Il Gruppo Socialista Internazionalista contro la Guerra

 


Il Gruppo Socialista Internazionalista è in generale contro le guerre e, di conseguenza, si dichiara contro l’attuale guerra russo-ucraina voluta “da esponenti delle classi dominanti, ma combattuta e sofferta principalmente dalla massa dei lavoratori”.

Il Gruppo Socialista Internazionalista è in particolare contro qualsiasi guerra patriottica. Anche se siamo consapevoli dell’esistenza degli Stati-Nazione, ovvero delle sedicenti “Patrie”, siamo altrettanto consapevoli che queste, per loro stessa natura, non possono e non vogliono rappresentare gli interessi di tutte le realtà etnico-linguistico-culturali contenute all’interno dei loro confini. Gli Stati-Nazione seguono invece gli interessi del Capitale e della sua classe globalizzata e per fare ciò sfruttano il lavoro della classe dei salariati, la quale in ogni Patria beneficerà di concessioni, più o meno ampie, riguardanti la sua autonomia e la sua stessa difesa. Tuttavia, ogni qual volta sono in gioco gli interessi reali delle varie frazioni della classe capitalista, gli Stati-Nazione non esitano ad usare i lavoratori gli uni contro gli altri.

Di conseguenza il Gruppo Socialista Internazionalista si dichiara contro qualsiasi guerra che metta gli interessi della classe capitalista di un Paese, o di una coalizione di Paesi, in opposizione a quelli della classe capitalista di un altro Paese o di un’altra coalizione di sorta.

Il Gruppo Socialista Internazionalista non può negare che nel mondo siano avvenuti veri e propri genocidi, nei confronti dei quali non si può meramente voltare il capo e aspettare che cessino solo in seguito all’avvento del Socialismo. Siamo quindi a favore di un intervento, anche di Stati-Nazione o di loro coalizioni, quando ci si ponga concretamente l’obiettivo di evitare, contrastandola o facendola cessare, qualsiasi tipo di pulizia etnica.

Ammettiamo che la classe lavoratrice si debba organizzare in resistenza armata contro ogni attacco alla sua autonomia, sebbene questa sia solo parziale e sussista in un contesto capitalista. Tale “resistenza socialista” potrebbe quindi entrare in coalizione con l’apparato di uno Stato-Nazione, ma soltanto a fini difensivi. Se abbastanza consistente nelle adesioni, la “resistenza socialista” dovrebbe imporre all’apparato difensivo statale alcune riforme atte alla democratizzazione delle forze armate e all’eleggibilità e revocabilità dei comandanti, con lo scopo di trasferire una parte del potere dalla classe egemone a quella dei lavoratori.

Infine la nostra solidarietà, e data la nostra scarsezza numerica purtroppo nulla più di essa, va per certo a tutti quei lavoratori e quei disoccupati obbligati a difendere, con il loro lavoro e la loro vita, gli interessi del potere della classe capitalista, così come va alle minoranze oppresse per la loro sola appartenenza a un’etnia o un’identità culturale non accettata nel contesto dello Stato-Nazione in cui si trovano a vivere.   

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