRR del ‘81.

Passando quindi al “Ritenuto”, qui è espresso il concetto fondamentale di “proletariato organizzato in partito di classe”: questo è un concetto chiave già presente nel Manifesto del ‘48, quindi ribadito nella Risoluzione IX del ‘71, nei Considerando di Marx del ‘80 e presente chiaramente nel Programma della Lega Socialista Milanese del ’91. In qualche modo una traccia si può ritrovare anche nel Programma del POI, ma si ricordi che il POI aveva una connotazione apertamente apolitica. Sempre nel paragrafo “Ritenuto” si legge che lo scopo finale si esplica “sotto il doppio aspetto” al quale segue un punto minimo e uno massimo; questo doppio aspetto è coerente con l’affermazione presente della Risoluzione IX del ‘71 nella quale si precisa che “il movimento economico e la sua azione politica sono indissolubilmente unite”! Questa non è cosa da poco, infatti Turati aveva dedicato un ampio spazio nel suo Programma su cosa egli intendesse per “programma di azione” da opporsi al riformismo liberale. In un certo senso Turati fu più pragmatico e realista di molti altri marxisti, e con coerenza rifiutò sempre di credere nel “rinnovamento miracoloso dell’organismo sociale per effetto di decreti dall’alto o di sommosse dal basso”! Quindi il primo punto, cioè “la lotta di mestieri per i miglioramenti immediati della vita operaia (orari, salari, regolamenti di fabbrica, ecc.)” potrebbe provenire direttamente dalla parte economica del programma minimo del Partito Operaio Francese dell’80. Il secondo punto si riferisce al programma massimo, ovvero “conquistare i poteri pubblici (Stato, Comuni, Amministrazioni pubbliche, ecc.) per trasformarli […] in uno strumento per l’espropriazione economica e politica della classe dominante”, questo deriva chiaramente dal Manifesto, come dalla Risoluzione IX, ma è un punto assolutamente assente nel Programma del POI. Per essere onesti, neanche il Programma di Erfurt sembra essere così chiaro in merito[31]. Anche se in una forma un po’ verbosa, il Programma della Lega Socialista milanese, contiene il concetto di “abolizione dello Stato borghese” e della sua sostituzione al potere a favore di relazioni amministrative della popolazione secondo i loro bisogni.

Lo “Statuto” riflette per molti versi quello del POI come, per esempio, negli articoli 1 e 2 dove compaiono espressioni come: arte per arte e mutuo soccorso, ma vi è una omissione importante, quella che nel ‘88 dichiarava il Partito Operaio Italiano: “assolutamente estraneo ad ogni partito politico”. Nell’Art. 2 vi è un diverso atteggiamento nei riguardi dell’ammissione dei lavoratori indipendenti. Se nel Programma del POI si ammettevano “purché non [avessero] in alcun modo la condizione di sfruttatori, capitalisti, speculatori o dirigenti”, nello Statuto del ‘92 la loro ammissione è a discrezione del Comitato Centrale. Altro punto è l’autonomia delle Sezioni. Qui ci si occupa di autonomia amministrativa, mentre al II Congresso, nel settembre 1893, a Reggio Emilia la discussione si estenderà all’autonomia elettorale, optando per una pacata transigenza nelle alleanze locali. Il POI, in merito, era per l’autonomia totale, mentre nello Statuto i toni sono più pacati appunto, verso un rispetto dell’autonomia amministrativa. È curioso notare che il numero di membri componenti il Comitato centrale ammontante a 7 è lo stesso della Commissione federale del PSRR (vedi Art. 5 del Regolamento). Sui fondi e i contributi al Partito, si nota che il concetto di resistenza, ovvero i fondi dedicati a compensare i lavoratori multati o licenziati per via di uno sciopero è pressoché assente, o meglio è sostituito dalla Cassa di soccorso, con finalità più ampie. Se si paragonano l’Art. 13 dello Statuto del ‘92 e all’Art. 9 dello Statuto del POI del ’88, si notano, nel primo, quote annue minori, probabilmente in virtù del fatto che il Partito dei Lavoratori Italiani si aspettava una adesione nazionale più ampia. Infine, si fa un piccolo accenno al Segretario internazionale nello Statuto del ‘92. Se non vi è nessun accenno all’elemento internazionale nel Programma e nello Statuto del POI dell‘88, vi è un piccolo accenno nel Programma del PSRR. In una ottica da Seconda Internazionale questo elemento è recuperato. Sulla ossatura del Programma del POI e con qualche influenza costiana e radicale, le “pezze” di Turati in direzione marxista sono evidenti. Nonostante vi sia questa discrepanza, come notato da Manacorda, tra il Programma, più marxista, e lo Statuto più operaista, il documento conteneva chiari elementi marxisti, che permisero Turati di poter guardare indietro, anni dopo e senza troppa falsa modestia, per potersi collocare a buon diritto tra i marxisti “ortodossi”.   

 

Programma e Statuto nei congressi successivi

 

Qualche mese dopo la costituzione del Partito dei Lavoratori italiani vi furono le elezioni, e furono eletti Camillo Prampolini, Gregorio Agnini, Nicola Badaloni e Agostino Berenini, mentre non fu confermato Andrea Costa. Al II Congresso a Reggio Emilia alcune modifiche furono apportate al Programma e allo Statuto approvato l’anno prima. Per esempio, il nome del partito fu cambiato da Partito dei Lavoratori italiani a Partito Socialista dei Lavoratori italiani. L’Art 16. dello Statuto sulla Cassa di Soccorso fu emendato includendo una tassa annua uniforme per ogni Società, con versamento volontario in occasione del 1° maggio[32]. Quindi Turati presentò un ordine del giorno che incaricava il Comitato centrale di “provvedere alla compilazione del nuovo programma da presentare alla discussione ed al voto del prossimo Congresso”. Il Gruppo Parlamentare socialista si venne a formare proprio dopo il Congresso di Reggio Emilia, aggiungendo ai nomi dei Deputati eletti nel ‘92 anche quello di Enrico Ferri, che aveva dichiarato la sua “adesione” al socialismo, proprio durante quel Congresso. Il 4 gennaio 1894, quindi 4 mesi dopo il II Congresso, il Governo proclamò lo stato d’assedio in Sicilia a causa dello scoppio del moto dei Fasci Siciliani. Il 20 febbraio il Gruppo Parlamentare socialista presentò un atto di accusa al Governo per la repressione. Dopo l’attentato alla sua persona, in giugno, da parte di un anarchico, in luglio Francesco Crispi fece approvare alla Camera alcune leggi repressive anti-anarchiche e contemporaneamente in Francia, per via dell’assassinio del presidente della repubblica Sadi Carnot, sempre da parte di un anarchico italiano, il presidente Casimir-Périer fece approvare delle leggi anti-anarchiche, dette lois scélérates. Quindi in ottobre dello stesso anno, Crispi dichiarava lo scioglimento del Partito Socialista dei Lavoratori italiani. In questo clima si riunisce il III Congresso, quello di Parma, in clandestinità nel gennaio del 1895. Al Congresso di Parma la denominazione del partito variò ulteriormente divenendo Partito Socialista Italiano e fu deciso di compilare un Programma Minimo sia amministrativo che politico. Venne anche cambiato lo Statuto del Partito (vedi appendice K). Le modifiche più importanti furono la possibilità d’adesione personale al Partito, la trasformazione del Comitato centrale, termine proveniente dal POI, in Direzione del Partito, l’ufficializzazione del neonato Gruppo Parlamentare. La Direzione, quindi, sarà composta dal Consiglio nazionale, dal Gruppo Parlamentare e dall’Ufficio esecutivo centrale e per la prima volta si stabilisce che i membri della Direzione potranno essere retribuiti.

Il Programma e lo Statuto rimarranno un corpo vivo soggetto a pressioni da destra e da sinistra. Si portino a questo proposito solo due esempi, perché estremi: la sottoscrizione nel luglio 1910, da parte degli intransigenti Lazzari, Ciccotti, Serrati, Lerda e altri, di un manifesto che, recuperando il Programma originario del Congresso di Genova del 1892, propugnava l'abbandono di programmi di conciliazione sociale, l'indipendenza elettorale del Partito socialista e l’opposizione sistematica ai ministeri. Quindi, nove anni dopo, la dismissione del vecchio Programma al XVI Congresso del PSI, di Bologna, nel 1919, dove i massimalisti elezionisti guidati da Menotti Serrati approvarono un nuovo Programma: rivoluzionario massimalista.          

CESCO e DANKOLOG

 

Appendice A

 

1.     Espropriazione della proprietà terriera e impiego della rendita fondiaria per le spese dello Stato.

2.      Imposta fortemente progressiva.

3.     Abolizione del diritto di successione.

  1. Confisca della proprietà di tutti gli emigrati politici e ribelli.
  2. Accentramento del credito nelle mani dello Stato per mezzo di una banca nazionale a capitale di Stato e con monopolio esclusivo.
  3. Accentramento dei mezzi di trasporto nelle mani dello Stato.
  4. Aumento del numero delle fabbriche nazionalizzate e degli strumenti di produzione [nazionalizzati], dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un piano collettivo.
  5. Uguale obbligo di lavoro per tutti, istituzione di eserciti industriali, specialmente per l’agricoltura.
  6. Unificazione dell’attività dell’agricoltura e dell’industria, misure atte a eliminare gradualmente l’antagonismo tra città e campagna.
  7. Istruzione pubblica e gratuita per tutti i bambini. Abolizione del lavoro infantile nelle fabbriche nella sua forma attuale. Unificazione fra istruzione e produzione materiale ecc.[33]

 

Appendice B

 

“Regole Generali della Associazione Internazionale degli Operai pubblicata sul The Bee-Hive Newspaper, nel novembre del 1864.

Considerando,

Che l’emancipazione delle classi lavoratrici deve essere conquistata dalle classi lavoratrici stesse, che la lotta per l’emancipazione delle classi lavoratrici non significa una lotta per i privilegi e i monopoli di classe, ma per eguali diritti e doveri, e l’abolizione di ogni dominio di classe;

La sottomissione economica dell’uomo che lavora al monopolizzatore dei mezzi di lavoro – che è, la fonte di vita – soggiace all’origine della schiavitù in tutte le sue forme, di tutta la miseria sociale, la degradazione mentale, e la dipendenza politica;

L’emancipazione economica delle classi lavoratrici è perciò il grande fine al quale ogni movimento politico deve essere subordinato come mezzo;

Che tutti gli sforzi atti al grande fine finora fallivano per la mancanza di solidarietà tra le molteplici divisioni del lavoro in ogni paese, e per l’assenza di un legame fraterno d’unione tra le classi lavoratrici dei diversi paesi;

Che l’emancipazione del lavoro non è locale né nazionale, ma un problema sociale, che abbraccia tutti i paesi nei quali la società moderna esiste, e dipende per la sua soluzione dalla concomitanza, pratica e teorica, dei paesi più avanzati;

Che l’attuale risveglio delle classi lavoratrici nei paesi d’Europa più industrializzati, mentre suscita nuove speranze, dà un solenne monito contro la ricaduta in vecchi errori, e invita all’immediato accostamento dei movimenti ancora scollegati;

Per queste ragioni –

È stata fondata l’Associazione Internazionale degli Operai.

Essa dichiara:

Che tutte le società e gli individui aderenti al essa riconosceranno verità, giustizia e moralità come basi della loro condotta l’uno nei riguardi dell’altro e nei riguardi di tutti gli uomini, senza distinzione di colore, credo, o nazionalità;

Che essa riconosce nessun diritto senza doveri, nessun dovere senza diritti;

            E, con questo spirito, le seguenti Regole sono state redatte.

1.     Questa Associazione è stata fondata per permettere un mezzo centrale di comunicazione e cooperazione tra le società operaie esistenti in diversi paesi e miranti lo stesso fine; ovvero, la protezione, avanzamento, e completa emancipazione delle classi lavoratrici.

2.     Che sia il nome della società “Associazione Internazionale degli Operai.”

3.     Che si riunisca annualmente un Congresso Generale degli Operai, consistente in delegati delle sezioni dell’Associazione. Il Congresso dovrà proclamare le aspirazioni comuni alla classe lavoratrice, adottare le misure richieste per il buon funzionamento dell’Associazione Internazionale, e nominare il Consiglio Generale della società.

4.     Ogni Congresso designa la data e il luogo d’incontro del prossimo Congresso. I delegati si assembreranno nella data e luogo designato, senza alcun invito speciale. Il Congresso Generale potrà, in caso di necessità, cambiare il posto, ma non ha potere di posporre la data dell’Congresso Generale annuale. Il Congresso designa il seggio ed elegge i membri del Consiglio Generale annualmente. Il Consiglio Generale così eletto si riserberà il potere di aggiungere al numero dei suoi membri.

Alle sue riunioni annuali, il Congresso Generale riceverà un resoconto pubblico delle transazioni annuali del Consiglio Generale. Quest’ultimo, in caso d’emergenza, potrà convocare il Congresso Generale prima della scadenza annuale regolare.

5.     Che il Consiglio Generale consista di operai di paesi differenti rappresentati nella Associazione Internazionale. E che, dai suoi stessi membri, elegga i funzionari necessari per la transazione di affari, come quello di un tesoriere, un segretario generale, e corrispettivi segretari dei diversi paesi, ecc.

6.     Che il Consiglio Generale formi un’agenzia internazionale tra i diversi gruppi e gruppi locali dell’Associazione, così che gli operai in un paese possano essere coerentemente informati dei movimenti della loro classe in ogni altro paese; che un’inchiesta sullo stato sociale dei diversi paesi d’Europa sia stilata simultaneamente, e sotto una direzione comune, che una domanda di interesse generale dibattuta in una società sia ventilata da tutte; e che quando immediati passi concreti saranno necessari – come, per esempio, in caso di dispute internazionali  l’azione delle società associate sia simultanea ed uniforme. Ogniqualvolta sembri opportuno, che il Consiglio Generale prenda l’iniziativa di proposte da essere sottoposte al cospetto delle diverse società nazionali o locali. Per facilitare le comunicazioni, che il Consiglio Generale pubblichi rapporti periodici.

7.     Siccome il successo del movimento degli operai in ogni paese non può essere assicurato se non con la forza dell’unione e della aggregazione, mentre, d’altro canto, l’utilità del Consiglio Generale Internazionale dovrà dipendere in larga misura dalla circostanza se dovrà avere a che fare con pochi centri nazionali di associazioni operaie, o con un grande numero di piccole e sconnesse società locali, che i membri della Associazione Internazionale usino i loro massimi sforzi per unire le sconnesse società operaie dei loro rispettivi paesi, in corpi nazionali, rappresentati da organi nazionali centrali. È sottinteso, tuttavia, che l’applicazione di questa regola dipenderà dalle leggi peculiari di ogni paese, e che, a parte ostacoli legali, che nessuna società locale indipendente sia preclusa dal corrispondere direttamente con il Consiglio Generale.  

8.     Ogni sezione ha il diritto di designare il suo segretario di corrispondenza direttamente con il Consiglio Generale.

9.     Ognun il quale riconosce e difende i principi della Associazione Interinazione degli Operai è elegibile di diventarne membro. Ogni branca è responsabile dell’integrità dei membri che ammette. 

10.  Ogni membro della Associazione Interinazione degli Operai, nello spostare il suo domicilio da un paese ad un altro, riceverà il supporto fraterno della Associazione Operaia.

11.  Mentre unite da un legame perpetuo di cooperazione fraterna, le società operaie, che si uniscono alla Associazione Internazionale conserveranno le loro esistenti organizzazioni intatte.

12.  Le Regole attuali potranno essere revisionate da ogni Congresso, a condizione che due terzi dei delegati saranno in favore su tale revisione.

13.  Qualsiasi cosa di cui non nelle Regole attuali sarà fornita in Regolamenti speciali, soggetti a revisione di ogni Congresso.[34]


 

Appendice C

 

Estratti da “Pensiero ed Azione” di Giuseppe Mazzini

 

1. La Giovine Europa è l'associazione di tutti coloro i quali, credendo in un avvenire di libertà, d'eguaglianza, di fratellanza […].

 

 2. Un solo Dio;

 

Un solo padrone, la di lui Legge;

 

Un solo interprete di quella Legge: l'Umanità.

 

[…]

 

5. Ogni missione costituisce un vincolo di Dovere.

 

[…]

 

Unico mezzo per l'una cosa e per l'altra è l'Associazione.

 

7. Non è vera Associazione se non quella che ha luogo tra liberi ed eguali.

 

8. Per Legge data da Dio all'Umanità, tutti gli uomini sono liberi, eguali, fratelli.

 

[…].

 

11. L'Eguaglianza esige che diritti e doveri siano riconosciuti uniformi per tutti - che nessuno possa sottrarsi all'azione della Legge che li definisce - che ogni uomo partecipi, in ragione del suo lavoro al godimento dei prodotti, risultato di tutte le forze sociali poste in attività.

 

12. La Fratellanza è l'amore reciproco, la tendenza che conduce l'uomo a fare per altri ciò ch'ei vorrebbe si facesse da altri per lui.

 

[...].

 

16. Per Legge data da Dio all'Umanità, tutti i popoli sono liberi, eguali, fratelli.

 

17. Ogni Popolo ha una missione speciale che coopera al compimento della missione generale dell'Umanità. Quella missione costituisce la sua Nazionalità. La Nazionalità è sacra.

 

Estratti da Dei doveri dell’uomo (1841-1860) di Giuseppe Mazzini[35] dove in sette sezioni pubblicate in 19 anni, parla agli operai delle “cose più sante che noi conosciamo, di Dio, dell’Umanità della Patria, della Famiglia.”.

 

Siamo schiavi infelici: parlateci di miglioramenti materiali, di libertà, di felicità […]. Così dicono molti fra’ nostri operai [italiani], e seguono dottrine e associazioni corrispondenti al loro desiderio, […] il linguaggio invocato da essi s’è tenuto da cinquanta anni in poi senza aver fruttato un menomo di miglioramento […]”.

 

Tutti gli atti della Rivoluzione Francese e delle altre che la seguirono e la imitarono, furono conseguenze d’una Dichiarazione dei Diritti dell’uomo”.

 

Colla teoria dei diritti possiamo insorgere e rovesciare gli ostacoli ma non fondare forte e durevole l’armonica di tutti […]. Colla teoria della felicità, del ben essere dato per oggetto primo alla vita, noi formeremo uomini egoisti, adoratori della materia […]. Si tratta dunque di trovare un principio educatore superiore a siffatta teoria che guidi gli uomini al meglio, che insegni loro la costanza nel sacrificio […]. E questo principio è il DOVERE.”

 

“Dio v’ha dato la vita; Dio v’ha dunque dato la legge, Dio è l’unico Legislatore della razza umana.”

 

“I primi vostri Dover, primi almeno per importanza, sono, come ‘io vi dissi, verso l’Umanità’. Siete uomini prima di essere cittadini o padri. […] O miei fratelli? Amate la Patria. La Patria è la nostra casa; la casa che Dio ci ha data […]”

 

“Per tre quarti almeno degli uomini che appartengono alla classe operaia, agricola o industriale, la vita è una lotta d’ogni giorno per conquistarsi i mezzi indispensabili all’esistenza. […]. È chiaro che voi dovete lavorar meno e guadagnare più che oggi non fate. Figli tutti di Dio e fratelli in Lui e tra noi, noi siamo chiamati a formare una sola grande famiglia. In questa famiglia possono esistere disuguaglianze generate dalle diverse attitudini, dalle diverse capacità, dal diverso desiderio di lavoro; ma un principio deve signoreggiarla: qualunque è disposto a dare, pel bene di tutti, ciò ch’ei può di lavoro, deve ottenere compenso tale che lo renda capace di sviluppare, più o meno, la propria vita sotto tutti gli aspetti ce la definiscono. […]. Il principio, l’origine della Proprietà sta nella natura umana e rappresenta la necessità della vita materiale dell’individuo che egli ha dovere di mantenere. […]. L’abolizione della proprietà individuale nondimeno è il rimedio proposto da parecchi tra i sistemi di socialisti dei quali vi parlo, e segnatamente del comunismo. […]. La formola generale del comunismo è la seguente: la proprietà d’ogni cosa che produce terre, capitali, mobili, strumenti di lavoro, sia concentrata nello Stato; lo Stato assegni la sua parte di lavoro a ciascuno; lo Stato assegni a ciascuno una retribuzione, secondo alcuni, con assoluta eguaglianza, secondo altri a seconda de’ suoi bisogni. Questa, se mai fosse possibile, sarebbe vita di castori, non d’uomini. La libertà, la dignità, la coscienza dell’individuo spariscono in un ordinamento di macchine produttrici. […]. Il lavoro associato, il riparto dei frutti del lavoro, ossia del ricavato dalla vendita dei prodotti, tra i lavoratori in proporzione del lavoro compiuto e del valore di quel lavoro: è questo il futuro sociale. In questo sta il segreto della vostra emancipazione. […].”[36]


 

Appendice D

 

Risoluzione della Conferenza di Londra sull’azione politica della classe lavoratrice come adottata dalla Conferenza di Londra dell’Internazionale, settembre, 1871

 

Considerando i seguenti passaggi del preambolo delle Regole:

 

«L’emancipazione economica delle classi lavoratrici è il grande fine al quale ogni movimento politico deve essere subordinato come mezzo»;

 

Che l’Indirizzo inaugurale della Associazione Internazionale degli Operai (1864) afferma:

«i signori della terra e i signori del capitale useranno sempre i loro privilegi politici per la difesa e la perpetuazione dei loro monopoli economici. Lungi dal promuovere, continueranno a lasciare ogni impedimento possibile sulla via dell’emancipazione del lavoro … Conquistare il potere politico è quindi diventato il grande dovere delle classi lavoratrici»;

 

Che il Congresso di Losanna (1867) ha approvato questa risoluzione:

 «L’emancipazione sociale degli operai è inseparabile dalla loro emancipazione politica»;

 

Che la dichiarazione del Consiglio Generale relativa al preteso complotto degli internazionalisti francesi alla vigilia del plebiscito (1870) dice:

«Certamente dal tenore dei nostri Statuti, tutte le nostre branche in Inghilterra, o sul continente, e in America hanno la missione speciale non solo di servire come centri per l’organizzazione militante della classe lavoratrice, ma anche da supporto, nei loro rispettivi paesi, di ogni movimento politico tendente alla soddisfazione del nostro fine ultimo – l’emancipazione economica della classe lavoratrice»”

 

Che le false traduzioni degli Statuti originali hanno dato adito a varie interpretazioni che furono maliziose nello sviluppo e azione dell’Associazione Internazionale degli Operai; 

In presenza di una sfrenata reazione che ha schiacciato violentemente ogni sforzo di emancipazione da parte della classe lavoratrice, e pretende di mantenere con la forza bruta la distinzione delle classi e il dominio politico delle classi proprietarie derivanti da ciò;

 

Considerando,

Che contro questo potere collettivo delle classi proprietarie la classe lavoratrice non può agire come classe, eccetto che nel costituirsi in un partito politico, in forma distinta, e opposta a, tutti i vecchi partiti formati dalle classi possidenti;

 

Che questa costituzione della classe lavoratrice in un partito politico indispensabile al fine di assicurare il trionfo della rivoluzione socialista e il suo fine ultimo – l’abolizione delle classi;

 

Che la combinazione delle forze le quali la classe lavoratrice ha già effettuata mediante le sue lotte economiche deve allo stesso tempo servire come leva per la sua lotta contro il potere politico dei proprietari terrieri e capitalisti –

La Conferenza ricorda ai membri dell’Internazionale:

Che nello stato militante della classe lavoratrice, il suo movimento economico e la sua azione politica sono indissolubilmente unite.[37]


 

Appendice E

 

Considerando,

Che l'emancipazione della classe produttiva è anche quella di tutti gli esseri umani senza distinzioni di sesso o razza;

Che i produttori non possono essere liberi salvo che quando questi siano in possesso dei mezzi di produzione;

Che esistono solo due forme in cui i mezzi di produzione possano appartener loro:

1)    la forma individuale, che non è mai esistita come stato di cose generale e che è eliminata sempre più dal progresso industriale;

2)    la forma collettiva, i cui elementi materiali e intellettuali sono costituiti dallo stesso sviluppo della società capitalista;

 

Considerando,

Che tale appropriazione collettiva può divenire solo dall'azione rivoluzionaria della classe produttiva - o proletariato - organizzata in un partito politico distinto;

Che tale organizzazione deve essere perseguita con tutti i mezzi a disposizione del proletariato, compreso il suffragio universale, così trasformato da strumento di inganno, qual è stato finora, a strumento di emancipazione;

Gli operai socialisti francesi, adottando come obiettivo dei loro sforzi di ordine economico il ritorno alla collettività di tutti mezzi di produzione, hanno deciso, come mezzo di organizzazione e di lotta, di prender parte alle elezioni con il programma minimo seguente: […] [38]

 

A. Sezione Politica

 

(1) Abolizione di tutte le leggi su stampa, riunioni e associazione, e soprattutto della legge contro l'Associazione Internazionale degli Operai. Soppressione del “livret” [6], quella forma di controllo amministrativo sulla classe operaia, e di tutti gli articoli del “Code” [7] che stabiliscono l'inferiorità dell'operaio rispetto al capo, e della donna rispetto all'uomo;

 

(2) Confisca delle risorse degli ordini religiosi e restituzione alla nazione dei "beni detti essere manomorta, mobili e immobili" (decreto della Comune del 2 aprile 1871), inclusi tutti gli edifici industriali e commerciali di tali enti;

 

(3) Soppressione del debito pubblico;

 

(4) Abolizione dell'esercito permanente e armamento generale del popolo;

 

(5) Che la Comune sia padrona della propria amministrazione e della propria polizia.

B. Sezione Economica

 

(1) Un giorno di riposo la settimana o divieto legale per i datori di lavoro di imporre lavoro per più di sei giorni su sette. - Riduzione per legge della giornata lavorativa a otto ore per gli adulti. - Divieto per i ragazzi minori di quattordici anni di lavorare in officine private; e, tra i quattordici ed i sedici anni, riduzione della giornata lavorativa da otto a sei ore;

 

(2) Sorveglianza protettiva degli apprendisti da parte delle organizzazioni operaie;

 

(3) Salario minimo legale, determinato annualmente in base al prezzo locale del cibo, da parte di una commissione statistica operaia;

 

(4) Divieto legale per i padroni di impiegare lavoratori stranieri ad un salario inferiore a quello dei lavoratori francesi;

 

(5) Uguale paga per uguale lavoro, per operai di ambo i sessi;

 

(6) Istruzione scientifica e professionale di tutti i bambini, il cui sostentamento è responsabilità della società, rappresentata dallo stato e dalla Comune;

 

(7) Responsabilità della società per gli anziani ed i disabili;

 

(8) Divieto di ogni interferenza padronale nell'amministrazione delle società operaie, società previdenziali, ecc., che vanno restituite al controllo esclusivo dei lavoratori;

 

(9) Responsabilità padronale in caso di incidenti, garantiti da una cauzione pagata dal datore di lavoro al fondo operaio in proporzione al numero di lavoratori impiegati ed alla rischiosità rappresentata dall'industria;

 

(10) Intervento degli operai nelle regolamentazioni speciali dei vari lavori; fine del diritto usurpato dai padroni di imporre penalità ai propri lavoratori nella forma di multe o riduzioni salariali (decreto della Comune del 27 aprile 1871);

 

(11) Annullamento di tutti i contratti che hanno alienato la proprietà pubblica (banche, ferrovie, miniere, ecc.) e sfruttamento di tutte le fabbriche possedute dallo stato da parte degli operai che vi lavorano;

 

(12) Abolizione di tutte le tasse indirette e trasformazione di tutte le tasse dirette in una tassa progressiva sui redditi superiori ai 3.000 franchi. Soppressione di tutti i lasciti ereditari per via collaterale [8] e di tutti i lasciti ereditari diretti superiori ai 20.000 franchi. [39]


Appendice F

 

Programma e regolamento del Partito socialista rivoluzionario di Romagna

 

Considerando:

che la condizione attuale della classe lavoratrice, in Italia, è quella di essere soggetta:

economicamente, dipendendo essa, per vivere, dai posseditori della ricchezza sociale: terra, miniere, strumenti di lavoro, capitali di ogni fatta e così via;

politicamente, essendo essa costretta ad obbedire a leggi che non ha fatte né direttamente, né indirettamente;

intellettualmente, non avendo essa, in generale, istruzione alcuna, od avendola monca e superficiale;

moralmente, in fine, l'educazione, che riceve, essendo intesa, sopra tutto, a soffocare, in essa, ogn'istinto di rivolta contro l'ordine di cose esistente ed a farle accettare come istituti soprannaturali e divini, perciò inviolabili, le attuali istituzioni della proprietà, dello stato e della chiesa;

 

Considerando, altresì:

che questa molteplice dipendenza, i cui effetti visibili sono: la miseria del gran numero, l'ignoranza, la corruzione, la morte prematura, la guerra, la prostituzione e la maggior parte dei delitti, costituisce uno stato contrario alla natura perfettibile dell'uomo, alla civiltà e alla dignità umana: così che quando si prolungasse all'infinito, e nuove forze sociali non ne neutralizzassero gli effetti, ricaccerebbe il genere umano nella barbarie;

 

Considerando, in fine,

che ognuno, il quale senta la propria dignità d'uomo e il vincolo, che lo lega agli altri esseri umani, non può non ribellarsi intimamente a quest'ordine antiumano di cose né mancar di aggiungere i suoi sforzi a quelli degli altri per promuover ed affrettarne il decadimento e per instaurare un ordine nuovo, ove l'uomo possa svolgere liberamente tutte le sue facoltà, e sentirsi uomo in mezzo a uomini.

 

Per queste ragioni, noi, componenti il Partito socialista rivoluzionario romagnolo, per contribuire, per quanto è da noi, al progresso generale del genere umano ed al miglioramento delle condizioni sociali della classe lavoratrice in Italia, nonché alla sua finale emancipazione, che addurrà la emancipazione di tutti gli esseri umani,

 

in nome della solidalità, che vincola fra di loro tutti gli uomini, in nome del progresso infinito, che non è, insomma, se non la verità, la giustizia e la morale infinitamente svolgentisi,

 

ci proponiamo di promuovere con ogni mezzo, il decadimento della attual forma di società e l'avvenimento di una società socialistica, a fondamento della quale poniamo i seguenti principii generali, che risultano dalle attuali condizioni sociali, e riassumono, a parer nostro, tutto il socialismo rivoluzionario moderno, nel tempo stesso che sono la norma direttiva della nostra condotta pratica.

 

Avendo constatata, cioè, la molteplice soggezione della classe lavoratrice, noi constatiamo, altresì, che, per porvi un termine, occorrono:

1. Economicamente: La Proprietà collettiva (o sociale) della terra, delle miniere, degli strumenti da lavoro, delle vie di comunicazione, degli edifizi, di tutto ciò, insomma, che è capitale sociale o mezzo di lavoro. La proprietà collettiva dei mezzi di lavoro (terra, capitali ed altro) metterà il lavoratore in grado di impiegare le sue forze senza dipendere da un padrone, che gli tolga la maggior parte di quello, che produce.

Il lavoratore, avendo, così, ampiamente assicurata, per mezzo del lavoro, la sua esistenza materiale e la sua indipendenza economica, sarà in grado di fruire di tutti i benefizi e di tutte le libertà sociali: l'emancipazione economica essendo la condizione essenziale di ogni libertà e di ogni svolgimento umano.

La proprietà collettiva, l'organamento del lavoro e la distribuzione dei prodotti del lavoro medesimo assumeranno quella forma, che sarà suggerita dalle condizioni generali delle popolazioni, presso cui s'instituiranno. Noi pensiamo, frattanto che il collettivismo, cioè la proprietà collettiva (corporativa, comunale, nazionale, internazionale) dei soli mezzi di lavoro, ovvero anche delle cose di maggior necessità, sarà la prima forma, in cui si verrà incarnando la rivoluzione economica: fino a che, aumentata indefinitamente la produzione e resa capace di bastare ampiamente a tutti, possa stabilirsi anche la proprietà collettiva dei prodotti del lavoro collettivo, cioè il comunesimo.

2. Politicamente: Riconoscimento dei diritti civili e politici in ogni essere, umano, uomo o donna;

Avendo, così, ognuno il voto nella cosa pubblica, potendo votare con indipendenza per l'ottenuta emancipazione economica e con coscienza di causa, poiché si tratterà generalmente di decidere questioni relative all'organamento del lavoro: la rivoluzione, altresì, avendo abolite di fatto le differenze di classe e d'interessi, sarà possibile ottenere ciò, che non ottennero giammai le istituzioni politiche attuali, cioè un ordinamento sociale che sia l'espressione sincera della volontà del popolo. Senonché, questo stato che sia di cose non sarà, alla fine, anch'esso, che transitorio.

Il suffragio universale, che scioglierà, tosto dopo la rivoluzione, la maggior parte delle questioni, che non si sciolsero rivoluzionariamente, perderà a poco a poco della sua importanza: fino a che, trovato il miglior modo di ordinamento sociale del lavoro e della distribuzione dei prodotti, questo stato transitorio cederà il luogo ad un organamento sociale, ove ogni individuo consumerà e produrrà non per legge, ma perché così vuole la natura stessa delle cose: condizione indispensabile, tanto della vita individuale quanto della vita sociale, essendo il consumare ed il produrre.

Noi giungeremo così all'An-archia nei rapporti politici, come si giunse al comunesimo nei rapporti economici. Il Comunesimo anarchico o libero, è, infatti, l'ideale del Socialismo rivoluzionario moderno; ma nessuno può dirci se lo svolgimento delle idee e dei fatti sociali ci darà un ideale ancor più vasto e luminoso di questo. Noi siamo, in ogni caso, per lo svolgimento progressivo e infinito dell'umana personalità.

3. Intellettualmente e moralmente: Impartizione, per parte della Società, ad ogni fanciullo, maschio o femmina, di un'educazione umana, in armonia collo stato della scienza, e col progresso generale, e di un'istruzione integrale (professionale e intellettiva), che rendano possibile lo svolgimento armonico di tutte le facoltà umane: fisiche, intellettuali e morali.

Per questo mezzo, ottenuta già l'emancipazione economica e politica, sarà ottenuta la piena emancipazione intellettuale e morale di ogni essere umano, e si prepareranno le nuove generazioni all'attuazione di quel Comunesimo anarchico, di cui abbiamo discorso.

Perciò: tanto la proprietà collettiva della terra e degli strumenti di lavoro, quanto l'universalità dei diritti civili e politici e l'educazione e l'istruzione integrale non sono, secondo noi, il fine ultimo del Socialismo rivoluzionario moderno, ma costituiscono le condizioni necessarie allo svolgimento normale e progressivo del genere umano e al compimento del Programma ideale del Socialismo stesso.

 

Considerando:

 

che condizione primordiale della emancipazione umana delle classi lavoratrici, e perciò di tutti gli esseri umani, è l'emancipazione economica; che questa non può ottenersi, se non quando le classi lavoratrici delle città e delle campagne s'impossessino, pel bene di tutti, della terra e dei capitali e, per conseguenza ancora, di tutto il potere politico, militare e sociale, che dà il loro possesso;

 

che, l'esperienza storica dimostrando come una classe privilegiata non ceda mai pacificamente i suoi privilegi secolari, l'appropriazione della terra, dei capitali e di ogni potere sociale non può avvenire se non per via di rivoluzione, tanto che la rivoluzione non è soltanto il miglior modo, che noi proponiamo, per isciogliere efficacemente la questione sociale ed emancipare le moltitudini, ma è una fatalità storica inevitabile, che noi non facciamo se non formulare, rendere cosciente ed affrettare con tutte le forze nostre;

 

Per queste ragioni;

Il partito socialista di Romagna è e non può non essere rivoluzionario. La rivoluzione è, prima di tutto, una insurrezione materiale violenta delle moltitudini contro gli ostacoli, che le istituzioni esistenti oppongono all'affermazione ed all'attuazione della volontà popolare.

 

La rivoluzione è, perciò, prima di tutto, dittatura temporanea delle classi lavoratrici, cioè accumulazione di tutto il potere sociale (economico, politico, militare) nelle mani dei lavoratori insorti, all'oggetto di atterrare gli ostacoli, che il vecchio ordine di cose oppone all'instaurazione del nuovo, di difendere, di provocare, propagare la rivoluzione, di eseguire l'espropriazione dei privati, di stabilire la proprietà collettiva e l'ordinamento sociale del lavoro.

 

Le rivoluzioni politiche, avendo per oggetto il cambiamento della forma governo, cioè la sostituzione di alcuni uomini, rappresentanti più o meno di fedeli di certe idee, ad altri uomini, possono avvenire ed avvennero, talvolta, per opera di cospirazioni, di raggiri diplomatici e di decreti: esempi, il 2 di dicembre e l'istituzione della repubblica in Ispagna ed in Francia; ma la rivoluzione come il Socialismo la intende, proponendosi la trasformazione dalle radici di tutto l'ordinamento sociale, ed avendo per oggetto non solo la conquista (o l'abbattimento) del potere politico, ma la conquista di tutto il potere sociale, e, per primo oggetto immediato, la presa di possesso, vuoi per via d'insurrezione, vuoi per via di decreto rivoluzionario, della terra e dei capitali, all'oggetto di metterli in comune e di sfruttarli a vantaggio di tutti, per ciò la nostra rivoluzione non può essere che sociale; e, perché si attui, occorre non solamente la cooperazione degl'individui coscientemente socialisti e rivoluzionari, che non sono, generalmente mai, se non una piccola minoranza; ma occorre la cooperazione efficace ed energica delle moltitudini lavoratrici della città e delle campagne.

I particolari organamenti rivoluzionari, gli atti individuali, le cospirazioni, i tentativi di rivolta di minoranze audaci possono scuotere momentaneamente le moltitudini, porre e rendere cosciente la questione sociale, promuovere e mantenere un certo fermento nel popolo e, in condizioni favorevoli, provocare una rivolta aperta; ma non possono fare la rivoluzione.

 

La rivoluzione è il popolo solo, che la fa e può farla; e, per renderla possibile, bisogna che, da partito che siamo, diveniamo popolo: che abbiamo, cioè, con noi la parte più intelligente ed energica delle città e delle campagne.

 

Ché, se la lotta individuale può essere accettata e resa, anzi, necessaria in paesi, ove il potere politico è individuale ed assoluto: tanto che, ove si possano toglier di mezzo certi individui, è tolto di mezzo l'ostacolo maggiore, si opponga all'attuazione della volontà popolare, la lotta individuale riesce inefficace in paesi, ove il potere sociale l'ha tutta una classe.

 

Quivi la lotta non può essere che fra classe e classe; la rivoluzione non può essere che sociale.

 

Con ciò non intendiamo di negare le lotte e le proteste individuali, le cospirazioni ed i tentativi; affermiamo, anzi, che, in certe particolari condizioni e in certi momenti, ma non in tutte le condizioni e in tutti i momenti, l'uso di questi mezzi è inevitabile è il solo modo di manifestarsi che abbia un partito. Senonché questi mezzi medesimi, che sono da lasciarsi alla iniziativa individuale, non possono né debbono essere levati a principio generale per tutti, non possono né debbono essere la condotta sistematica di un gran partito, che deve poter disporre di mezzi d'azione maggiori assai e poter muoversi alla luce del sole.

 

La rivoluzione, altresì, non attuando, generalmente, se non ciò che è già penetrato nella coscienza del gran numero, per non essere sfruttata dalle attuali classi dirigenti, dev'essere preceduta da un'ampia propagazione delle idee socialistiche-rivoluzionarie ed aver per organo un partito fortemente ordinato, capace di provocarla, quando esistano le condizioni necessarie alla sua buona riuscita, e d'inspirarla e anche di dirigerla, quando sia scoppiata.

 

Perciò il nostro partito ha un doppio oggetto: quello di svegliare con la parola, con gli scritti, con gli esempi, e all'uopo con altri mezzi, le moltitudini assopite delle città e delle campagne, preparandole alla rivoluzione, che si va compiendo inesorabilmente nella società per opera di quegli stessi fattori sociali, che ora ci tengono oppressi; e quello di approfittare dell'occasione favorevole per rovesciare le moltitudini stesse sull'ordine esistente, inspirarle e dirigerle nella lotta e far ogni sforzo perché la rivoluzione dia quei frutti, che le moltitudini ne aspettano.

 

La rivoluzione sociale, comprendendo le manifestazioni tutte della vita e tendendo a trasformarle tutte, è preceduta necessariamente da tutte quelle riforme, o tentativi di riforme, che si propongono di trasformare successivamente i particolari congegni dell'attuale società: onde l'utilità anzi la necessità, che ha il partito, per vivere, per progredire, per istare a contatto col popolo ed ispirarsene, di prender parte e, ove occorra, di provocare tutte quel le riforme e tutte quelle agitazioni economiche, politiche, antireligiose, che hanno per oggetto la trasformazione sempre maggiore delle istituzioni attuali ed affrettano la rivoluzione, fecondando nel popolo lo spirito di opposizione e di rivolta. La partecipazione del partito a tali agitazioni è tanto più utile e necessaria, quando queste siano dimostrate storicamente inevitabili. Allora, oltre all'offrire occasione di affermarci pubblicamente, di svolgere e di propagare le nostre idee, quelle riforme, quelle agitazioni diventano per noi un mezzo efficace di lotta, sol che impediamo che i partiti avversi le sfruttino a loro vantaggio.

 

Non importa se le agitazioni e le riforme han da principio aspetto pacifico e legale.

 

Il movimento, pacifico e legale, dapprima, si trasformerà a poco a poco, la resistenza che incontra (carattere essenziale delle classi soddisfatte e pei governi essendo quello di conservare ad ogni costo), si trasformerà, diciamo, in movimento rivoluzionario; le agitazioni, incominciate all'oggetto di ottenere riforme, diverranno, noi intervenendo, altrettanti combattimenti d'avamposti, che spingeranno vieppiù sempre alla lotta finale, dimostrandone la necessità e rendendola cosciente. Non escluderanno, poi, anzi provocheranno l'uso di mezzi più efficaci ed energici.

 

Rivoluzionari, adunque, prima di tutto, ed avendo sempre presente che, date le attuali condizioni storiche, l'azione rivoluzionaria sola può sciogliere efficacemente la questione sociale, di guisa che tutto ciò che facciamo, entro l'ordine attuale di cose deve aver per oggetto di propagare, di preparare, di affrettare, di provocare l'azione rivoluzionaria cosciente delle moltitudini lavoratrici, noi pensiamo che un partito come il nostro, il quale non si propone soltanto una momentanea superficiale agitazione, ma vuol essere strumento efficace di progresso sociale, deve prender parte direttamente od indirettamente a tutte quelle manifestazioni, a tutte quelle agitazioni, a tutti quegli atti della vita presente, che, pur rimanendo entro l'ordine attuale di cose, contengono germi di dissoluzione dell'ordine medesimo, germi, che la nostra azione deve appunto aver per oggetto di fecondare.

 

Senonché bisogna ricordare, per non confondere il fine col mezzo e per non iscambiare l'oggetto di un partito socialistico e rivoluzionario coll'oggetto dei partiti meramente riformatori, che le riforme, le quali, per questi partiti, sono un fine, per noi non sono che un'occasione, un mezzo di agitazione e di lotta - mezzo passeggiero il quale non impedisce che rendiamo possibili e approfittiamo di altre manifestazioni dell'attività popolare e rivoluzionaria, particolarmente quando ogni manifestazione legale ci sia resa impossibile.

 

L'azione del partito, dovendo essere molteplice com'è molteplice la di pendenza che si tratta di toglier di mezzo, molteplice l'oggetto, che ci proponiamo, tra le attività che sono generalmente possibili ed attuabili nel presente ordine di cose e possono valere come mezzi di agitazione e di lotta e preparare un ambiente, ove il socialismo possa prosperare, noi proponiamo le seguenti, lasciando libere le associazioni, che compongono il partito di praticare le une piuttostoché le altre, lasciando altresì all'iniziativa individuale e a quella dei singoli gruppi, tutte quelle particolari attività e l'uso di quei mezzi d'azione, che escono compiutamente dall'ordine attuale di cose ed importano ribellione aperta all'ordine stesso:

1. Propagare ampiamente e costantemente le idee socialistiche per mezzo di conferenze, di giornali, di opuscoli, di comizi e di dimostrazioni pubbliche: che la propagazione di queste idee varii secondo il variare degli elementi presso cui deve farsi: contadini, operai, donne, gioventù studiosa e così via.

 

2. Organizzare fortemente tutti gli elementi socialistici e rivoluzionari delle città e delle campagne in Sezioni del partito, in circoli di studi sociali, in circoli operai, in Società di educazione e d'istruzione popolare e così via.

 

3. Organizzare nel miglior modo possibile, e sopra tutto per unioni di mestieri, la classe operaia delle città e delle campagne: che possa persuadersi, di fatto, dei buoni effetti dell'associazione e senta la necessità di applicare l'associazione a tutti i bisogni della vita.

 

4. Sostenere e, se occorre, provocare la lotta contro al capitale mediante gli scioperi, le richieste d'aumento di salario, di diminuzione delle ore di lavoro e così via.

 

5. Sostenere e, talvolta, provocare tutte quelle riforme politiche ed economiche, che porgono occasione di propagare il Socialismo, di agitare e di lottare; che tendono all'abolizione di un privilegio, che trarrà seco l'abolizione di altri; che favoriscono l'organamento del lavoro e la coltura popolare; che possono diminuire la resistenza del governo, renderci personalmente più liberi, affrettare l'esaurimento delle istituzioni politiche ed economiche attuali, e favorire l'ordinamento socialistico della società umana.

 

6. Impadronirsi dei Comuni, mediante una viva partecipazione alle elezioni amministrative, e trasformare, a vantaggio del popolo e dell'autonomia comunale, l'attuale ordinamento amministrativo, affidando per esempio alle associazioni operaie i lavori comunali e l'esercizio delle proprietà del Comune ed impegnando, all'occorrenza, la lotta contro lo Stato.

 

7. Porre al Parlamento candidature socialistiche ed operaie, siano positive, siano di protesta, lasciando alle singole associazioni provinciali il fissare la condotta dei compagni, che potessero venire eletti deputati.

 

8. Secondare, e, all'occorrenza, provocare manifestazioni popolari con tro il privilegio economico e politico, e sostenerle, al bisogno, sino agli estremi.

 

9. Combattere accanitamente i pregiudizii religiosi, che tengono avvinta tanta parte degli operai.

 

10. Lottare insomma ogni giorno, ogn'istante, con ogni mezzo, fino a che ci sentiamo in grado di impegnare la lotta finale.

 

Quest'azione molteplice del partito non è il fine del partito stesso; tanto meno poi, è il fine del Socialismo: essa non farà che preparare un ambiente migliore, ove il Socialismo potrà svolgersi più liberamente ed incontrare minori difficoltà ad attuarsi. Il poco ottenuto inciterà il popolo a rivendicare e ad ottenere il molto. Basta avvezzare il popolo a pretendere e ad ottenere; e, quando non ottenga con le buone, a prendere ciò che chiede; basta avvezzarlo a guardare fieramente in faccia il nemico e a non temerlo.

 

Abbiamo determinato le norme generali che debbono informare la nostra condotta.

 

Un programma particolareggiato di riforme e di azione immediata non può per altro essere fissato se non dalle condizioni stesse della lotta in cui il partito si troverà impegnato. L'azione rivoluzionaria domanda, altresì, un programma particolareggiato di azione, che non potrà fissarsi esso pure se non dalle condizioni stesse della lotta.

 

 

Regolamento

 

1. Il Partito socialista rivoluzionario di Romagna si compone di tutte quelle Società e di tutti quegli individui, che accettano i principii generali di socialismo rivoluzionario moderno, e s'adoperano, secondo le loro forze e i loro mezzi, a propagarli e ad attuarli.

 

2. Il Partito stesso lascia la più ampia libertà alle associazioni e agli individui nella scelta delle speciali teorie sociologiche, onde si dirigono, nonché nell'adozione della loro particolare condotta pratica; ma non possono far par te del Partito quelle società e quegl'individui, che non accettano il Programma generale suesposto.

 

3. Le Società, componenti il Partito, sono autonome in tutto ciò che si riferisce al loro svolgimento interno, all'ammissione dei Soci, all'interna amministrazione, e così via; sono autonome, altresì, in tutte quelle manifestazioni ed atti pubblici che si rendono necessari nelle singole località; ma sono vincolate alle altre associazioni, componenti il Partito, in tutto ciò che concerne il Partito intero.

 

4. Sebbene le varie associazioni e le varie località godano della più ampia autonomia, pure vien loro raccomandato di costituirsi in modo che le varie condizioni, le varie aspirazioni e i vari interessi dei Soci abbiano nelle associazioni, di cui fan parte, i loro organi naturali. Così in quelle località, ove la cosa è possibile, vengono raccomandate le unioni e federazioni di mestieri, ovvero le unioni e le federazioni per rioni o quartieri delle città, le istituzioni di Circoli di studi sociali, e così via.

 

Le varie località possono, altresì, federarsi sia per circondario, sia per provincia, quando ciò riesca utile. Cura speciale dev'esser posta alla propagazione del Socialismo nelle campagne e alla federazione delle società di campagnoli fra di loro.

 

Alle società locali si raccomanda, altresì, l'istituzione di società operaie ed antireligiose, di circoli operai, di biblioteche scolastiche circolanti, di conferenze e di letture pubbliche e così via.

 

5. La rappresentanza del partito è affidata ad una Commissione federale composta di 7 membri, 3 dei quali, domiciliati in una sola località, costituiscono la Commissione di Corrispondenza, ogni qual volta, per un accidente qualsiasi, sia per arresto, sia per altro, essa venga a mancare: nel qual caso, i 4 membri restanti convocano un Congresso del Partito per la rielezione della Commissione; quando anche un solo dei membri della Commissione rimanga illeso, ha diritto a prendere su di sé l'ufficio di corrispondenza ed a convocare il Congresso del Partito.

 

6. Oggetto della Commissione di corrispondenza è quello di dare alle singole associazioni e agl'individui, che li richiedono, tutti gli schiarimenti di sua competenza; essa promuoverà, altresì, la formazione di nuove società e l'adesione delle società, già esistenti, al Partito; riscuoterà le tasse federali, curerà le pubblicazioni del Partito, convocherà i Congressi, e così via, Essa avrà riunioni regolari, alle quali interverranno tutti e 7 i membri nominati, responsabili collettivamente degli atti della Commissione.

 

7. I Congressi ordinari del Partito hanno luogo ogni 6 mesi. Ufficio dei Congressi è quello di discutere e di sciogliere i quesiti, che le varie associazioni fanno porre all'ordine del giorno della Commissione di corrispondenza, di eleggere la Commissione federale, nonché i Rappresentanti ai Congressi nazionali e internazionali, di fissare la sede dei prossimi Congressi, di constatare il movimento del Partito, di modificare e di fissarne la condotta temporanea, di prendere, in fine, tutti quei provvedimenti che saran riputati necessari.

 

8. Oltre ai Congressi ordinari, possono aver luogo, in ogni tempo, congressi straordinari. Il convocarli spetta alla Commissione federale, la quale, invitandovi le associazioni componenti il Partito, indicherà il quesito, o quesiti, la cui discussione rese necessaria la convocazione di un Congresso, e sarà responsabile della convocazione stessa dinanzi al Congresso convocato. Congressi straordinari avranno luogo, altresì, ogni qualvolta 10 associazioni, componenti il Partito, ne facciano proposta alla Commissione federale: nel qual caso, le associazioni stesse indicheranno chiaramente la ragione, per cui vogliono convocato un Congresso.

 

9. Il Partito si metterà in relazione con tutte quelle Società, italiane od estere, che hanno oggetti identici a' suoi. Esso si farà rappresentare a tutti quei Congressi nazionali, che avranno per oggetto l'unione delle forze socialistiche e rivoluzionarie. Occorrendo tali Congressi, la Commissione di corrispondenza ne farà avvisata le singole associazioni, comunicando loro i quesiti da trattare, e convocandole all'oggetto di nominare i loro Rappresentanti, e di dar loro Mandato imperativo.

 

10. Il Partito stesso promuoverà la costituzione di un Partito socialista rivoluzionario italiano, ove si fondano tutte le varie attività socialistiche e rivoluzionarie d'Italia. A quest'oggetto, la Commissione di corrispondenza si metterà in relazione con tutte le Società socialistiche esistenti in Italia.

 

Promuoverà altresì la costituzione di tutte quelle società, che possono contribuire al miglioramento economico, politico, intellettuale e morale delle classi popolari.

 

11. La tassa federale obbligatoria da pagarsi alla Commissione federale componente il Partito, è di 5 cent. mensili per socio. Del pagamento, di questa tassa, sono responsabili le società collettivamente. Da ogni Società il prodotto delle quote sborsate dalle singole società servirà a sostenere di corrispondenza, a dar soccorsi ai Soci perseguitati, o a quelli, che, per casi urgenti, debbono allontanarsi dal loro paese, nonché a sostenere le spese quelle spese di propaganda e di stampa, che dalla Commissione federale saranno reputate necessarie. Delle spese incontrate, la Commissione stessa è responsabile al Congresso. Occorrendo spese straordinarie urgenti, la Commissione federale si rivolgerà alle singole associazioni.

 

12. Alle singole associazioni si raccomanda vivamente di mantenere corrispondenza regolare, tanto fra di loro, quanto con la Commissione di corrispondenza, di promuovere visite fraterne dei soci di un luogo ai soci di un altro, e così via. Quando, poi, occorra che un socio debba allontanarsi dal proprio paese, e voglia essere raccomandato alla società del paese, ove si reca, egli deve recar seco una lettera bollata della società, a cui apparteneva. Per ciò, si raccomanda alle associazioni di aver un bollo. Si raccomanda loro, altresì, di non rilasciar commendatizie per soccorsi se non a que' soci che sono veramente costretti ad allontanarsi dal loro paese.

 

13. Il Partito non ha organo officiale. I suoi atti saranno pubblicati dai giornali socialistici, o saranno divulgati per mezzo di fogli volanti, e porteranno l'intestazione di: Partito socialista rivoluzionario di Romagna.

 

La Commissione federale è responsabile di queste pubblicazioni.

 

14. Se un'associazione contravvenga sia al Programma, sia al Regolamento, che ha accettato, o manchi alla solidarietà, o faccia atti dannosi al Partito, la Commissione federale ne darà rapporto alle singole associazioni. Occorrendo, potrà convocare un Congresso.

 

federale, quando questa manchi a' propri doveri; e, se 10 associazioni si trovino d’accordo. Viceversa, ogni associazione potrà liberamente accusare la Commissione, un Congresso dovrà essere chiamato per giudicare la Commissione.

 

15. Il Programma, lo Statuto e il Regolamento del Partito non possono essere modificati se non dai Congressi a maggioranza di voti.

 

La Commissione

 

(Forlì, Tipi Bordandini, s. d., in-24°, pp. 30)”[40]


 

Appendice G

 

Statuto del Partito operaio italiano colle riforme approvate dal IV Congresso del partito tenutosi in Bologna nel settembre 1888

 

Programma

 

Considerando:

 

Che nel presente ordinamento della società umana gli uomini vivono in due classi divise ed opposte fra di loro per tendenze, aspirazioni, interessi: da un lato la classe dei proletari e lavoratori sfruttati, dall'altra quella dei padroni, capitalisti sfruttatori;

 

Che i lavoratori d'ambo i sessi, d'ogni arte e condizione, ma salariati e dipendenti dai proprietari capitalisti e imprenditori formano, per la loro dipendenza economica, il proletariato costretto ad uno stato d'inferiorità, di oppressione e di servitù;

 

Che tutti gli uomini nascendo uguali hanno lo stesso diritto all'esistenza, mentre nell'attuale ordinamento sociale il benessere materiale, la civiltà, la scienza ed i frutti dell'umano progresso, sono negati alla maggioranza degli uomini, cioè ai lavoratori proletari condannati ad un eccessivo lavoro ed a continue ed illimitate privazioni;

 

E riconoscendo:

 

Che la classe dei capitalisti e degli sfruttatori si assicura il suo predominio sulla classe dei proletari mediante la forza delle sue organizzazioni e delle sue istituzioni privilegiate, politiche, economiche e morali;

 

I lavoratori italiani aderenti al Partito Operaio dichiarano:

 

Che lo scopo costante e diretto dei lavoratori deve essere quello di emanciparsi dalla servitù capitalista;

Che per conseguire tale scopo i lavoratori devono organizzarsi onde opporre le loro forze alle brutali esigenze della classe capitalista, traendo da questa lotta il miglioramento reale e progressivo delle loro condizioni;

Che la loro organizzazione deve rappresentare la lotta della loro classe contro la classe dei privilegiati tanto nel campo economico, quanto nel campo politico e morale;

 

E deliberano:

Di associarsi ed organizzarsi come classe sotto il nome di Partito Operaio Italiano.

 

Statuto

 

Art. 1. - Il Partito Operaio Italiano è costituito in difesa dei lavoratori diseredati allo scopo di organizzarli arte per arte e federarli in nome del diritto all'esistenza, sviluppando in essi la coscienza dei propri diritti.

Il Partito Operaio Italiano è assolutamente estraneo ad ogni partito politico e religioso e prende parte alle lotte della vita pubblica come classe distinta, con criteri proprii, tendenti all'emancipazione della classe lavoratrice.

Le Federazioni e le Sezioni partecipano alla vita pubblica con quei modi e mezzi che reputano più convenienti.

 

Sezioni e Federazioni

 

Art. 2. Possono far parte del Partito Operaio tutte le Associazioni di lavoratori tendenti al miglioramento economico-sociale ed organizzate col mutuo soccorso per malattia, vecchiaia, inabilità al lavoro; col lavoro ai disoccupati mediante la cooperazione, difesa del lavoro mediante la resistenza, magazzeni cooperativi e alimentari, Circoli e Società educative ed istruttive, - purché siano composti di puri e semplici lavoratori d'ambo i sessi, di città e di campagna, diseredati, salariati, e alla dipendenza di padroni, intraprenditori, commercianti od amministrazioni qualsiasi. Sono ammessi anche i lavoratori indipendenti, purché non abbiano in alcun modo la condizione di sfruttatori, capitalisti, speculatori o dirigenti del lavoro altrui.

 

Art. 3. Le Associazioni che intendono aggregarsi al Partito Operaio, del quale diventano tante Sezioni, devono raggiungere almeno il numero di 10 membri.

L'atto di adesione devono comunicarlo al Comitato della Federazione cui attendono aggregarsi; unendovi copia del loro Statuto e fornendo tutte le indicazioni e gli schiarimenti che saranno del caso.

 

Art. 4. Il Partito si organizza col sistema di tante Federazioni Regionali e Professionali.

Non è permesso alle Sezioni di mantenersi indipendenti dalle proprie Federazioni. Soltanto in via eccezionale possono aggregarsi ad altre Federazioni, ed in questo caso devono renderne avvertito il Comitato Centrale del Partito.

 

Art. 5. Quando Sezioni d'una località qualsiasi raggiungono il numero di 3, se le esigenze locali e lo sviluppo del movimento lo richiedono, hanno l'obbligo di costituirsi in Federazione Regionale con proprio Comitato Centrale, eletto dalle Sezioni federate a norma dei patti stabiliti nel Regolamento della Federazione. Dove non è possibile costituire una Federazione Regionale, le Sezioni della località, come dispone l'art. 4, devono aggregarsi alla Federazione più vicina.

 

Le Sezioni di mestieri distinti, aiutate dal Comitato centrale del Partito, adotteranno inoltre ogni mezzo possibile per organizzare le rispettive Federazioni Professionali, unite al Partito Operaio.

 

Art. 6. Il Comitato della Federazione Regionale o Professionale tiene il capitale federale che si forma coi versamenti mensili ed annui delle proprie Sezioni. Alla fine d'ogni mese il Comitato federale deve rimettere al Comitato Centrale del Partito parte dei fondi; e cioè:

1) Il quarto dei contributi mensili di resistenza versati da ogni singola sezione federata colla resistenza;

2) La metà delle quote annuali pagate dalle Sezioni federate colla sola solidarietà.

 

Il resto rimane nella Cassa regionale per i bisogni locali e di resistenza. Art. 7. - I Comitati delle Federazioni devono tenersi in attiva corrispondenza col Comitato Centrale del Partito. Altrettanto faranno le Sezioni coi Comitati delle rispettive Federazioni.

 

Art. 8. Le Sezioni sono totalmente autonome per tutto ciò che riguarda i loro particolari interessi e ognuna conserva il proprio nome. Insorgendo questioni amministrative o d'altra natura, le Sezioni hanno piena facoltà di rivolgersi ad altre Sezioni o Federazioni, od al Comitato Centrale del Partito; ma nessuno può intromettersi se non espressamente chiamato.

 

Doveri e diritti dei Soci

 

Art. 9. Le Sezioni che vogliono aver diritto al sussidio giornaliero in caso di sciopero, devono pagare cent. 15 al mese per ogni socio, quale quota resistenza. Quelle che vogliono soltanto facilitare lo sviluppo ed il progresso della solidarietà fra i lavoratori, pagano una tassa annuale stabilita come segue:

 

  • fino a 100 soci, L. 10;
  • fino a 200 “ “ 15;
  • oltre a 200 “ “ 20.

 

Le quote annuali e l'entrata mensile delle quote resistenza si devono versare puntualmente nella Cassa della Federazione alla quale appartiene la Sezione.

Art. 10. Il diritto al sussidio giornaliero per sciopero non comincia che dopo sei mesi d'appartenenza alla Sezione organizzata colla quota resistenza. Art. 11. I soci tratti in carcere o condannati per reati di sciopero e propaganda, vengono soccorsi dai Comitati delle proprie Federazioni in ragione dei capitali sociali o coi mezzi che il caso suggerirà.

 

Soci viaggianti

 

Art. 12. I soci appartenenti ad una Sezione i quali si trasferiscono in una Sezione d'altra località, devono avvisare la Direzione della propria Sezione, che rilascerà loro un regolare certificato per l'ammissione nella Sezione d'arrivo.

Il socio viene parificato nei doveri e nei diritti dei soci della Sezione, e viene da questa considerato come se le avesse sempre appartenuto. Il socio viaggiante deve essere accolto dalle Sezioni con spirito di solidarietà fraterna.

 

Amministrazione

 

Art. 13. Per le Sezioni che lo desiderano, e specialmente per quelle organizzate colla resistenza, il Comitato d'ogni singola Federazione, fattone acquisto dal Comitato Centrale del Partito, provvede un tipo unico di registro per notarvi i pagamenti dei soci ed i libretti pei soci contenenti il Programma Statuto del Partito, le annotazioni quote pagate, sussidi, ecc.

 

Art. 14. I Comitati delle Federazioni devono esercitare una rigorosa sorveglianza nell'amministrazione delle rispettive sezioni e il Comitato Centrale del Partito farà altrettanto coi Comitati stessi.

 

Congressi

 

Art. 15.  I Congressi sono regionali o generali. I Congressi regionali avranno luogo ogni anno almeno. I Congressi generali saranno convocati quando ne sarà riconosciuta la necessità, avuto il parere favorevole di due terzi delle Sezioni.

Art. 16. Un mese prima che si raduni il Congresso Generale del Partito, ogni Comitato di Federazione deve comunicare al Comitato Centrale del Partito un completo e particolareggiato resoconto morale e finanziario sull'andamento di tutta la Federazione.

 

Art. 17. Ogni Sezione o Federazione ha diritto di sottoporre all'esame del Congresso i quesiti che saranno stati annunziati un mese prima almeno al Comitato Centrale, affinché possano essere inviati allo studio delle Sezioni tutte. Sulla presentazione improvvisa di quesiti, deciderà il Congresso se dovranno o no essere discussi.

 

Art. 18. Al Congresso Generale hanno il dovere di intervenire tutte le Sezioni del Partito con rappresentanti scelti a norma dell'art. 2 del presente Statuto.

 

Hanno pure diritto d'intervenirvi altre Associazioni operaie non confederate al Partito, purché i rappresentanti siano sempre nelle condizioni dell'art. 2. Tutti i rappresentanti hanno diritto di parola e di voto nelle questioni generali di principio; ma nelle questioni speciali del Partito non hanno diritto di voto che i soli rappresentanti delle Sezioni confederate.

 

Art. 19. I Congressi Regionali sono convocati colle norme stabilite dai regolamenti d'ogni Federazione.

 

Comitato Centrale

 

Art. 20. Il Comitato Centrale rappresenta il Partito Operaio Italiano di fronte all'opinione pubblica, sorveglia e dirige l'organizzazione e la propaganda secondo il programma del Partito, ed è responsabile dei propri atti verso tutte le Sezioni.

 

Il Comitato Centrale viene nominato dal Congresso Generale del Partito.

 

Il numero dei membri di esso sarà fissato dal Congresso in base alle condizioni nella località scelta quale sede.

Art. 21. Il Comitato deve presentare al Congresso Generale un completo Rendiconto Morale-Finanziario della propria gestione, di quella d'ogni Federazione e dell'azione generale del Partito. Deve pur presentare al Congresso tutte quelle proposte che crederà opportune pel buon andamento del Partito.

 

Art. 22. Il Comitato sopperisce alle spese proprie d'amministrazione, propaganda e sussidio al giornale col quarto delle quote resistenza e colla metà quote annuali - ricevute dalle Federazioni.

 

Scioperi

 

Art. 23. Quando uno o più soci d'una Sezione federata col pagamento delle quote resistenza sono costretti a mettersi in sciopero hanno diritto al sussidio giornaliero di lire una e all'appoggio di tutto il Partito. I soci invece che fanno parte di Sezioni federate colla tassa annuale, in caso di sciopero hanno diritto soltanto all'appoggio ed alle offerte volontarie che il Partito raccoglierà a loro favore.

 

Art. 24. La direzione di una Sezione ove avvenga uno sciopero parziale o generale, parteciperà al Comitato della propria Federazione lo sciopero avvenuto o in vista di avvenire, e il Comitato dovrà provvedere alla distribuzione dei sussidii e degli altri soccorsi. Tutto il compito delle cure e della sorveglianza sugli scioperi è a carico dei Comitati delle Federazioni.

 

Art. 25. Quando i mezzi finanziari di una Federazione sono esauriti, il rispettivo Comitato deve mettersi d'accordo con il Comitato Centrale del Partito per ottenere il rimborso dei fondi resistenza d'altre Federazioni, quali hanno l'obbligo di ottemperare alla richiesta, col diritto alla restituzione nel solo caso che i fondi non abbisognassero più.

 

Art. 26. Ove pervengano più domande di scioperi generali, il Comitato Centrale deve tosto provvedere al da farsi nell'interesse del Partito e di pieno accordo coi Comitati delle Federazioni.

 

Giornale

 

Art. 27. Il Partito Operaio Italiano ha per suo organo un giornale che sostiene i principii dell'emancipazione economica in conformità al Programma tracciato dal Congresso del Partito.

 

Il giornale inserisce pure gli atti più notevoli del Comitato Centrale, delle Federazioni e delle Sezioni.

 

Il Comitato Centrale deve sussidiare il giornale e provvedere alla rimunerazione d'uno speciale amministratore di esso.

 

Disposizione generale

 

Art. 28. Se una Sezione non ottempera gli obblighi assunti coll'unione al Partito Operaio, il Comitato Centrale, di comune intesa coi Comitati delle Federazioni, tentati tutti i mezzi d'accomodamento, procede alla cancellazione della Sezione dai ruoli del Partito.

 

(Fascio operaio, Giornale del Partito Operaio Italiano, a. VII, n. 224, Milano, 2-3 marzo 1889.)” [41]


 

Appendice H

 

Lega Socialista Milanese

 

Programma

 

Il Socialismo considera la convivenza civile come una serie di rapporti pei quali il godimento delle ricchezze, la coltura, la giustizia, e la libertà, elementi costitutivi del sociale benessere, siano assicurati a tutti gli esseri umani. - Esso constata che nel periodo della civiltà capitalista, sotto l’impero di interessi privilegiati, tali beni sono negati alla grande maggioranza, e si propone di combattere e demolire quei privilegi, risolvendo così, nelle coscienze e nel fatto, la questione sociale.

Il Socialismo moderno trova le sue ragioni di essere nelle condizioni e nelle tendenze del momento storico da cui è generato e in questo si afferma. Esso non parte da astrazioni o speculazioni individuali , né trascura gli elementi concreti dell’evoluzione; ma, osservando come la società intimamente si trasformi e come alle fatali trasformazioni economiche si accompagnino e succedano, rigidamente solidali con esse, adeguate trasformazioni politiche, religiose, familiari intellettuali e morali, animato da una viva e positiva fede nella progressiva adattabilità dell’organismo sociale a nuove condizioni di vita, senza pretesa di preservare il tempo, le forme ed i termini di cotesta evoluzione nei suoi più minuti particolari, tende a disvelarne la linea generale e i fini principali ed immancabili e a rendere più celere, più cosciente e più lieto il movimento ascendente della società verso di essi.

Così l’ideale economico del Socialismo moderno - che è socializzazione dei beni - trova la sua condizione obbiettiva necessaria ed oramai sufficiente nel rivolgimento che subirono negli ultimi secoli il sistema di produzione e il sistema di circolazione delle ricchezze, divenuti, di individuali che erano, eminentemente collettivi. Le scoperte meccaniche, che resero possibili la divisione e la organizzazione del lavoro, caratterizzanti la grande industria, reclutano eserciti sempre più fitti e numerosi di lavoratori salariati, spossessati d’ogni proprietà, subordinati senza diritti e senza garanzie alla macchina alla gleba, astretti dalla loro uniforme condizione all’esercizio di una disciplina e di una solidarietà sconosciute per lo innanzi; separando sempre più il produttore dal proprietario e convertendo in parassitismo puro e semplice quella cooperazione attiva e direttiva che fu già la funzione utile della proprietà individuale; hanno creato la materia prima, materiale e morale, dell’organizzazione industriale collettivistica, alla quale non mancherà in breve che il suggello giuridico di una rivoluzione vittoriosa.

Similmente l’ideale politico del socialismo - Che si afferma antipatriottico ed antiautoritario- trova anche esso nella soppressione delle anguste frontiere esistenti in altri tempi, nella quale il principio di nazionalità non fu che uno strumento; nella fusione delle razze, nello attuarsi degli odi religiosi; nella libertà e nella facilità degli scambi; nel crescente senso di autonomia delle popolazioni; nella tendenza al decentramento, all’autogoverno, al suffragio universale, all’abolizione degli eserciti; e via via in tutti i caratteri politici della civiltà industriale sostituentesi alla civiltà militare, i suoi naturali e necessari presupposti.

E così, finalmente, i suoi ideali di famiglia libera, di educazione e di istruzione integrale, di tutela dei deboli, di morale utilitaria ed irreligiosa, non sono che l’ultima efflorescenza ed il logico coronamento di trasformazioni che fatalmente ogni giorno più, astrazion fatta da ogni influsso teorico, modificano intimamente i vecchi istituti sociali. Il dissolversi ormai compiuto della famiglia patriarcale, il mitigarsi, nei costumi, se non nella legge, della potestà maritale e paterna, la laicizzazione dei maritaggi, il rapido aumento delle separazioni coniugali, l’istituzione del divorzio, le unioni libere contratte per convinzione e non per incoscienza; l’accesso delle donne a quasi tutte le arti e funzioni sociali; il conseguente trasferirsi della vita quasi interamente fuori dal circuito delle mura domestiche; l’educazione ed istruzione dei fanciulli affidate allo Stato, ai Comuni, localizzate e concentrate in asili, scuole e collegi, lungi dall’azione e financo dalla vigilanza dei genitori; le stesse per quanto imperfette, ma ognor più vaste, organizzazioni di assistenza pubblica che tende a sempre meglio coordinarsi e modernizzarsi all’infuori di ogni influenza religiosa; il dilagare del libero pensiero in opposizione al dogma e alle pratiche del culto; sono tutti fatti e conati che, aggiungendo filo a filo, preparando l’orditura della nuova società socialista, generando insensibilmente sentimenti e costumi ad essere rispondenti.

La Lega Socialista Milanese, accetta e propugna i principi fondamentali del Socialismo moderno e lì formola nei seguenti

 

§ 1. Economia.

 

Il sistema economico della proprietà individuale del capitale, per mezzo dei moderni sistemi di produzione, divide sempre più la società umana in due classi, aventi interessi opposti fra di loro: i capitalisti, proprietari della ricchezza sociale, quindi di ogni mezzo di dominio e di sfruttamento; e i salariati, produttori di quella ricchezza, condannati senza speranza alle fatiche ed agli stenti. Sulla base del monopolio proprietario, l’arbitrio delle speculazioni individuali, il disordine della produzione che si ammanta del nome di libera concorrenza, generano fatalmente nella società un’incessante vicenda di attriti, di pericoli e di crisi, infeste alla pubblica pace, e un immenso sperpero di forze utili, perturbando ed impacciando lo sviluppo armonico del civile consorzio.

L’economia socialista si propone principalmente di sostituire a tale sistema quello della proprietà collettiva delle ricchezze naturali e degli strumenti del lavoro, con la produzione organizzata sulla base dell’interesse generale ed esercitata da tutti gli uomini lavoratori, associati secondo le tendenze e le capacità naturali, emancipati dalla servitù del salario e godenti l’integrale equivalente dei frutti del loro lavoro; per riuscire infine a quel sistema di società ancor più perfezionato, in cui tutti gli uomini produrranno secondo le loro facoltà e consumeranno secondo i loro bisogni.

A tal uopo, mentre è necessario che la propaganda teorica dimostri il processo storico e la fatalità di questa trasformazione, è indispensabile che la popolazione salariata si organizzi come una forza speciale, interessata alla demolizione del privilegio proprietario, e sostenga una lotta costante contro la classe capitalista allo scopo di raggiungere la propria emancipazione.

Di cotesta organizzazione e di cotesta lotta sono momenti necessari tutti quei morti, anche parziali, con i quali la classe lavoratrice strappa concessioni sempre maggiori alla tirannia del capitale. Colle associazioni di resistenza limitando gli orari del lavoro, rialzando i salari, opponendosi alla prepotenza dei regolamenti e all’arbitrio padronale, facendo atto di soccorso e di solidarietà verso i compagni vittime di singolari soprusi o di crisi industriali, vigilando con propri delegati alla salubrità e sicurezza dei luoghi e dei metodi di lavoro e prendendo parte ad arbitrati che decidono equamente le contese accidentali fra imprenditori e manodopera, il quarto Stato conquista a grado a grado la dignità e la libertà del lavoro, e eleva il proprio tenore di vita materiale e morale, compie la propria educazione di classe e prepara in sé le attitudini convenienti ai suoi futuri destini.

In cotesta lotta e in cotesta organizzazione il socialismo ha le sue manifestazioni più vive e più importanti; perciò il partito socialista per essenza e per iscopo principale di essere interprete fedele e la cosciente avanguardia di cotesto movimento del proletariato militante, secondandone in ogni modo gli sforzi ed agevolandogli la battaglia contro ogni forma di dominazione borghese, indipendentemente da qualunque altro partito.

 

§ 2. Politica.

 

Le forme politiche non sono che un’emanazione e un corollario delle forme dei rapporti economici e si trasmutano a seconda del mutabile predominio delle varie classi, le quali se ne fanno strumento di conservazione di difesa. Così, come alla economia feudale corrispondeva l’autocrazia, alla economia capitalista borghese corrispondono, nei vari gradi dello sviluppo, le varie forme di Stato liberale, dalla monarchia costituzionale più o men sincera alle repubbliche le più radicali. Lo Stato attuale, difensore complice naturale dei privilegi delle classi dominanti e della borghesia, dalle quali riceve essenzialmente l’essere e l’impronta, diventa quindi inevitabilmente il nemico delle classi diseredate, a cui contende la libertà, la giustizia e l’istruzione è delle quali si fa persecutore ogni volta che esse tentano di emanciparsi.

Pei loro scopi di lotta e di predominio industriale, commerciale e politico, le borghesie delle varie nazionalità, colle illusioni della prosperità e della gloria nazionale, mantengono per mezzo dello Stato un parassitismo militare e burocratico dannoso al generale benessere, compiono imprese inutili o funeste alla vita popolare, dividono i popoli in genti rivali fra di loro e in continua contesa aperta o latente e consumano le forze utili della vita sociale in misure di difesa, che diventano al tempo stesso argomenti formidabili di dominio e di repressione.

La politica socialista si propone di sostituire al potere e alla organizzazione dello Stato attuale le relazioni amministrative degli interessi delle varie popolazioni organizzate sulla base della produzione, dello scambio e del consumo e federate o consorziate a seconda dei loro bisogni.

A tal uopo è oggi necessario combattere il principio di autorità dello Stato in tutte le sue forme, la menzogna della rappresentanza generale, l'inganno del potere delegato per virtù di suffragi, la cui libertà, nelle attuali diseguaglianze economiche, è un'illusione e il cui risultato è un'abdicazione; e infine il culto della tradizione patriottica e nazionale, che mette lo spirito pubblico al servizio della borghesia, interessata ad impedire che il sentimento dell'internazionalismo distrugga quelle frontiere per le quali l'industrialismo può sfruttare i popoli colle leggi doganali e il potere politico si assicura i mezzi della sua dominazione.

Ed è pur necessario che il proletariato si organizzi e si addestri come partito distinto, anche per impadronirsi delle forze del potere politico e giovarsene per l'abolizione dello Stato borghese e per la soppressione delle differenze e degli antagonismi di classe.

 

§ 3. Famiglia.

 

Il sistema attuale di famiglia, colla più o meno assoluta indissolubilità delle nozze, colle finzioni giuridiche che ne costituiscono l'essenza, coi privilegi autocratici del padre di famiglia sulla persona e sulle cose dell'altro coniuge, non riesce che ad assicurare all'uomo un diritto di dominio in confronto della donna, a garantire viemeglio la conservazione del principio individuale della proprietà, a creare presunzioni di paternità spesso artificiose; e, mentre non garantisce alla prole i diritti id elementari di una educazione civile e il rispetto delle vocazioni, tende a perpetuare in essa le tendenze grette e antisociali di cui cotesta forma di famiglia è il prodotto e l'espressione; né salva i vecchi, gli invalidi, gli infermi dalla necessità del ricovero, dagli stenti e dalle umiliazioni.

Il Socialismo propone di sostituire a cotesto sistema di famiglia la unione libera tra i due sessi, elevati coll'emancipazione economica ad una perfetta uguaglianza di diritti e di poteri, e perpetuamente elettiva, onde tutti conservino la libera disposizione di sé e dei propri affetti, nell'interesse della felicità individuale, dell’armonia sociale e del progressivo perfezionamento della specie. L'allevamento della prole che, sotto il domino capitalistico, costituisce per la madre un onere superiore alle sue forze e la ragione prima della servitù della donna, nella civiltà socialista ha invece per corrispettivo il diritto ad una larga assistenza sociale, la quale verrà pure assicurata, col pieno rispetto delle loro per personalità, agli invalidi ed agli sventurati.

Onde conseguire più presto cotesti intenti il partito socialista proclama l'autonomia e l'uguaglianza in diritto dei due sessi, tanto sul terreno economico (a lavoro uguale, uguale mercede) quanto sul terreno dei diritti civili e politici (ammissione illimitata della donna all'amministrazione dei propri beni, al voto, alle funzioni professionali e politiche, ecc.).

 

§ 4. Istruzione ed educazione.

 

Attualmente le forme ed i principi dell'istruzione e dell'educazione sono ispirati essi pure dagli interessi della classe dominante che, nello Stato, nei Comuni, nell'ambiente religioso, ne dirige l'insegnamento allo scopo di creare e modellare una popolazione di sudditi, privi di iniziativa e di dignità morale e fornita di quelle doti soltanto che la fanno suscettibile di uno sfruttamento più intenso da parte di coloro, che mercè le ricchezze si procurano le forze e le compiacenze del sapere e mercè il sapere si assicurano viemmeglio il monopolio delle ricchezze.

Il Socialismo vuole che l'istruzione e l’educazione, questi beni fondamentali della vita, siano integrali per tutti e non limitate o deviate da interessi di casta e di dominazione; che siano ispirate unicamente dalla scienza e tendenti a svolgere in tutti le attitudini a quell'armonico alternarsi di lavori e di esercizi fisici ed intellettuali che, mentre è un postulato dell’igiene e una condizione del perfezionamento degli individui e della specie umana, sarà altresì, nella società avvenire il naturale portato della abolizione delle differenze e dei domini artificiali di classe. Onde ciascuno possa manifestare le sue attività, secondo le proprie vocazioni e pel miglior interesse del civile consorzio; e non si veda, come spesso avviene oggidì, condannato senza tregua, dal cosiddetto capriccio della sorte, ai più servili lavori, chi potrebbe aspirare, con utile suo e generale, a quelle funzioni più elevate che restano invece l'appannaggio esclusivo dei privilegiati anche i meno idonei ad esercitarle.

Al più rapido conseguimento di questi scopi, oltre l'azione sul terreno economico, che sola conquisterà ai diseredati il tempo e i mezzi di coltivare le propri facoltà e di sottrarre le tenere esistenze al precoce e eccessivo sfruttamento cui le sottomette, profittando della povertà dei parenti, la tirannide del capitale privato, il partito socialista potrà favorire quegli istituti e quei provvedimenti che agevolino seriamente il generalizzarsi di una sana istruzione e di un'educazione civile; l'istruzione obbligatoria, laica e razionale, assicurata con tutti i mezzi opportuni e proseguita per tutta l'adolescenza; il miglioramento delle condizioni e l'autonomia dei maestri, primi artefici dell'elevazione morale del popolo; le scuole d'arti e mestieri e professionali operaie, ecc., ecc.

 

§ 5. Religione e morale.

 

Le religioni al giorno d'oggi, come fonti di filosofia e di morale, sono detronizzate dalla scienza positiva. La borghesia, per la sua rivoluzione, combatté come atea, ed è tale anche adesso; ma essa conservò delle religioni quelle parti che le servono di pretesto e di sanzione alla dominazione ed al parassitismo.

Il Socialismo vuole abolite le religioni come istituzioni parassitiche e come strumenti di dominazione, dannosi all'armonia di una libera e illuminata convivenza. E, pur considerando come questione d'ordine privato la credenza in un principio sovrannaturale e riconoscendo la libertà di coscienza più incondizionata, proclama la scienza positiva unico strumento pel conseguimento del vero.

Alla morale religiosa della rassegnazione, alla morale metafisica del libero arbitrio, alla morale borghese della lotta di tutti contro tutti e del diritto del più forte, che, in una civiltà dove gli artificialmente armati cozzano contro gli inermi, conduce spesso al trionfo dei meno capaci e dei meno onesti e alla conseguente degenera zione della specie, il Socialismo contrappone la morale naturalistica e sociale, basata sulla utilità di tutti gli uomini e sull'armonizzamento dei loro interessi consociati, affinché il bene scaturisca spontaneo, senza bisogno di imposizioni dogmatiche o di sacrifici individuali, dai reciproci servizi e dalla naturale socievolezza di uomini, restituiti in condizioni socialmente eguali di lotta per la vita, e che pertanto non han più ragione di corrompere il proprio carattere col servilismo, coll'ipocrisia, coll'insidia o colla violenza.

 

§ 6. Metodo.

 

Il Socialismo scientifico non crede ad un rinnovamento miracoloso dell'organismo sociale per effetto di decreti dall'alto o di sommosse dal basso. Esso giudica oziosa e lascia impregiudicata la questione se il conseguimento dei grandi fini dell'evoluzione economica e politica renderà necessario, come avvenne sin qui nella storia, il cozzo violento e sanguinoso degli interessi colluttanti e delle classi che li rappresentano. Pel Socialismo scientifico la rivoluzione sociale non si consuma in una determinata ora del tempo, ma riempie di sé tutta un'epoca, e attrae a sé tutte le attività dell'evoluzione, rispecchiandosi nei fatti e nel pensiero e giovandosi anche delle forze più ostili, che diventano a loro volta sue aiutatrici. Ma la rivoluzione non può compiersi se il nuovo principio che la anima non ha investito e penetrato di sé tutti gli organi e gli strati più vitali della vecchia compagine, cosicché il nuovo organismo trovi già nell'ambiente tutte le forze, tutti gli elementi che sono necessari a mantenergli la vita.

Perciò l'azione dei socialisti, pur avendo per precipuo scopo l'organizzazione del proletariato per le sue rivendicazioni economiche, non dee trascurare di mescolarsi a tutte quante le manifestazioni della vita pubblica, non esclude agitazioni elettorali e l'accesso alle pubbliche funzioni, portandovi la sua protesta e la sua critica e gettandovi i semi delle nuove idee. E parimenti, nella vita privata, debbono i socialisti predicare colla virtù dell’esempio; istituendo quella maggior possibile coerenza, che consentono le necessità della vita nell’ambiente capitalistico, fra i principi professati e la condotta concreta quotidiana; specialmente in quelle regioni dei rapporti morali fra gli uomini e della vita familiare, nelle quali meno tirannica è l'influenza dell'attuale ambiente economico.

Ma i socialisti al tempo stesso non possono allontanarsi dal loro programma di azione per tener dietro ai provvedimenti, alle leggine, ai ritocchi, alle questioni minuscole con cui gli altri partiti divergono l'attenzione e le forze del popolo dal grande scopo della sua emancipazione. - L'azione pel conseguimento di un regime politicamente più libero e più sinceramente popolare, la propaganda per la pace e il disarmo, l'imposta progressiva, le modificazioni del sistema tributario, il favore alle imprese cooperative, le casse pensioni e le assicurazioni pei logorati dal lavoro, il mutuo soccorso e le forme più o meno razionali di beneficenza questi ed altrettanti capisaldi della propaganda semplicemente liberale e riformista concorrono bensì indirettamente allo sviluppo del Socialismo e danno campo alla propaganda socialista di utilmente esercitarsi e venire a contatto col pubblico, ma non entrano come elementi essenziali del suo programma; né i socialisti possono secondare l’illusione che cotesta ed altre simili riforme, lasciando immutata la base economica dell'attuale sistema - il monopolio proprietario - bastino a risolvere il problema sociale.

Il Socialismo, quindi, non può unirsi in uno sforzo comune cogli altri partiti, senza diminuire la natura propria e l'effetto della sua azione; i punti e i periodi di contatto che può avere con essi non possono essere che parziali e transitori.

Il Socialismo, così diffuso e preparato nella mente e nelle forze della società, trionferà quel giorno in cui i socialisti, cresciuti di numero e di potenza, rappresenteranno visibilmente, come partito e come individui, la forza morale e materiale prevalente nella compagine delle energie che imprimono la forma all'organismo della, società.

 

NB. Il Programma della Lega Socialista verrà tosto pubblicato in opuscolo e messo in vendita, per tutta Italia, a cent. 5. Chi ne desidera una sola copia potrà chiederla, con cartolina doppia, anche alla Direzione di Critica Sociale.”[42]


 

Appendice I

Programma di Erfurt

“La separazione dei lavoratori dai mezzi di lavoro (terre, miniere, cave, macchine, utensili, mezzi di comunicazione) ed il passaggio di questi in esclusivo possesso di una parte dei membri della società, ha condotto alla divisione della società in due classi: la lavoratrice e la possidente.

I mezzi sociali del lavoro, nelle mani di quelli che se li appropriarono, convertironsi in mezzi di sfruttamento. Il conseguente assoggettamento economico dei lavoratori ai detentori dei mezzi di lavoro - che è quanto dire delle sorgenti della vita è la base della servitù in tutte le sue forme: miseria sociale, atrofia intellettuale, dipendenza politica.

Sotto il dominio di cotesto sfruttamento, la ricchezza prodotta dagli sfruttati si accumula, con rapidità sempre crescente, nelle mani degli sfruttatori capitalisti e - grandi proprietari terrieri. Sempre più ineguale si fa la ripartizione del prodotto del lavoro tra sfruttatori e sfruttati; sempre maggiore il numero e sempre più in certa la vita dei proletari; sempre più ingente l'esercito dei lavoratori eccedenti la richiesta; sempre più acuto l'antagonismo e più acerba la lotta di classe, che divide la società moderna in due campi nemici ed è la caratteristica comune di tutti i paesi industriali.

La sregolatezza, (1) propria ed essenziale alla produzione capitalista, genera quelle crisi e quelle soste dal lavoro sempre più durevoli, che fanno anche peggiore la condizione dei lavoratori, allargano, colla rovina d classi medio cittadine ed agricole (piccola borghesia e piccola proprietà agraria), l'abisso che intercede possidenti o nulla abbienti, elevano la universale insicurezza a condizione normale della società e provano come la classe, che si appropriò i mezzi sociali del lavoro abbia perduto l'attitudine (2) e la capacità della direzione economica e politica.

Scopo e cómpito della democrazia socialista è metter fine, eliminandone le cause, a un tale stato di cose, che diventa ogni giorno più insopportabile, e conseguire la emancipazione della classe lavoratrice.

Perciò il partito democratico-socialista tedesco aspira a trasformare in proprietà comune della società i mezzi d di lavoro (terre, miniere, cave, macchine, utensili, mezzi di comunicazione) e la produzione capitalista in produzione socialista. Soltanto cotesta trasformazione, cui la stessa società capitalista ha fornito e continua a fornire le condizioni materiali e morali, effettuerà l'emancipazione della classe lavoratrice e con essa di tutti i membri della società.

Il partito democratico-socialista non ha nulla di comune col così detto socialismo di Stato, col sistema dello Stato proprietario (3) a scopi fiscali, che mette lo Stato al posto del privato imprenditore e riunisce così in una sola mano il potere dello sfruttamento economico e dell'oppressione politica dei lavoratori.

L'emancipazione della classe lavoratrice non può essere che l'opera della classe medesima; perocché tutte le altre classi e gli altri partiti hanno fondamento nel capitalismo e, malgrado le loro speciali contese di interessi, hanno per intento comune la conservazione e il consolidamento delle basi dell'odierna società.

In tutti i paesi a sistema capitalista, gli interessi della classe lavoratrice sono identici. Colla espansione dei commerci e della produzione in vista del mercato mondiale, la condizione dei lavoratori di ciascun paese diventa sempre più dipendente da quella dei lavoratori degli altri paesi. Perciò l'emancipazione della classe lavoratrice non è un cómpito soltanto nazionale, è un compito sociale, al quale sono chiamati in ugual misura i lavoratori di tutti i paesi inciviliti. In questa constatazione il partito democratico-socialista tedesco si sente e si dichiara solidale coi lavoratori di ogni altro paese che abbiano coscienza di classe.

Il partito democratico-socialista non lotta per nuovi privilegi e prerogative di classe, ma per l'abolizione del dominio di classe e delle classi medesime, e perché tutti, senza distinzione di sesso o di origine, abbiano uguali diritti ed uguali doveri. In questa lotta emancipatrice la democrazia socialista, non come rappresentante solo dei salariati, ma di tutti insieme gli sfruttati e gli oppressi, propugna tutte quelle pretese, quei provvedimenti e quegli istituti che siano atti a migliorare la condizione del popolo in generale e quella della classe lavoratrice in particolare.

 

Perciò il partito democratico-socialista tedesco scende in campo per ora colle rivendicazioni seguenti:

1.o Diritto uguale ed universale di voto e di elezione, a scrutinio segreto, per tutti i cittadini di 21 anni, senza distinzione di sesso. Introduzione del sistema proporzionale di elezione. Le elezioni in domenica o giorno festivo. Indennità ai deputati.

2.o Partecipazione diretta del popolo alla legiferazione, mercè il diritto di proposta e di ripulsa. Auto-amministrazione del popolo nell'Impero, nello Stato, nella Provincia e nel Comune. Approvazione annuale delle imposte e diritto di rifiutarle.

3.o Decisione sulla guerra e sulla pace, affidata ai rappresentanti elettivi del popolo. Istituzione d'un tribunale arbitrale internazionale.

4.o Abolizione di tutte le leggi che limitano e comprimono la libera manifestazione del pensiero e il diritto di riunione e di associazione.

5.o Abolizione d'ogni impiego di danaro pubblico a scopi chiesastici e religiosi. Le comunità chiesastiche e religiose sono da considerarsi come associazioni private.

6.o Laicità della scuola. Obbligatorietà della scuola pubblica popolare. Gratuità dell'insegnamento e dei mezzi d'istruzione in tutti i pubblici istituti di educazione.

7.o Istruzione militare per tutti. La nazione armata sostituita agli eserciti permanenti.

8.o Gratuità della giustizia e del patrocinio. Giudici eletti dal popolo.

9.o Gratuità dell'assistenza medica e dei mezzi di cura.

10.o Imposta progressiva sul reddito, sul capitale e sull'eredità, per sopperire a tutti i pubblici dispendi, finché a questi debbano provvedere le imposte. Abolizione di tutte le imposte indirette, delle dogane e di tutte le altre misure economico-politiche che subordinano l'interesse dell'universale a quello d'una minoranza privilegiata.

 

A difesa della classe lavoratrice il partito democratico Socialista reclama:

1.o Una efficace legislazione nazionale e internazionale per la difesa del lavoratore sulle basi seguenti:

a) giornata normale di lavoro di otto ore al massimo;

b) divieto del lavoro industriale pei fanciulli al di sotto degli anni quattordici;

c) divieto del lavoro notturno, eccetto per quei rami d'industria che lo richiedano per loro natura, per necessità tecniche o del benessere pubblico;

d) riposo settimanale ininterrotto di almeno trentasei ore per ogni lavoratore;

e) divieto del salario in natura.

 

2.o Sorveglianza su tutte le industrie e regolamento dei rapporti di lavoro di città e di campagna, per mezzo di un ufficio centrale del lavoro, di uffici distrettuali e delle Camere del lavoro.

3.o Parificazione dei lavoratori agricoli e dei domestici agli operai dell'industria. Soppressione dei regola menti speciali pei domestici.

4.o Guarentigia del diritto di coalizione.

5.o Assicurazione generale dei lavoratori assunta dallo Stato, con adeguata loro ingerenza nell'amministrazione.

 

[Note di Critica Sociale]

 

(1) La parola “Planlosigkeit” letteralmente “mancanza de piano” prestabilito non trova un equivalente esatto nel nostro idioma.

(2) Nel testo: “Beruf”. Letteralmente “vocazione”.

(3) S'intende proprietario ed imprenditore o, peggio, appaltatore. Il programma dice, senz'altro, “Verstaatlichung”; con un brutto neologismo si dovrebbe tradurre “statizzazione”. Altri scrisse incameramento, inglobamento, riscatto per conto dello Stato: tutte espressioni, come l'altre di «monopolio», «regia», ecc., meno late o meno dinamiche del termine generale tedesco.[43]

 


 

Appendice J

 

Programma e Statuto del Partito dei Lavoratori italiani, 1892.

 

Programma

 

Considerando:

che nel presente ordinamento della società umana gli uomini sono costretti a vivere in due classi; da un lato i lavoratori sfruttati, dall’altro i capitalisti detentori e monopolizzatori delle ricchezze sociali;

che i salariati d’ambo i sessi, d’ogni arte e condizione, formano per la loro dipendenza economica il proletariato, costretto ad uno stato di miseria, d’inferiorità e di oppressione;

che tutti gli uomini, purché concorrano secondo le loro forze a creare e a mantenere i benefici della vita sociale, hanno lo stesso diritto a fruire di cotesti benefici, primo dei quali la sicurezza sociale dell’esistenza;

 

riconoscendo:

che gli attuali organismi economico-sociali, difesi dall’odierno sistema politico, rappresentano il predominio dei monopolizzatori delle ricchezze sociali e naturali sulla classe lavoratrice;

che i lavoratori non potranno conseguire la loro emancipazione se non mercé la socializzazione dei mezzi di lavoro (terre, miniere, fabbriche, mezzi di trasporto, ecc.) e la gestione sociale della produzione;

 

ritenuto:

 che tale scopo finale non può raggiungersi che mediante l’azione del proletariato organizzato in partito di classe, indipendente da tutti gli altri partiti, esplicantesi sotto il doppio aspetto:

1° della lotta di mestieri per i miglioramenti immediati della vita operaia (orari, salari, regolamenti di fabbrica, ecc.) lotta devoluta alle Camere del Lavoro ed alle altre Associazioni di arti e mestieri;

2° di una lotta più ampia e intesa a conquistare i poteri pubblici (Stato, Comuni, Amministrazioni pubbliche, ecc.) per trasformarli, da strumento che oggi sono di oppressione e di sfruttamento, in uno strumento per l’espropriazione economica e politica della classe dominante;

i lavoratori italiani, che si propongono la emancipazione della propria classe, deliberano:

di costituirsi in Partito, informato ai principi suesposti e retto dal seguente:

 

Statuto Costituzione del Partito

 

Art. 1 – Tutte le Federazioni, Consociazioni, Consolati di Società e Società indipendenti, che fanno adesione al sopraesposto programma, sono costituite in Partito dei lavoratori italiani allo scopo, di difendere i salariati nella lotta per la loro emancipazione, sviluppando in essi la coscienza dei loro diritti, e organizzandoli preferibilmente arte per arte nei centri ove le condizioni del lavoro lo consentono.

Art. 2 – Tutte le Associazioni operaie di città o di campagna tendenti al miglioramento economico-sociale ed organizzate: col mutuo soccorso per malattia, disoccupazione, vecchiaia, inabilità al lavoro; colla cooperazione senza intenti di speculazione capitalista; colla difesa del lavoro mediante la resistenza, ecc. ecc., che vogliono far parte del Partito, devono essere composte di puri e semplici lavoratori d’ambo i sessi, di città o di campagna salariati, e alla dipendenza di padroni, intraprenditori, commercianti od amministrazioni qualsiasi. Sarà cura del Comitato di curare l’aggregazione dei lavoratori indipendenti, a seconda della loro arte o mestiere, a quella fra le Società che ne rappresenta e difende gli interessi speciali.

Sono pure ammesse le Associazioni operaie ed agricole amministrate o dirette da non lavoratori, purché per speciali condizioni locali, secondo il parere del Comitato centrale del Partito (riservata lapprovazione definitiva al successivo Congresso) conservino sempre il carattere di Associazione nell’interesse dei lavoratori.

Art. 3 – L’adesione delle Società al Partito implica l’impegno di procedere di comune accordo in tutto quanto riguarda l’applicazione del programma comune, i cui metodi saranno determinati nei Congressi.

Sarà salva lautonomia delle singole Società o Federazioni in tutto ciò che non sia contrario allinteresse dellorganizzazione generale.

Art. 4 – In quelle regioni ove non esistono raggruppamenti di Società in Federazioni o Consolati sarà cura del Comitato centrale di organizzare le Società sparse in Federazioni locali del Partito dei lavoratori, senza intaccarne l’autonomia amministrativa.

Inoltre si adotterà ogni mezzo per far sì che le Società composte di diverse arti o mestieri, senza offenderne la compagine complessiva, adottino la ripartizione in diverse Sezioni professionali.

Art. 5 – L’adesione al Partito dei lavoratori italiani, come rispetta l’autonomia amministrativa delle Società aderenti, così non implica nessun cambiamento delle loro singole denominazioni. Ciò non ostante il Comitato centrale curerà la propaganda affinché le nascenti Società s’ispirino nella loro costituzione ai principi e alle forme del programma del Partito, e che le Società già esistenti abbandonino le viete consuetudini di nomine onorarie e di amministratori a vita.

 

Azione del Partito e sua Rappresentanza

 

Art. 6 - L'azione collettiva del Partito si esplica per mezzo di un Congresso generale, di Congressi regionali, e di un Comitato centrale. I Congressi regionali potranno convocarsi ogniqualvolta le Federazioni o Società delle singole regioni lo crederanno conveniente, ma le loro risoluzioni saranno impegnative soltanto per gli interessi regionali che rappresentano.

Il congresso generale avrà luogo ogniqualvolta Comitato centrale lo troverà necessario o quando i Congressi regionali avranno deliberato su proposte o su questioni che saranno ritenute, a maggioranza di voti dalle Associazioni aderenti al Partito, di importanza e d'urgenza tali da richiederne la convocazione.

Il Comitato centrale rappresenta la funzione esecutiva delle risoluzioni dei Congressi generali.

Art. 7 - La sede dei Congressi dovrà cambiarsi di volta in volta, e la loro località verrà designata dai Congressi stessi. Il Comitato centrale dura in carica da un Congresso all'altro e siede nella città che pure di volta in volta sarà designata dal Congresso: esso consta di sette membri, i quali, dopo la loro nomina, si ripartiranno le singole funzioni.

 Art. 8 - II Congresso è costituito dai rappresentanti delle Federazioni o Società componenti il Partito dei Lavoratori Italiani, giusta l'art. 1 del presente Statuto.

Vi possono prendere parte anche le Associazioni non confederate, sempre che dichiarino di accettare il programma del Partito.

Art. 9 - Ogni Società non può avere più di due rappresentanti e più di un voto al Congresso. Ogni rappresentante non potrà votare che per una Società. Il diritto di voto è riservato alle sole Società federate o che dichiarino in Congresso di federarsi.

Art. 10 - Il Comitato centrale rappresenta il Partito dei Lavoratori Italiani, sorveglia e dirige l'organizzazione e la propaganda secondo il programma del Partito, ed è responsabile dei propri atti verso tutte le sezioni. Il Comitato centrale potrà essere rappresentato anche ai Congressi regionali.

Art. 11 - Il Comitato centrale deve presentare al Congresso generale un completo Rendiconto morale-finanziario della propria gestione e dell'azione generale del Partito.

Deve pure presentare al Congresso tutte quelle proposte di propria iniziativa che crederà opportune pel buon andamento del Partito, nonché quelle inoltrate dalle Società aggregate al Partito.

Art. 12 - Per tutto quanto riguarda l'azione del Partito e l'esecuzione dei deliberati del Congresso, i Comitati delle Federazioni, Consolati, ecc. e i Consigli delle Società si terranno in attiva corrispondenza col Comitato centrale, e questo con quelli.

 

Contribuzioni per le spese del Partito

 

Art. 13 - Per far fronte alle spese occorrenti al funzionamento del Comitato centrale, alla propaganda, alla convocazione dei Congressi ed alle iniziative inerenti all'azione del Partito sarà provveduto:

a) con una tassa annua di L. 2 per ogni Società che abbia un numero di soci inferiore a 100; e di L. 5 per quelle di numero maggiore;

b) con una tassa annua di L. 10 per le Federazioni, all'infuori delle quote pagate dalle Società ad esse Federazioni aggregate;

c) con un contributo di L. 3 per quelle Società non aggregate al Partito che intervengono ai Congressi.

Art. 14 - Al Congresso non verranno ammessi rappresentanti di Società che non abbiano mandata l'adesione e la delegazione del mandato e pagata la relativa quota almeno dieci giorni prima della data di convocazione.

Le adesioni e le delegazioni delle Società aderenti al Congresso debbono essere scritte su appositi moduli, distribuiti dal Comitato centrale, sui quali saranno indicate anche la data di fondazione della Società ed il numero dei soci che la compongono; nonché la dichiarazione che la Società ed il suo delegato accettano i principi generali e di metodi del programma del Partito.

Art. 15 - Il Comitato centrale è pure autorizzato in casi speciali - a valersi del mezzo di sottoscrizioni, accettando anche le offerte di Società aggregate o no, di soci o non soci, sempre quando l'accettazione delle offerte non pregiudichi in modo alcuno la libertà d'azione e la dignità del Partito.

 

Casse di soccorso alle vittime della propaganda

 

Art. 16 - Le Società aggregate al Partito sono tenute a contribuire alla formazione di una Cassa di soccorso per tutte le vittime delle persecuzioni giudiziarie, governative e capitalistiche contro l'azione e la propaganda del Partito. In questo senso le Società riformeranno se del caso - i loro statuti.

Art. 17 - Tale cassa è affidata interamente al Comitato centrale ed è costituita dal versamento della quota che - a norma del precedente articolo le Società verseranno al Comitato in ragione del numero dei loro soci. Gli iscritti al Partito, non facenti parte di alcuna associazione, e verseranno le loro quote o direttamente al Comitato centrale o a quella Società del luogo che sarà all'uopo incaricata dal Comitato medesimo.

I versamenti avranno luogo entro un mese dalla richiesta del Comitato centrale.

 

Disposizioni generali

 

Art. 18 - Ove una Federazione, Consociazione, Consolato, Società ascritta al Partito non ottemperasse agli obblighi indicati dal presente programma e statuto, il Comitato centrale ne pronuncerà la sospensione fino al successivo Congresso, nel quale si delibererà intorno alla radiazione dai ruoli del Partito.

Art. 19 - Il Partito dei Lavoratori Italiani, per mezzo del Comitato centrale e del Segretario internazionale, sarà in permanenti rapporti coi Partiti operai all'estero, per tutto quanto si riferisce alle questioni d'interesse generale dei lavoratori.

Art. 20 - Il Partito avrà un proprio giornale per organo centrale.

Art. 21 - Il Partito, previi accordi colle altre principali organizzazioni operaie nazionali nominerà il Segretario internazionale del lavoro.

Art. 22 - Il presente Programma e Statuto, approvato nel Congresso tenuto in Genova nei locali della Società Carabinieri Genovesi, in via della Pace, il giorno 15 agosto 1892, diventa impegnativo per la Società aggregate al Partito e non potrà essere modificato che nei Congressi e dietro deliberazioni adottate dalla maggioranza assoluta delle Società costituenti il Partito.[44]


 

Appendice K

 

Statuto Parma 1895.

 

Organizzazione

 

Art. 1 - È considerata come appartenente al Partito ogni persona che ne condivida i principi e lo sovvenga colle sue forze.

 

Art. 2 - I compagni del Partito si riuniscono in Gruppi o Circoli, ove lo possono per numero e per mezzi; essi formano così le Sezioni del Partito. Le Sezioni di ogni collegio elettorale dovranno federarsi fra loro. Ogni Gruppo o Circolo nomina poi in assemblea il proprio corrispondente coll'Ufficio esecutivo centrale.

 

Art. 3 - L'adesione personale e quella dei Gruppi o Circoli al Partito, implica l'impegno di procedere di comune accordo in tutto quanto riguarda l'applicazione del Programma socialista, usando dei metodi che saranno adottati nei Congressi.

 

Art. 4 - Le Sezioni possono riunirsi in Federazioni provinciali e regionali organizzando speciali Congressi, ove stabiliranno i propri regolamenti e nomineranno il proprio rappresentante nel Consiglio nazionale (e regionale, se c'è) del Partito.

 

Congressi

 

Art. 5 - Ogni anno avrà luogo un Congresso nazionale ordinario convocato dalla Direzione del Partito nella località fissata di volta in volta dai Congressi. Quando non ne sia stata stabilita la sede nel Congresso prece dente, essa verrà fissata dal Consiglio nazionale d'accordo col gruppo par lamentare e coll'Ufficio esecutivo centrale.

Art. 6 - La convocazione del Congresso deve essere annunciata almeno un mese prima sull'organo centrale e sugli altri organi del Partito, assieme all'ordine del giorno da discutersi.

Art. 7 - Le proposte che i compagni desiderano far iscrivere nell'ordine del giorno devono indirizzarsi all'Ufficio esecutivo centrale - che le comunicherà a sua volta al Consiglio nazionale - almeno dieci giorni prima del termine fissato nell'articolo precedente per la pubblicazione dell'avviso di convocazione.

Art. 8 - Il Congresso costituisce la più alta rappresentanza del partito. Vi possono partecipare:

a) i rappresentanti dei Gruppi o Circoli socialisti, la cui inscrizione nel Partito risalga ad almeno un mese prima della data di convocazione del Congresso, ed in numero non superiore a due per ogni Sezione;

b) i membri della Direzione del Partito. In tutte le questioni riguardanti la revisione dell'azione parlamentare, e quella del Partito, i membri del Gruppo parlamentare e della Direzione del Partito, rispettivamente, hanno soltanto voce consultiva.

Art. 9 - Ogni Sezione non può avere più di un voto in Congresso. Ogni rappresentante non può votare che per una sola Sezione. I delegati ai Congressi devono essere membri effettivi del Partito. Ogni Sezione pagherà lire tre per l'adesione al Congresso.

Art. 10 - Sono temi obbligatori dei Congressi:

a) rapporti della Direzione e del Gruppo parlamentare;

b) scelta della sede della Direzione;

c) elezione dell'Ufficio centrale esecutivo; d) scelta della sede e data del seguente Congresso.

Art. 11 - Può essere dalla Direzione del Partito convocato un Congresso straordinario;

a) per iniziativa propria;

b) su proposta di almeno trenta Sezioni di diverse regioni.

Pei Congressi straordinari possono essere abbreviati, a norma delle circostanze, i termini di cui agli articoli 6 e 7 del presente Statuto, sempreché per altro l'annuncio della convocazione ed i temi all'ordine del giorno sia no significati alle Sezioni in tempo perché esse possano deliberare e provvedere.

 

Direzione

 

Art. 12 - La Direzione del Partito è composta:

a) di tanti membri quante sono le organizzazioni regionali, i quali comporranno il Consiglio nazionale;

b) del Gruppo parlamentare;

c) di un Ufficio esecutivo centrale composto di cinque membri nominati nei Congressi nazionali e residenti nella località scelta a sede della Direzione del Partito.

La costituzione definitiva della Direzione del Partito deve notificarsi a mezzo dell'organo centrale.

Art. 13 - La Direzione del Partito ha la sua sede nominale presso la sede dell'Ufficio esecutivo centrale. Essa però tiene le sue riunioni nelle località volta per volta da essa scelte.

Art. 14 - Alle riunioni della Direzione del Partito i membri del Gruppo parlamentare avranno solo voce consultiva nei casi in cui si tratti di oggetti riguardanti la loro azione. I membri dell'Ufficio esecutivo vi intervengono sempre con sola voce consultiva.

Art. 15 - I membri o parte dei membri della Direzione del Partito possono essere retribuiti. Gli stipendi saranno fissati dai Congressi.

Art. 16 - La Direzione amministra il Partito: controlla la condotta degli organi del Partito in fatto di principi; convoca i Congressi e vi riferisce in torno alla propria azione.

 

Contribuzione e spese

 

Art. 17 - Ogni aderente al Partito paga direttamente alla propria Sezione locale o all'Ufficio esecutivo centrale se nella sua residenza non vi sono Sezioni una quota personale non inferiore a L. 1,20 all'anno, pagabili anche in rate mensili di centesimi 10.

Art. 18 - Le Sezioni costituite, sul contributo minimo personale dei soci, fissato nell'articolo precedente, dovranno prelevare almeno la metà da inviarsi all'Ufficio esecutivo centrale, quale adesione collettiva pel Gruppo o Sezione del Partito. È dovere delle Sezioni non appena costituite - di notificare all'Ufficio esecutivo centrale e regionale, insieme all'adesione al Partito ed alla quota mensile, il numero preciso dei soci. Ogni successivo mutamento dovrà pure essere mensilmente comunicato all'Ufficio centrale e regionale.

Art. 19 - I professionisti ed i possidenti pagheranno alla Cassa centrale, oltre il contributo ordinario dovuto alla Sezione che fosse costituta nel luogo di loro residenza, una quota annua in proporzione delle loro rendite. È rimesso alla loro coscienza il fissarne la misura.

Art. 20 - La Cassa centrale dovrà provvedere:

a) alle spese generali di propaganda, di rappresentanza e di amministrazione

b) a sussidiare le vittime delle persecuzioni giudiziarie, governative e capitalistiche contro l'azione e la propaganda del Partito.

 

Organo centrale

 

Art. 21 - Organo centrale del Partito è dichiarato il giornale la Lotta di Classe che si pubblica in Milano.

Tutti gli avvisi principali della Direzione del Partito devono essere pubblicati in questo giornale. La scelta dell'organo centrale è devoluta di volta in volta ai Congressi nazionali.

 

Disposizioni generali

 

Art. 22 - I mutamenti nell'organizzazione del Partito non possono essere fissati che dai Congressi, colla maggioranza assoluta dei delegati presenti.

Art. 23 - Il Partito Socialista Italiano per mezzo della Direzione del Partito e di un Segretario internazionale da questa nominato si terrà in permanente rapporto coi socialisti esteri.[45]



[1] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[2] Karl Marx e Friedrich Engels. Manifesto del partito comunista. 1848. Traduzione e Introduzione di Domenico Losurdo. Editori Laterza. 2001.

[3] Idem.

[4] Paolo Favilli. Storia del marxismo italiano: dalle origini alla grande guerra. Franco Angeli editore. 1996 (ristampa del 2009).

[5] Nato a Putignano, Bari, 1834-1911.  Intellettuale, accademico esperto di economia e statistica, mazziniano con tendenze socialistizzanti, influenzato da Giuseppe Montanelli, Gian Domenico Romagnosi e Giuseppe Mazzini, appunto.

[6] Nato a Ostiglia, Mantova, 1837-1917. Laureato in legge, diventa pubblicista mazziniano, collabora a L’Unita italiana, e a Il Dovere. Organizzatore del XII Congresso delle Società Operaie affratellate nel novembre del 1871, si avvicina però all’internazionalismo, allontanandosi gradualmente dal mazzinianesimo, ma presto anche dal bakunismo. Si trasferisce a Milano nel 1876, su invito di Enrico Bignami, dove lavora alla fondazione della Federazione dell’Alta Italia. Ispirò l’origine e la linea politica del Partito Operaio Italiano. Durante il suo soggiorno in Francia, nel 1885, assorbe l’esperienza delle Bourses du travail. È infatti considerato il padre delle Camere di Lavoro in Italia.  

[7] Giuseppe Monsagrati. MAZZINI, Giuseppe - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008) Treccani.

[8] Effettivamente questo gruppo, anarchico e romagnolo, non va confuso con quello operaista e milanese che verrà diversi anni dopo. 

[9] All’accezione inglese: International Working Men’s Association, ovvero, Associazione Internazionale degli Operai, è preferita quella francese, Association Internationale des Travailleurs, ovvero, Associazione Internazionale dei Lavoratori.

[10] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[11] Nato a Lodi, 1844-1921. Mazziniano, partecipò nelle campagne garibaldine del 1866 e di Mentana. Fondò La Plebe nel 1868. Dalla Comune di Parigi, il Bignami entrando in contatto con Benoît Malon, si avvicinò al socialismo e all’internazionalismo marxista. S’impegnò ad istituire una Federazione dell’Internazionale in Lombardia in contrasto con l’Internazionale anarchica.   

[12] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[14] Marc Vuilleumier. Paul Brousse et son passage de l'anarchisme au socialism. Cahiers Vilfredo Pareto. T. 3, No. 7/8 (1965), pp. 63-80 (18 pagine), pubblicato da Librairie Droz

[15] Nell’aprile del 1881 Costa inaugurò il primo numero dell’Avanti!, rifacendosi al Vorwärts. L’Avanti! verrà riesumato anni dopo come organo del PSI.

[16] Emilio Gianni. La parabola romagnola del “partito intermedio”. Pantarei. 2010.

[17] Nato a Somma Lombardo; 1853-1935. Guantaio, delegato del Circolo Operaio di Milano nel 1881. Tra i principali artefici della Sezione elettorale del 1882 dalla quale originò il Partito Operaio Italiano. Direttore e redattore del Fascio Operaio. Condannato al carcere nel 1887 insieme agli altri esponenti del POI. Nell‘89 aderì alla Lega dei Socialisti milanesi e a Genova fu eletto membro del Comitato Centrale del nuovo Partito dei Lavoratori italiani. Fu fondatore e presidente delle Federazione Nazionale delle Camere del Lavoro. Nel 1901 uscì dai sindacati milanesi oramai riformisti e nel 1904 entrò a far parte della Direzione del PSI. Deluso dalla deriva riformista si ritirò dall’attività politica nel 1906. [da: Antonio Castelli. Giuseppe Croce. - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985), Treccani online].

[18] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[19] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[20] Idem.

[21] Paolo Favilli. Storia del marxismo italiano: dalle origini alla grande guerra. Franco Angeli editore. 1996 (ristampa del 2009).

[22] Lettera di Engels a Filippo Turati:

 

A Milano

London, 7 marzo 1891

122 Regent's Park Road, N. W.

 

Caro Signore,

Molte grazie per la sua lettera del 23 febbraio, il terzo numero di Critica Sociale e la sua offerta di mandarmelo regolarmente in futuro. Come ex segretario del Consiglio Generale dell’Internazionale per l’Italia sono naturalmente molto interessato nei progressi computi dal movimento socialista nel suo paese e in particolare in Lombardia dove, da giovane, spesi tre mesi, degli quali porto ancor’oggi bei ricordi.

Vorrei ringraziarla in egual modo per gli auguri lei è stato così generoso da mandarmi in occasione della pubblicazione dell’articolo di Marx sul Neue Zeit.  Nel pubblicarlo ho reso da una parte principale giustizia alla memoria di Marx e dall’altra al Partito tedesco. Lei ha ragione nel chiedersi se avrò tempo di contribuire alla sua recensione o alla letteratura socialista che è in procinto di pubblicare.

Infatti, la preparazione delle nuove edizioni dei lavori di Marx e dei miei pamphlet mi lascerà a stento tempo per finire il manoscritto del III volume del Capitale di Marx. Giusto ora ho quattro pamphlet da rivedere, completare e rifornire di nuove introduzioni, come posso mai trovare il tempo per altro lavoro? Nonostante ciò, le auguro ogni bene e sarò curioso di vedere una traduzione del nostro Manifesto del 1847 in buon italiano, e, se troverò quello o altri dei miei articoli d’interesse al pubblico italiano, sarò grato rileggere il mio lavoro nella sua bella e ricchissima lingua.

E con distinta stima La saluto,

 

F. Engels

 

Il di Lei amico Stepniak viaggia in questo momento nell’America."

[23] Il “Manifesto ai socialisti e al popolo d’Italia” fu frutto del congresso anarchico tenutosi a Capolago nella Svizzera italiana nel gennaio del 1891. Era per l’abolizione della proprietà individuale per via della rivoluzione violenta, per l’astensionismo elettorale.

[24] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[25] Enrico Bertini, operaista; Giuseppe Croce, operaista; Silvio Cattaneo, operaista; Carlo Cremonesi, democratico-radicale; Costantino Lazzari, operaista; Antonio Maffi, democratico-radicale; Marianna (Annamaria) Mozzoni, radicale.

[26] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[27] L’espressione usata esplicitamente in Lotta di Classe in La Questione di mezzi, 7-8 gennaio 1893 [da Paolo Favilli. Storia del marxismo italiano: dalle origini alla grande guerra. Franco Angeli editore. 1996 (ristampa del 2009)].

[28] Idem.

[29] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[30] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[31] Il Programma di Erfurt del 1891 è approvato ad un anno dalla fine delle leggi antisocialiste (rinnovate per l'ultima volta nel 1888 per 2 anni). La cautela circa la "conquista del potere" risulta naturale per un partito che vuole esser legale, visto che l'Impero tedesco non era uno stato pienamente liberal-democratico. Infatti Kautsky nella sua lunga spiegazione ufficiosa di tale programma (cfr. "La Lotta di Classe", 1892) utilizzerà termini un po' più chiari sulla necessità per il proletariato di conquistare il potere.

[32] Franco Pedone. Novant’anni di Pensiero e Azione Socialista attraverso i Congressi del PSI. Vol. I 1892-1914. Marsilio Editori. 1983.

[33] Karl Marx e Friedrich Engels. Manifesto del partito comunista. 1848. Traduzione e Introduzione di Domenico Losurdo. Editori Laterza. 2001.

[36] Giuseppe Mazzini. Cosmopolitismo e Nazione. Scritti sulla Democrazia, l’autodeterminazione dei popoli e le relazioni internazionali. A cura di Stefano Recchia e Nadia Urbinati. Elliot Editore. 2011.

[38] [Karl Marx, Preambolo al Programma del Partito Operaio Francese, maggio 1880,

http://www.hekmatist.com/Marx%20Engles/Marx%20&%20Engels%20Collected%20Works%20Volume%2024_%20M%20-%20Karl%20Marx.pdf]

 

[40] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[41] Gastone Manacorda. Il movimento operaio italiano, 1853-1892. Editori Riuniti. 1963.

[42] Critica Sociale. Lega Socialista Milanese. Programma. Critica Sociale. Anno I n. 6, 20 aprile 1891.

[43] Critica Sociale. Il nuovo Programma dei socialisti tedeschi. Critica Sociale. Anno I n. 11, 31 luglio 1891.

[44] Franco Pedone. Novant’anni di Pensiero e Azione Socialista attraverso i Congressi del PSI. Vol. I 1892-1914. Marsilio Editori. 1983.

[45] Franco Pedone. Novant’anni di Pensiero e Azione Socialista attraverso i Congressi del PSI. Vol. I 1892-1914. Marsilio Editori. 1983.

Comments